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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012, 07.02.2012


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2012 sul tema "Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone" (Eb 10,24).
Intervengono: l’Em.mo Card. Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum" e Mons. Segundo Tejado Muñoz, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Pubblichiamo di seguito l’intervento del Presidente Card. Robert Sarah:

● INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. ROBERT SARAH

Gentili Signori,

siamo al nostro annuale appuntamento di presentazione del Messaggio per la Quaresima del Santo Padre Benedetto XVI. Il tema del messaggio di quest’anno si ispira ad un versetto biblico: "Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone" (Eb 10,24). Sono così focalizzate alcune caratteristiche della Quaresima, che è appunto un tempo propizio per orientare l’attenzione a Gesù Cristo portando aiuto al prossimo in necessità, come indica il capitolo 25 del Vangelo di Matteo. Il messaggio di quest’anno considera però il tema in uno sguardo più ampio, nel senso che ci invita a stimolarci a vicenda nella carità, la quale, ovviamente, ha espressioni molto più variegate rispetto al semplice dare del denaro.

Sappiamo che il Messaggio di Quaresima contribuisce a tenere vivo nei fedeli il senso dell’attenzione al bene dell’altro, della comunione, di premura, di compassione e di condivisione fraterna delle sofferenze dell’indigente. Grazie a questa generosità, che si manifesta in moltissimi modi, la Chiesa cattolica è riuscita nel corso dei secoli a favorire la crescita dell’umanità con una fitta e diffusa rete di opere di carità. Esse testimoniano la vivacità del Vangelo e dell’insegnamento di Cristo, che ci ha chiesto di ricercarlo e di trovarlo soprattutto nel povero. Al di là di questo importante dato, vorrei oggi tuttavia attirare la vostra attenzione su un aspetto della vita cristiana che il presente Messaggio di quest’anno mette in evidenza. Si tratta della correzione fraterna. Cito: "Il prestare attenzione al fratello comprende altresì la premura per il suo bene spirituale. E qui desidero richiamare un aspetto della vita cristiana che mi sembra caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli".

La carità ci insegna dunque che non abbiamo verso l’altro solo una responsabilità per il suo bene materiale, ma anche per il suo bene morale e spirituale. La carità ci spinge a stimolarci reciprocamente per giungere alla pienezza dell’amore e delle buone opere e a camminare insieme verso la santità. Una delle conseguenze devastanti dell’individualismo cui una certa cultura è condannata, è esattamente quella "anestesia spirituale" di cui parla il Messaggio e che ci divide l’uno dall’altro fino ad renderci indifferenti gli uni per gli altri. Non possiamo tacere che una certa ideologia che ha esaltato i diritti dell’individuo può avere come conseguenza l’isolamento della persona e la sua solitudine. Infatti, la strada dell’esistere che vuole focalizzarsi sulla rivendicazione del proprio diritto senza percepire la propria chiamata a darsi; che si chiude sull’esigere invece che sul dare; sul prendere spazio per sé invece che sull’offrire spazio all’altro, trova il suo esito naturale nel fissarsi su se stessi e dunque in una divisione dall’altro che ingenera una profonda solitudine, la cui prima vittima è l’uomo stesso. Quando la chiamata alla comunione viene negata in nome dell’individualismo, a farne le spese è la nostra stessa umanità, ingannata dal miraggio di una impossibile felicità ottenuta da soli. Dunque possiamo aiutarci reciprocamente scoprendo che abbiamo una responsabilità l’uno per l’altro. Essere attenti al nostro prossimo vuol dire uscire dalla nostra indifferenza per aiutarlo sia materialmente che spiritualmente.

C’è tutta una tradizione spirituale, vissuta soprattutto nelle comunità religiose, che realizza quella forma di mutuo aiuto che si chiama correzione fraterna. Certo: non è facile e richiede una fiducia reciproca notevole sia rivolgere che accettare una correzione. Tuttavia questo è necessario. Lo vediamo bene in ogni rapporto educativo: senza il richiamo verso il bene e la correzione non si può far maturare una persona. Infatti impariamo dai nostri errori. Questo processo di apprendimento tramite l’altro per favorire la nostra maturazione non si conclude mai. Perciò è un vero servizio che ci viene fatto quando veniamo corretti.

Il coraggio e l’umiltà della correzione fraterna sono necessari anche oggi sia per il nostro cammino di fede personale che per la vita delle nostre comunità cristiane. È lo stesso Gesù che ce lo chiede nel vangelo (Cfr. Mt 18, 15-18).

Lasciate che alla luce della correzione improntata alla verità e alla carità legga anche l’azione della Chiesa verso il mondo contemporaneo. A volte qualcuno può trovare scontato il discorso del Santo Padre o di rappresentanti della Chiesa sui diversi temi che occupano da vicino la cultura moderna. A volte addirittura si pensa che sia la brama del potere o la nostalgia di esso a muovere la preoccupazione della Chiesa, il suo osteggiare caparbio certe manifestazioni della mentalità in voga. No: la Chiesa è mossa da sincera cura per il bene dell’uomo concreto e di questo mondo. La sua azione si ispira non alla condanna o alla recriminazione, ma a quella giustizia e misericordia che deve avere anche il coraggio (parrêsia) di chiamare le cose per nome. Solo così si illuminano le radici del male che non mancano di affascinare anche le menti dell’uomo moderno. Questo suo compito si chiama missione profetica.

Su questo concetto vale la pena soffermarsi, in quanto trova sempre maggiore utilizzazione anche nel linguaggio ecclesiale. Esso muove evidentemente da quella esperienza di cui ci parla ampiamente già l’antico testamento: profeta è un uomo chiamato e inviato da Dio per annunciare al popolo la volontà di Dio stesso. La storia del popolo d’Israele è costellata dalla presenza di questi uomini, inviati da Dio non appena il popolo cominciava a seguire le strade dell’infedeltà. Di questi profeti abbiamo bisogno anche oggi. La stessa missione della Chiesa è anche profetica, sulla scia di Cristo Sacerdote Re e Profeta, che ha inserito ogni battezzato nella sua missione. Ho tuttavia l’impressione che si sta realizzando un passaggio semantico, in base al quale nel nostro frangente storico la presenza profetica della Chiesa nel mondo comporta la denuncia sociale di situazioni di ingiustizia e di povertà.

Ora è chiaro che il richiamo ad una maggiore giustizia sociale fa parte della missione della Chiesa. Anche il recente documento post-sinodale Africae munus ha fatto riferimento a situazioni di profonda diseguaglianza che provocano gravi sofferenze con drammatiche conseguenze per intere popolazioni. La Chiesa non può tacere di fronte al fatto che troppi muoiono per la mancanza del minimo indispensabile mentre altri si arricchiscono sfruttando gli altri.

Ma sarebbe troppo poco se la dimensione profetica del nostro parlare e agire si limitasse a questi fenomeni esterni, senza andare alle radici morali di queste ingiustizie. La corruzione, l’accumulo di denaro, la violenza, il vivere indebitamente alle spalle della collettività senza dare il proprio contributo sono dei veri cancri che minano dall’interno una società. Non possiamo neppure tacere, sulla scorta di quanto già detto da Benedetto XVI, che alla base della nostra crisi finanziaria c’è l’avidità, la ricerca sfrenata del denaro senza scrupoli e senza considerare chi ha meno e chi deve sopportare le conseguenze delle scelte sbagliate di altri. Questo attaccamento al denaro è un peccato. La Chiesa è profetica quando denuncia questo peccato che fa del male alla persona e alla società. Anche questo è un aspetto della missione profetica della Chiesa.

Ma lasciatemi dire che il Santo Padre nel suo illuminato Magistero di questi anni ci indica una dimensione ancora più profonda: la Chiesa si fa profeta in questo mondo di oggi per denunciare in particolare la mancanza di Dio. Questa è la vera radice delle ingiustizie che ci circondano. Quando l’uomo non riconosce al di sopra di sé un Creatore e Signore, si fa creatore e signore di se stesso e la vita sociale degenera in un individualismo conflittuale e in una lotta contro l’altro. Senza un Dio che ci ispira e ci corregge l’esistenza diventa una lotta per la sopravvivenza, a scapito del più debole. Questa nostra società secolarizzata è giunta a vivere e a organizzarsi senza tener presente Dio per il fatto di essere avvolta da una povertà più tragica di quelle materiali, una povertà rappresentata dal rifiuto e l’esclusione totale di Dio dalla vita sociale ed economica, dalla rivolta contro le leggi divine e contro quelle della natura. Tale società può essere smossa dalla testimonianza evangelica della sollecitudine verso le persone e certamente può restare toccata dalla carità vissuta verso i poveri, i deboli e tutti coloro che versano in uno stato di sofferenza e di indigenza umana. Il nostro primo compito perciò è di dire al mondo che Dio c’è e che il nostro futuro dipende dal riconoscere questa sovranità di Dio, al quale tutti dobbiamo rispondere. O meglio: senza il quale il nostro futuro è in balia delle prevaricazioni e degli interessi del più forte. La prima responsabilità della Chiesa è ricordare ad ogni generazione che questa dimensione spirituale è fondamentale. Il profeta di oggi deve dire al mondo che Dio c’è e che, senza questo Padre che ci stimola alla solidarietà e alla condivisione, la vita muore e la fraternità si dissolve in vuota utopia. Che l’uomo ha una vocazione soprannaturale. Che esiste una coscienza nella quale parla la voce di Dio al quale un giorno dovremmo rispondere.

Il tempo di quaresima è un momento opportuno di conversione nell’anno liturgico, proprio per ricordarci che Dio non si dimentica di noi. Il Messaggio che oggi presentiamo vuole scuotere le coscienze rispetto ai diritti/doveri dei nostri fratelli, ma anche rispetto ai nostri doveri verso i "diritti" di Dio. E tutto questo deve avvenire nel contesto della comunione cristiana, in cui vige il principio della reciprocità e della correzione fraterna, avendo di mira il bene temporale degli uomini, ma anche la loro salvezza escatologica.

Sono grato per quanto potrete fare per diffondere questa parola del Papa.

[00175-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0078-XX.01]