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INTERVENTO DI S.E. MONS. GIOVANNI ANGELO BECCIU, SOSTITUTO DELLA SEGRETERIA DI STATO PER GLI AFFARI GENERALI, ALLA CELEBRAZIONE PER IL 150° ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ D’ITALIA (ROMA, PALAZZO BORROMEO, 27 SETTEMBRE 2011), 28.09.2011


INTERVENTO DI S.E. MONS. GIOVANNI ANGELO BECCIU, SOSTITUTO DELLA SEGRETERIA DI STATO PER GLI AFFARI GENERALI, ALLA CELEBRAZIONE PER IL 150° ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ D’ITALIA (ROMA, PALAZZO BORROMEO, 27 SETTEMBRE 2011)

Nel pomeriggio di ieri, martedì 27 settembre, il Sostituto della Segreteria di Stato per gli Affari Generali, S.E. Mons. Giovanni Angelo Becciu, ha partecipato all’incontro celebrativo organizzato a Roma dall’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede sul tema "La Chiesa, lo Stato, le Regioni e l’Unità d’Italia", in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, ed ha pronunciato il discorso che pubblichiamo di seguito:

● DISCORSO DI S.E. MONS. GIOVANNI ANGELO BECCIU

Signor Presidente del Senato, Signor Presidente della Corte Costituzionale, Eminenze, Signori Ministri, Signor Sotto-Segretario, Eccellenze, Signor Ambasciatore, Onorevoli Signore e Signori,

1. Sono particolarmente lieto di essere tra voi per questa solenne circostanza e ringrazio in particolare l’Ambasciatore, S.E. dott. Francesco Maria Greco, per l’invito a prendere la parola. Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia celebra felicemente la costituzione dello Stato unitario italiano, avvenuta in un preciso momento della nostra storia comune. D’altra parte, questa stessa celebrazione lascia ben intuire come l’Italia, con il suo bagaglio di lingua, religione, costumi ed espressioni artistiche, fosse già da tempo presente sul proscenio della storia. Nel suo Messaggio a S.E. l’On. Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, Papa Benedetto XVI ha ricordato, tra l’altro, che "la nazione italiana, come comunità di persone unite dalla lingua, dalla cultura, dai sentimenti di una medesima appartenenza, seppure nella pluralità di comunità politiche articolate sulla penisola, comincia a formarsi nell’età medievale".

2. Negli anni immediatamente precedenti l’anniversario che stiamo festeggiando, si è invocata una celebrazione corale del centocinquantenario dell’unità nazionale, cui contribuisse anche la Chiesa Cattolica. Tutti siamo stati testimoni che tale concorso si è effettivamente verificato, con soddisfazione delle diverse parti coinvolte. Cinquant’anni fa, in occasione del Centenario dell’Unità d’Italia, l’On. Amintore Fanfani, Presidente del Consiglio dei Ministri, fu ricevuto in visita ufficiale dal Beato Papa Giovanni XXIII ed ebbe con lui un lungo e affabilissimo colloquio (quaranta minuti, sottolinea la cronaca ufficiale). Quest’anno, il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, si è recato al Quirinale per consegnare a S.E. l’On. Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana, il Messaggio di Sua Santità. Il Santo Padre, poi, accogliendo l’invito del qui presente Em.mo Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha presieduto nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore la Preghiera per l’Italia. La stessa Chiesa in Italia ha messo a disposizione le proprie energie con convinzione per confermare, sia collegialmente, sia nelle singole diocesi, la vitalità di quello spirito di leale collaborazione per la promozione dell’uomo e per il bene di tutto il Paese che caratterizza la relazione Chiesa - comunità politica in Italia.

3. Il Messaggio pontificio del 17 marzo ha ricordato i pilastri del Concordato lateranense del 1929 e dell’Accordo di revisione del 1984, quali manifeste espressioni del dialogo tra Santa Sede e Italia, come anche, inscindibilmente, della collaborazione tra Chiesa e comunità politica, nella concordia e nella cooperazione, a favore della persona e del bene comune. Mi sia permesso, a tale proposito, di ricordare un aspetto che spesso rimane sottotraccia. Esso riguarda un debito di riconoscenza che tutti abbiamo verso le intelligenze e le professionalità che, da entrambe le parti, si sono spese nella edificazione della statuizione pattizia, l’hanno fatta conoscere con studi e commenti, e ancora contribuiscono a realizzarne le implicazioni, per esempio a livello di accordi tra regioni civili ed ecclesiastiche. Non li nomino, ne dimenticherei certamente qualcuno, li ringrazio tuttavia tutti, e di cuore. Auspico, poi, che il bagaglio di conoscenze sin qui accumulato nell’ambito del diritto pattizio, sia trasmesso alle giovani generazioni di studiosi e trovi ancora adeguata attenzione all’interno delle alte istituzioni accademiche, sia ecclesiastiche, sia civili. L’esperienza italiana è certamente peculiare. Roma è sede del Successore di Pietro ed è il centro della cattolicità. L’esperienza italiana può condividere con altri Paesi e con grande profitto le acquisizioni maturate a proposito della relazione Chiesa-Stato, nella distinzione degli ambiti e nella proficua collaborazione reciproca.

4. Nel citato Messaggio pontificio sono menzionate anche le figure di grandi laici ed ecclesiastici che hanno dato un apporto fondamentale alla formazione dell’identità italiana o hanno contribuito col pensiero e l’azione all’unità del Paese. Ad essi vorrei oggi associare il ricordo di coloro che, allontanandosi dall’Italia, non hanno mai perso, né hanno voluto abbandonare l’identità nazionale. Alcuni sono andati all’estero per necessità, altri per scelta, ed altri ancora per vocazione. Nella mia personale esperienza ho incontrato in vari Paesi del mondo imprenditori, professionisti, operai, come anche sacerdoti e persone consacrate italiane a servizio dei propri connazionali. E che dire dei numerosissimi missionari e missionarie italiani che arrivano quasi a farsi adottare dalle popolazioni al cui servizio hanno dedicato la vita? Tutti costoro sono figli della storia d’Italia, di questa nazione e di questa Comunità politica. Certamente l’Ambasciatore Greco, che così amabilmente ci ospita questa sera, potrà convenire con me che se le virtù teologali che risplendono in tali testimoni sono state formate dalla grazia di Dio e dall’opera della Chiesa, tuttavia le virtù umane, l’inventiva, la generosità, direi anche l’imprenditorialità di quegli italiani sono state forgiate dall’ambito familiare e sociale di provenienza. I Missionari e le Missionarie italiani, lo posso testimoniare, si immergono nelle culture differenti dalla propria con estremo rispetto e attenzione, e vi infondono, con la grande cordialità e generosità che li distingue, il proprio contributo umano e cristiano e con esso la parte migliore del genio tipico della cultura italiana.

5. Vorrei, poi, accennare all’uso della lingua italiana, veicolo e contrassegno dell’unità del Paese. Le università pontificie e gli altri istituti di formazione religiosa sparsi sul territorio hanno svolto un ruolo significativo per far conoscere questa lingua nel mondo, accanto ai sempre più frequenti interscambi culturali delle istituzioni scolastiche e universitarie con i rispettivi omologhi all’estero. Quanti sacerdoti, religiose e laici sono passati per Roma e per l’Italia e, tornando ai propri Paesi, hanno recato con sé non solo la conoscenza della lingua, ma anche e soprattutto la stima e l’apprezzamento per il nostro Paese, oltre alla nostalgia per le bellezze artistiche e culturali dell’Italia! Non dobbiamo poi dimenticare che il numerosissimo gregge cattolico sparso nel mondo guarda a Roma e dunque all’Italia con istintiva simpatia, con affetto e con senso di comune partecipazione, perché essa è la sede del Successore di Pietro. Tutti loro possono a buon diritto sentirsi a casa nella Città eterna e, in qualche modo, ripetere con orgoglio, in quanto cattolici, l’affermazione civis Romanus sum. Si tratta, a mio giudizio, di un dato non privo di rilevanza per la posizione dell’Italia nel contesto della comunità internazionale.

6. Ritornando al Messaggio di Papa Benedetto XVI, desidero infine sottolineare come in esso il Santo Padre accenni con riconoscenza alla collaborazione preziosa che lo Stato Italiano ha offerto e continua ad offrire alla Sede Apostolica. In questo specifico contesto, vorrei attestare una particolare forma di cooperazione che, per essere quotidiana e talora informale, potrà sembrare meno rilevante ai fini delle grandi pagine della storia, ma si rivela spesso di vitale importanza. Mi riferisco alla collaborazione, rispettosa, istituzionale, ma anche fraterna e disinteressata, che si instaura nei vari Paesi del mondo tra le Rappresentanze Pontificie e le Ambasciate Italiane, a beneficio delle popolazioni locali. Si sia trattato del rilascio di un visto, come di concordare ben più importanti interventi di carattere umanitario, ho sempre incontrato attenta disponibilità e generosa professionalità negli Ambasciatori, nei Consoli e nel personale delle Ambasciate italiane. Mi pare doveroso ricordare in questo contesto, l’operazione umanitaria compiuta circa un anno fa in soccorso dei cristiani di Baghdad rimasti vittime, il 31 ottobre 2010, di un sanguinoso attacco terroristico proprio mentre stavano celebrando l’Eucaristia. In quella occasione, grazie all’aiuto offerto dal Governo italiano e alla collaborazione del Policlinico Gemelli, si poterono prestare cure adeguate a persone e famiglie particolarmente provate.

Avviandomi alla conclusione, con animo grato elevo al Signore la mia preghiera per questa Italia, che festeggia i 150 anni della sua unità politica, e per il suo popolo, al quale pure appartengo, e chiedo a Dio, per tutti e ciascuno, la luce della fede e l’aiuto al perseverante impegno per la libertà, la giustizia e la pace, affinché tutti, persone ed istituzioni, possiamo essere all’altezza del compito che la Provvidenza ci ha riservato. Grazie!

[01351-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0570-XX.01]