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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A MADRID (SPAGNA) IN OCCASIONE DELLA XXVI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (18-21 AGOSTO 2011) (X), 20.08.2011


VISITA ALLA FONDAZIONE "INSTITUTO SAN JOSÉ" DI MADRID

  DISCORSO DEL SANTO PADRE

  TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA  

  TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE  

  TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE  

  TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA  

  TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE  

Alle ore 19.40 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI visita la Fondazione "Instituto San José" di Madrid, storico ente benefico che presta la sua assistenza a disabili fisici e psichici, amministrato dall’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio (Fatebenefratelli).
Al Suo arrivo, il Papa è accolto dal Superiore Fr. Rafael M. Martínez, O.H., e dai dirigenti dell’Istituto. L’incontro si svolge nel campo sportivo, dove sono presenti circa 200 bambini disabili, provenienti da diversi centri assistenziali spagnoli. Nell’area circostante sono raccolti gli altri degenti e un gruppo di giovani disabili partecipanti alla GMG.
Dopo i saluti del Card. Antonio María Rouco Varela e di un giovane disabile, il Santo Padre pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

  DISCORSO DEL SANTO PADRE

Señor Cardenal Arzobispo de Madrid,

Queridos hermanos en el Episcopado,

Queridos sacerdotes y religiosos de la Orden Hospitalaria de San Juan de Dios,

Distinguidas Autoridades,

Queridos jóvenes, familiares y voluntarios aquí presentes

Gracias de corazón por el amable saludo y la cordial acogida que me habéis dispensado.

Esta noche, antes de la vigilia de oración con los jóvenes de todo el mundo que han venido a Madrid para participar en esta Jornada Mundial de la Juventud, tenemos ocasión de pasar algunos momentos juntos y así poder manifestaros la cercanía y el aprecio del Papa por cada uno de vosotros, por vuestras familias y por todas las personas que os acompañan y cuidan en esta Fundación del Instituto San José.

La juventud, lo hemos recordado otras veces, es la edad en la que la vida se desvela a la persona con toda la riqueza y plenitud de sus potencialidades, impulsando la búsqueda de metas más altas que den sentido a la misma. Por eso, cuando el dolor aparece en el horizonte de una vida joven, quedamos desconcertados y quizá nos preguntemos: ¿Puede seguir siendo grande la vida cuando irrumpe en ella el sufrimiento? A este respecto, en mi encíclica sobre la esperanza cristiana, decía: "La grandeza de la humanidad está determinada esencialmente por su relación con el sufrimiento y con el que sufre (…). Una sociedad que no logra aceptar a los que sufren y no es capaz de contribuir mediante la compasión a que el sufrimiento sea compartido y sobrellevado también interiormente, es una sociedad cruel e inhumana" (Spe salvi, 38). Estas palabras reflejan una larga tradición de humanidad que brota del ofrecimiento que Cristo hace de sí mismo en la Cruz por nosotros y por nuestra redención. Jesús y, siguiendo sus huellas, su Madre Dolorosa y los santos son los testigos que nos enseñan a vivir el drama del sufrimiento para nuestro bien y la salvación del mundo.

Estos testigos nos hablan, ante todo, de la dignidad de cada vida humana, creada a imagen de Dios. Ninguna aflicción es capaz de borrar esta impronta divina grabada en lo más profundo del hombre. Y no solo: desde que el Hijo de Dios quiso abrazar libremente el dolor y la muerte, la imagen de Dios se nos ofrece también en el rostro de quien padece. Esta especial predilección del Señor por el que sufre nos lleva a mirar al otro con ojos limpios, para darle, además de las cosas externas que precisa, la mirada de amor que necesita. Pero esto únicamente es posible realizarlo como fruto de un encuentro personal con Cristo. De ello sois muy conscientes vosotros, religiosos, familiares, profesionales de la salud y voluntarios que vivís y trabajáis cotidianamente con estos jóvenes. Vuestra vida y dedicación proclaman la grandeza a la que está llamado el hombre: compadecerse y acompañar por amor a quien sufre, como ha hecho Dios mismo. Y en vuestra hermosa labor resuenan también las palabras evangélicas: "Cada vez que lo hicisteis con uno de estos, mis hermanos más pequeños, conmigo lo hicisteis" (Mt 25, 40).

Por otro lado, vosotros sois también testigos del bien inmenso que constituye la vida de estos jóvenes para quien está a su lado y para la humanidad entera. De manera misteriosa pero muy real, su presencia suscita en nuestros corazones, frecuentemente endurecidos, una ternura que nos abre a la salvación. Ciertamente, la vida de estos jóvenes cambia el corazón de los hombres y, por ello, estamos agradecidos al Señor por haberlos conocido.

Queridos amigos, nuestra sociedad, en la que demasiado a menudo se pone en duda la dignidad inestimable de la vida, de cada vida, os necesita: vosotros contribuís decididamente a edificar la civilización del amor. Más aún, sois protagonistas de esta civilización. Y como hijos de la Iglesia ofrecéis al Señor vuestras vidas, con sus penas y sus alegrías, colaborando con Él y entrando "a formar parte de algún modo del tesoro de compasión que necesita el género humano" (Spe salvi, 40).

Con afecto entrañable, y por intercesión de San José, de San Juan de Dios y de San Benito Menni, os encomiendo de todo corazón a Dios nuestro Señor: que Él sea vuestra fuerza y vuestro premio. De su amor sea signo la Bendición Apostólica que os imparto a vosotros y a todos vuestros familiares y amigos. Muchas gracias.

[01180-04.01] [Texto original: Español]

  TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Signor Cardinale Arcivescovo di Madrid,

Venerati fratelli nell’Episcopato,

Cari Sacerdoti e Religiosi dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio,

Distinte Autorità,

Cari giovani, familiari e volontari qui presenti,

grazie di cuore per l’affettuoso saluto e la cordiale accoglienza che mi avete riservato.

Questa notte, prima della Veglia di preghiera con i giovani di tutto il mondo che sono venuti a Madrid per partecipare a questa Giornata Mondiale della Gioventù, abbiamo l’occasione di trascorrere alcuni momenti insieme e così potervi manifestare la vicinanza e l’apprezzamento del Papa per ciascuno di voi, per le vostre famiglie e per tutte le persone che vi accompagnano e vi assistono in questa Fondazione dell’Istituto San Giuseppe.

La gioventù, lo abbiamo ricordato altre volte, è l’età nella quale la vita si rivela alla persona con tutta la ricchezza e pienezza delle sue potenzialità, spingendo alla ricerca di mete più alte che diano senso alla vita stessa. Per questo, quando il dolore appare nell’orizzonte di una vita giovane, rimaniamo sconcertati e forse ci chiediamo: può continuare ad essere grande la vita quando irrompe in essa la sofferenza? A tale riguardo, nella mia enciclica sulla speranza cristiana, dicevo: «La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente (…) Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la com-passione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente, è una società crudele e disumana» (Spe salvi, 38). Queste parole riflettono una lunga tradizione di umanità che scaturisce dall’offerta che Cristo fa di se stesso sulla Croce per noi e per la nostra redenzione. Gesù e, seguendo le sue orme, la sua Madre Dolorosa e i santi sono i testimoni che ci insegnano a vivere il dramma della sofferenza per il nostro bene e la salvezza del mondo.

Questi testimoni ci parlano, prima di tutto, della dignità di ogni vita umana, creata a immagine di Dio. Nessuna afflizione è capace di cancellare questa impronta divina incisa nel più profondo dell’uomo. E non solo: dal momento in cui il Figlio di Dio volle abbracciare liberamente il dolore e la morte, l’immagine di Dio si offre a noi anche nel volto di chi soffre. Questa speciale predilezione del Signore per colui che soffre ci porta a guardare l’altro con occhi limpidi, per dargli, oltre alle cose esterne di cui ha bisogno, lo sguardo amorevole di cui ha bisogno. Però questo è possibile realizzarlo solo come frutto di un incontro personale con Cristo. Di ciò siate molto consapevoli voi, religiosi, familiari, professionisti della salute e volontari che vivete e lavorate quotidianamente con questi giovani. La vostra vita e dedizione proclamano la grandezza alla quale è chiamato l’uomo: avere compassione e accompagnare per amore chi soffre, come ha fatto Dio. E nella vostra felice professione risuonano anche le parole evangeliche: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

D’altro canto, voi siete testimoni anche del bene immenso che rappresenta la vita di questi giovani per chi sta loro accanto e per l’intera umanità. In modo misterioso ma molto reale, la sua presenza suscita nei nostri cuori, frequentemente induriti, una tenerezza che ci apre alla salvezza. Certamente, la vita di questi giovani cambia il cuore degli uomini e, per questo, siamo grati al Signore per averli conosciuti.

Cari amici, la nostra società, nella quale troppo spesso si pone in dubbio la dignità inestimabile della vita, di ogni vita, necessita di voi: voi contribuite decisamente a edificare la civiltà dell’amore. Ancora di più, siete protagonisti di questa civilizzazione. E come figli della Chiesa offrite al Signore le vostre vite, con le sue pene e le sue gioie, collaborando con Lui ed entrando così «a far parte in qualche modo del tesoro di compassione di cui il genere umano ha bisogno» (Spe salvi, 40).

Con grande affetto, e per intercessione di san Giuseppe, san Giovanni di Dio e san Benito Menni, vi affido con tutto il cuore a Dio nostro Signore: che Egli sia la vostra forza e il vostro premio. Sia segno del suo amore la Benedizione Apostolica che imparto a voi e a tutti i vostri familiari e amici.  Grazie.

[01180-01.01] [Testo originale: Spagnolo]

  TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Monsieur le Cardinal Archevêque de Madrid,

Chers frères dans l’Épiscopat,

Chers prêtres et religieux de l’Ordre Hospitalier de Saint Jean de Dieu,

Autorités,

Chers jeunes, parents et volontaires présents,

Merci de tout cœur pour l’aimable mot de bienvenu et le cordial accueil que vous m’avez réservé.

Ce soir, avant la Veillée de prière avec les jeunes venus du monde entier à Madrid pour participer à ces Journées Mondiales de la Jeunesse, nous avons l’occasion de passer ensemble quelques moments et de pouvoir ainsi vous manifester la proximité et l’appréciation du Pape pour chacun d’entre vous, pour vos familles et pour toutes les personnes qui vous accompagnent et qui ont soin de cette Fondation de l’Institut San José.

La jeunesse, nous l’avons rappelé en d’autres occasions, est l’âge où la vie se dévoile dans la personne avec toute la richesse et la plénitude de ses capacités, poussant à rechercher les buts les plus élevés qui lui donnent sens. C’est pourquoi lorsque dans une vie jeune apparaît la douleur, nous demeurons déconcertés et nous nous demandons peut-être : la vie peut-elle continuer à être grande quand la souffrance y fait irruption ? À cet égard dans mon encyclique sur l’espérance chrétienne, j’ai écrit : « La mesure de l'humanité se détermine essentiellement dans son rapport à la souffrance et à celui qui souffre. (…) Une société qui ne réussit pas à accepter les souffrants et qui n'est pas capable de contribuer, par la compassion, à faire en sorte que la souffrance soit partagée et portée aussi intérieurement est une société cruelle et inhumaine. » (Spe salvi, 38). Ces paroles reflètent une longue tradition de l’humanité qui découle de l’offrande que le Christ fait de lui-même sur la croix pour nous et pour notre rédemption. Jésus et, sur ses pas, sa Mère – Notre Dame des Douleurs – et les saints sont les témoins qui nous montrent comment vivre le drame de la souffrance pour notre bien et pour le salut du monde.

Ces témoins nous parlent surtout de la dignité de chaque vie humaine créée à l’image de Dieu. Aucune affliction n’est capable d’effacer cette empreinte divine gravée au plus profond de l’homme. Bien plus, depuis que le Fils de Dieu a désiré librement embrasser la douleur et la mort, l’image de Dieu nous offre aussi le visage de celui qui les a supportées. Cette prédilection particulière du Seigneur pour qui souffre, nous fait voir l’autre avec des yeux purs pour lui donner, en plus des choses extérieures nécessaires, le regard de l’amour dont il a besoin. Il n’est possible de réaliser ceci que comme le fruit d’une rencontre personnelle avec le Christ. Soyez très conscients de cela vous les religieux, les parents, les professionnels de la santé et les volontaires qui vivez et travaillez quotidiennement avec ces jeunes. Votre vie et votre engagement proclament la grandeur à laquelle l’homme est appelé : compatir et accompagner par amour celui qui souffre, comme Dieu l’a fait lui-même. Et dans votre beau travail résonnent ainsi les paroles évangéliques : « Dans la mesure où vous l’avez fait à l’un des ces petits de mes frères, c’est à moi que vous l’avez fait » (Mt 25, 40).

Par ailleurs, vous êtes également les témoins du bien immense qu’est la vie de ces jeunes pour ceux qui sont à leurs côtés et pour l’humanité entière. De manière mystérieuse, mais très réelle, votre présence suscite en nos cœurs, fréquemment endurcis, une tendresse qui nous ouvre au salut. Il est certain que la vie de ces jeunes change le cœur des hommes et, pour cela, nous rendons grâce au Seigneur pour les avoir connus.

Chers amis, notre société où très souvent est mise en doute la dignité inestimable de la vie, de chaque vie, a besoin de vous : vous contribuez de manière décisive à édifier la civilisation de l’amour. Bien plus, soyez les protagonistes de cette civilisation ! Et comme fils de l’Église offrez au Seigneur vos vies, avec ses peines et ses joies, en collaborant avec Lui et en entrant « ainsi d'une certaine façon dans le trésor de compassion dont le genre humain a besoin » (Spe salvi, 40).

Avec une affection profonde, et par l’intercession de saint Joseph, de saint Jean de Dieu et de saint Benito Menni, je vous confie de tout cœur à Dieu, Notre Seigneur. Qu’il soit votre force et votre récompense ! Que cette bénédiction apostolique que je vous donne ainsi qu’à tous vos proches, en soit le signe !  Merci beaucoup.

[01180-03.01] [Texte original: Espagnol]

  TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Your Eminence,

Dear Brother Bishops,

Dear Priests and Religious of the Hospitaller Order of Saint John of God,

Distinguished Authorities,

Dear Young People, Family Members and Volunteers,

I thank you most sincerely for your kind greeting and heartfelt welcome.

This evening, just before the Prayer Vigil with the young people from throughout the world gathered in Madrid for this World Youth Day, we have this chance to spend time together as a way of showing the Pope’s closeness and esteem for each of you, for your families and for all those who help and care for you in this Foundation of Saint Joseph’s Institute.

Youth, as I have said more than once, is the age when life discloses itself to us with all its rich possibilities, inspiring us to seek the lofty goals which give it meaning. So when suffering appears on the horizon of a young life, we are shaken; perhaps we ask ourselves: "Can life still be something grand, even when suffering unexpectedly enters it?" In my Encyclical on Christian Hope, I observed that "the true measure of humanity is essentially determined in relationship to suffering and to the sufferer … A society unable to accept its suffering members and incapable of helping to share their suffering and to bear it inwardly through ‘com-passion’ is a cruel and inhuman society" (Spe Salvi, 38). These words reflect a long tradition of humanity which arises from Christ’s own self-offering on the Cross for us and for our redemption. Jesus and, in his footsteps, his Sorrowful Mother and the saints, are witnesses who shows us how to experience the tragedy of suffering for our own good and for the salvation of the world.

These witnesses speak to us, first and foremost, of the dignity of all human life, created in the image of God. No suffering can efface this divine image imprinted in the depths of our humanity. But there is more: because the Son of God wanted freely to embrace suffering and death, we are also capable of seeing God’s image in the face of those who suffer. This preferential love of the Lord for the suffering helps us to see others more clearly and to give them, above and beyond their material demands, the look of love which they need. But this can only happen as the fruit of a personal encounter with Christ. You yourselves – as religious, family members, health care professionals and volunteers who daily live and work with these young people – know this well. Your lives and your committed service proclaim the greatness to which every human being is called: to show compassion and loving concern to the suffering, just as God himself did. In your noble work we hear an echo of the words found in the Gospel: "just as you did it to one of the least of these my brothers, you did it to me" (Mt 25:40).

At the same time, you are also witnesses of the immense goodness which the lives of these young people represent for those who love them, and for humanity as a whole. In a mysterious yet real way, their presence awakens in our often hardened hearts a tenderness which opens us to salvation. The lives of these young people surely touch human hearts and for that reason we are grateful to the Lord for having known them.

Dear friends, our society, which all too often questions the inestimable value of life, of every life, needs you: in a decisive way you help to build the civilization of love. What is more, you play a leading role in that civilization. As sons and daughters of the Church, you offer the Lord your lives, with all their ups and downs, cooperating with him and somehow becoming "part of the treasury of compassion so greatly needed by the human race" (Spe Salvi, 40).

With great affection, and through the intercession of Saint Joseph, Saint John of God and Saint Benito Menni, I commend you to God our Lord: may he be your strength and your reward. As a pledge of his love, I cordially impart to you, and to your families and friends, my Apostolic Blessing.  Thank you very much.

[01180-02.01] [Original text: Spanish]

  TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Herr Kardinalerzbischof von Madrid!

Verehrte Mitbrüder im bischöflichen Dienst!

Liebe Priester und Brüder des Hospitalordens des hl. Johannes von Gott!

Sehr geehrte Vertreter des öffentlichen Lebens!
Liebe Jugendliche, Familienangehörigen und Ehrenamtliche, die hier zugegen sind!

Herzlichen Dank für den liebevollen Gruß und den herzlichen Empfang, den ihr mir bereitet habt.

Vor der Gebetsvigil mit den Jugendlichen aus aller Welt, die nach Madrid gekommen sind, um an diesem Weltjugendtag teilzunehmen, haben wir heute Abend die Gelegenheit, einige Augenblicke gemeinsam zu verbringen. So kann ich euch die Nähe und die Wertschätzung zeigen, die ich für einen jeden von euch, für eure Familien und für alle Menschen habe, die euch in dieser Stiftung des Instituts Sankt Joseph zur Seite stehen.

Die Jugend – das haben wir schon bei anderer Gelegenheit erwähnt – ist das Alter, in dem sich dem Menschen das Leben in seinem ganzen Reichtum und in der Fülle seiner Möglichkeiten offenbart und ihn zur Suche nach höheren Zielen antreibt, die dem Leben selbst einen Sinn geben. Darum sind wir betroffen, wenn am Horizont eines jungen Lebens der Schmerz erscheint, vor allem, wenn dies aufgrund einer Krankheit geschieht, und vielleicht fragen wir uns: Kann das Leben weiterhin groß sein, wenn es vom Leiden heimgesucht wird? Dazu habe ich in meiner Enzyklika über die Hoffnung gesagt: „Das Maß der Humanität bestimmt sich ganz wesentlich im Verhältnis zum Leid und zum Leidenden. […] Eine Gesellschaft, die die Leidenden nicht annehmen und nicht im Mit-leiden helfen kann, Leid auch von innen zu teilen und zu tragen, ist eine grausame und inhumane Gesellschaft" (Spe salvi, 38). Diese Worte spiegeln eine lange Tradition der Menschlichkeit wider, die aus der Selbsthingabe hervorgeht, die Christus am Kreuz für uns und unsere Erlösung vollbracht hat. Jesus – und auf seinen Spuren seine Schmerzhafte Mutter und die Heiligen – sind die Zeugen, die uns lehren, das Drama der Krankheit und des Leidens zu unserem Wohl und zum Heil der Welt zu leben.

Diese Zeugen sprechen zu uns vor allem von der Würde eines jeden Menschenlebens, das ja nach dem Bild Gottes geschaffen wurde. Keine Trübsal ist imstande, diese Prägung auszuradieren, die ins Innerste des Menschen eingeschrieben ist. Und nicht nur das: Seit der Sohn Gottes freiwillig Schmerz und Tod auf sich genommen hat, bietet sich uns das Bild Gottes auch im Antlitz dessen dar, der leidet. Diese besondere Vorliebe des Herrn für den Leidenden bringt uns dazu, den anderen mit klaren Augen anzusehen, um ihm über die äußeren Dinge hinaus, deren er bedarf, den liebevollen Blick zu schenken, den er braucht. Das aber wird nur möglich als Frucht einer persönlichen Begegnung mit Christus. Darüber seid ihr – Ordensleute, Angehörige, im Heilberuf Tätige und Ehrenamtliche –, die ihr täglich mit diesen jungen Menschen lebt und arbeitet, euch völlig im klaren. Euer Leben und eure Hingabe verkünden die Größe, zu der der Mensch berufen ist: Mitleid mit dem Leidenden zu haben und ihn aus Liebe zu begleiten, wie Gott es getan hat. Und in eurem schönen Beruf hallen auch die Worte des Evangeliums nach: „Was ihr für einen meiner geringsten Brüder getan habt, das habt ihr mir getan" (Mt 25,40).

Andererseits seid ihr auch Zeugen für das unermeßliche Gut, das das Leben dieser jungen Menschen für diejenigen, die ihnen zur Seite stehen, wie auch für die gesamte Menschheit darstellt. In geheimnisvoller, aber sehr realer Weise weckt die Wirklichkeit ihres Lebens in unseren oft verhärteten Herzen eine Zärtlichkeit, die uns für das Heil öffnet. Mit Sicherheit verwandelt das Leben dieser Jugendlichen das Herz der Menschen, und darum sind wir dem Herrn dankbar, daß wir sie kennengelernt haben.

Liebe Freunde, unsere Gesellschaft, in der allzu oft die unschätzbare Würde des Lebens – jedes Lebens – in Zweifel gezogen wird, braucht euch: Ihr tragt entschlossen zum Aufbau einer Kultur der Liebe bei. Mehr noch: Ihr seid Protagonisten dieser Zivilisation. Und als Söhne und Töchter der Kirche bringt ihr dem Herrn euer Leben dar, mit seinen Leiden und seinen Freuden, indem ihr mit Ihm zusammenarbeitet und euch so unter die einreiht, die „irgendwie zu dem Schatz des Mitleids gehörten, dessen die Menschheit bedarf" (Spe salvi, 40).

Mit großer Zuneigung und auf die Fürsprache des heiligen Joseph, des heiligen Johannes von Gott und des heiligen Benito Menni vertraue ich euch von ganzem Herzen Gott, unserem Herrn, an: Möge er eure Kraft und euer Siegespreis sein. Ein Zeichen seiner Liebe sei der Apostolische Segen, den ich euch und allen euren Angehörigen und Freunden erteile.  Vielen Dank.

 [01180-05.01] [Originalsprache: Spanisch]

  TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Senhor Cardeal Arcebispo de Madrid,

Queridos Irmãos no Episcopado,

Queridos sacerdotes e religiosos

da Ordem Hospitaleira de São João de Deus,

Distintas Autoridades,

Queridos jovens, familiares e voluntários aqui presentes!

De coração vos agradeço a amável saudação e o cordial acolhimento que me dispensastes.

Nesta noite, antes da Vigília de oração com os jovens de todo o mundo que vieram a Madrid para participar nesta Jornada Mundial d Juventude, temos a ocasião de passar alguns momentos juntos e poder-vos assim manifestar a solidariedade e o apreço do Papa por cada um de vós, pelas vossas famílias e por todas as pessoa que vos acompanham e cuidam nesta Fundação do Instituto São José.

A juventude, como recordei outras vezes, é a idade em que a vida se revela à pessoa em toda a riqueza e plenitude das suas potencialidades, incitando à busca de metas mais altas que dêem sentido à mesma. Por isso, quando o sofrimento assoma ao horizonte duma vida jovem, ficamos desconcertados e talvez nos interroguemos: Poderá a vida continuar a ser grande, quando irrompe nela o sofrimento? A este respeito, escrevi na minha encíclica sobre a esperança cristã: «A grandeza da humanidade determina-se essencialmente na relação com o sofrimento e com quem sofre. (…) Uma sociedade que não consegue aceitar os que sofrem e não é capaz de contribuir, mediante a compaixão, para fazer com que o sofrimento seja compartilhado e assumido mesmo interiormente é uma sociedade cruel e desumana» (Spe salvi, 38). Estas palavras reflectem uma larga tradição de humanidade que brota da oferta que Cristo faz de Si mesmo na Cruz por nós e pela nossa redenção. Jesus e, seguindo os seus passos, a sua Mãe Dolorosa e os santos são as testemunhas que nos ensinam a viver o drama do sofrimento para o nosso bem e a salvação do mundo.

Estas testemunhas falam-nos, antes de mais nada, da dignidade de cada vida humana, criada à imagem de Deus. Nenhuma aflição é capaz de apagar esta efígie divina gravada no mais fundo do homem. E não só: desde que o Filho de Deus quis abraçar livremente a dor e a morte, a imagem de Deus é-nos oferecida também no rosto de quem padece. Esta predilecção especial do Senhor por quem sofre leva-nos a contemplar o outro com olhos puros, para lhe dar, além das coisas exteriores que precisa, aquele olhar de amor que necessita. Mas isso, só é possível realizá-lo como fruto de um encontro pessoal com Cristo. Bem conscientes disto sois vós, religiosos, familiares, profissionais da saúde e voluntários que viveis e trabalhais diariamente com estes jovens. A vossa vida e dedicação proclamam a grandeza a que é chamado o homem: compadecer-se e acompanhar quem sofre, como o fez o próprio Deus. E, no vosso maravilhoso trabalho, ressoam também estas palavras evangélicas: «Sempre que fizestes isto a um destes meus irmãos mais pequeninos, a Mim mesmo o fizestes» (Mt 25, 40).

Por outro lado, vós sois também testemunhas do bem imenso que constitui a vida destes jovens para quem está ao seu lado e para a humanidade inteira. De maneira misteriosa mas muito real, a sua presença suscita em nossos corações, frequentemente endurecidos, uma ternura que nos abre à salvação. Sem dúvida, a vida destes jovens muda o coração dos homens e, por isso, damos graças ao Senhor por tê-los conhecido.

Queridos amigos, a nossa sociedade – onde demasiadas vezes se põe em dúvida a dignidade inestimável da vida, de cada vida – precisa de vós: vós contribuís decididamente para edificar a civilização do amor. Mais ainda, sois protagonistas desta civilização. E, como filhos da Igreja, ofereceis ao Senhor as vossas vidas, com as suas penas e as suas alegrias, colaborando com Ele e entrando, de algum modo, «a fazer parte do tesouro de compaixão de que o género humano necessita» (Spe salvi, 40).

Com íntimo afecto e por intercessão de São José, de São João de Deus e de São Bento Menni, confio-vos de todo o coração a Deus nosso Senhor: Seja Ele a vossa força e o vosso prémio. Como sinal do seu amor, concedo-vos, a vós e a todos os vossos familiares e amigos, a Bênção Apostólica. Muito obrigado.

[01180-06.01] [Texto original: Espanhol]

Al termine, dopo l’offerta dei doni, il Santo Padre saluta personalmente dieci bambini disabili e, apposta la firma sul Libro d’Oro della Fondazione, si trasferisce in auto all’aeroporto "Cuatro Vientos" di Madrid per la Veglia di preghiera con i giovani.

[B0487-XX.02]