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L’UDIENZA GENERALE, 14.09.2011


L’UDIENZA GENERALE

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE  

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE  

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre - proveniente in elicottero dalla residenza estiva di Castel Gandolfo - ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana il Papa, continuando il ciclo di catechesi sulla preghiera, ha incentrato la sua meditazione sul Salmo 22.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Al termine, il Santo Padre è rientrato a Castel Gandolfo.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

nella catechesi di oggi vorrei affrontare un Salmo dalle forti implicazioni cristologiche, che continuamente affiora nei racconti della passione di Gesù, con la sua duplice dimensione di umiliazione e di gloria, di morte e di vita. È il Salmo 22, secondo la tradizione ebraica, 21 secondo la tradizione greco-latina, una preghiera accorata e toccante, di una densità umana e una ricchezza teologica che ne fanno uno tra i Salmi più pregati e studiati di tutto il Salterio. Si tratta di una lunga composizione poetica, e noi ci soffermeremo in particolare sulla sua prima parte, incentrata sul lamento, per approfondire alcune dimensioni significative della preghiera di supplica a Dio.

Questo Salmo presenta la figura di un innocente perseguitato e circondato da avversari che ne vogliono la morte; ed egli ricorre a Dio in un lamento doloroso che, nella certezza della fede, si apre misteriosamente alla lode. Nella sua preghiera, la realtà angosciante del presente e la memoria consolante del passato si alternano, in una sofferta presa di coscienza della propria situazione disperata che però non vuole rinunciare alla speranza. Il suo grido iniziale è un appello rivolto a un Dio che appare lontano, che non risponde e sembra averlo abbandonato:

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido.

Mio Dio, grido di giorno e non rispondi;

di notte, e non c’è tregua per me» (vv. 2-3).

Dio tace, e questo silenzio lacera l’animo dell’orante, che incessantemente chiama, ma senza trovare risposta. I giorni e le notti si succedono, in una ricerca instancabile di una parola, di un aiuto che non viene; Dio sembra così distante, così dimentico, così assente. La preghiera chiede ascolto e risposta, sollecita un contatto, cerca una relazione che possa donare conforto e salvezza. Ma se Dio non risponde, il grido di aiuto si perde nel vuoto e la solitudine diventa insostenibile. Eppure, l’orante del nostro Salmo per ben tre volte, nel suo grido, chiama il Signore "mio" Dio, in un estremo atto di fiducia e di fede. Nonostante ogni apparenza, il Salmista non può credere che il legame con il Signore si sia interrotto totalmente; e mentre chiede il perché di un presunto abbandono incomprensibile, afferma che il "suo" Dio non lo può abbandonare.

Come è noto, il grido iniziale del Salmo, «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», è riportato dai Vangeli di Matteo e di Marco come il grido lanciato da Gesù morente sulla croce (cfr Mt 27,46; Mc 15,34). Esso esprime tutta la desolazione del Messia, Figlio di Dio, che sta affrontando il dramma della morte, una realtà totalmente contrapposta al Signore della vita. Abbandonato da quasi tutti i suoi, tradito e rinnegato da discepoli, attorniato da chi lo insulta, Gesù è sotto il peso schiacciante di una missione che deve passare per l’umiliazione e l’annichilimento. Perciò grida al Padre, e la sua sofferenza assume le parole dolenti del Salmo. Ma il suo non è un grido disperato, come non lo era quello del Salmista, che nella sua supplica percorre un cammino tormentato sfociando però infine in una prospettiva di lode, nella fiducia della vittoria divina. E poiché nell’uso ebraico citare l’inizio di un Salmo implicava un riferimento all’intero poema, la preghiera straziante di Gesù, pur mantenendo la sua carica di indicibile sofferenza, si apre alla certezza della gloria. «Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?», dirà il Risorto ai discepoli di Emmaus (Lc 24,26). Nella sua passione, in obbedienza al Padre, il Signore Gesù attraversa l’abbandono e la morte per giungere alla vita e donarla a tutti i credenti.

A questo grido iniziale di supplica, nel nostro Salmo 22, fa seguito, in doloroso contrasto, il ricordo del passato:

«In te confidarono i nostri padri,

confidarono e tu li liberasti;

a te gridarono e furono salvati,

in te confidarono e non rimasero delusi» (vv. 5-6).

Quel Dio che oggi al Salmista appare così lontano, è però il Signore misericordioso che Israele ha sempre sperimentato nella sua storia. Il popolo a cui l’orante appartiene è stato oggetto dell’amore di Dio e può testimoniarne la sua fedeltà. A cominciare dai Patriarchi, e poi in Egitto e nel lungo peregrinare nel deserto, nella permanenza nella terra promessa a contatto con popolazioni aggressive e nemiche, fino al buio dell’esilio, tutta la storia biblica è stata una storia di grida di aiuto da parte del popolo e di risposte salvifiche da parte di Dio. E il Salmista fa riferimento all’incrollabile fede dei suoi padri, che "confidarono" - per tre volte questa parola viene ripetuta - senza mai rimanere delusi. Ora tuttavia, sembra che questa catena di invocazioni fiduciose e risposte divine si sia interrotta; la situazione del Salmista sembra smentire tutta la storia della salvezza, rendendo ancor più dolorosa la realtà presente.

Ma Dio non può smentirsi, ed ecco allora che la preghiera torna a descrivere la situazione penosa dell’orante, per indurre il Signore ad avere pietà e intervenire, come aveva sempre fatto in passato. Il Salmista si definisce «verme e non un uomo, rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente» (v. 7), viene schernito, dileggiato (cfr v. 8) e ferito proprio nella fede: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama» (v. 9), dicono. Sotto i colpi beffardi dell’ironia e dello spregio, sembra quasi che il perseguitato perda i propri connotati umani, come il Servo sofferente tratteggiato nel Libro di Isaia (cfr Is 52,14; 53,2b-3). E come il giusto oppresso del Libro della Sapienza (cfr 2,12-20), come Gesù sul Calvario (cfr Mt 27,39-43), il Salmista vede messo in questione il suo rapporto con il suo Signore, nella sottolineatura crudele e sarcastica di ciò che lo sta facendo soffrire: il silenzio di Dio, la sua apparente assenza. Eppure Dio è stato presente nell’esistenza dell’orante con una vicinanza e una tenerezza incontestabili. Il Salmista lo ricorda al Signore: «Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai affidato al seno di mia madre. Al mio nascere, a te fui consegnato» (vv. 10-11a). Il Signore è il Dio della vita, che fa nascere e accoglie il neonato e se ne prende cura con affetto di padre. E se prima si era fatta memoria della fedeltà di Dio nella storia del popolo, ora l’orante rievoca la propria storia personale di rapporto con il Signore, risalendo al momento particolarmente significativo dell’inizio della sua vita. E lì, nonostante la desolazione del presente, il Salmista riconosce una vicinanza e un amore divini così radicali da poter ora esclamare, in una confessione piena di fede e generatrice di speranza: «dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio» (v. 11b).

Il lamento diventa ora supplica accorata: «Non stare lontano da me, perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti» (v. 12). L’unica vicinanza che il Salmista percepisce e che lo spaventa è quella dei nemici. E’ dunque necessario che Dio si faccia vicino e soccorra, perché i nemici circondano l’orante, lo accerchiano, e sono come tori poderosi, come leoni che spalancano le fauci per ruggire e sbranare (cfr vv. 13-14). L’angoscia altera la percezione del pericolo, ingrandendolo. Gli avversari appaiono invincibili, sono diventati animali feroci e pericolosissimi, mentre il Salmista è come un piccolo verme, impotente, senza difesa alcuna. Ma queste immagini usate nel Salmo servono anche a dire che quando l’uomo diventa brutale e aggredisce il fratello, qualcosa di animalesco prende il sopravvento in lui, sembra perdere ogni sembianza umana; la violenza ha sempre in sé qualcosa di bestiale e solo l’intervento salvifico di Dio può restituire l’uomo alla sua umanità. Ora, per il Salmista, oggetto di tanta feroce aggressione, sembra non esserci più scampo, e la morte inizia ad impossessarsi di lui: «Io sono come acqua versata, sono slogate tutte le mie ossa […] arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato […] si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte» (vv. 15.16.19). Con immagini drammatiche, che ritroviamo nei racconti della passione di Cristo, si descrive il disfacimento del corpo del condannato, l’arsura insopportabile che tormenta il morente e che trova eco nella richiesta di Gesù «Ho sete» (cfr Gv 19,28), per giungere al gesto definitivo degli aguzzini che, come i soldati sotto la croce, si spartiscono le vesti della vittima, considerata già morta (cfr Mt 27,35; Mc 15,24; Lc 23,34; Gv 19,23-24).

Ecco allora, impellente, di nuovo la richiesta di soccorso: «Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto […] Salvami» (vv. 20.22a). È questo un grido che dischiude i cieli, perché proclama una fede, una certezza che va al di là di ogni dubbio, di ogni buio e di ogni desolazione. E il lamento si trasforma, lascia il posto alla lode nell’accoglienza della salvezza: «Tu mi hai risposto. Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea» (vv. 22c-23). Così, il Salmo si apre al rendimento di grazie, al grande inno finale che coinvolge tutto il popolo, i fedeli del Signore, l’assemblea liturgica, le generazioni future (cfr vv. 24-32). Il Signore è accorso in aiuto, ha salvato il povero e gli ha mostrato il suo volto di misericordia. Morte e vita si sono incrociate in un mistero inseparabile, e la vita ha trionfato, il Dio della salvezza si è mostrato Signore incontrastato, che tutti i confini della terra celebreranno e davanti al quale tutte le famiglie dei popoli si prostreranno. È la vittoria della fede, che può trasformare la morte in dono della vita, l’abisso del dolore in fonte di speranza.

Fratelli e sorelle carissimi, questo Salmo ci ha portati sul Golgota, ai piedi della croce di Gesù, per rivivere la sua passione e condividere la gioia feconda della risurrezione. Lasciamoci dunque invadere dalla luce del mistero pasquale anche nell'apparente assenza di Dio, anche nel silenzio di Dio, e, come i discepoli di Emmaus, impariamo a discernere la vera realtà al di là delle apparenze, riconoscendo il cammino dell’esaltazione proprio nell’umiliazione, e il pieno manifestarsi della vita nella morte, nella croce. Così, riponendo tutta la nostra fiducia e la nostra speranza in Dio Padre, in ogni angoscia Lo potremo pregare anche noi con fede, e il nostro grido di aiuto si trasformerà in canto di lode. Grazie.

[01266-01.01[Testo originale: Italiano]

SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE

  Sintesi della catechesi in lingua francese

  Sintesi della catechesi in lingua inglese  

  Sintesi della catechesi in lingua tedesca  

  Sintesi della catechesi in lingua spagnola  

  Sintesi della catechesi in lingua portoghese  

  Sintesi della catechesi in lingua francese  

Chers frères et sœurs, nous méditons aujourd’hui le psaume 22, l’un des psaumes les plus étudiés et priés, car de grande portée christologique. Ses versets sont mis sur les lèvres de Jésus au cours de la Passion. Ils portent en effet la double dimension d’humiliation et de gloire, de mort et de vie. « Dieu, mon Dieu, pourquoi m’as-tu abandonné ? » crie le psalmiste. Aux prises avec la réalité angoissante du présent et la mémoire consolante du passé, il ne veut pas renoncer à l’espérance. Pourtant Dieu se tait ! Mais malgré ce silence, il sait que « son » Dieu ne peut l’abandonner. Tout au long de l’histoire biblique, nous voyons Dieu répondre aux appels de son peuple, en apportant le Salut. Faisant mémoire de la foi de ses pères qui eurent « confiance » sans jamais être déçus, le psalmiste relit alors son histoire personnelle depuis sa naissance. Dans la certitude de la foi, sa plainte douloureuse s’ouvre mystérieusement à la louange. Il reconnaît la présence de Dieu dans sa vie, même aux heures les plus sombres. Chers amis, nous aussi, dans la prière, nous apprenons à discerner la réalité au-delà des apparences. C’est la victoire de la foi, capable de transformer la mort en don de la vie, l’abîme de douleur en source d’espérance !

Je salue cordialement les pèlerins francophones, particulièrement les groupes de Dijon, de Saint-Pazanne, et de Corte-Ajaccio, et les pèlerins venus de Belgique. Quand nous traversons l’épreuve, n’oublions pas de nous confier à Jésus qui a connu l’angoisse et la souffrance. Appuyons-nous sur la foi des autres et sur la foi de l’Eglise qui témoignent de la fidélité de Dieu ! Je vous bénis de grand cœur.

[01267-03.01] [Texte original: Français]

Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

Today we reflect on Psalm Twenty-two, a heartfelt prayer of lamentation from one who feels abandoned by God. Surrounded by enemies who are persecuting him, the psalmist cries out by day and by night for help, and yet God seems to remain silent. In the Gospels of Matthew and Mark, the opening line of this psalm is placed on the lips of Jesus as he calls upon the Father from the Cross. He too seems to have been abandoned to a cruel fate, while his enemies mock him, attacking him like ravenous and roaring lions, dividing his clothing among them as if he were already dead. The psalmist recalls how, in the past, the people of Israel called trustingly upon the Lord in times of trial, and he answered their prayer. He remembers the tenderness with which the Lord cared for him personally in his earlier life, as a child in his mother’s womb, as an infant in his mother’s arms, and yet now God seems strangely distant. Despite such adverse circumstances, though, the psalmist’s faith and trust in the Lord remains. The psalm ends on a note of confidence, as God’s name is praised before all the nations. The shadow of the Cross gives way to the bright hope of the Resurrection. We too, when we call upon him in times of trial, must place our trust in the God who brings salvation, who conquers death with the gift of eternal life.

I am pleased to welcome the English-speaking visitors and pilgrims present at today’s Audience, including the groups from Great Britain, Scandinavia, Asia and North America. I extend a special greeting to the delegates of the International Catholic Charismatic Renewal Services and to the Patrons of the Arts in the Vatican Museums. Upon all of you, and upon your families and loved ones, I invoke God’s abundant blessings.

[01268-02.01] [Original text: English]

Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Das Fest Kreuzerhöhung, das wir heute feiern, ist ein geeigneter Anlaß, über den Psalm 22 zu sprechen, ein Gebet, das uns auf das Kreuzesleiden Christi hinweist und den doppelten Aspekt seiner Passion – Erniedrigung und Verherrlichung, Tod und Leben – zum Ausdruck bringt. Der Psalm stellt uns die Gestalt eines unschuldig Verfolgten vor Augen, den seine Bedränger töten wollen. Er aber nimmt in seiner schmerzerfüllten Klage Zuflucht zu Gott. In seinem Gebet wechseln sich die bedrängende Wirklichkeit der Gegenwart und die tröstliche Erinnerung über die Hilfe Gottes in der Vergangenheit ab. Im tiefsten Leid angesichts seiner verzweifelten Situation, angesichts von Gottes scheinbarer Abwesenheit und seinem Schweigen ruft er aus: »Mein Gott, mein Gott, warum hast du mich verlassen?« Er fühlt sich verlassen. Gott antwortet nicht. Und doch nennt er den Herrn »Mein Gott«; er bleibt sein Gott, er gibt die Hoffnung nicht auf, daß Gott ihn hört und erhört. In dieser Gewißheit des Glaubens öffnet sich sein Beten zum großen Lobpreis Gottes. Er weiß, daß die großen Taten Gottes nicht nur Vergangenheit sind, sondern auch Gegenwart und Zukunft, daß mitten im Schweigen und in der Abwesenheit Gottes seine Gegenwart da ist und sich auftun wird auf eine Weise, die er selber noch nicht sehen kann. Diesen Psalm hat sich Christus am Kreuz zu eigen gemacht, indem er seine Anfangsworte gerufen und damit den ganzen Abgrund seines Leidens vor Gott und vor uns hingestellt hat. Aber in den Anfangsworten zu dem schweigenden Gott ist doch auch der ganze Psalm mit seiner Gewißheit der großen Erhörung, der Auferstehung, der Bekehrung der Heiden schon anwesend. So ist darin enthalten einerseits die ganze Passion Jesu Christi, die die Passion der Menschheit vor dem schweigenden Gott auf sich nimmt, und die ganze Herrlichkeit Christi, der in der Welt mitten im Leiden der Martyrer immer wieder siegt und immer wieder Gottes Herrlichkeit und Güte zeigt. Leid und Tod sind nicht das Ende, und Gottes Schweigen ist nicht das letzte, Gott schenkt Leben und zeigt sich uns. Demgemäß sagt Jesus später zu den Emmausjüngern: »Mußte nicht der Messias all dieses leiden, um so in seine Herrlichkeit einzugehen?« (Lk 24,26) und weist uns damit hin auf den für uns oft schwer faßbaren und doch wesentlichen Zusammenhang von Leid, Abwesenheit Gottes und neuer Herrlichkeit des Herrn. Wir wollen darum bitten, daß wir im Schweigen Gottes nicht verzagen. Wir wollen ihn bitten, daß er sich uns hörbar macht, daß wir mitten in den Nöten dieser Zeit auch seine Herrlichkeit und Güte erkennen dürfen.

Ganz herzlich grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher. Gott verläßt uns nicht. Deshalb ist es wichtig, daß wir nicht aufhören, im Gebet bei ihm anzuklopfen, ja zu ihm hin zu schreien, wie der Herr es getan hat. Er wird auch in uns das Licht der Auferstehung anzünden. Gott begleite Euch alle! Herzlichen Dank.

[01269-05.01] [Originalsprache: Deutsch]

Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

En la catequesis de hoy afrontaremos un salmo con fuertes implicaciones cristológicas, que continuamente aparece en los relatos de la pasión de Jesús. En él se presenta la figura de un inocente perseguido y circundado de adversarios que le desean la muerte. El Señor calla. Este silencio mina el ánimo del orante. El salmista no puede creer que la relación con Dios se haya interrumpido totalmente. Entonces, le pregunta el motivo de un abandono tan incomprensible, al tiempo que afirma que "su" Dios no puede desampararlo. Las palabras iniciales de este salmo: "Dios mío, Dios mío, ¿por qué me has abandonado?, son puestas en los labios de Jesús como grito durante su agonía en la cruz. Pero este grito, es una oración. Con ella, Jesús mantiene la carga de un indecible sufrimiento, a la vez que se abre a la certeza de la gloria. La victoria de la fe puede transformar la muerte en don de la vida, el abismo de dolor en fuente de esperanza. Al final, el salmo muestra que la vida ha triunfado. El Dios de la salvación se ha manifestado como Señor, y todos los confines de la tierra lo celebrarán.

Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los oficiales de la Policía Nacional, de Colombia, al grupo de la Academia de Carabineros, de Chile, a los alumnos y profesores del Bachillerato Humanista Moderno de Salta, Argentina, así como a los demás fieles venidos de España, México, Venezuela y otros países latinoamericanos. Dejémonos invadir por la luz del misterio pascual y, como los discípulos de Emaús, aprendamos a discernir la realidad más allá de las apariencias, reconociendo en la cruz la manifestación plena de la vida. Muchas gracias.

[01270-04.01] [Texto original: Español]

Sintesi della catechesi in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs,

Na catequese de hoje, tratamos do Salmo 22, uma oração sincera e tocante, com profundas implicações cristológicas, que se tornam visíveis durante a Paixão de Jesus, na sua dupla dimensão de humilhação e glória, de morte e vida. Este Salmo apresenta a figura de um inocente perseguido e cercado de adversários que querem a sua morte; por isso, eleva um lamento doloroso a Deus, que parece estar distante, mas o salmista, pela certeza de fé, sabe que virá em seu socorro. Como é sabido, o grito inicial do Salmo: "Meu Deus, meu Deus, porque me abandonaste?",segundo os Evangelhos de Mateus e Marcos, foi assumido por Jesus durante a sua crucifixão, exprimindo assim toda a sua desolação diante do peso da humilhação e morte que supunha a sua missão salvífica. Mas, o grito de Jesus, à semelhança do salmista, não era um grito de desespero, mas de confiança na vitória divina, e por isso aberto ao louvor.

Dirijo a minha saudação amiga aos membros da União Missionária Franciscana, vindos de Portugal, aos brasileiros do Grupo Vocacional e a todos os demais peregrinos lusófonos aqui presentes. Neste dia da Exaltação da Santa Cruz, deixemo-nos invadir pela luz do mistério pascal, para reconhecermos o caminho da exaltação precisamente na humilhação, colocando toda a nossa esperança em Deus, e assim o nosso grito de ajuda transformar-se-á em cântico de louvor. E que a bênção de Deus desça sobre vós e vossas famílias!

[01271-06.01] [Texto original: Português]

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE

Saluto in lingua polacca

Saluto in lingua slovacca  

Saluto in lingua italiana

Saluto in lingua polacca

Serdecznie witam polskich pielgrzymów. W tych dniach obchodzi się w Polsce „Tydzień Wychowania". Duchowo wspieram tę nową inicjatywę Kościoła w Polsce. Wychowanie, którego celem jest integralny rozwój człowieka, to zadanie wymagające współpracy rodziców, nauczycieli i duszpasterzy oraz odpowiednich władz państwowych i lokalnych. Oby ten Tydzień budził we wszystkich poczucie odpowiedzialności za dobre kształtowanie umysłów i serc młodych ludzi. Niech Bóg wam błogosławi!

[Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. In questi giorni si celebra in Polonia la "Settimana dell’educazione". L’educazione, la cui meta è lo sviluppo integrale dell’uomo, è un compito che richiede la collaborazione dei genitori, degli insegnanti e dei pastori, nonché delle rispettive autorità statali e locali. Questa Settimana susciti in tutti il senso di responsabilità per una buona formazione delle menti e dei cuori dei giovani. Dio vi benedica.]

[01272-09.01] [Testo originale: Polacco]

Saluto in lingua slovacca  

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov zo Šurian, Záhorskej Bystrice, Žiliny, Prešova a Starej Ľubovne; osobitne vítam skupinu zo Svitu so spevokolom Laudamus.

Bratia a sestry, zajtra Slovensko oslávi sviatok svojej Patrónky, Sedembolestnej Panny Márie. Ježiš ju dal za Matku každému z nás. Ona nech vám pomáha byť jeho vernými učeníkmi. Ochotne vás žehnám.

Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto con affetto i pellegrini slovacchi provenienti da Šurany, Záhorská Bystrica, Žilina, Prešov a Stará Ľubovňa; in particolare do il benvenuto al gruppo proveniente da Svit con il coro Laudamus.

Fratelli e sorelle, domani la Slovacchia celebrerà la festa della sua Patrona, la Vergine Addolorata. Gesù l’ha data come Madre ad ognuno di noi. Ella vi aiuti ad essere fedeli discepoli del Cristo. Volentieri vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!]

[01273-AA.01] [Testo originale: Slovacco]

Saluto in lingua italiana  

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto le Suore Serve dei Poveri, che partecipano al loro Capitolo Generale; i Religiosi salesiani, in partenza per la missione ad gentes; i rappresentanti della comunità Shalom di Palazzolo sull’Oglio. A tutti auguro di essere gioiosi strumenti dell’amore e della misericordia divina.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Oggi, la liturgia ci fa meditare sul mistero della Croce del Signore, e domani sui dolori della sua Madre. La Croce di Cristo e l'esempio di Maria, Vergine Addolorata, illuminino la vostra esistenza, cari giovani; vi sostengano nelle prove quotidiane, cari malati; e siano di stimolo per voi, cari sposi novelli, ad un'esistenza familiare coraggiosa e coerente con i principi evangelici.

Oggi, a Cosenza, viene proclamata Beata suor Elena Aiello, fondatrice delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Subito dopo il Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona, la Chiesa che è in Italia gioisce per l’elevazione alla gloria degli altari di un’anima eminentemente eucaristica. Illustre figlia della terra di Calabria, suor Elena Aiello soleva dire: "L’Eucarestia è l’alimento essenziale della mia vita, il respiro profondo della mia anima, il Sacramento che dà senso alla mia vita, a tutte le azioni della giornata".  L’esempio e l’intercessione della nuova Beata accrescano in tutti l’amore per il mirabile Sacramento dell’altare.

[01274-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0530-XX.01]