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SANTA MESSA DEL CRISMA NELLA BASILICA VATICANA, 21.04.2011


Alle ore 9.30 di oggi, ricorrenza del Giovedì Santo, il Santo Padre Benedetto XVI presiede, nella Basilica Vaticana, la Santa Messa Crismale, Liturgia che si celebra in questo giorno in tutte le Chiese Cattedrali.
La Messa del Crisma è concelebrata dal Santo Padre con i Cardinali, i Vescovi ed i Presbiteri - diocesani e religiosi - presenti a Roma.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la rinnovazione delle promesse sacerdotali, vengono benedetti l’olio dei catecumeni, l’olio degli infermi e il crisma.
Riportiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia dopo la lettura del Santo Vangelo:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Al centro della liturgia di questa mattina sta la benedizione degli oli sacri – dell’olio per l’unzione dei catecumeni, di quello per l’unzione degli infermi e del crisma per i grandi Sacramenti che conferiscono lo Spirito Santo: Confermazione, Ordinazione sacerdotale e Ordinazione episcopale. Nei Sacramenti il Signore ci tocca per mezzo degli elementi della creazione. L’unità tra creazione e redenzione si rende visibile. I Sacramenti sono espressione della corporeità della nostra fede che abbraccia corpo e anima, l’uomo intero. Pane e vino sono frutti della terra e del lavoro dell'uomo. Il Signore li ha scelti come portatori della sua presenza. L’olio è simbolo dello Spirito Santo e, al tempo stesso, ci rimanda a Cristo: la parola "Cristo" (Messia) significa "l’Unto". L’umanità di Gesù, mediante l’unità del Figlio col Padre, è inserita nella comunione con lo Spirito Santo e così è "unta" in maniera unica, è penetrata dallo Spirito Santo. Ciò che nei re e nei sacerdoti dell’Antica Alleanza era avvenuto in modo simbolico nell’unzione con olio, con la quale venivano istituiti nel loro ministero, avviene in Gesù in tutta la sua realtà: la sua umanità è penetrata dalla forza dello Spirito Santo. Egli apre la nostra umanità per il dono dello Spirito Santo. Quanto più siamo uniti a Cristo, tanto più veniamo colmati dal suo Spirito, dallo Spirito Santo. Noi ci chiamiamo "cristiani": "unti" – persone che appartengono a Cristo e per questo partecipano alla sua unzione, sono toccate dal suo Spirito. Non voglio soltanto chiamarmi cristiano, ma voglio anche esserlo, ha detto sant’Ignazio d’Antiochia. Lasciamo che proprio questi oli sacri, che vengono consacrati in quest’ora, ci ricordino tale compito intrinseco della parola "cristiano" e preghiamo il Signore, affinché sempre più non solo ci chiamiamo cristiani, ma anche lo siamo.

Nella liturgia di questo giorno si benedicono, come già detto, tre oli. In tale triade si esprimono tre dimensioni essenziali dell’esistenza cristiana, sulle quali vogliamo ora riflettere. C’è innanzitutto l’olio dei catecumeni. Quest’olio indica come un primo modo di essere toccati da Cristo e dal suo Spirito – un tocco interiore col quale il Signore attira le persone vicino a sé. Mediante questa prima unzione, che avviene ancora prima del Battesimo, il nostro sguardo si rivolge quindi alle persone che si mettono in cammino verso Cristo – alle persone che sono alla ricerca della fede, alla ricerca di Dio. L’olio dei catecumeni ci dice: non solo gli uomini cercano Dio. Dio stesso si è messo alla ricerca di noi. Il fatto che Egli stesso si sia fatto uomo e sia disceso negli abissi dell’esistenza umana, fin nella notte della morte, ci mostra quanto Dio ami l’uomo, sua creatura. Spinto dall’amore, Dio si è incamminato verso di noi. "Cercandomi Ti sedesti stanco … che tanto sforzo non sia vano!", preghiamo nel Dies Irae. Dio è alla ricerca di me. Voglio riconoscerLo? Voglio essere da Lui conosciuto, da Lui essere trovato? Dio ama gli uomini. Egli viene incontro all’inquietudine del nostro cuore, all’inquietudine del nostro domandare e cercare, con l’inquietudine del suo stesso cuore, che lo induce a compiere l’atto estremo per noi. L’inquietudine nei confronti di Dio, l’essere in cammino verso di Lui, per conoscerLo meglio, per amarLo meglio, non deve spegnersi in noi. In questo senso dovremmo sempre rimanere catecumeni. "Ricercate sempre il suo volto", dice un Salmo (105,4). Agostino, al riguardo, ha commentato: Dio è tanto grande da superare sempre infinitamente tutta la nostra conoscenza e tutto il nostro essere. Il conoscere Dio non si esaurisce mai. Per tutta l’eternità possiamo, con una gioia crescente, sempre continuare a cercarLo, per conoscerLo sempre di più ed amarLo sempre di più. "Inquieto è il nostro cuore, finché non riposi in te", ha detto Agostino all’inizio delle sue Confessioni. Sì, l’uomo è inquieto, perché tutto ciò che è temporale è troppo poco. Ma siamo veramente inquieti verso di Lui? Non ci siamo forse rassegnati alla sua assenza e cerchiamo di bastare a noi stessi? Non permettiamo simili riduzioni del nostro essere umano! Rimaniamo continuamente in cammino verso di Lui, nella nostalgia di Lui, nell’accoglienza sempre nuova di conoscenza e di amore!

C’è poi l’olio per l’Unzione degli infermi. Abbiamo davanti a noi la schiera delle persone sofferenti: gli affamati e gli assetati, le vittime della violenza in tutti i Continenti, i malati con tutti i loro dolori, le loro speranze e disperazioni, i perseguitati e i calpestati, le persone col cuore affranto. Circa il primo invio dei discepoli da parte di Gesù, san Luca ci narra: "Li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi" (9,2). Il guarire è un incarico primordiale affidato da Gesù alla Chiesa, secondo l’esempio dato da Lui stesso che risanando ha percorso le vie del Paese. Certo, il compito principale della Chiesa è l’annuncio del regno di Dio. Ma proprio questo stesso annuncio deve essere un processo di guarigione: "…fasciare le piaghe dei cuori spezzati", viene detto oggi nella prima lettura dal profeta Isaia (61,1). L’annuncio del regno di Dio, della bontà illimitata di Dio, deve suscitare innanzitutto questo: guarire il cuore ferito degli uomini. L’uomo per la sua stessa essenza è un essere in relazione. Se, però, è perturbata la relazione fondamentale, la relazione con Dio, allora anche tutto il resto è perturbato. Se il nostro rapporto con Dio è perturbato, se l’orientamento fondamentale del nostro essere è sbagliato, non possiamo neppure veramente guarire nel corpo e nell’anima. Per questo, la prima e fondamentale guarigione avviene nell’incontro con Cristo che ci riconcilia con Dio e risana il nostro cuore affranto. Ma oltre questo compito centrale fa parte della missione essenziale della Chiesa anche la guarigione concreta della malattia e della sofferenza. L’olio per l’Unzione degli infermi è espressione sacramentale visibile di questa missione. Fin dagli inizi è maturata nella Chiesa la chiamata a guarire, è maturato l’amore premuroso verso persone angustiate nel corpo e nell’anima. È questa anche l’occasione per ringraziare una volta tanto le sorelle e i fratelli che in tutto il mondo portano un amore risanatore agli uomini, senza badare alla loro posizione o confessione religiosa. Da Elisabetta di Turingia, Vincenzo de’ Paoli, Louise de Marillac, Camillo de Lellis fino a Madre Teresa – per ricordare soltanto alcuni nomi – attraversa il mondo una scia luminosa di persone, che ha origine nell’amore di Gesù per i sofferenti e i malati. Per questo ringraziamo in quest’ora il Signore. Per questo ringraziamo tutti coloro che, in virtù della fede e dell’amore, si mettono a fianco dei sofferenti, dando con ciò, in definitiva, testimonianza della bontà propria di Dio. L’olio per l’Unzione degli infermi è segno di quest’olio della bontà del cuore, che queste persone – insieme con la loro competenza professionale – portano ai sofferenti. Senza parlare di Cristo, Lo manifestano.

Al terzo posto c’è infine il più nobile degli oli ecclesiali, il crisma, una mistura di olio di oliva e profumi vegetali. È l’olio dell’unzione sacerdotale e di quella regale, unzioni che si riallacciano alle grandi tradizioni d’unzione dell’Antica Alleanza. Nella Chiesa quest’olio serve soprattutto per l’unzione nella Confermazione e nelle Ordinazioni sacre. La liturgia di oggi collega con quest’olio le parole di promessa del profeta Isaia: "Voi sarete chiamati ‘sacerdoti del Signore’, ‘ministri del nostro Dio’ sarete detti" (61,6). Con ciò il profeta riprende la grande parola di incarico e di promessa, che Dio aveva rivolto a Israele presso il Sinai: "Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa" (Es 19,6). Nel vasto mondo e per il vasto mondo, che in gran parte non conosceva Dio, Israele doveva essere come un santuario di Dio per la totalità, doveva esercitare una funzione sacerdotale per il mondo. Doveva portare il mondo verso Dio, aprirlo a Lui. San Pietro, nella sua grande catechesi battesimale, ha applicato tale privilegio e tale incarico di Israele all’intera comunità dei battezzati, proclamando: "Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio" (1Pt 2,9s). Battesimo e Confermazione costituiscono l’ingresso in questo popolo di Dio, che abbraccia tutto il mondo; l’unzione nel Battesimo e nella Confermazione è un’unzione che introduce in questo ministero sacerdotale per l’umanità. I cristiani sono popolo sacerdotale per il mondo. I cristiani dovrebbero rendere visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarLo e condurre a Lui. Quando parliamo di questo nostro comune incarico, in quanto siamo battezzati, ciò non è una ragione per farne un vanto. È una domanda che, insieme, ci dà gioia e ci inquieta: siamo veramente il santuario di Dio nel mondo e per il mondo? Apriamo agli uomini l’accesso a Dio o piuttosto lo nascondiamo? Non siamo forse noi – popolo di Dio – diventati in gran parte un popolo dell’incredulità e della lontananza da Dio? Non è forse vero che l’Occidente, i Paesi centrali del cristianesimo sono stanchi della loro fede e, annoiati della propria storia e cultura, non vogliono più conoscere la fede in Gesù Cristo? Abbiamo motivo di gridare in quest’ora a Dio: "Non permettere che diventiamo un non-popolo! Fa’ che ti riconosciamo di nuovo! Infatti, ci hai unti con il tuo amore, hai posto il tuo Spirito Santo su di noi. Fa’ che la forza del tuo Spirito diventi nuovamente efficace in noi, affinché con gioia testimoniamo il tuo messaggio!

Nonostante tutta la vergogna per i nostri errori, non dobbiamo, però, dimenticare che anche oggi esistono esempi luminosi di fede; che anche oggi vi sono persone che, mediante la loro fede e il loro amore, danno speranza al mondo. Quando il prossimo 1o maggio verrà beatificato Papa Giovanni Paolo II, penseremo pieni di gratitudine a lui quale grande testimone di Dio e di Gesù Cristo nel nostro tempo, quale uomo colmato di Spirito Santo. Insieme con lui pensiamo al grande numero di coloro che egli ha beatificato e canonizzato e che ci danno la certezza che la promessa di Dio e il suo incarico anche oggi non cadono nel vuoto.

Mi rivolgo infine a voi, cari confratelli nel ministero sacerdotale. Il Giovedì Santo è in modo particolare il nostro giorno. Nell’ora dell’Ultima Cena il Signore ha istituito il sacerdozio neotestamentario. "Consacrali nella verità" (Gv 17,17), ha pregato il Padre – per gli Apostoli e per i sacerdoti di tutti i tempi. Con grande gratitudine per la vocazione e con umiltà per tutte le nostre insufficienze rinnoviamo in quest’ora il nostro "sì" alla chiamata del Signore: Sì, voglio unirmi intimamente al Signore Gesù – rinunciando a me stesso … spinto dall’amore di Cristo. Amen.

[00586-01.01] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Chers frères et sœurs,

Au centre de la liturgie de ce matin, se trouve la bénédiction des huiles saintes – de l’huile pour l’onction des catéchumènes, de celle pour l’onction des malades et du chrême pour les grands Sacrements qui confèrent l’Esprit Saint : la Confirmation, l’Ordination sacerdotale et l’Ordination épiscopale. Dans les Sacrements, le Seigneur nous touche au moyen des éléments de la création. L’unité entre la création et la rédemption se rend visible. Les Sacrements sont l’expression de la corporéité de notre foi qui embrasse corps et âme, l’homme entier. Le pain et le vin sont fruits de la terre et du travail de l’homme. Le Seigneur les a choisis comme porteurs de sa présence. L’huile est le symbole de l’Esprit Saint et, en même temps, elle nous renvoie au Christ : la parole « Christ » (Messie) signifie « l’Oint ». L’humanité de Jésus, à travers l’unité du Fils et du Père, est insérée dans la communion avec l’Esprit Saint et ainsi, elle est « ointe » de manière unique, elle est pénétrée par l’Esprit Saint. Ce qui, dans les rois et dans les prêtres de l’Ancienne Alliance s’était produit de manière symbolique lors de l’onction avec l’huile, avec laquelle ils étaient institués dans leur ministère, se produit en Jésus dans toute sa réalité : son humanité est pénétrée par la force de l’Esprit Saint. Il ouvre notre humanité par le don de l’Esprit Saint. Plus nous sommes unis au Christ, plus nous sommes remplis de son Esprit, de l’Esprit Saint. Nous nous appelons « chrétiens » : « oints » – personnes qui appartiennent au Christ et pour cela participent à son onction, sont touchées par son Esprit. Je ne veux pas seulement m’appeler chrétien, mais je veux aussi l’être, a dit saint Ignace d’Antioche. Laissons justement ces huiles saintes, qui vont être consacrées maintenant, nous rappeler la tâche intrinsèque du mot « chrétien » et prions le Seigneur pour que, toujours plus, non seulement nous nous appelions chrétiens, mais nous le soyons aussi.

Au cours de la Liturgie de ce jour, comme nous l’avons déjà dit, trois huiles sont bénies. Dans cette triade s’expriment trois dimensions essentielles de l’existence chrétienne, sur lesquelles nous voulons réfléchir à présent. Il y a tout d’abord l’huile des catéchumènes. Cette huile indique en quelque sorte une première manière d’être touchés par le Christ et par son Esprit – un toucher intérieur par lequel le Seigneur attire les personnes à lui. Par cette première onction, qui est faite encore avant le Baptême, notre regard se tourne donc vers les personnes qui se mettent en chemin vers le Christ – vers celles qui sont à la recherche de la foi, à la recherche de Dieu. L’huile des catéchumènes nous dit : ce ne sont pas seulement les hommes qui cherchent Dieu. Dieu Lui-même s’est mis à notre recherche. Le fait que lui-même se soit fait homme et soit descendu dans les abîmes de l’existence humaine, jusque dans la nuit de la mort, nous montre combien Dieu aime l’homme, sa créature. Poussé par l’amour, Dieu s’est mis en marche vers nous. « Me cherchant, Tu t’es assis, fatigué… qu’un tel effort ne soit pas vain ! » prions-nous dans le Dies Irae. Dieu est à ma recherche. Est-ce que je veux le reconnaître ? Est-ce que je veux qu’il me connaisse, qu’il me trouve ? Dieu aime les hommes. Il va au devant de l’inquiétude de notre cœur, de l’inquiétude de nos questions et de nos recherches, avec l’inquiétude de son propre cœur, qui le pousse à accomplir l’acte extrême pour nous. L’inquiétude envers Dieu, – le fait d’être en chemin vers lui pour mieux le connaître, pour mieux l’aimer –, ne doit pas s’éteindre en nous. En ce sens, nous devrions toujours rester des catéchumènes. « Recherchez sans relâche sa face », dit un psaume (105, 4). Augustin a commenté à ce propos : Dieu est tellement grand qu’il dépasse infiniment toute notre connaissance et tout notre être. La connaissance de Dieu ne s’épuise jamais. Toute l’éternité, nous pouvons, avec une joie grandissante, continuer sans cesse à le chercher, pour le connaître toujours plus et l’aimer toujours plus. « Notre cœur est inquiet, tant qu’il ne repose en toi », a dit Augustin au début de ses Confessions. Oui, l’homme est inquiet, car tout ce qui est temporel est trop peu. Mais sommes-nous vraiment inquiets à son égard ? Ne nous sommes-nous pas résignés à son absence et ne cherchons-nous pas à nous suffire à nous-mêmes ? Ne permettons pas de telles réductions de notre être humain ! Restons continuellement en marche vers lui, ayant la nostalgie de lui, accueillant de manière toujours nouvelle connaissance et amour !

Ensuite, il y a l’huile pour l’Onction des malades. Nous avons devant nous la multitude des personnes qui souffrent : les affamés et les assoiffés, les victimes de la violence sur tous les continents, les malades avec toutes leurs douleurs, leurs espérances et leurs désespoirs, les persécutés et les opprimés, les personnes au cœur brisé. À propos du premier envoi des disciples par Jésus, saint Luc raconte : « Il les envoya proclamer le Royaume de Dieu et faire des guérisons » (9, 2). Guérir est une tâche primordiale confiée par Jésus à l’Eglise, suivant l’exemple donné par lui-même alors qu’il parcourait les routes du pays en guérissant. Certes, la tâche principale de l’Eglise est l’annonce du Royaume de Dieu. Mais justement cette annonce elle-même doit être un processus de guérison : «… guérir ceux qui ont le cœur brisé », a-t-il été dit aujourd’hui dans la première Lecture du prophète Isaïe (61, 1). L’annonce du Royaume de Dieu, de la bonté infinie de Dieu, doit susciter avant tout ceci : guérir le cœur blessé des hommes. L’homme, de par sa propre essence, est un être en relation. Toutefois, si la relation fondamentale, la relation avec Dieu, est perturbée, alors tout le reste aussi est perturbé. Si notre rapport à Dieu est perturbé, si l’orientation fondamentale de notre être est erronée, nous ne pouvons pas non plus vraiment guérir dans le corps et dans l’âme. Pour cela, la guérison première et fondamentale advient dans la rencontre avec le Christ qui nous réconcilie avec Dieu et guérit notre cœur brisé. Mais en plus de cette tâche centrale, la guérison concrète de la maladie et de la souffrance fait aussi partie de la mission essentielle de l’Eglise. L’huile pour l’Onction des malades est l’expression sacramentelle visible de cette mission. Depuis les débuts, l’appel à guérir a muri dans l’Eglise, ainsi que l’amour prévenant envers les personnes tourmentées dans le corps ou dans l’âme. C’est là une occasion de remercier pour une fois les sœurs et les frères qui dans le monde entier portent aux hommes un amour qui guérit, sans tenir compte de leur position ou de leur confession religieuse. Depuis Elisabeth de Thuringe, Vincent de Paul, Louise de Marillac, Camille de Lellis jusqu’à Mère Teresa – pour ne rappeler que quelques noms – le monde est traversé par un sillon lumineux de personnes, qui tire son origine de l’amour de Jésus pour les souffrants et les malades. C’est pourquoi nous remercions maintenant le Seigneur. C’est pourquoi, nous remercions tous ceux qui, en vertu de leur foi et de leur amour, se mettent aux côtés des souffrants, apportant ainsi, en fin de compte, un témoignage de la propre bonté de Dieu. L’huile pour l’Onction des malades est un signe de cette huile de la bonté du cœur, que ces personnes – avec leur compétence professionnelle – portent aux personnes qui souffrent. Sans parler du Christ, elles le manifestent.

En troisième lieu, il y a enfin la plus noble des huiles ecclésiales, le chrême, une mixture d’huile d’olive et de parfums végétaux. C’est l’huile de l’onction sacerdotale et de l’onction royale, onctions qui se rattachent aux grandes traditions d’onction dans l’Ancienne Alliance. Dans l’Eglise, cette huile sert surtout pour l’onction lors de la Confirmation et lors des Ordinations sacrées. La liturgie d’aujourd’hui associe à cette huile les paroles de promesse du prophète Isaïe : « Vous serez appelés ‘prêtres du Seigneur’, on vous nommera ‘ministres de notre Dieu’ » (61, 6). Le prophète reprend par là la grande parole de charge et de promesse, que Dieu avait adressée à Israël au Sinaï : « Je vous tiendrai pour un royaume de prêtres, une nation sainte » (Ex 19, 6). Dans le vaste monde et pour le vaste monde qui, en grande partie, ne connaissait pas Dieu, Israël devait être comme un sanctuaire de Dieu pour la totalité, il devait exercer une fonction sacerdotale pour le monde. Il devait conduire le monde vers Dieu, l’ouvrir à lui. Saint Pierre, dans sa grande catéchèse baptismale, a appliqué ce privilège et cette tâche d’Israël à l’entière communauté des baptisés, proclamant : « Mais vous, vous êtes une race élue, un sacerdoce royal, une nation sainte, un peuple acquis pour proclamer les louanges de Celui qui vous a appelés des ténèbres à son admirable lumière, vous qui, jadis, n’étiez pas un peuple et qui êtes maintenant le Peuple de Dieu » (1 P 2, 9 s.). Le Baptême et la Confirmation constituent l’entrée dans ce peuple de Dieu, qui embrasse le monde entier ; l’onction du Baptême et de la Confirmation est une onction qui introduit dans ce ministère sacerdotal en faveur de l’humanité. Les chrétiens sont un peuple sacerdotal pour le monde. Les chrétiens devraient rendre visible au monde le Dieu vivant, en témoigner et conduire à Lui. Quand nous parlons de notre charge commune, en tant que baptisés, nous ne devons pas pour autant en tirer orgueil. C’est une question qui, à la fois, nous réjouit et nous préoccupe : sommes-nous vraiment le sanctuaire de Dieu dans le monde et pour le monde ? Ouvrons-nous aux hommes l’accès à Dieu ou plutôt ne le cachons-nous pas ? Ne sommes-nous pas, nous – peuple de Dieu –, devenus en grande partie un peuple de l’incrédulité et de l’éloignement de Dieu ? N’est-il pas vrai que l’Occident, les Pays centraux du christianisme sont fatigués de leur foi et, ennuyés de leur propre histoire et culture, ne veulent plus connaître la foi en Jésus Christ ? Nous avons raison de crier vers Dieu en cette heure : Ne permets-pas que nous devenions un non-peuple ! Fais que nous te reconnaissions de nouveau ! En effet, tu nous as oints de ton amour, tu as posé ton Esprit Saint sur nous. Fais que la force de ton Esprit devienne à nouveau efficace en nous, pour que nous témoignions avec joie de ton message !

Malgré toute la honte que nous éprouvons pour nos erreurs, nous ne devons pas oublier cependant qu’il existe aussi aujourd’hui des exemples lumineux de foi ; qu’il y a aussi aujourd’hui des personnes qui, par leur foi et leur amour, donnent espérance au monde. Quand le 1er mai prochain sera béatifié le Pape Jean Paul II, nous penserons à lui, pleins de gratitude, comme à un grand témoin de Dieu et de Jésus Christ à notre époque, comme à un homme rempli d’Esprit Saint. Avec lui, nous pensons au grand nombre de ceux qu’il a béatifiés et canonisés et qui nous donnent la certitude que la promesse de Dieu et sa charge ne tombent pas aujourd’hui dans le vide.

Je m’adresse enfin à vous, chers confrères dans le ministère sacerdotal. Le Jeudi Saint est de façon particulière notre jour. A l’heure de la Dernière Cène, le Seigneur a institué le sacerdoce du Nouveau Testament. « Consacre-les dans la vérité » (Jn 17, 17) a-t-il prié le Père – pour les Apôtres et pour les prêtres de tous les temps. Avec beaucoup de gratitude pour notre vocation et avec humilité pour tous nos manquements, renouvelons maintenant notre « oui » à l’appel du Seigneur : Oui, je veux m’unir intimement au Seigneur Jésus – renonçant à moi-même… poussé par l’amour du Christ. Amen.

[00586-03.01] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear Brothers and Sisters,

At the heart of this morning’s liturgy is the blessing of the holy oils – the oil for anointing catechumens, the oil for anointing the sick, and the chrism for the great sacraments that confer the Holy Spirit: confirmation, priestly ordination, episcopal ordination. In the sacraments the Lord touches us through the elements of creation. The unity between creation and redemption is made visible. The sacraments are an expression of the physicality of our faith, which embraces the whole person, body and soul. Bread and wine are fruits of the earth and work of human hands. The Lord chose them to be bearers of his presence. Oil is the symbol of the Holy Spirit and at the same time it points us towards Christ: the word "Christ" (Messiah) means "the anointed one". The humanity of Jesus, by virtue of the Son’s union with the Father, is brought into communion with the Holy Spirit and is thus "anointed" in a unique way, penetrated by the Holy Spirit. What happened symbolically to the kings and priests of the Old Testament when they were instituted into their ministry by the anointing with oil, takes place in Jesus in all its reality: his humanity is penetrated by the power of the Holy Spirit. He opens our humanity for the gift of the Holy Spirit. The more we are united to Christ, the more we are filled with his Spirit, with the Holy Spirit. We are called "Christians": "anointed ones" – people who belong to Christ and hence have a share in his anointing, being touched by his Spirit. I wish not merely to be called Christian, but also to be Christian, said Saint Ignatius of Antioch. Let us allow these holy oils, which are consecrated at this time, to remind us of the task that is implicit in the word "Christian", let us pray that, increasingly, we may not only be called Christian but may actually be such.

In today’s liturgy, three oils are blessed, as I mentioned earlier. They express three essential dimensions of the Christian life on which we may now reflect. First, there is the oil of catechumens. This oil indicates a first way of being touched by Christ and by his Spirit – an inner touch, by which the Lord draws people close to himself. Through this first anointing, which takes place even prior to baptism, our gaze is turned towards people who are journeying towards Christ – people who are searching for faith, searching for God. The oil of catechumens tells us that it is not only we who seek God: God himself is searching for us. The fact that he himself was made man and came down into the depths of human existence, even into the darkness of death, shows us how much God loves his creature, man. Driven by love, God has set out towards us. "Seeking me, you sat down weary ... let such labour not be in vain!", we pray in the Dies Irae. God is searching for me. Do I want to recognize him? Do I want to be known by him, found by him? God loves us. He comes to meet the unrest of our hearts, the unrest of our questioning and seeking, with the unrest of his own heart, which leads him to accomplish the ultimate for us. That restlessness for God, that journeying towards him, so as to know and love him better, must not be extinguished in us. In this sense we should always remain catechumens. "Constantly seek his face", says one of the Psalms (105:4). Saint Augustine comments as follows: God is so great as to surpass infinitely all our knowing and all our being. Knowledge of God is never exhausted. For all eternity, with ever increasing joy, we can always continue to seek him, so as to know him and love him more and more. "Our heart is restless until it rests in you", said Saint Augustine at the beginning of his Confessions. Yes, man is restless, because whatever is finite is too little. But are we truly restless for him? Have we perhaps become resigned to his absence, do we not seek to be self-sufficient? Let us not allow our humanity to be diminished in this way! Let us remain constantly on a journey towards him, longing for him, always open to receive new knowledge and love!

Then there is the oil for anointing the sick. Arrayed before us is a host of suffering people: those who hunger and thirst, victims of violence in every continent, the sick with all their sufferings, their hopes and their moments without hope, the persecuted, the downtrodden, the broken-hearted. Regarding the first mission on which Jesus sent the disciples, Saint Luke tells us: "he sent them out to preach the kingdom of God and to heal" (9:2). Healing is one of the fundamental tasks entrusted by Jesus to the Church, following the example that he gave as he travelled throughout the land healing the sick. To be sure, the Church’s principal task is to proclaim the Kingdom of God. But this very proclamation must be a process of healing: "bind up the broken-hearted", we heard in today’s first reading from the prophet Isaiah (61:1). The proclamation of God’s Kingdom, of God’s unlimited goodness, must first of all bring healing to broken hearts. By nature, man is a being in relation. But if the fundamental relationship, the relationship with God, is disturbed, then all the rest is disturbed as well. If our relationship with God is disturbed, if the fundamental orientation of our being is awry, we cannot truly be healed in body and soul. For this reason, the first and fundamental healing takes place in our encounter with Christ who reconciles us to God and mends our broken hearts. But over and above this central task, the Church’s essential mission also includes the specific healing of sickness and suffering. The oil for anointing the sick is the visible sacramental expression of this mission. Since apostolic times, the healing vocation has matured in the Church, and so too has loving solicitude for those who are distressed in body and soul. This is also the occasion to say thank you to those sisters and brothers throughout the world who bring healing and love to the sick, irrespective of their status or religious affiliation. From Elizabeth of Hungary, Vincent de Paul, Louise de Marillac, Camillus of Lellis to Mother Teresa – to recall but a few names – we see, lighting up the world, a radiant procession of helpers streaming forth from God’s love for the suffering and the sick. For this we thank the Lord at this moment. For this we thank all those who, by virtue of their faith and love, place themselves alongside the suffering, thereby bearing definitive witness to the goodness of God himself. The oil for anointing the sick is a sign of this oil of the goodness of heart that these people bring – together with their professional competence – to the suffering. Even without speaking of Christ, they make him manifest.

In third place, finally, is the most noble of the ecclesial oils, the chrism, a mixture of olive oil and aromatic vegetable oils. It is the oil used for anointing priests and kings, in continuity with the great Old Testament traditions of anointing. In the Church this oil serves chiefly for the anointing of confirmation and ordination. Today’s liturgy links this oil with the promise of the prophet Isaiah: "You shall be called the priests of the Lord, men shall speak of you as the ministers of our God" (61:6). The prophet makes reference here to the momentous words of commission and promise that God had addressed to Israel on Sinai: "You shall be to me a kingdom of priests and a holy nation" (Ex 19:6). In and for the vast world, which was largely ignorant of God, Israel had to be as it were a shrine of God for all peoples, exercising a priestly function vis-à-vis the world. It had to bring the world to God, to open it up to him. In his great baptismal catechesis, Saint Peter applied this privilege and this commission of Israel to the entire community of the baptized, proclaiming: "But you are a chosen race, a royal priesthood, a holy nation, God’s own people, that you may declare the wonderful deeds of him who called you out of darkness into his marvellous light. Once you were no people but now you are God’s people" (1 Pet 2:9f.) Baptism and confirmation are an initiation into this people of God that spans the world; the anointing that takes place in baptism and confirmation is an anointing that confers this priestly ministry towards mankind. Christians are a priestly people for the world. Christians should make the living God visible to the world, they should bear witness to him and lead people towards him. When we speak of this task in which we share by virtue of our baptism, it is no reason to boast. It poses a question to us that makes us both joyful and anxious: are we truly God’s shrine in and for the world? Do we open up the pathway to God for others or do we rather conceal it? Have not we – the people of God – become to a large extent a people of unbelief and distance from God? Is it perhaps the case that the West, the heartlands of Christianity, are tired of their faith, bored by their history and culture, and no longer wish to know faith in Jesus Christ? We have reason to cry out at this time to God: "Do not allow us to become a ‘non-people’! Make us recognize you again! Truly, you have anointed us with your love, you have poured out your Holy Spirit upon us. Grant that the power of your Spirit may become newly effective in us, so that we may bear joyful witness to your message!

For all the shame we feel over our failings, we must not forget that today too there are radiant examples of faith, people who give hope to the world through their faith and love. When Pope John Paul II is beatified on 1 May, we shall think of him, with hearts full of thankfulness, as a great witness to God and to Jesus Christ in our day, as a man filled with the Holy Spirit. Alongside him, we think of the many people he beatified and canonized, who give us the certainty that even today God’s promise and commission do not fall on deaf ears.

I turn finally to you, dear brothers in the priestly ministry. Holy Thursday is in a special way our day. At the hour of the last Supper, the Lord instituted the new Testament priesthood. "Sanctify them in the truth" (Jn 17:17), he prayed to the Father, for the Apostles and for priests of all times. With great gratitude for the vocation and with humility for all our shortcomings, we renew at this hour our "yes" to the Lord’s call: yes, I want to be intimately united to the Lord Jesus, in self-denial, driven on by the love of Christ. Amen.

[00586-02.01] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Liebe Brüder und Schwestern!

Im Mittelpunkt der Liturgie dieses Morgens steht die Weihe der heiligen Öle, des Öls für die Salbung der Katechumenen, des Öls für die Salbung der Kranken und des Chrisam für die großen Sakramente der Verleihung des Heiligen Geistes: Firmung, Priesterweihe, Bischofsweihe. In den Sakramenten berührt uns der Herr durch die Elemente der Schöpfung. Die Einheit von Schöpfung und Erlösung wird sichtbar. Die Sakramente sind Ausdruck für die Leibhaftigkeit unseres Glaubens, der Leib und Seele, den ganzen Menschen umfaßt. Brot und Wein sind Früchte der Erde und der menschlichen Arbeit. Sie hat der Herr als Träger seiner eigenen Gegenwart gewählt. Das Öl ist Sinnbild des Heiligen Geistes und verweist uns zugleich auf Christus: das Wort „Christus" (Messias) bedeutet „der Gesalbte". Jesu Menschsein ist durch die Einheit des Sohnes mit dem Vater in die Gemeinschaft mit dem Heiligen Geist einbezogen und so in einzigartiger Weise „gesalbt", vom Heiligen Geist durchdrungen. Was bei den Königen und Priestern des Alten Bundes zeichenhaft in der Salbung mit Öl geschehen war, durch die sie in ihren Dienst eingesetzt wurden, das ist bei Jesus in ganzer Wirklichkeit der Fall: Sein Menschsein ist durchdrungen von der Kraft des Heiligen Geistes. Er öffnet unser Menschsein für die Gabe des Heiligen Geistes. Je mehr wir mit Christus eins sind, desto mehr werden wir von seinem Geist, dem Heiligen Geist erfüllt. Wir heißen Christen: Gesalbte – Menschen, die zu Christus gehören und daher an seiner Salbung teilhaben, von seinem Geist berührt sind. Christ möchte ich nicht nur heißen, sondern auch sein, hat der heilige Ignatius von Antiochien gesagt. Lassen wir uns gerade durch die heiligen Öle, die in dieser Stunde geweiht werden, an diesen inneren Auftrag des Wortes „Christ" erinnern und bitten wir den Herrn, daß wir immer mehr nicht nur Christen heißen, sondern es sind.

In der Liturgie dieses Tages werden, wie gesagt, drei Öle geweiht. In dieser Dreiheit kommen drei wesentliche Dimensionen christlicher Existenz zum Ausdruck, auf die wir uns nun besinnen wollen. Da ist zunächst das Katechumenen-Öl. Das Öl für die Katechumenen deutet eine Art von erster Berührung durch Christus und seinen Geist an – eine innere Berührung, durch die der Herr Menschen in seine Nähe hineinzieht. So fällt durch diese erste Salbung, die noch vor der Taufe erfolgt, unser Blick auf die Menschen, die sich auf den Weg zu Christus machen – die Menschen, die auf der Suche nach dem Glauben, nach Gott sind. Das Katechumenen-Öl sagt uns: Nicht nur die Menschen suchen nach Gott. Gott selbst ist auf die Suche nach uns gegangen. Daß er selbst Mensch geworden ist und in die Abgründe des Menschseins hinuntergestiegen ist bis in die Nacht des Todes – das zeigt uns, wie sehr Gott sein Geschöpf Mensch liebt. Von der Liebe getrieben, hat Gott sich auf den Weg gemacht zu uns. „Von der Suche nach mir bist du müde da gesessen… Gib, daß diese Mühe nicht umsonst sei", beten wir im Dies Irae. Gott sucht nach mir. Will ich ihn erkennen? Von ihm gekannt, von ihm gefunden werden? Gott liebt die Menschen. Er geht der Unruhe unseres Herzens, der Unruhe unseres Fragens und Suchens entgegen mit der Unruhe seines eigenen Herzens, die ihn das Äußerste für uns tun läßt. Die Unruhe nach Gott, das Unterwegssein nach ihm, um ihn besser zu kennen, um ihn besser zu lieben, darf in uns nicht erlöschen. In diesem Sinn sollten wir immer Katechumenen bleiben. „Sucht immerdar sein Angesicht", sagt ein Psalm (105, 4) Augustinus hat dazu kommentiert: Gott ist so groß, daß er unser aller Erkennen und Sein immer unendlich übersteigt. Das Erkennen Gottes ist nie ausgeschöpft. In alle Ewigkeit dürfen wir mit wachsender Freude ihn weitersuchen, um ihn immer mehr zu kennen und immer mehr zu lieben. „Unruhig ist unser Herz, bis es ruht in dir", hat er am Anfang seiner Bekenntnisse gesagt. Ja, der Mensch ist unruhig, weil alles Endliche zu wenig ist. Aber sind wir wirklich unruhig auf ihn hin? Haben wir uns nicht mit seiner Abwesenheit abgefunden und suchen uns selbst zu genügen? Lassen wir solche Verkleinerungen unseres Menschseins nicht zu! Bleiben wir immerdar auf dem Weg zu ihm, in der Sehnsucht nach ihm, im immer neuen Empfangen von Erkenntnis und Liebe!

Da ist dann das Öl für die Krankensalbung. Vor uns steht die Schar der leidenden Menschen: die Hungernden und Durstenden, die Opfer der Gewalt in allen Kontinenten, die Kranken mit all ihren Schmerzen, Hoffnungen und Hoffnungslosigkeiten, die Verfolgten und Getretenen, die Menschen des gebrochenen Herzens. Über die erste Jünger-Aussendung durch Jesus erzählt uns der heilige Lukas: „Er sandte sie aus, das Reich Gottes zu verkünden und die Kranken zu heilen" (9, 2). Das Heilen ist ein Urauftrag Jesu an die Kirche nach dem Vorbild seiner selbst, der als Heilender durch die Lande gegangen ist. Gewiß, der Grundauftrag der Kirche ist die Verkündigung von Gottes Reich. Aber gerade diese Verkündigung selbst soll ein Prozeß der Heilung sein: „die zerbrochenen Herzen heilen", heißt es in der ersten Lesung aus Jesaja heute (61, 1). Die Verkündigung von Gottes Reich, von Gottes grenzenloser Güte soll vor allem dies bewirken: das verwundete Herz der Menschen zu heilen. Der Mensch ist von seinem Sein her ein Wesen in Beziehung. Wenn aber die Grundbeziehung, die Beziehung zu Gott gestört ist, dann ist auch alles andere mit gestört. Wenn unser Verhältnis zu Gott gestört ist, wenn die grundlegende Richtung unseres Seins verfehlt ist, dann können wir auch nicht wirklich an Leib und Seele gesund werden. Deshalb geschieht die erste grundlegende Heilung in der Begegnung mit Christus, der uns mit Gott versöhnt, unser zerschlagenes Herz gesund werden läßt. Aber über diesen Kernauftrag hinaus gehört auch das konkrete Heilen von Krankheit und Leid zur wesentlichen Sendung der Kirche. Das Öl für die Krankensalbung ist sichtbarer sakramentaler Ausdruck für diese Sendung. Von Anfang an ist in der Kirche die Berufung des Heilens gereift, die sorgende Liebe um Menschen, die an Leib und Seele bedrängt sind. Dies ist auch der Anlaß, einmal den Schwestern und Brüdern zu danken, die über die weite Welt hin heilende Liebe zu den Menschen bringen, ohne nach Stand oder Konfession zu fragen. Von Elisabeth von Thüringen, Vinzenz von Paul, Louise de Marillac, Camillus von Lellis bis zu Mutter Teresa – um nur einige Namen zu nennen - geht eine Lichtspur von Menschen durch die Welt, die von Jesu Liebe zu den Leidenden und Kranken herkommt. Dafür danken wir in dieser Stunde dem Herrn. Dafür danken wir all denen, die sich von Glaube und Liebe her an die Seite der Leidenden stellen und damit letztlich Zeugnis für Gottes eigene Güte ablegen. Das Öl der Krankensalbung ist Zeichen für dieses Öl der Güte des Herzens, die diese Menschen – zugleich mit ihrer fachlichen Kompetenz – zu den Leidenden tragen. Ohne von Christus zu reden, zeigen sie ihn.

Schließlich steht da an dritter Stelle das edelste der kirchlichen Öle, der Chrisam, eine Mischung aus Olivenöl und pflanzlichen Duftstoffen, das Öl der priesterlichen und königlichen Salbung, die an die großen Salbungstraditionen des Alten Bundes anknüpfen. In der Kirche dient dieses Öl vor allem für die Salbung bei der Firmung und bei den heiligen Weihen. Die Liturgie des heutigen Tages verbindet mit diesem Öl die Verheißungsworte des Propheten Jesaja: „Ihr werdet ‚Priester des Herrn’ genannt, man sagt zu euch ‚Diener unseres Gottes’ " (Jes 61, 6). Der Prophet greift damit das große Auftrags- und Verheißungswort auf, das Gott am Sinai an Israel gerichtet hatte: „Ihr aber sollt mir als ein Reich von Priestern und als ein heiliges Volk gehören" (Ex 19, 6). In der weiten Welt und für die weite Welt, die Gott vielfach nicht kannte, sollte Israel wie ein Heiligtum Gottes für das Ganze sein, priesterliche Funktion für die Welt ausüben. Es sollte die Welt zu Gott hin tragen, auf ihn hin öffnen. Der heilige Petrus hat in seiner großen Taufkatechese dieses Privileg und diesen Auftrag Israels auf die ganze Gemeinschaft der Getauften übertragen und ihr zugerufen: „Ihr aber seid ein auserwähltes Geschlecht, eine königliche Priesterschaft, ein heiliger Stamm, ein Volk, das sein besonderes Eigentum wurde, damit ihr die großen Taten dessen verkündet, der euch aus der Finsternis in sein wunderbares Licht gerufen hat. Einst wart ihr nicht sein Volk, jetzt aber seid ihr Gottes Volk" (1Petr 2, 9f). Taufe und Firmung sind Eintreten in dieses die Welt umspannende Volk Gottes; die Salbung in Taufe und Firmung ist Salbung in diesen priesterlichen Dienst für die Menschheit hinein. Die Christen sind priesterliches Volk für die Welt. Die Christen sollten für die Welt den lebendigen Gott sichtbar machen, ihn bezeugen, zu ihm hinführen. Wenn wir von diesem unserem gemeinsamem Auftrag als Getaufte sprechen, dann ist es kein Grund, uns zu rühmen. Er ist eine zugleich freudige und beunruhigende Frage an uns: Sind wir wirklich Gottes Heiligtum in der Welt und für die Welt? Öffnen wir den Menschen den Zugang zu Gott oder verbergen wir ihn eher? Sind wir – das Volk Gottes – nicht weithin zu einem Volk des Unglaubens und der Ferne von Gott geworden? Ist es nicht so, daß der Westen, die Kernlande der Christenheit ihres Glaubens müde sind und, ihrer eigenen Geschichte und Kultur überdrüssig, den Glauben an Jesus Christus nicht mehr kennen wollen? Wir haben Grund, in dieser Stunde zu Gott zu rufen: Laß uns nicht zu einem Nichtvolk werden! Laß uns dich neu erkennen! Du hast uns ja mit deiner Liebe gesalbt, deinen Heiligen Geist uns aufgelegt. Laß die Kraft deines Geistes neu in uns wirksam werden, daß wir mit Freude deine Botschaft bezeugen.

In aller Scham ob unseres Versagens dürfen wir aber nicht vergessen, daß es auch heute leuchtende Beispiele des Glaubens gibt. Daß auch heute Menschen durch ihr Glauben und ihre Liebe der Welt Hoffnung geben. Wenn am kommenden 1. Mai Papst Johannes Paul II. seliggesprochen wird, denken wir voller Dankbarkeit an ihn als einen der großen Zeugen Gottes und Jesu Christi in unserer Zeit, als einen vom Heiligen Geist erfüllten Menschen. Mit ihm denken wir an die große Zahl derer, die er selig- und heiliggesprochen hat und die uns die Gewißheit schenken, daß Gottes Verheißung und sein Auftrag auch heute nicht ins Leere fallen.

Am Schluß wende ich mich an Euch, liebe Mitbrüder im priesterlichen Dienst. Der Gründonnerstag ist in besonderer Weise unser Tag. In der Stunde des Abendmahls hat der Herr das neutestamentliche Priestertum eingesetzt. „Heilige sie in der Wahrheit" (Joh 17, 17), hat er zum Vater gebetet – für die Apostel und für die Priester aller Zeiten. In großer Dankbarkeit für die Berufung und in Demut ob all unserer Armseligkeiten erneuern wir in dieser Stunde unser Ja zum Ruf des Herrn: Ja, ich will mich eng mit dem Herrn Jesus verbinden und, getrieben von der Liebe Christi, mich selbst hintanstellen. Amen.

[00586-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Queridos hermanos:

En el centro de la liturgia de esta mañana está la bendición de los santos óleos, el óleo para la unción de los catecúmenos, el de la unción de los enfermos y el crisma para los grandes sacramentos que confieren el Espíritu Santo: Confirmación, Ordenación sacerdotal y Ordenación episcopal. En los sacramentos, el Señor nos toca por medio de los elementos de la creación. La unidad entre creación y redención se hace visible. Los sacramentos son expresión de la corporeidad de nuestra fe, que abraza cuerpo y alma, al hombre entero. El pan y el vino son frutos de la tierra y del trabajo del hombre. El Señor los ha elegido como portadores de su presencia. El aceite es símbolo del Espíritu Santo y, al mismo tiempo, nos recuerda a Cristo: la palabra "Cristo" (Mesías) significa "el Ungido". La humanidad de Jesús está insertada, mediante la unidad del Hijo con el Padre, en la comunión con el Espíritu Santo y, así, es "ungida" de una manera única, y penetrada por el Espíritu Santo. Lo que había sucedido en los reyes y sacerdotes del Antiguo Testamento de modo simbólico en la unción con aceite, con la que se les establecía en su ministerio, sucede en Jesús en toda su realidad: su humanidad es penetrada por la fuerza del Espíritu Santo. Cuanto más nos unimos a Cristo, más somos colmados por su Espíritu, por el Espíritu Santo. Nos llamamos "cristianos", "ungidos", personas que pertenecen a Cristo y por eso participan en su unción, son tocadas por su Espíritu. No quiero sólo llamarme cristiano, sino que quiero serlo, decía san Ignacio de Antioquía. Dejemos que precisamente estos santos óleos, que ahora son consagrados, nos recuerden esta tarea inherente a la palabra "cristiano", y pidamos al Señor para que no sólo nos llamemos cristianos, sino que lo seamos verdaderamente cada vez más.

En la liturgia de este día se bendicen, como hemos dicho, tres óleos. En esta triada se expresan tres dimensiones esenciales de la existencia cristiana, sobre las que ahora queremos reflexionar. Tenemos en primer lugar el óleo de los catecúmenos. Este óleo muestra como un primer modo de ser tocados por Cristo y por su Espíritu, un toque interior con el cual el Señor atrae a las personas junto a Él. Mediante esta unción, que se recibe antes incluso del Bautismo, nuestra mirada se dirige por tanto a las personas que se ponen en camino hacia Cristo – a las personas que están buscando la fe, buscando a Dios. El óleo de los catecúmenos nos dice: no sólo los hombres buscan a Dios. Dios mismo se ha puesto a buscarnos. El que Él mismo se haya hecho hombre y haya bajado a los abismos de la existencia humana, hasta la noche de la muerte, nos muestra lo mucho que Dios ama al hombre, su criatura. Impulsado por su amor, Dios se ha encaminado hacia nosotros. "Buscándome te sentaste cansado… que tanto esfuerzo no sea en vano", rezamos en el Dies irae. Dios está buscándome. ¿Quiero reconocerlo? ¿Quiero que me conozca, que me encuentre? Dios ama a los hombres. Sale al encuentro de la inquietud de nuestro corazón, de la inquietud de nuestro preguntar y buscar, con la inquietud de su mismo corazón, que lo induce a cumplir por nosotros el gesto extremo. No se debe apagar en nosotros la inquietud en relación con Dios, el estar en camino hacia Él, para conocerlo mejor, para amarlo mejor. En este sentido, deberíamos permanecer siempre catecúmenos. "Buscad siempre su rostro", dice un salmo (105,4). Sobre esto, Agustín comenta: Dios es tan grande que supera siempre infinitamente todo nuestro conocimiento y todo nuestro ser. El conocer a Dios no se acaba nunca. Por toda la eternidad podemos, con una alegría creciente, continuar a buscarlo, para conocerlo cada vez más y amarlo cada vez más. "Nuestro corazón está inquieto, hasta que descanse en ti", dice Agustín al inicio de sus Confesiones. Sí, el hombre está inquieto, porque todo lo que es temporal es demasiado poco. Pero ¿es auténtica nuestra inquietud por Él? ¿No nos hemos resignado, tal vez, a su ausencia y tratamos de ser autosuficientes? No permitamos semejante reduccionismo de nuestro ser humanos. Permanezcamos continuamente en camino hacia Él, en su añoranza, en la acogida siempre nueva de conocimiento y de amor.

Después está el óleo de los enfermos. Tenemos ante nosotros la multitud de las personas que sufren: los hambrientos y los sedientos, las víctimas de la violencia en todos los continentes, los enfermos con todos sus dolores, sus esperanzas y desalientos, los perseguidos y los oprimidos, las personas con el corazón desgarrado. A propósito de los primeros discípulos enviados por Jesús, san Lucas nos dice: "Los envió a proclamar el reino de Dios y a curar a los enfermos" (9, 2). El curar es un encargo primordial que Jesús ha confiado a la Iglesia, según el ejemplo que Él mismo nos ha dado, al ir por los caminos sanando a los enfermos. Cierto, la tarea principal de la Iglesia es el anuncio del Reino de Dios. Pero precisamente este mismo anuncio debe ser un proceso de curación: "…para curar los corazones desgarrados", nos dice hoy la primera lectura del profeta Isaías (61,1). El anuncio del Reino de Dios, de la infinita bondad de Dios, debe suscitar ante todo esto: curar el corazón herido de los hombres. El hombre por su misma esencia es un ser en relación. Pero, si se trastorna la relación fundamental, la relación con Dios, también se trastorna todo lo demás. Si se deteriora nuestra relación con Dios, si la orientación fundamental de nuestro ser está equivocada, tampoco podemos curarnos de verdad ni en el cuerpo ni en el alma. Por eso, la primera y fundamental curación sucede en el encuentro con Cristo que nos reconcilia con Dios y sana nuestro corazón desgarrado. Pero además de esta tarea central, también forma parte de la misión esencial de la Iglesia la curación concreta de la enfermedad y del sufrimiento. El óleo para la Unción de los enfermos es expresión sacramental visible de esta misión. Desde los inicios maduró en la Iglesia la llamada a curar, maduró el amor cuidadoso a quien está afligido en el cuerpo y en el alma. Ésta es también una ocasión para agradecer al menos una vez a las hermanas y hermanos que llevan este amor curativo a los hombres por todo el mundo, sin mirar a su condición o confesión religiosa. Desde Isabel de Turingia, Vicente de Paúl, Luisa de Marillac, Camilo de Lellis hasta la Madre Teresa –por recordar sólo algunos nombres– atraviesa el mundo una estela luminosa de personas, que tiene origen en el amor de Jesús por los que sufren y los enfermos. Demos gracias ahora por esto al Señor. Demos gracias por esto a todos aquellos que, en virtud de la fe y del amor, se ponen al lado de los que sufren, dando así, en definitiva, un testimonio de la bondad de Dios. El óleo para la Unción de los enfermos es signo de este óleo de la bondad del corazón, que estas personas –junto con su competencia profesional– llevan a los que sufren. Sin hablar de Cristo, lo manifiestan.

En tercer lugar, tenemos finalmente el más noble de los óleos eclesiales, el crisma, una mezcla de aceite de oliva y de perfumes vegetales. Es el óleo de la unción sacerdotal y regia, unción que enlaza con las grandes tradiciones de las unciones del Antiguo Testamento. En la Iglesia, este óleo sirve sobre todo para la unción en la Confirmación y en las sagradas Órdenes. La liturgia de hoy vincula con este óleo las palabras de promesa del profeta Isaías: "Vosotros os llamaréis ‘sacerdotes del Señor’, dirán de vosotros: ‘Ministros de nuestro Dios’" (61, 6). El profeta retoma con esto la gran palabra de tarea y de promesa que Dios había dirigido a Israel en el Sinaí: "Seréis para mí un reino de sacerdotes y una nación santa" (Ex 19, 6). En el mundo entero y para todo él, que en gran parte no conocía a Dios, Israel debía ser como un santuario de Dios para la totalidad, debía ejercitar una función sacerdotal para el mundo. Debía llevar el mundo hacia Dios, abrirlo a Él. San Pedro, en su gran catequesis bautismal, ha aplicado dicho privilegio y cometido de Israel a toda la comunidad de los bautizados, proclamando: "Vosotros, en cambio, sois un linaje elegido, un sacerdocio real, una nación santa, un pueblo adquirido por Dios para que anunciéis las proezas del que os llamó de las tinieblas a su luz maravillosa. Los que antes erais no-pueblo, ahora sois pueblo de Dios, los que antes erais no compadecidos. ahora sois objeto de compasión." (1 P 2, 9-10). El Bautismo y la Confirmación constituyen el ingreso en el Pueblo de Dios, que abraza todo el mundo; la unción en el Bautismo y en la Confirmación es una unción que introduce en ese ministerio sacerdotal para la humanidad. Los cristianos son un pueblo sacerdotal para el mundo. Deberían hacer visible en el mundo al Dios vivo, testimoniarlo y llevarle a Él. Cuando hablamos de nuestra tarea común, como bautizados, no hay razón para alardear. Eso es más bien una cuestión que nos alegra y, al mismo tiempo, nos inquieta: ¿Somos verdaderamente el santuario de Dios en el mundo y para el mundo? ¿Abrimos a los hombres el acceso a Dios o, por el contrario, se lo escondemos? Nosotros –el Pueblo de Dios– ¿acaso no nos hemos convertido en un pueblo de incredulidad y de lejanía de Dios? ¿No es verdad que el Occidente, que los países centrales del cristianismo están cansados de su fe y, aburridos de su propia historia y cultura, ya no quieren conocer la fe en Jesucristo? Tenemos motivos para gritar en esta hora a Dios: "No permitas que nos convirtamos en no-pueblo. Haz que te reconozcamos de nuevo. Sí, nos has ungido con tu amor, has infundido tu Espíritu Santo sobre nosotros. Haz que la fuerza de tu Espíritu se haga nuevamente eficaz en nosotros, para que demos testimonio de tu mensaje con alegría.

No obstante toda la vergüenza por nuestros errores, no debemos olvidar que también hoy existen ejemplos luminosos de fe; que también hoy hay personas que, mediante su fe y su amor, dan esperanza al mundo. Cuando sea beatificado, el próximo uno de mayo, el Papa Juan Pablo II, pensaremos en él llenos de gratitud como un gran testigo de Dios y de Jesucristo en nuestro tiempo, como un hombre lleno del Espíritu Santo. Junto a él pensemos al gran número de aquellos que él ha beatificado y canonizado, y que nos dan la certeza de que también hoy la promesa de Dios y su encomienda no caen en saco roto.

Me dirijo finalmente a vosotros, queridos hermanos en el ministerio sacerdotal. El Jueves Santo es nuestro día de un modo particular. En la hora de la Última Cena el Señor ha instituido el sacerdocio de la Nueva Alianza. "Santifícalos en la verdad" (Jn 17, 17), ha pedido al Padre para los Apóstoles y para los sacerdotes de todos los tiempos. Con enorme gratitud por la vocación y con humildad por nuestras insuficiencias, dirijamos en esta hora nuestro "sí" a la llamada del Señor: Sí, quiero unirme íntimamente al Señor Jesús, renunciando a mí mismo… impulsado por el amor de Cristo. Amén.

[00586-04.01] [Texto original: Italiano]

 TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Amados irmãos e irmãs!

No centro da liturgia desta manhã, está a bênção dos santos óleos: o óleo para a unção dos catecúmenos, o óleo para a unção dos enfermos e o óleo do crisma para os grandes sacramentos que conferem o Espírito Santo, ou seja, a Confirmação, a Ordenação Sacerdotal e a Ordenação Episcopal. Nos sacramentos, o Senhor toca-nos por meio dos elementos da criação. Aqui, torna-se visível a unidade entre criação e redenção. Os sacramentos são expressão da corporeidade da nossa fé, que abraça corpo e alma, isto é, o homem inteiro. Pão e vinho são frutos da terra e do trabalho humano. O Senhor escolheu-os como portadores da sua presença. O óleo é símbolo do Espírito Santo e, ao mesmo tempo, alude a Cristo: a palavra «Cristo» (Messias) significa «Ungido». A humanidade de Jesus, graças à unidade do Filho com o Pai, fica inserida na comunhão com o Espírito Santo e assim é «ungida» de um modo único, é permeada pelo Espírito Santo. Aquilo que acontecera apenas simbolicamente nos reis e sacerdotes da Antiga Aliança, quando eram instituídos no seu ministério com a unção do óleo, verifica-se em toda a sua realidade em Jesus: a sua humanidade é permeada pela força do Espírito Santo. Jesus abre a nossa humanidade ao dom do Espírito Santo. Quanto mais estivermos unidos a Cristo, tanto mais ficamos cheios do seu Espírito, do Espírito Santo. Chamamo-nos «cristãos», ou seja, «ungidos»: pessoas que pertencem a Cristo e por isso participam na sua unção, são tocadas pelo seu Espírito. Não quero somente chamar-me cristão, mas sê-lo também: disse Santo Inácio de Antioquia. Deixemos que estes santos óleos, que vão ser consagrados daqui a pouco, lembrem este dever contido na palavra «cristão», e peçamos ao Senhor que não nos limitemos a chamar-nos cristãos, mas o sejamos cada vez mais.

Como já disse, na liturgia deste dia, são benzidos três óleos. Nesta tríade, exprimem-se três dimensões essenciais da vida cristã, sobre as quais queremos agora reflectir. Em primeiro lugar, temos o óleo dos catecúmenos. Este óleo indica como que um primeiro modo de ser tocados por Cristo e pelo seu Espírito: um toque interior, pelo qual o Senhor atrai e aproxima de Si as pessoas. Por meio desta primeira unção, que tem lugar ainda antes do Baptismo, o nosso olhar detém-se nas pessoas que se põem a caminho de Cristo, nas pessoas que andam à procura da fé, à procura de Deus. O óleo dos catecúmenos diz-nos: não só os homens procuram a Deus, mas o próprio Deus anda à nossa procura. O facto de Ele mesmo Se ter feito homem descendo até aos abismos da existência humana, até à noite da morte, mostra-nos quanto Deus ama o homem, sua criatura. Movido pelo amor, Deus caminhou ao nosso encontro. «A buscar-me Vos cansaste, pela Cruz me resgatastes: tanta dor não seja em vão!»: rezamos no Dies irae. Deus anda à minha procura. Tenho eu vontade de O reconhecer? Quero ser conhecido por Ele, ser encontrado por Ele? Deus ama os homens. Ele sai ao encontro da inquietude do nosso coração, da inquietude que nos faz questionar e procurar, com a inquietude do seu próprio coração, que O induz a realizar o acto extremo por nós. A inquietude por Deus, o caminhar para Ele, para melhor O conhecer e amar não deve apagar-se em nós. Neste sentido, nunca devemos deixar de ser catecúmenos. «Procurai sempre a sua face»: diz um Salmo (105/104, 4). A este respeito, comentava Agostinho: Deus é tão grande que sempre supera infinitamente todo o nosso conhecimento e todo o nosso ser. O conhecimento de Deus nunca se esgota. Por toda a eternidade, poderemos, com uma alegria crescente, continuar a procurá-Lo, para O conhecer e amar cada vez mais. «O nosso coração está inquieto enquanto não repousar em Vós»: escreveu Agostinho no início das suas Confissões. Sim, o homem vive inquieto, porque tudo o que é temporal é demasiado pouco. Mas, verdadeiramente, sentimo-nos inquietos por Ele? Não acabamos, talvez, por nos resignar com a sua ausência, procurando bastar-nos a nós mesmos? Não consintamos uma tal redução do nosso ser humano! Continuemos incessantemente a caminhar para Ele, com saudades d’Ele, num acolhimento sempre novo feito de conhecimento e amor!

Temos, depois, o óleo para a Unção dos Enfermos. Pensamos agora na multidão das pessoas que sofrem: os famintos e os sedentos, as vítimas da violência em todos os continentes, os doentes com todos os seus sofrimentos, as suas esperanças e desânimos, os perseguidos e os humilhados, as pessoas com o coração dilacerado. Ao narrar o primeiro envio dos discípulos por Jesus, São Lucas diz-nos: «Ele enviou-os a proclamar o Reino de Deus e a curar os enfermos» (9, 2). Curar é um mandato primordial confiado por Jesus à Igreja, a exemplo d’Ele mesmo que, curando, percorreu os caminhos do país. É certo que o dever primordial da Igreja é o anúncio do Reino de Deus. Mas este mesmo anúncio deve revelar-se um processo de cura: «...tratar os corações torturados», diz hoje a primeira leitura do profeta Isaías (61, 1). O primeiro fruto que o anúncio do Reino de Deus, da bondade sem limites de Deus, deve suscitar é curar o coração ferido dos homens. O homem é essencialmente um ser em relação. Mas, se a sua relação fundamental - a relação com Deus – é transtornada, então tudo o resto fica transtornado também. Se o nosso relacionamento com Deus se transtorna, se a orientação fundamental do nosso ser está errada, também não podemos ficar verdadeiramente curados no corpo e na alma. Por isso, a primeira e fundamental cura tem lugar no encontro com Cristo, que nos reconcilia com Deus e sara o nosso coração despedaçado. Mas, além deste dever central, faz parte da missão essencial da Igreja também a cura concreta da doença e do sofrimento. O óleo para a Unção dos Enfermos é expressão sacramental visível desta missão. Desde o início, amadureceu na Igreja a vocação de curar, amadureceu o amor solícito pelas pessoas atribuladas no corpo e na alma. Esta é também a ocasião boa para, uma vez por outra, agradecer às irmãs e aos irmãos que, em todo o mundo, proporcionam um amor restaurador aos homens, sem olhar à sua posição ou confissão religiosa. Desde Isabel da Hungria, Vicente de Paulo, Luísa de Marillac, Camilo de Lellis, até Madre Teresa – para lembrar somente alguns nomes – o mundo é atravessado por um rastro luminoso de pessoas, que tem a sua origem no amor de Jesus pelos atribulados e doentes. Por tudo isso damos graças ao Senhor neste momento. E agradecemos a todos aqueles que, em virtude da fé e do amor, se põem ao lado dos doentes, dando assim, no fim das contas, testemunho da bondade própria de Deus. O óleo para a Unção dos Enfermos é sinal deste óleo da bondade do coração, que estas pessoas – juntamente com a sua competência profissional – proporcionam aos doentes. Sem falar de Cristo, manifestam-n’O.

Em terceiro lugar, temos o mais nobre dos óleos eclesiais: o crisma, uma mistura de azeite de oliveira e com perfumes vegetais. É o óleo da unção sacerdotal e da unção real, unções estas que estão ligadas com as grandes tradições de unção da Antiga Aliança. Na Igreja, este óleo serve sobretudo para a unção na Confirmação e nas Ordens sacras. A liturgia de hoje relaciona com este óleo as palavras de promessa do profeta Isaías: «Vós sereis chamados "sacerdotes do Senhor"e tereis o nome de "ministros do nosso Deus"» (61, 6). Deste modo, o profeta retoma a grande palavra de mandato e promessa que Deus dirigira a Israel no Sinai: «Vós sereis para mim um reino de sacerdotes e uma nação santa» (Ex 19, 6). No meio do mundo imenso e em favor do mesmo, que em grande parte não conhecia Deus, Israel devia ser como que um santuário de Deus para a todos, devia exercer uma função sacerdotal em favor do mundo. Devia conduzir o mundo para Deus, abri-lo a Ele. São Pedro, na sua grande catequese baptismal, aplicou tal privilégio e mandato de Israel a toda a comunidade dos baptizados, proclamando: «Vós, porém, sois raça eleita, sacerdócio real, nação santa, povo adquirido por Deus para anunciardes os louvores d’Aquele que vos chamou das trevas à sua luz admirável. Vós que outrora não éreis seu povo, agora sois povo de Deus» (1 Ped 2, 9-10). O Baptismo e a Confirmação constituem o ingresso neste povo de Deus, que abraça todo o mundo; a unção no Baptismo e na Confirmação introduz neste ministério sacerdotal em favor da humanidade. Os cristãos são um povo sacerdotal em favor do mundo. Os cristãos deveriam fazer visível ao mundo o Deus vivo, testemunhá-Lo e conduzir a Ele. Ao falarmos desta nossa missão comum enquanto baptizados, não temos motivo para nos vangloriar. De facto, trata-se de uma exigência que suscita em nós alegria e ao mesmo tempo preocupação: somos nós verdadeiramente o santuário de Deus no mundo e para o mundo? Abrimos aos homens o acesso a Deus ou, pelo contrário, escondemo-lo? Porventura nós, povo de Deus, não nos tornamos em grande parte um povo marcado pela incredulidade e pelo afastamento de Deus? Porventura não é verdade que o Ocidente, os países centrais do cristianismo se mostram cansados da sua fé e, enfastiados da sua própria história e cultura, já não querem conhecer a fé em Jesus Cristo? Neste momento, temos motivos para bradar a Deus: «Não permitais que nos tornemos um "não povo"! Fazei que Vos reconheçamos de novo! De facto, ungistes-nos com o vosso amor, colocastes o vosso Espírito Santo sobre nós. Fazei que a força do vosso Espírito se torne novamente eficaz em nós, para darmos com alegria testemunho da vossa mensagem!».

Mas, apesar de toda a vergonha pelos nossos erros, não devemos esquecer que hoje existem também exemplos luminosos de fé; pessoas que, pela sua fé e o seu amor, dão esperança ao mundo. Quando for beatificado o Papa João Paulo II no próximo dia 1 de Maio, cheios de gratidão pensaremos nele como grande testemunha de Deus e de Jesus Cristo no nosso tempo, como homem cheio do Espírito Santo. E juntamente com João Paulo II, pensamos no grande número daqueles que ele beatificou e canonizou, e que nos dão a certeza de que também hoje a promessa de Deus e o seu mandato não ficam sem efeito.

Finalmente, dirijo uma palavra especial a vós, caros irmãos no ministério sacerdotal. A Quinta-feira Santa é de modo particular o nosso dia. Na hora da Última Ceia, o Senhor instituiu o sacerdócio neotestamentário. «Consagra-os na verdade» (Jo 17, 17): pediu Ele ao Pai para os Apóstolos e para os sacerdotes de todos os tempos. Com imensa gratidão pela nossa vocação e com grande humildade por todas as nossas insuficiências, renovemos neste momento o nosso «sim» ao chamamento do Senhor: Sim, quero unir-me intimamente ao Senhor Jesus, renunciando a mim mesmo .... impelido pelo amor de Cristo. Amen.

[00586-06.01] [Texto original: Italiano]

[B0230-XX.01]