Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA XLVIII GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI, 10.02.2011


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA XLVIII GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

Il 15 maggio 2011, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 48ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema "Proporre le vocazioni nella Chiesa locale".
Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI invia per l’occasione ai Vescovi, ai sacerdoti ed ai fedeli di tutto il mondo:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

La XLVIII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 15 maggio 2011, quarta Domenica di Pasqua, ci invita a riflettere sul tema: "Proporre le vocazioni nella Chiesa locale". Settant’anni fa, il Venerabile Pio XII istituì la Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali. In seguito, opere simili sono state fondate dai Vescovi in molte diocesi, animate da sacerdoti e da laici, in risposta all'invito del Buon Pastore, il quale, "vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore", e disse: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai. Pregate, dunque, il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,36-38).

L’arte di promuovere e di curare le vocazioni trova un luminoso punto di riferimento nelle pagine del Vangelo in cui Gesù chiama i suoi discepoli a seguirlo e li educa con amore e premura. Oggetto particolare della nostra attenzione è il modo in cui Gesù ha chiamato i suoi più stretti collaboratori ad annunciare il Regno di Dio (cfr Lc 10,9). Innanzitutto, appare chiaro che il primo atto è stata la preghiera per loro: prima di chiamarli, Gesù passò la notte da solo, in orazione ed in ascolto della volontà del Padre (cfr Lc 6,12), in un’ascesa interiore al di sopra delle cose di tutti i giorni. La vocazione dei discepoli nasce proprio nel colloquio intimo di Gesù con il Padre. Le vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata sono primariamente frutto di un costante contatto con il Dio vivente e di un'insistente preghiera che si eleva al "Padrone della messe" sia nelle comunità parrocchiali, sia nelle famiglie cristiane, sia nei cenacoli vocazionali.

Il Signore, all’inizio della sua vita pubblica, ha chiamato alcuni pescatori, intenti a lavorare sulle rive del lago di Galilea: "Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini" (Mt 4,19). Ha mostrato loro la sua missione messianica con numerosi "segni" che indicavano il suo amore per gli uomini e il dono della misericordia del Padre; li ha educati con la parola e con la vita affinché fossero pronti ad essere continuatori della sua opera di salvezza; infine, "sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre" (Gv 13,1), ha affidato loro il memoriale della sua morte e risurrezione, e prima di essere elevato al Cielo li ha inviati in tutto il mondo con il comando: "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28,19).

È una proposta, impegnativa ed esaltante, quella che Gesù fa a coloro a cui dice "Seguimi!": li invita ad entrare nella sua amicizia, ad ascoltare da vicino la sua Parola e a vivere con Lui; insegna loro la dedizione totale a Dio e alla diffusione del suo Regno secondo la legge del Vangelo: "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24); li invita ad uscire dalla loro volontà chiusa, dalla loro idea di autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio e lasciarsi guidare da essa; fa vivere loro una fraternità, che nasce da questa disponibilità totale a Dio (cfr Mt 12,49-50), e che diventa il tratto distintivo della comunità di Gesù: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35).

Anche oggi, la sequela di Cristo è impegnativa; vuol dire imparare a tenere lo sguardo su Gesù, a conoscerlo intimamente, ad ascoltarlo nella Parola e a incontrarlo nei Sacramenti; vuol dire imparare a conformare la propria volontà alla Sua. Si tratta di una vera e propria scuola di formazione per quanti si preparano al ministero sacerdotale ed alla vita consacrata, sotto la guida delle competenti autorità ecclesiali. Il Signore non manca di chiamare, in tutte le stagioni della vita, a condividere la sua missione e a servire la Chiesa nel ministero ordinato e nella vita consacrata, e la Chiesa "è chiamata a custodire questo dono, a stimarlo e ad amarlo: essa è responsabile della nascita e della maturazione delle vocazioni sacerdotali" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis, 41). Specialmente in questo nostro tempo in cui la voce del Signore sembra soffocata da "altre voci" e la proposta di seguirlo donando la propria vita può apparire troppo difficile, ogni comunità cristiana, ogni fedele, dovrebbe assumere con consapevolezza l’impegno di promuovere le vocazioni. È importante incoraggiare e sostenere coloro che mostrano chiari segni della chiamata alla vita sacerdotale e alla consacrazione religiosa, perché sentano il calore dell’intera comunità nel dire il loro "sì" a Dio e alla Chiesa. Io stesso li incoraggio come ho fatto con coloro che si sono decisi ad entrare in Seminario e ai quali ho scritto: "Avete fatto bene a farlo. Perché gli uomini avranno sempre bisogno di Dio, anche nell’epoca del dominio tecnico del mondo e della globalizzazione: del Dio che ci si è mostrato in Gesù Cristo e che ci raduna nella Chiesa universale, per imparare con Lui e per mezzo di Lui la vera vita e per tenere presenti e rendere efficaci i criteri della vera umanità" (Lettera ai Seminaristi, 18 ottobre 2010).

Occorre che ogni Chiesa locale si renda sempre più sensibile e attenta alla pastorale vocazionale, educando ai vari livelli, familiare, parrocchiale, associativo, soprattutto i ragazzi, le ragazze e i giovani - come Gesù fece con i discepoli – a maturare una genuina e affettuosa amicizia con il Signore, coltivata nella preghiera personale e liturgica; ad imparare l’ascolto attento e fruttuoso della Parola di Dio, mediante una crescente familiarità con le Sacre Scritture; a comprendere che entrare nella volontà di Dio non annienta e non distrugge la persona, ma permette di scoprire e seguire la verità più profonda su se stessi; a vivere la gratuità e la fraternità nei rapporti con gli altri, perché è solo aprendosi all’amore di Dio che si trova la vera gioia e la piena realizzazione delle proprie aspirazioni. "Proporre le vocazioni nella Chiesa locale", significa avere il coraggio di indicare, attraverso una pastorale vocazionale attenta e adeguata, questa via impegnativa della sequela di Cristo, che, in quanto ricca di senso, è capace di coinvolgere tutta la vita.

Mi rivolgo particolarmente a voi, cari Confratelli nell’Episcopato. Per dare continuità e diffusione alla vostra missione di salvezza in Cristo, è importante "incrementare il più che sia possibile le vocazioni sacerdotali e religiose, e in modo particolare quelle missionarie" (Decr. Christus Dominus, 15). Il Signore ha bisogno della vostra collaborazione perché le sue chiamate possano raggiungere i cuori di chi ha scelto. Abbiate cura nella scelta degli operatori per il Centro Diocesano Vocazioni, strumento prezioso di promozione e organizzazione della pastorale vocazionale e della preghiera che la sostiene e ne garantisce l’efficacia. Vorrei anche ricordarvi, cari Confratelli Vescovi, la sollecitudine della Chiesa universale per un’equa distribuzione dei sacerdoti nel mondo. La vostra disponibilità verso diocesi con scarsità di vocazioni, diventa una benedizione di Dio per le vostre comunità ed è per i fedeli la testimonianza di un servizio sacerdotale che si apre generosamente alle necessità dell’intera Chiesa.

Il Concilio Vaticano II ha ricordato esplicitamente che "il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana, che è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana" (Decr. Optatam totius, 2). Desidero indirizzare quindi un fraterno e speciale saluto ed incoraggiamento a quanti collaborano in vario modo nelle parrocchie con i sacerdoti. In particolare, mi rivolgo a coloro che possono offrire il proprio contributo alla pastorale delle vocazioni: i sacerdoti, le famiglie, i catechisti, gli animatori. Ai sacerdoti raccomando di essere capaci di dare una testimonianza di comunione con il Vescovo e con gli altri confratelli, per garantire l’humus vitale ai nuovi germogli di vocazioni sacerdotali. Le famiglie siano "animate da spirito di fede, di carità e di pietà" (ibid.), capaci di aiutare i figli e le figlie ad accogliere con generosità la chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata. I catechisti e gli animatori delle associazioni cattoliche e dei movimenti ecclesiali, convinti della loro missione educativa, cerchino "di coltivare gli adolescenti a loro affidati in maniera di essere in grado di scoprire la vocazione divina e di seguirla di buon grado" (ibid.).

Cari fratelli e sorelle, il vostro impegno nella promozione e nella cura delle vocazioni acquista pienezza di senso e di efficacia pastorale quando si realizza nell’unità della Chiesa ed è indirizzato al servizio della comunione. È per questo che ogni momento della vita della comunità ecclesiale - la catechesi, gli incontri di formazione, la preghiera liturgica, i pellegrinaggi ai santuari - è una preziosa opportunità per suscitare nel Popolo di Dio, in particolare nei più piccoli e nei giovani, il senso di appartenenza alla Chiesa e la responsabilità della risposta alla chiamata al sacerdozio ed alla vita consacrata, compiuta con libera e consapevole scelta.

La capacità di coltivare le vocazioni è segno caratteristico della vitalità di una Chiesa locale. Invochiamo con fiducia ed insistenza l’aiuto della Vergine Maria, perché, con l’esempio della sua accoglienza del piano divino della salvezza e con la sua efficace intercessione, si possa diffondere all’interno di ogni comunità la disponibilità a dire "sì" al Signore, che chiama sempre nuovi operai per la sua messe. Con questo auspicio, imparto di cuore a tutti la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 15 novembre 2010

BENEDICTUS PP. XVI

[00204-01.01] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Chers frères et sœurs,

La 48ème Journée Mondiale de Prière pour les Vocations qui sera célébrée le 15 mai 2011, quatrième dimanche de Pâques, nous invite à réfléchir sur le thème: «proposer les vocations dans l’Église locale». Il y a soixante dix ans, le Vénérable Pie XII a institué l’Œuvre Pontificale pour les Vocations Sacerdotales. Par la suite, dans de nombreux diocèses, des évêques ont fondé des œuvres semblables animées par des prêtres et des laïcs, en réponse à l’appel du Bon Pasteur, qui «voyant les foules, eut pitié d'elles parce qu'elles étaient fatiguées et abattues comme des brebis sans berger». Et il dit: «La moisson est abondante, et les ouvriers sont peu nombreux. Priez donc le maître de la moisson d'envoyer des ouvriers pour sa moisson» (Mt 9,36-38).

L’art de promouvoir et d’accompagner les vocations trouve un lumineux point de référence dans les pages de l’Évangile où Jésus appelle ses disciples à le suivre et les instruit avec amour et sollicitude. Notre attention se porte particulièrement sur la manière avec laquelle Jésus a appelé ses plus proches collaborateurs en vue de l’annonce du Règne de Dieu (cf. Lc 10,9). Avant tout, il apparaît clairement que son premier geste a été de prier pour eux: avant de les appeler, Jésus a passé la nuit seul, en prière et à l’écoute de la volonté du Père (cf. Lc 6,12), en une ascèse intérieure qui prenait de la hauteur par rapport aux réalités du quotidien. La vocation des disciples naît précisément dans le dialogue intime de Jésus avec son Père. Les vocations au ministère sacerdotal et à la vie consacrée sont avant tout le fruit d’un contact permanent avec le Dieu vivant et d’une prière insistante qui s’élève vers le «Maître de la moisson» tant dans les communautés paroissiales, que dans les familles chrétiennes ou dans les groupes vocationnels.

Au début de sa vie publique, le Seigneur a appelé quelques pêcheurs, occupés à travailler sur les rives du lac de Galilée: «Venez derrière moi, et je vous ferai pêcheurs d’hommes» (Mt 4,19). Il leur a montré sa mission messianique par de nombreux «signes» qui indiquaient son amour pour les hommes et le don de la miséricorde du Père; il les a formés par la parole et par le témoignage de sa vie afin qu’ils soient prêts à continuer son œuvre de salut; enfin, «sachant que l’heure était venue pour lui de passer de ce monde à son Père» (Jn 13,1), il leur a confié le mémorial de sa mort et de sa résurrection, et avant d’être élevé au Ciel, il les a envoyés dans le monde entier avec le commandement: «Allez donc! De toutes les nations, faites des disciples» (Mt 28,19).

A ceux à qui il dit: «Suis-moi!», Jésus fait une proposition exigeante et exaltante: il les invite à entrer dans son amitié, à écouter attentivement sa Parole et à vivre avec lui; il leur enseigne le don total à Dieu et à la diffusion de son Règne selon la loi de l’Évangile: «Si le grain de blé tombé en terre ne meurt pas, il reste seul; mais s'il meurt, il donne beaucoup de fruit » (Jn 12,24); il les invite à sortir de leur volonté fermée sur elle-même, de l’idée d’une réalisation de soi, pour se plonger dans une autre volonté, celle de Dieu, et se laisser conduire par elle; il leur fait vivre une fraternité qui naît de cette disponibilité totale à Dieu (cf. Mt 12,49-50), et qui devient le caractère distinctif de la communauté de Jésus: «Ce qui montrera à tous les hommes que vous êtes mes disciples, c'est l'amour que vous aurez les uns pour les autres» (Jn 13,35).

Aujourd’hui encore, la suite du Christ est exigeante; elle signifie apprendre à fixer son regard sur Jésus, à le connaître intimement, à l’écouter dans la Parole et à le rencontrer dans les Sacrements; elle signifie encore apprendre à conformer sa propre volonté à la Sienne. Il s’agit d’une véritable et réelle école de formation pour ceux qui se préparent au ministère sacerdotal et à la vie consacrée, sous la conduite des autorités ecclésiales compétentes. Le Seigneur ne manque pas d’appeler, à tous les âges de la vie, à prendre part à sa mission et à servir l’Église par le ministère ordonné ou la vie consacrée. Et l'Église «est appelée à garder ce don, à l'estimer, à l'aimer: elle est responsable de la naissance et de la maturation des vocations sacerdotales» (Jean-Paul II, Ex. ap. post-synodale Pastores dabo vobis, 41). Spécialement en notre temps où la voix du Seigneur semble étouffée par d’«autres voix» et où l’invitation à le suivre par le don de sa vie peut apparaître trop difficile, chaque communauté chrétienne, chaque fidèle, devrait accomplir consciencieusement son engagement pour la promotion des vocations. Il est important d’encourager et de soutenir ceux qui montrent des signes clairs de l’appel à la vie sacerdotale et à la consécration religieuse, afin qu’ils sentent la proximité de toute la communauté au moment où ils disent ‘oui’ à Dieu et à l’Église. Moi-même je les encourage comme je l’ai fait pour ceux qui se sont décidés à entrer au séminaire. Je leur ai écrit:«Vous avez bien fait d’agir ainsi. Car les hommes auront toujours besoin de Dieu, même à l’époque de la domination technique du monde et de la mondialisation: de Dieu qui s’est rendu visible en Jésus Christ et qui nous rassemble dans l’Église universelle pour apprendre avec lui et par lui la vraie vie et pour tenir présents et rendre efficaces les critères de l’humanité véritable (Lettre aux séminaristes, 18 octobre 2010).

Il faut que chaque Église locale se fasse toujours plus sensible et attentive à la pastorale des vocations, en amenant au niveau familial, paroissial et associatif - comme Jésus l’a fait pour ses disciples - surtout les adolescents, les adolescentes et les jeunes, à développer une amitié authentique et affectueuse avec le Seigneur, dans la prière personnelle et liturgique; à apprendre l’écoute attentive et féconde de la Parole de Dieu, par une familiarité croissante avec la Sainte Écriture; à comprendre qu’entrer dans la volonté de Dieu n’annihile ni ne détruit la personne, mais permet de découvrir et de suivre la vérité la plus profonde sur soi; à vivre la gratuité et la fraternité dans les relations avec les autres, car c’est seulement en s’ouvrant à l’amour de Dieu qu’on trouve la vraie joie et la pleine réalisation de ses aspirations. «Proposer les vocations dans l’Église locale», signifie avoir le courage d’indiquer, par une pastorale des vocations attentive et adaptée, ce chemin exigeant à la suite du Christ qui engage toute une vie, tellement il est riche de sens.

Je m’adresse particulièrement à vous, chers Frères dans l’Épiscopat. Pour assurer la continuité et la diffusion de votre mission de salut en Christ, il est important de favoriser «le plus possible les vocations sacerdotales et religieuses, et spécialement les vocations missionnaires» (Décr. Christus Dominus, 15). Le Seigneur a besoin de votre collaboration pour que ses appels puissent rejoindre le cœur de ceux qu’il a choisis. Soyez attentifs au choix de ceux qui œuvrent dans le Centre diocésain des vocations, instrument précieux pour la promotion et l’organisation de la pastorale des vocations et pour la prière qui la soutient et en garantit la fécondité. Je voudrais vous rappeler, chers Frères Évêques, la sollicitude de l’Église universelle pour une répartition équitable des prêtres dans le monde. Votre disponibilité à l’égard de diocèses plus pauvres en vocations, est une bénédiction de Dieu pour vos communautés et constitue pour les fidèles le témoignage d’un service sacerdotal qui s’ouvre généreusement aux nécessités de toute l’Église.

Le Concile Vatican II a rappelé explicitement que «le devoir de cultiver les vocations revient à la communauté chrétienne tout entière, qui s’en acquitte avant tout par une vie pleinement chrétienne» (Décr. Optatam totius, 2). Je désire donc adresser un salut fraternel et particulier, ainsi qu’un encouragement à tous ceux qui collaborent de diverse manière avec les prêtres dans les paroisses. Je m’adresse particulièrement à ceux qui peuvent offrir leur contribution à la pastorale des vocations: les prêtres, les familles, les catéchistes, les animateurs. Je recommande aux prêtres d’être disposés à donner un témoignage de communion avec leur évêque et les autres confrères, pour garantir l’humus vital aux nouveaux germes de vocations sacerdotales. Que les familles soient «animées par un esprit de foi, de charité et de piété» (Décr. Optatam totius, 2), pour aider leurs fils et leurs filles à accueillir avec générosité l’appel au sacerdoce et à la vie consacrée. Que les catéchistes et les animateurs des associations catholiques et des mouvements ecclésiaux, convaincus de leur mission éducative, aient le souci «d’éduquer les adolescents qui leur sont confiés, de manière qu’ils puissent percevoir la vocation divine et y répondre de grand cœur» (ibid.).

Chers frères et sœurs, votre engagement dans la promotion et l’accompagnement des vocations trouve tout son sens et son efficacité pastorale quand il s’effectue dans l’unité de l’Église et qu’il est orienté vers le service de la communion. C’est pour cela que chaque aspect de la vie de la communauté ecclésiale – la catéchèse, les rencontres de formation, la prière liturgique, les pèlerinages – est une occasion précieuse pour susciter dans le Peuple de Dieu, en particulier chez les plus petits et les jeunes, le sens de l’appartenance à l’Église et leur responsabilité quant à la réponse à l’appel au sacerdoce et à la vie consacrée, par un choix libre et conscient.

La capacité à cultiver les vocations est un signe caractéristique de la vitalité d’une Église locale. Invoquons avec confiance et insistance le soutien de la Vierge Marie, afin que l’exemple de son accueil du plan divin du salut et que par sa puissante intercession, puisse se diffuser à l’intérieur de chaque communauté, une disponibilité à dire ‘oui’ au Seigneur qui ne cesse d’appeler de nouveaux ouvriers à sa moisson. Avec ce souhait, j’accorde volontiers à tous, ma Bénédiction Apostolique.

Du Vatican, le 15 novembre 2010

BENEDICTUS PP. XVI

[00204-03.01] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear Brothers and Sisters!

The 48th World Day of Prayer for Vocations, to be celebrated on 15 May 2011, the Fourth Sunday of Easter, invites us to reflect on the theme: "Proposing Vocations in the Local Church". Seventy years ago, Venerable Pius XII established the Pontifical Work of Priestly Vocations. Similar bodies, led by priests and members of the lay faithful, were subsequently established by Bishops in many dioceses as a response to the call of the Good Shepherd who, "when he saw the crowds, had compassion on them, because they were like sheep without a shepherd", and went on to say: "The harvest is plentiful but the labourers are few. Pray therefore the Lord of the harvest to send out labourers into his harvest!" (Mt 9:36-38).

The work of carefully encouraging and supporting vocations finds a radiant source of inspiration in those places in the Gospel where Jesus calls his disciples to follow him and trains them with love and care. We should pay close attention to the way that Jesus called his closest associates to proclaim the Kingdom of God (cf. Lk 10:9). In the first place, it is clear that the first thing he did was to pray for them: before calling them, Jesus spent the night alone in prayer, listening to the will of the Father (cf. Lk 6:12) in a spirit of interior detachment from mundane concerns. It is Jesus’ intimate conversation with the Father which results in the calling of his disciples. Vocations to the ministerial priesthood and to the consecrated life are first and foremost the fruit of constant contact with the living God and insistent prayer lifted up to the "Lord of the harvest", whether in parish communities, in Christian families or in groups specifically devoted to prayer for vocations.

At the beginning of his public life, the Lord called some fishermen on the shore of the Sea of Galilee: "Follow me and I will make you fishers of men" (Mt 4:19). He revealed his messianic mission to them by the many "signs" which showed his love for humanity and the gift of the Father’s mercy. Through his words and his way of life he prepared them to carry on his saving work. Finally, knowing "that his hour had come to depart out of this world to the Father" (Jn 13:1), he entrusted to them the memorial of his death and resurrection, and before ascending into heaven he sent them out to the whole world with the command: "Go, therefore, make disciples of all nations" (Mt 28:19).

It is a challenging and uplifting invitation that Jesus addresses to those to whom he says: "Follow me!". He invites them to become his friends, to listen attentively to his word and to live with him. He teaches them complete commitment to God and to the extension of his kingdom in accordance with the law of the Gospel: "Unless a grain of wheat falls into the earth and dies, it remains alone; but if it dies, it bears much fruit " (Jn 12:24). He invites them to leave behind their own narrow agenda and their notions of self-fulfilment in order to immerse themselves in another will, the will of God, and to be guided by it. He gives them an experience of fraternity, one born of that total openness to God (cf. Mt 12:49-50) which becomes the hallmark of the community of Jesus: "By this everyone will know that you are my disciples, if you have love for one another" (Jn 13:35).

It is no less challenging to follow Christ today. It means learning to keep our gaze fixed on Jesus, growing close to him, listening to his word and encountering him in the sacraments; it means learning to conform our will to his. This requires a genuine school of formation for all those who would prepare themselves for the ministerial priesthood or the consecrated life under the guidance of the competent ecclesial authorities. The Lord does not fail to call people at every stage of life to share in his mission and to serve the Church in the ordained ministry and in the consecrated life. The Church is "called to safeguard this gift, to esteem it and love it. She is responsible for the birth and development of priestly vocations" (John Paul II, Post-Synodal Apostolic Exhortation Pastores Dabo Vobis, 41). Particularly in these times, when the voice of the Lord seems to be drowned out by "other voices" and his invitation to follow him by the gift of one’s own life may seem too difficult, every Christian community, every member of the Church, needs consciously to feel responsibility for promoting vocations. It is important to encourage and support those who show clear signs of a call to priestly life and religious consecration, and to enable hem to feel the warmth of the whole community as they respond "yes" to God and the Church. I encourage them, in the same words which I addressed to those who have already chosen to enter the seminary: "You have done a good thing. Because people will always have need of God, even in an age marked by technical mastery of the world and globalization: they will always need the God who has revealed himself in Jesus Christ, the God who gathers us together in the universal Church in order to learn with him and through him life’s true meaning and in order to uphold and apply the standards of true humanity" (Letter to Seminarians, 18 October 2010).

It is essential that every local Church become more sensitive and attentive to the pastoral care of vocations, helping children and young people in particular at every level of family, parish and associations – as Jesus did with his disciples - to grow into a genuine and affectionate friendship with the Lord, cultivated through personal and liturgical prayer; to grow in familiarity with the sacred Scriptures and thus to listen attentively and fruitfully to the word of God; to understand that entering into God’s will does not crush or destroy a person, but instead leads to the discovery of the deepest truth about ourselves; and finally to be generous and fraternal in relationships with others, since it is only in being open to the love of God that we discover true joy and the fulfilment of our aspirations. "Proposing Vocations in the Local Church" means having the courage, through an attentive and suitable concern for vocations, to point out this challenging way of following Christ which, because it is so rich in meaning, is capable of engaging the whole of one’s life.

I address a particular word to you, my dear brother Bishops. To ensure the continuity and growth of your saving mission in Christ, you should "foster priestly and religious vocations as much as possible, and should take a special interest in missionary vocations" (Christus Dominus, 15). The Lord needs you to cooperate with him in ensuring that his call reaches the hearts of those whom he has chosen. Choose carefully those who work in the Diocesan Vocations Office, that valuable means for the promotion and organization of the pastoral care of vocations and the prayer which sustains it and guarantees its effectiveness. I would also remind you, dear brother Bishops, of the concern of the universal Church for an equitable distribution of priests in the world. Your openness to the needs of dioceses experiencing a dearth of vocations will become a blessing from God for your communities and a sign to the faithful of a priestly service that generously considers the needs of the entire Church.

The Second Vatican Council explicitly reminded us that "the duty of fostering vocations pertains to the whole Christian community, which should exercise it above all by a fully Christian life" (Optatam Totius, 2). I wish, then, to say a special word of acknowledgment and encouragement to those who work closely in various ways with the priests in their parishes. In particular, I turn to those who can offer a specific contribution to the pastoral care of vocations: to priests, families, catechists and leaders of parish groups. I ask priests to testify to their communion with their bishop and their fellow priests, and thus to provide a rich soil for the seeds of a priestly vocation. May families be "animated by the spirit of faith and love and by the sense of duty" (Optatam Totius, 2) which is capable of helping children to welcome generously the call to priesthood and to religious life. May catechists and leaders of Catholic groups and ecclesial movements, convinced of their educational mission, seek to "guide the young people entrusted to them so that these will recognize and freely accept a divine vocation" (ibid.).

Dear brothers and sisters, your commitment to the promotion and care of vocations becomes most significant and pastorally effective when carried out in the unity of the Church and in the service of communion. For this reason, every moment in the life of the Church community – catechesis, formation meetings, liturgical prayer, pilgrimages – can be a precious opportunity for awakening in the People of God, and in particular in children and young people, a sense of belonging to the Church and of responsibility for answering the call to priesthood and to religious life by a free and informed decision.

The ability to foster vocations is a hallmark of the vitality of a local Church. With trust and perseverance let us invoke the aid of the Virgin Mary, that by the example of her own acceptance of God’s saving plan and her powerful intercession, every community will be more and more open to saying "yes" to the Lord who is constantly calling new labourers to his harvest. With this hope, I cordially impart to all my Apostolic Blessing.

From the Vatican, 15 November 2010

BENEDICTUS PP. XVI

[00204-02.01] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Liebe Brüder und Schwestern!

Der 48. Weltgebetstag um geistliche Berufungen am kommenden vierten Sonntag in der Osterzeit, dem 15. Mai 2011, lädt uns ein, über das Thema „Die Berufungen in der Ortskirche fördern" nachzudenken. Vor 70 Jahren rief der ehrwürdige Papst Pius XII. das Päpstliche Werk für Priesterberufe ins Leben. In der Folge wurden von Bischöfen in vielen Diözesen ähnliche Werke errichtet, die von Priestern oder Laien angeregt worden waren. Sie sollten eine Antwort auf die Einladung des Guten Hirten sein: „Als er die vielen Menschen sah, hatte er Mitleid mit ihnen; denn sie waren müde und erschöpft wie Schafe, die keinen Hirten haben", und sagte: „Die Ernte ist groß, aber es gibt nur wenig Arbeiter. Bittet also den Herrn der Ernte, Arbeiter für seine Ernte auszusenden" (Mt 9,36-38).

Die Kunst, Berufungen zu fördern und für sie zu sorgen, hat einen hervorragenden Bezugspunkt in den Abschnitten des Evangeliums, in denen Jesus seine Jünger in die Nachfolge ruft und sie voll Liebe und Umsicht formt. Unser besonderes Augenmerk gilt dabei der Weise, wie Jesus seine engsten Mitarbeiter berufen hat, das Reich Gottes zu verkünden (vgl. Lk 10,9). Vor allem ist ersichtlich, daß der erste Schritt das Gebet für sie war: Bevor er sie berief, verbrachte Jesus die ganze Nacht allein im Gebet und im Hören auf den Willen des Vaters (vgl. Lk 6,12), in einem inneren Aufstieg über die Dinge des Alltags hinaus. Die Berufung der Jünger entspringt geradezu dem vertrauten Gespräch Jesu mit dem Vater. Berufungen zum Priestertum und zum geweihten Leben sind primär Frucht eines beständigen Kontakts mit dem lebendigen Gott und eines beharrlichen Gebets, das sich zum „Herrn der Ernte" sowohl in den Pfarrgemeinden als auch in den christlichen Familien und bei den Berufungskreisen erhebt.

Am Anfang seines öffentlichen Wirkens berief der Herr einige Fischer, die am Ufer des Sees von Galiläa ihrer Arbeit nachgingen: „Kommt her, folgt mir nach! Ich werde euch zu Menschenfischern machen" (Mt 4,19). Er zeigte ihnen seine messianische Sendung an zahlreichen „Zeichen", die auf seine Liebe zu den Menschen und auf die Gabe der Barmherzigkeit des Vaters hinwiesen. Er hat sie mit seinen Worten und mit seinem Leben unterrichtet, damit sie bereit sein würden, sein Heilswerk weiterzuführen. Schließlich, „da er wußte, daß seine Stunde gekommen war, um aus dieser Welt zum Vater hinüberzugehen" (Joh 13,1), hat er ihnen das Gedächtnis seines Todes und seiner Auferstehung anvertraut. Und bevor er in den Himmel aufgenommen wurde, hat er sie in die ganze Welt gesandt mit dem Auftrag: „Geht zu allen Völkern und macht alle Menschen zu meinen Jüngern" (Mt 28,19).

Es ist ein Angebot, anspruchsvoll und begeisternd, das Jesus denen macht, zu denen er „Folge mir nach" sagt: Er lädt sie ein, mit ihm Freundschaft zu schließen, sein Wort aus der Nähe zu hören und mit ihm zu leben. Er lehrt sie, sich ganz Gott und der Verbreitung seines Reiches hinzugeben entsprechend dem Grundsatz des Evangeliums: „Wenn das Weizenkorn nicht in die Erde fällt und stirbt, bleibt es allein. Wenn es aber stirbt, bringt es reiche Frucht" (Joh 12,24). Er lädt sie ein, aus ihrer Verschlossenheit herauszutreten, aus ihrer eigenen Vorstellung von Selbstverwirklichung, um in einen anderen Willen, den Willen Gottes, einzutauchen und sich von ihm führen zu lassen. Er läßt sie eine Brüderlichkeit leben, die aus dieser totalen Verfügbarkeit für Gott entspringt (vgl. Mt 12,49-50) und die zum unverwechselbaren Kennzeichen für die Gemeinschaft Jesu wird: „Daran werden alle erkennen, daß ihr meine Jünger seid: wenn ihr einander liebt" (Joh 13,35).

Auch heute ist die Nachfolge Christi anspruchsvoll. Es bedeutet zu lernen, den Blick auf Christus gerichtet zu halten, ihn sehr gut zu kennen, ihn in seinem Wort zu hören und ihm in den Sakramenten zu begegnen. Es bedeutet zu lernen, den eigenen Willen seinem Willen anzugleichen. Es handelt sich um eine wahre und eigentliche Schule für alle, die sich unter der Führung der zuständigen kirchlichen Verantwortlichen auf den priesterlichen Dienst oder auf das geweihte Leben vorbereiten. Der Herr unterläßt es nicht, in allen Lebensaltern zu rufen, seine Sendung zu teilen und der Kirche im Priesteramt oder im gottgeweihten Leben zu dienen. Die Kirche „ist daher gerufen, dieses Geschenk zu hüten, es hochzuschätzen und zu lieben: Sie ist verantwortlich für das Entstehen und Heranreifen der Priesterberufe" (Johannes Paul II., Nachsynodales Apostolisches Schreiben Pastores dabo vobis, 41). Besonders in unserer Zeit, in der die Stimme Gottes von „anderen Stimmen" erstickt zu werden scheint und der Vorschlag, ihm zu folgen und ihm sein eigenes Leben hinzugeben, als zu schwierig gilt, müßte jede christliche Gemeinschaft, jeder Gläubige bewußt die Aufgabe übernehmen, Berufungen zu fördern. Es ist wichtig, diejenigen, die eindeutige Zeichen einer Berufung zum Priestertum oder zum geweihten Leben zeigen, zu ermutigen und zu unterstützen, damit sie das Wohlwollen der gesamten Gemeinschaft spüren, wenn sie ihr „Ja" zu Gott und der Kirche sagen. Ich selber ermutige sie, wie ich auch diejenigen ermutigt habe, die sich für den Eintritt ins Seminar entschieden haben und denen ich geschrieben habe: „Ihr habt gut daran getan. Denn die Menschen werden immer, auch in der Periode der technischen Beherrschung der Welt und der Globalisierung, Gott benötigen – den Gott, der sich uns gezeigt hat in Jesus Christus und der uns versammelt in der weltweiten Kirche, um mit ihm und durch ihn das rechte Leben zu erlernen und die Maßstäbe der wahren Menschlichkeit gegenwärtig und wirksam zu halten" (Brief an die Seminaristen, 18. Oktober 2010).

Jede Ortskirche muß immer empfänglicher und aufmerksamer für die Berufungspastoral werden, indem sie auf verschiedenen Ebenen, in der Familie, in der Pfarrei und in den Vereinigungen vor allem die Kinder und die Jugendlichen – wie es Jesus mit seinen Jüngern getan hat – dazu erzieht, eine echte und herzliche Freundschaft mit dem Herrn in der Pflege des persönlichen und liturgischen Gebets reifen zu lassen; zu lernen, in wachsender Vertrautheit mit der Heiligen Schrift aufmerksam und bereitwillig auf das Wort Gottes zu hören; zu begreifen, daß das Eintreten in den Willen Gottes die Person nicht zunichte macht oder zerstört, sondern erst ermöglicht, die tiefere Wahrheit über sich selbst zu entdecken und ihr zu folgen; die Beziehungen mit den anderen anspruchslos und brüderlich zu leben, weil man ausschließlich im Sich-Öffnen für die Liebe Gottes die wahre Freude und die volle Verwirklichung des eigenen Strebens findet. „In der Ortskirche die Berufungen fördern" bedeutet den Mut zu haben, durch eine aufmerksame und angemessene Berufungspastoral auf diesen anspruchsvollen Weg der Nachfolge Christi hinzuweisen, der Sinn gibt und so dazu befähigt, das ganze Leben mit einzubeziehen.

Ich wende mich insbesondere an euch, liebe Mitbrüder im Bischofsamt. Um eurer Sendung für das Heil in Christus Bestand und Verbreitung zu verleihen, ist es wichtig „die Priester- und Ordensberufe soviel wie möglich [zu] fördern und dabei den Missionsberufen besondere Sorgfalt [zu] widmen" (Dekret Christus Dominus, 15). Der Herr braucht euere Mitarbeit, damit sein Ruf die Herzen derer erreicht, die er erwählt hat. Wählt mit Sorgfalt die Mitarbeiter in den diözesanen Berufungszentren aus, die ein wertvolles Instrument zur Förderung und Organisation der Berufungspastoral und des Gebets sind, das diese unterstützt und ihre Wirksamkeit gewährleistet. Ich möchte euch, liebe bischöfliche Mitbrüder, auch an die Sorge der Weltkirche um eine gleichmäßige Verteilung der Priester in der Welt erinnern. Eure Hilfsbereitschaft gegenüber Diözesen mit Mangel an Berufungen wird zum Segen Gottes für eure Gemeinschaften und stellt für die Gläubigen ein Zeugnis für einen priesterlichen Dienst dar, der sich großzügig den Bedürfnissen der ganzen Kirche öffnet.

Das Zweite Vatikanische Konzil hat ausdrücklich daran erinnert, daß „Berufe zu fördern […] Aufgabe der gesamten christlichen Gemeinde [ist]. Sie erfüllt sie vor allem durch ein wirklich christliches Leben" (Dekret Optatam totius, 2). Ich möchte deshalb einen besonderen mitbrüderlichen Gruß und eine Ermutigung an alle richten, die in verschiedener Weise in den Pfarreien mit den Priestern zusammenarbeiten. Besonders wende ich mich an diejenigen, die ihren eigenen Beitrag zur Berufungspastoral leisten können: die Priester, die Familien, die Katecheten, die Gruppenleiter. Den Priestern empfehle ich, darum bemüht zu sein, ein Zeugnis für die Einheit mit dem Bischof und den anderen Mitbrüdern zu geben, um den lebenswichtigen Humus für neue Keime priesterlicher Berufungen zu bereiten. Die Familien seien „durchdrungen vom Geist des Glaubens, der Liebe und der Frömmigkeit" (ebd.) und bereit, ihren Söhnen und Töchtern zu helfen, mit Großzügigkeit den Ruf zum Priestertum oder dem geweihten Leben anzunehmen. Die Katecheten und die Leiter der katholischen Vereinigungen und der kirchlichen Bewegungen sollen im Bewußtsein ihrer erzieherischen Sendung „die ihnen anvertrauten jungen Menschen so zu erziehen suchen, daß sie den göttlichen Ruf wahrnehmen und ihm bereitwillig folgen können" (ebd.).

Liebe Brüder und Schwestern, euer Einsatz, Berufungen zu fördern und für sie zu sorgen, erreicht seinen vollen Sinn und seine seelsorgliche Wirksamkeit, wenn er in Einheit mit der Kirche geschieht und im Dienst der Gemeinschaft steht. Dazu ist jeder Moment des kirchlichen Gemeindelebens – die Katechese, die Fortbildungstreffen, die liturgischen Feiern, die Wallfahrten zu Heiligtümern – eine vorzügliche Gelegenheit, um im Volk Gottes, insbesondere bei den Kindern und Jugendlichen, den Sinn für die Zugehörigkeit zur Kirche zu wecken und für die Verantwortung, einem Ruf zum Priestertum oder zum geweihten Leben in freier und bewußter Entscheidung zu folgen.

Die Fähigkeit, für Berufungen Sorge zu tragen, ist ein Kennzeichen für die Lebendigkeit einer Ortskirche. Bitten wir die Jungfrau Maria vertrauensvoll und eindringlich um ihre Hilfe, damit nach dem Beispiel ihrer Offenheit für den göttlichen Heilsplan und durch ihre mächtige Fürsprache in jeder Gemeinschaft die Bereitschaft wachse, „ja" zu sagen zum Herrn, der immer neue Arbeiter für seine Ernte ruft. Mit diesem Wunsch erteile ich allen meinen Apostolischen Segen.

Aus dem Vatikan, am 15. November 2010

BENEDICTUS PP. XVI

[00204-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Queridos hermanos y hermanas

La XLVIII Jornada Mundial de Oración por las Vocaciones que se celebrará el 15 de mayo de 2011, cuarto Domingo de Pascua, nos invita a reflexionar sobre el tema: «Proponer las vocaciones en la Iglesia local». Hace setenta años, el Venerable Pío XII instituyó la Obra Pontificia para las Vocaciones Sacerdotales. A continuación, animadas por sacerdotes y laicos, obras semejantes fueron fundadas por Obispos en muchas diócesis como respuesta a la invitación del Buen Pastor, quien, «al ver a las gentes se compadecía de ellas, porque estaban extenuadas y abandonadas, como ovejas que no tienen pastor», y dijo: «La mies es abundante, pero los trabajadores son pocos; rogad, pues, al Señor de la mies que mande trabajadores a su mies» (Mt 9, 36-38).

El arte de promover y de cuidar las vocaciones encuentra un luminoso punto de referencia en las páginas del Evangelio en las que Jesús llama a sus discípulos a seguirle y los educa con amor y esmero. El modo en el que Jesús llamó a sus más estrechos colaboradores para anunciar el Reino de Dios ha de ser objeto particular de nuestra atención (cf. Lc 10,9). En primer lugar, aparece claramente que el primer acto ha sido la oración por ellos: antes de llamarlos, Jesús pasó la noche a solas, en oración y en la escucha de la voluntad del Padre (cf. Lc 6, 12), en una elevación interior por encima de las cosas ordinarias. La vocación de los discípulos nace precisamente en el coloquio íntimo de Jesús con el Padre. Las vocaciones al ministerio sacerdotal y a la vida consagrada son primordialmente fruto de un constante contacto con el Dios vivo y de una insistente oración que se eleva al «Señor de la mies» tanto en las comunidades parroquiales, como en las familias cristianas y en los cenáculos vocacionales.

El Señor, al comienzo de su vida pública, llamó a algunos pescadores, entregados al trabajo a orillas del lago de Galilea: «Veníos conmigo y os haré pescadores de hombres» (Mt 4, 19). Les mostró su misión mesiánica con numerosos «signos» que indicaban su amor a los hombres y el don de la misericordia del Padre; los educó con la palabra y con la vida, para que estuviesen dispuestos a ser los continuadores de su obra de salvación; finalmente, «sabiendo que había llegado la hora de pasar de este mundo al Padre» (Jn 13,1), les confió el memorial de su muerte y resurrección y, antes de ser elevado al cielo, los envió a todo el mundo con el mandato: «Id y haced discípulos de todos los pueblos» (Mt 28,19).

La propuesta que Jesús hace a quienes dice «¡Sígueme!» es ardua y exultante: los invita a entrar en su amistad, a escuchar de cerca su Palabra y a vivir con Él; les enseña la entrega total a Dios y a la difusión de su Reino según la ley del Evangelio: «Si el grano de trigo no cae en tierra y muere, queda infecundo; pero si muere, da mucho fruto» (Jn 12,24); los invita a salir de la propria voluntad cerrada en sí misma, de su idea de autorrealización, para sumergirse en otra voluntad, la de Dios, y dejarse guiar por ella; les hace vivir una fraternidad, que nace de esta disponibilidad total a Dios (cf. Mt 12, 49-50), y que llega a ser el rasgo distintivo de la comunidad de Jesús: «La señal por la que conocerán que sois discípulos míos, será que os amáis unos a otros» (Jn 13, 35).

También hoy, el seguimiento de Cristo es arduo; significa aprender a tener la mirada de Jesús, a conocerlo íntimamente, a escucharlo en la Palabra y a encontrarlo en los sacramentos; quiere decir aprender a conformar la propia voluntad con la suya. Se trata de una verdadera y propia escuela de formación para cuantos se preparan para el ministerio sacerdotal y para la vida consagrada, bajo la guía de las autoridades eclesiásticas competentes. El Señor no deja de llamar, en todas las edades de la vida, para compartir su misión y servir a la Iglesia en el ministerio ordenado y en la vida consagrada, y la Iglesia «está llamada a custodiar este don, a estimarlo y amarlo. Ella es responsable del nacimiento y de la maduración de las vocaciones sacerdotales» (JUAN PABLO II, Exhort. ap. postsinodal Pastores dabo vobis, 41). Especialmente en nuestro tiempo en el que la voz del Señor parece ahogada por «otras voces» y la propuesta de seguirlo, entregando la propia vida, puede parecer demasiado difícil, toda comunidad cristiana, todo fiel, debería de asumir conscientemente el compromiso de promover las vocaciones. Es importante alentar y sostener a los que muestran claros indicios de la llamada a la vida sacerdotal y a la consagración religiosa, para que sientan el calor de toda la comunidad al decir «sí» a Dios y a la Iglesia. Yo mismo los aliento, como he hecho con aquellos que se decidieron ya a entrar en el Seminario, a quienes escribí: «Habéis hecho bien. Porque los hombres, también en la época del dominio tecnológico del mundo y de la globalización, seguirán teniendo necesidad de Dios, del Dios manifestado en Jesucristo y que nos reúne en la Iglesia universal, para aprender con Él y por medio de Él la vida verdadera, y tener presentes y operativos los criterios de una humanidad verdadera» (Carta a los Seminaristas, 18 octubre 2010).

Conviene que cada Iglesia local se haga cada vez más sensible y atenta a la pastoral vocacional, educando en los diversos niveles: familiar, parroquial y asociativo, principalmente a los muchachos, a las muchachas y a los jóvenes -como hizo Jesús con los discípulos- para que madure en ellos una genuina y afectuosa amistad con el Señor, cultivada en la oración personal y litúrgica; para que aprendan la escucha atenta y fructífera de la Palabra de Dios, mediante una creciente familiaridad con las Sagradas Escrituras; para que comprendan que adentrarse en la voluntad de Dios no aniquila y no destruye a la persona, sino que permite descubrir y seguir la verdad más profunda sobre sí mismos; para que vivan la gratuidad y la fraternidad en las relaciones con los otros, porque sólo abriéndose al amor de Dios es como se encuentra la verdadera alegría y la plena realización de las propias aspiraciones. «Proponer las vocaciones en la Iglesia local», significa tener la valentía de indicar, a través de una pastoral vocacional atenta y adecuada, este camino arduo del seguimiento de Cristo, que, al estar colmado de sentido, es capaz de implicar toda la vida.

Me dirijo particularmente a vosotros, queridos Hermanos en el Episcopado. Para dar continuidad y difusión a vuestra misión de salvación en Cristo, es importante incrementar cuanto sea posible «las vocaciones sacerdotales y religiosas, poniendo interés especial en las vocaciones misioneras» (Decr. Christus Dominus, 15). El Señor necesita vuestra colaboración para que sus llamadas puedan llegar a los corazones de quienes ha escogido. Tened cuidado en la elección de los agentes pastorales para el Centro Diocesano de Vocaciones, instrumento precioso de promoción y organización de la pastoral vocacional y de la oración que la sostiene y que garantiza su eficacia. Además, quisiera recordaros, queridos Hermanos Obispos, la solicitud de la Iglesia universal por una equilibrada distribución de los sacerdotes en el mundo. Vuestra disponibilidad hacia las diócesis con escasez de vocaciones es una bendición de Dios para vuestras comunidades y para los fieles es testimonio de un servicio sacerdotal que se abre generosamente a las necesidades de toda la Iglesia.

El Concilio Vaticano II ha recordado explícitamente que «el deber de fomentar las vocaciones pertenece a toda la comunidad de los fieles, que debe procurarlo, ante todo, con una vida totalmente cristiana» (Decr. Optatam totius, 2). Por tanto, deseo dirigir un fraterno y especial saludo y aliento, a cuantos colaboran de diversas maneras en las parroquias con los sacerdotes. En particular, me dirijo a quienes pueden ofrecer su propia contribución a la pastoral de las vocaciones: sacerdotes, familias, catequistas, animadores. A los sacerdotes les recomiendo que sean capaces de dar testimonio de comunión con el Obispo y con los demás hermanos, para garantizar el humus vital a los nuevos brotes de vocaciones sacerdotales. Que las familias estén «animadas de espíritu de fe, de caridad y de piedad» (ibid), capaces de ayudar a los hijos e hijas a acoger con generosidad la llamada al sacerdocio y a la vida consagrada. Los catequistas y los animadores de las asociaciones católicas y de los movimientos eclesiales, convencidos de su misión educativa, procuren «cultivar a los adolescentes que se les han confiado, de forma que éstos puedan sentir y seguir con buen ánimo la vocación divina» (ibid).

Queridos hermanos y hermanas, vuestro esfuerzo en la promoción y cuidado de las vocaciones adquiere plenitud de sentido y de eficacia pastoral cuando se realiza en la unidad de la Iglesia y va dirigido al servicio de la comunión. Por eso, cada momento de la vida de la comunidad eclesial –catequesis, encuentros de formación, oración litúrgica, peregrinaciones a los santuarios- es una preciosa oportunidad para suscitar en el Pueblo de Dios, particularmente entre los más pequeños y en los jóvenes, el sentido de pertenencia a la Iglesia y la responsabilidad de la respuesta a la llamada al sacerdocio y a la vida consagrada, llevada a cabo con elección libre y consciente.

La capacidad de cultivar las vocaciones es un signo característico de la vitalidad de una Iglesia local. Invocamos con confianza e insistencia la ayuda de la Virgen María, para que, con el ejemplo de su acogida al plan divino de la salvación y con su eficaz intercesión, se pueda difundir en el interior de cada comunidad la disponibilidad a decir «sí» al Señor, que llama siempre a nuevos trabajadores para su mies. Con este deseo, imparto a todos de corazón mi Bendición Apostólica.

Vaticano, 15 noviembre 2010

BENEDICTUS PP. XVI

[00204-04.01] [Texto original: Italiano]

 TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Queridos irmãos e irmãs!

O 48.º Dia Mundial de Oração pelas Vocações, que será celebrado no dia 15 de Maio de 2011, IV Domingo de Páscoa, convida-nos a reflectir sobre o tema: «Propor as vocações na Igreja local». Há sessenta anos, o Venerável Papa Pio XII instituiu a Pontifícia Obra para as Vocações Sacerdotais. Depois, em muitas dioceses, foram fundadas pelos Bispos obras semelhantes, animadas por sacerdotes e leigos, correspondendo ao convite do Bom Pastor, quando, «ao ver as multidões, encheu-Se de compaixão por elas, por andarem fatigadas e abatidas como ovelhas sem pastor» e disse: «A messe é grande, mas os trabalhadores são poucos. Pedi, pois, ao dono da messe que mande trabalhadores para a sua messe» (Mt 9, 36-38).

A arte de promover e cuidar das vocações encontra um luminoso ponto de referência nas páginas do Evangelho, onde Jesus chama os seus discípulos para O seguir e educa-os com amor e solicitude. Objecto particular da nossa atenção é o modo como Jesus chamou os seus mais íntimos colaboradores a anunciar o Reino de Deus (cf. Lc 10, 9). Para começar, vê-se claramente que o primeiro acto foi a oração por eles: antes de os chamar, Jesus passou a noite sozinho, em oração, à escuta da vontade do Pai (cf. Lc 6, 12), numa elevação interior acima das coisas de todos os dias. A vocação dos discípulos nasce, precisamente, no diálogo íntimo de Jesus com o Pai. As vocações ao ministério sacerdotal e à vida consagrada são fruto, primariamente, de um contacto constante com o Deus vivo e de uma oração insistente que se eleva ao «Dono da messe» quer nas comunidades paroquiais, quer nas famílias cristãs, quer nos cenáculos vocacionais.

O Senhor, no início da sua vida pública, chamou alguns pescadores, que estavam a trabalhar nas margens do lago da Galileia: «Vinde e segui-Me, e farei de vós pescadores de homens» (Mt 4, 19). Mostrou-lhes a sua missão messiânica com numerosos «sinais», que indicavam o seu amor pelos homens e o dom da misericórdia do Pai; educou-os com a palavra e com a vida, de modo a estarem prontos para ser os continuadores da sua obra de salvação; por fim, «sabendo Jesus que chegara a sua hora de passar deste mundo para o Pai» (Jo 13, 1), confiou-lhes o memorial da sua morte e ressurreição e, antes de subir ao Céu, enviou-os por todo o mundo com este mandato: «Ide, pois, fazer discípulos de todas as nações» (Mt 28, 19).

A proposta, que Jesus faz às pessoas ao dizer-lhes «Segue-Me!», é exigente e exaltante: convida-as a entrar na sua amizade, a escutar de perto a sua Palavra e a viver com Ele; ensina-lhes a dedicação total a Deus e à propagação do seu Reino, segundo a lei do Evangelho: «Se o grão de trigo cair na terra e não morrer, fica só ele; mas, se morrer, dá muito fruto» (Jo 12, 24); convida-as a sair da sua vontade fechada, da sua ideia de auto-realização, para embrenhar-se noutra vontade, a de Deus, deixando-se guiar por ela; faz-lhes viver em fraternidade, que nasce desta disponibilidade total a Deus (cf. Mt 12, 49-50) e se torna o sinal distintivo da comunidade de Jesus: «O sinal por que todos vos hão-de reconhecer como meus discípulos é terdes amor uns aos outros» (Jo 13, 35).

Também hoje, o seguimento de Cristo é exigente; significa aprender a ter o olhar fixo em Jesus, a conhecê-Lo intimamente, a escutá-Lo na Palavra e a encontrá-Lo nos Sacramentos; significa aprender a conformar a própria vontade à d’Ele. Trata-se de uma verdadeira e própria escola de formação para quantos se preparam para o ministério sacerdotal e a vida consagrada, sob a orientação das autoridades eclesiásticas competentes. O Senhor não deixa de chamar, em todas as estações da vida, para partilhar a sua missão e servir a Igreja no ministério ordenado e na vida consagrada; e a Igreja «é chamada a proteger este dom, a estimá-lo e amá-lo: ela é responsável pelo nascimento e pela maturação das vocações sacerdotais» (JOÃO PAULO II, Exort. ap. pós-sinodal Pastores dabo vobis, 41). Especialmente neste tempo, em que a voz do Senhor parece sufocada por «outras vozes» e a proposta de O seguir oferecendo a própria vida pode parecer demasiado difícil, cada comunidade cristã, cada fiel, deveria assumir, conscientemente, o compromisso de promover as vocações. É importante encorajar e apoiar aqueles que mostram claros sinais de vocação à vida sacerdotal e à consagração religiosa, de modo que sintam o entusiasmo da comunidade inteira quando dizem o seu «sim» a Deus e à Igreja. Da minha parte, sempre os encorajo como fiz quando escrevi aos que se decidiram entrar no Seminário: «Fizestes bem [em tomar essa decisão], porque os homens sempre terão necessidade de Deus – mesmo na época do predomínio da técnica no mundo e da globalização –, do Deus que Se mostrou a nós em Jesus Cristo e nos reúne na Igreja universal, para aprender, com Ele e por meio d’Ele, a verdadeira vida e manter presentes e tornar eficazes os critérios da verdadeira humanidade» (Carta aos Seminaristas, 18 de Outubro de 2010).

É preciso que cada Igreja local se torne cada vez mais sensível e atenta à pastoral vocacional, educando a nível familiar, paroquial e associativo, sobretudo os adolescentes e os jovens – como Jesus fez com os discípulos – para maturarem uma amizade genuína e afectuosa com o Senhor, cultivada na oração pessoal e litúrgica; para aprenderem a escuta atenta e frutuosa da Palavra de Deus, através de uma familiaridade crescente com as Sagradas Escrituras; para compreenderem que entrar na vontade de Deus não aniquila nem destrói a pessoa, mas permite descobrir e seguir a verdade mais profunda de si mesmos; para viverem a gratuidade e a fraternidade nas relações com os outros, porque só abrindo-se ao amor de Deus é que se encontra a verdadeira alegria e a plena realização das próprias aspirações. «Propor as vocações na Igreja local» significa ter a coragem de indicar, através de uma pastoral vocacional atenta e adequada, este caminho exigente do seguimento de Cristo, que, rico de sentido, é capaz de envolver toda a vida.

Dirijo-me particularmente a vós, queridos Irmãos no Episcopado. Para dar continuidade e difusão à vossa missão de salvação em Cristo, «promovam o mais possível as vocações sacerdotais e religiosas, e de modo particular as missionárias» (Decr. Christus Dominus, 15). O Senhor precisa da vossa colaboração, para que o seu chamamento possa chegar aos corações de quem Ele escolheu. Cuidadosamente escolhei os dinamizadores do Centro Diocesano de Vocações, instrumento precioso de promoção e organização da pastoral vocacional e da oração que a sustenta e garante a sua eficácia. Quero também recordar-vos, amados Irmãos Bispos, a solicitude da Igreja universal por uma distribuição equitativa dos sacerdotes no mundo. A vossa disponibilidade face a dioceses com escassez de vocações torna-se uma bênção de Deus para as vossas comunidades e constitui, para os fiéis, o testemunho de um serviço sacerdotal que se abre generosamente às necessidades da Igreja inteira.

O Concílio Vaticano II recordou, explicitamente, que o «dever de fomentar as vocações pertence a toda a comunidade cristã, que as deve promover sobretudo mediante uma vida plenamente cristã» (Decr. Optatam totius, 2). Por isso, desejo dirigir uma fraterna saudação de especial encorajamento a quantos colaboram de vários modos nas paróquias com os sacerdotes. Em particular, dirijo-me àqueles que podem oferecer a própria contribuição para a pastoral das vocações: os sacerdotes, as famílias, os catequistas, os animadores. Aos sacerdotes recomendo que sejam capazes de dar um testemunho de comunhão com o Bispo e com os outros irmãos no sacerdócio, para garantirem o húmus vital aos novos rebentos de vocações sacerdotais. Que as famílias sejam «animadas pelo espírito de fé, de caridade e piedade» (Ibid., 2), capazes de ajudar os filhos e as filhas a acolherem, com generosidade, o chamamento ao sacerdócio e à vida consagrada. Convictos da sua missão educativa, os catequistas e os animadores das associações católicas e dos movimentos eclesiais «de tal forma procurem cultivar o espírito dos adolescentes a si confiados, que eles possam sentir e seguir de bom grado a vocação divina» (Ibid., 2).

Queridos irmãos e irmãs, o vosso empenho na promoção e cuidado das vocações adquire plenitude de sentido e de eficácia pastoral, quando se realiza na unidade da Igreja e visa servir a comunhão. É por isso que todos os momentos da vida da comunidade eclesial – a catequese, os encontros de formação, a oração litúrgica, as peregrinações aos santuários – são uma ocasião preciosa para suscitar no Povo de Deus, em particular nos mais pequenos e nos jovens, o sentido de pertença à Igreja e a responsabilidade em responder, com uma opção livre e consciente, ao chamamento para o sacerdócio e a vida consagrada.

A capacidade de cultivar as vocações é sinal característico da vitalidade de uma Igreja local. Invoquemos, com confiança e insistência, a ajuda da Virgem Maria, para que, seguindo o seu exemplo de acolhimento do plano divino da salvação e com a sua eficaz intercessão, se possa difundir no âmbito de cada comunidade a disponibilidade para dizer «sim» ao Senhor, que não cessa de chamar novos trabalhadores para a sua messe. Com estes votos, de coração concedo a todos a minha Bênção Apostólica.

Vaticano, 15 de Novembro de 2010.

BENEDICTUS PP. XVI

[00204-06.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

Drodzy bracia i siostry!

48. Światowy Dzień Modlitw o Powołania, który będzie obchodzony 15 maja 2011 roku, w Czwartą Niedzielę Wielkanocną, stanowi zaproszenie do refleksji na temat: „Proponować powołania w Kościele lokalnym". Siedemdziesiąt lat temu Ojciec Święty Pius XII ustanowił Papieskie Dzieło Powołań Kapłańskich. Następnie podobne instytucje, animowane przez duchownych i świeckich, utworzyli biskupi w wielu diecezjach. Była to odpowiedź na wezwanie Dobrego Pasterza, który „widząc tłumy ludzi, litował się nad nimi, bo byli znękani i porzuceni, jak owce nie mające pasterza" i powiedział: „Żniwo wprawdzie wielkie, ale robotników mało. Proście Pana żniwa, żeby wyprawił robotników na swoje żniwo!" (Mt 9, 36-38).

Sztuka promowania i wspierania powołań znajduje świetlany punkt odniesienia na kartach Ewangelii, na których Jezus wzywa swoich uczniów do pójścia za Nim oraz formuje ich z miłością i troską. Na szczególną uwagę zasługuje sposób, w jaki Jezus powołał swoich najbliższych współpracowników do głoszenia Królestwa Bożego (por. Łk 10, 9). Przede wszystkim jest oczywiste, że pierwszym działaniem była modlitwa za nich: zanim Jezus ich powołał, spędził noc w samotności, na modlitwie i na wsłuchiwaniu się w wolę Ojca (por. Łk 6, 12), wznosząc się wewnętrznie ponad sprawy codzienne. Powołanie uczniów rodzi się właśnie z tej intymnej rozmowy Jezusa z Ojcem. Powołania do kapłaństwa i do życia konsekrowanego są najpierw owocem stałego kontaktu z Bogiem żyjącym oraz owocem nieustannej modlitwy, zanoszonej do „Pana żniwa" zarówno we wspólnotach parafialnych, jak i w rodzinach chrześcijańskich oraz ośrodkach powołaniowych.

Na początku swojej działalności publicznej Pan powołał niektórych rybaków, którzy trudzili się nad brzegami Jeziora Galilejskiego: „Pójdźcie za Mną, a uczynię was rybakami ludzi" (Mt 4, 19). Objawił im swoją zbawczą misję za pomocą licznych „znaków", które wskazywały na Jego miłość do ludzi i na dar miłosierdzia ze strony Ojca. Formował ich słowem i życiem, aby byli gotowi do kontynuowania Jego dzieła zbawienia. Na końcu, "wiedząc, że nadeszła Jego godzina przejścia z tego świata do Ojca" (J 13, 1), zawierzył im pamiątkę swojej śmierci i zmartwychwstania, a zanim został wzięty do Nieba, posłał ich na cały świat z poleceniem: „Idźcie więc i nauczajcie wszystkie narody" (Mt 28,19).

Jest to propozycja wymagająca i fascynująca, jaką kieruje Jezus do tych, do których mówi: „Pójdź za mną!": zaprasza ich do przyjaźni z Nim, do słuchania z bliska Jego słowa i do życia razem z Nim. Uczy ich całkowitego poświęcenia się Bogu i troski o rozwój Bożego Królestwa według praw Ewangelii: „Jeżeli ziarno pszenicy wpadłszy w ziemię nie obumrze, zostanie tylko samo, ale jeżeli obumrze, przynosi plon obfity" (J 12,24). Jezus zaprasza uczniów do tego, by wyzwolili się z ograniczeń ich woli, z ich idei samorealizacji, aby zanurzyli się w wolę kogoś innego, w wolę Boga i pozwolili się przez nią prowadzić. Pomaga im przeżywać braterstwo, które rodzi się z całkowitej dyspozycyjności wobec Boga (por. Mt 12, 49-50) i które staje się cechą wyróżniającą wspólnoty Jezusa: „Po tym wszyscy poznają, żeście uczniami moimi, jeśli będziecie się wzajemnie miłowali" (J 13, 35).

Również obecnie naśladowanie Chrystusa jest wymagające. Oznacza wpatrywanie się w Jezusa, poznawanie Go z bliska, wsłuchiwanie się w Jego Słowo i spotykanie się z Nim w sakramentach, dostosowywanie własnej woli do Jego woli. To prawdziwa szkoła formacji dla wszystkich, którzy przygotowują się do posługi kapłańskiej czy do życia konsekrowanego, pod kierunkiem właściwych władz kościelnych. Pan nie przestaje powoływać – w każdej fazie życia – do włączenia się w Jego misję i do służenia Kościołowi poprzez święcenia kapłańskie i życie konsekrowane, a Kościół „winien chronić ten dar, cenić go i miłować. Kościół ponosi odpowiedzialność za narodziny i dojrzewanie powołań kapłańskich" (Jan Paweł II, Posynodalna adhortacja apostolska Pastores dabo vobis, 41). Zwłaszcza obecnie, gdy głos Pana zdaje się być zagłuszany przez „inne głosy", a propozycja, by pójść za Nim i ofiarować Mu swoje życie może wydawać się zbyt trudna, każda wspólnota chrześcijańska i każdy wierzący powinni podjąć świadomie zadanie wspierania powołań. Jest ważne, by dodawać odwagi i wspierać tych, którzy przejawiają jasne znaki powołania do kapłaństwa czy do życia zakonnego, aby czuli wsparcie całej wspólnoty w powiedzeniu „tak" Bogu i Kościołowi. Osobiście pragnę dodać im odwagi, jak to uczyniłem wobec tych, którzy zdecydowali się wstąpić do seminarium duchownego i do których napisałem: „Dobrze zrobiliście. Ludzie zawsze będą bowiem potrzebowali Boga, również w epoce dominacji techniki nad światem i globalizacji: Boga, który objawił się nam w Jezusie Chrystusie i gromadzi nas w Kościele powszechnym, abyśmy z Nim i za Jego pośrednictwem uczyli się prawdziwego życia, byśmy przypominali i stosowali kryteria prawdziwego człowieczeństwa" (List do Seminarzystów, 18 października 2010).

Trzeba, aby każdy Kościół lokalny stawał się coraz bardziej wrażliwy i uważny w odniesieniu do duszpasterstwa powołań, wychowując na różnych szczeblach: w rodzinach, parafiach, stowarzyszeniach, a zwłaszcza młodych, chłopców i dziewczęta – jak to czynił Jezus ze swoimi uczniami – do wzrastania w prawdziwej i serdecznej przyjaźni z Panem, umacnianej poprzez modlitwę osobistą i liturgiczną. Kościół lokalny ma uczyć uważnego i owocnego słuchania Słowa Bożego poprzez pogłębianą znajomość Pisma Świętego oraz ukazywać, że pełnienie woli Boga nie unicestwia ani nie niszczy osoby, lecz pozwala jej odkryć najgłębszą prawdę o niej samej, jak też kierowania się bezinteresownością i braterstwem w kontaktach z innymi ludźmi, bo jedynie otwierając się na miłość Boga można odnaleźć prawdziwą radość i pełną realizację własnych aspiracji. „Proponować powołania w Kościele lokalnym" to znaczy mieć odwagę, by wskazywać – za pośrednictwem uważnego i adekwatnego duszpasterstwa powołań – tę właśnie trudną drogę naśladowania Chrystusa, która posiada głęboki sens i może zaangażować całe życie człowieka.

Zwracam się szczególnie do was, drodzy Współbracia w biskupstwie. Aby nadać waszej posłudze zbawienia w Chrystusie trwałość i rozmach, ważne jest, abyście „jak najusilniej popierali powołania kapłańskie i zakonne, otaczając szczególną troską powołania misyjne" (Sobór Vat. II, Dekret Christus Dominus, 15). Pan potrzebuje waszej współpracy, aby Jego wezwanie dotarło do serc tych, których wybrał. Troszczcie się o właściwy dobór animatorów diecezjalnych ośrodków powołań, gdyż takie ośrodki są cennym narzędziem do promowania i organizowania duszpasterstwa powołań oraz modlitwy, która je wspiera i gwarantuje skuteczność. Pragnę wam też przypomnieć, drodzy Współbracia Biskupi, o trosce Kościoła o właściwe rozmieszczenie kapłanów w świecie. Wasze wsparcie dla diecezji, w których jest mało powołań, staje się Bożym błogosławieństwem dla waszych wspólnot, a dla wiernych jest świadectwem posługi kapłańskiej, która szczodrze otwiera się na potrzeby całego Kościoła.

Sobór Watykański II przypomniał wprost, że „obowiązek budzenia powołań odnosi się do całej wspólnoty chrześcijańskiej; powinna go ona realizować przede wszystkim przez w pełni chrześcijańskie życie" (Dekret Optatam totius, 2). Pragnę więc skierować szczególne, braterskie pozdrowienie oraz słowa zachęty do wszystkich, którzy na różne sposoby współpracują w parafiach z kapłanami. Zwracam się przede wszystkim do tych, którzy mogą wnieść własny wkład w duszpasterstwo powołań: do kapłanów, rodzin, katechetów, animatorów. Kapłanom polecam, by byli zdolni do dawania świadectwa jedności z Biskupem i ze współbraćmi w kapłaństwie, aby tworzyli właściwe środowisko dla rodzących się powołań kapłańskich. Rodziny niech będą „ożywione duchem wiary, miłości i pobożności" (tamże), zdolne do pomagania synom i córkom w wielkodusznym przyjęciu powołania do kapłaństwa czy życia konsekrowanego. Katecheci i animatorzy w stowarzyszeniach katolickich i w ruchach kościelnych, świadomi własnej misji wychowawczej, niech starają się „tak wpłynąć na powierzonych sobie młodych ludzi, aby ci mogli podjąć Boże powołanie i chętnie pójść za nim" (tamże).

Drodzy bracia i siostry, wasze zaangażowanie w promocję i troskę o powołania osiąga pełnię znaczenia i duszpasterską skuteczność wtedy, gdy dokonuje się w jedności Kościoła i gdy jest ukierunkowane na służbę komunii. Właśnie dlatego każdy przejaw życia wspólnoty kościelnej – katecheza, spotkania formacyjne, modlitwa liturgiczna, pielgrzymki do sanktuariów – to cenna okazja do tego, by wzbudzać w ludzie Bożym, a zwłaszcza w dzieciach i młodzieży, poczucie przynależności do Kościoła oraz poczucie odpowiedzialności za odpowiedź na otrzymane powołanie do kapłaństwa czy życia konsekrowanego, daną w sposób świadomy i wolny.

Zdolność do troski o powołania jest charakterystycznym znakiem żywotności Kościoła lokalnego. Wzywajmy w sposób ufny i wytrwały pomocy Dziewicy Maryi, aby na wzór Jej przyjęcia Bożego planu zbawienia oraz mocą Jej wstawiennictwa rozszerzała się w każdej wspólnocie gotowość do powiedzenia „tak" Panu, który powołuje ciągle nowych robotników na swoje żniwo. Z tym życzeniem z serca udzielam wszystkim mojego Apostolskiego Błogosławieństwa.

Watykan, 15 listopada 2010

BENEDICTUS PP. XVI

[00204-09.01] [Testo originale: Italiano]

[B0086-XX.02]