Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


NOTA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE SULLA BANALIZZAZIONE DELLA SESSUALITÀ - A PROPOSITO DI ALCUNE LETTURE DI "LUCE DEL MONDO", 21.12.2010


NOTA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE SULLA BANALIZZAZIONE DELLA SESSUALITÀ - A PROPOSITO DI ALCUNE LETTURE DI "LUCE DEL MONDO"

TESTO IN LINGUA ITALIANA

TESTO IN LINGUA INGLESE

TESTO IN LINGUA FRANCESE 

TESTO IN LINGUA TEDESCA

TESTO IN LINGUA SPAGNOLA 

TESTO IN LINGUA PORTOGHESE

Viene pubblicata questo pomeriggio su L’Osservatore Romano una Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla banalizzazione della sessualità, a proposito di alcune letture del libro-intervista di Papa Benedetto XVI "Luce del mondo".
Riportiamo di seguito il testo della Nota nelle diverse lingue, al fine di favorirne la corretta lettura:

TESTO IN LINGUA ITALIANA

Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede

Sulla banalizzazione della sessualità

A proposito di alcune letture di "Luce del mondo"

In occasione della pubblicazione del libro-intervista di Benedetto XVI, Luce del mondo, sono state diffuse diverse interpretazioni non corrette, che hanno generato confusione sulla posizione della Chiesa cattolica riguardo ad alcune questioni di morale sessuale. Il pensiero del Papa non di rado è stato strumentalizzato per scopi e interessi estranei al senso delle sue parole, che risulta evidente qualora si leggano interamente i capitoli dove si accenna alla sessualità umana. L’interesse del Santo Padre appare chiaro: ritrovare la grandezza del progetto di Dio sulla sessualità, evitandone la banalizzazione oggi diffusa.

Alcune interpretazioni hanno presentato le parole del Papa come affermazioni in contraddizione con la tradizione morale della Chiesa, ipotesi che taluni hanno salutato come una positiva svolta e altri hanno appreso con preoccupazione, come se si trattasse di una rottura con la dottrina sulla contraccezione e con l’atteggiamento ecclesiale nella lotta contro l’Aids. In realtà, le parole del Papa, che accennano in particolare ad un comportamento gravemente disordinato quale è la prostituzione (cfr. Luce del mondo, prima ristampa, novembre 2010, pp. 170-171), non sono una modifica della dottrina morale né della prassi pastorale della Chiesa.

Come risulta dalla lettura della pagina in questione, il Santo Padre non parla della morale coniugale e nemmeno della norma morale sulla contraccezione. Tale norma, tradizionale nella Chiesa, è stata ripresa in termini assai precisi da Paolo VI nel n. 14 dell’enciclica Humanae vitae, quando ha scritto che è "esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione". L’idea che dalle parole di Benedetto XVI si possa dedurre che in alcuni casi sia lecito ricorrere all’uso del profilattico per evitare gravidanze indesiderate è del tutto arbitraria e non risponde né alle sue parole né al suo pensiero. A questo riguardo il Papa propone invece vie umanamente e eticamente percorribili, per le quali i pastori sono chiamati a fare "di più e meglio" (Luce del mondo, p. 206), quelle cioè che rispettano integralmente il nesso inscindibile di significato unitivo e procreativo in ogni atto coniugale, mediante l’eventuale ricorso ai metodi di regolazione naturale della fecondità in vista di una procreazione responsabile.

Quanto poi alla pagina in questione, il Santo Padre si riferiva al caso completamente diverso della prostituzione, comportamento che la morale cristiana da sempre ha considerato gravemente immorale (cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 27; Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2355). La raccomandazione di tutta la tradizione cristiana – e non solo di quella – nei confronti della prostituzione si può riassumere nelle parole di san Paolo: "Fuggite la fornicazione" (1 Corinzi, 6, 18). La prostituzione va dunque combattuta e gli enti assistenziali della Chiesa, della società civile e dello Stato devono adoperarsi per liberare le persone coinvolte.

A questo riguardo occorre rilevare che la situazione creatasi a causa dell’attuale diffusione dell’Aids in molte aree del mondo ha reso il problema della prostituzione ancora più drammatico. Chi sa di essere infetto dall’Hiv e quindi di poter trasmettere l’infezione, oltre al peccato grave contro il sesto comandamento ne commette anche uno contro il quinto, perché consapevolmente mette a serio rischio la vita di un’altra persona, con ripercussioni anche sulla salute pubblica. In proposito il Santo Padre afferma chiaramente che i profilattici non costituiscono "la soluzione autentica e morale" del problema dell’Aids e anche che "concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità", perché non si vuole affrontare lo smarrimento umano che sta alla base della trasmissione della pandemia. È innegabile peraltro che chi ricorre al profilattico per diminuire il rischio per la vita di un’altra persona intende ridurre il male connesso al suo agire sbagliato. In questo senso il Santo Padre rileva che il ricorso al profilattico "nell’intenzione di diminuire il pericolo di contagio, può rappresentare tuttavia un primo passo sulla strada che porta ad una sessualità diversamente vissuta, più umana". Si tratta di un’osservazione del tutto compatibile con l’altra affermazione del Santo Padre: "questo non è il modo vero e proprio per affrontare il male dell’Hiv".

Alcuni hanno interpretato le parole di Benedetto XVI ricorrendo alla teoria del cosiddetto "male minore". Questa teoria, tuttavia, è suscettibile di interpretazioni fuorvianti di matrice proporzionalista (cfr. Giovanni Paolo II, enciclica Veritatis splendor, nn. 75-77). Un’azione che è un male per il suo oggetto, anche se un male minore, non può essere lecitamente voluta. Il Santo Padre non ha detto che la prostituzione col ricorso al profilattico possa essere lecitamente scelta come male minore, come qualcuno ha sostenuto. La Chiesa insegna che la prostituzione è immorale e deve essere combattuta. Se qualcuno, ciononostante, praticando la prostituzione e inoltre essendo infetto dall’Hiv, si adopera per diminuire il pericolo di contagio anche mediante il ricorso al profilattico, ciò può costituire un primo passo nel rispetto della vita degli altri, anche se la malizia della prostituzione rimane in tutta la sua gravità. Tali valutazioni sono in linea con quanto la tradizione teologico-morale della Chiesa ha sostenuto anche in passato.

In conclusione, nella lotta contro l’Aids i membri e le istituzioni della Chiesa cattolica sappiano che occorre stare vicini alle persone, curando gli ammalati e formando tutti perché possano vivere l’astinenza prima del matrimonio e la fedeltà all’interno del patto coniugale. Al riguardo occorre anche denunciare quei comportamenti che banalizzano la sessualità, perché, come dice il Papa, proprio questi rappresentano la pericolosa ragione per cui tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore. "Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità" (Luce del mondo, p. 170).

[01827-01.01]

TESTO IN LINGUA INGLESE

Note of the Congregation for the Doctrine of the Faith

On the banalization of sexuality

Regarding certain interpretations of "Light of the World"

Following the publication of the interview-book Light of the World by Benedict XVI, a number of erroneous interpretations have emerged which have caused confusion concerning the position of the Catholic Church regarding certain questions of sexual morality. The thought of the Pope has been repeatedly manipulated for ends and interests which are entirely foreign to the meaning of his words – a meaning which is evident to anyone who reads the entire chapters in which human sexuality is treated. The intention of the Holy Father is clear: to rediscover the beauty of the divine gift of human sexuality and, in this way, to avoid the cheapening of sexuality which is common today.

Some interpretations have presented the words of the Pope as a contradiction of the traditional moral teaching of the Church. This hypothesis has been welcomed by some as a positive change and lamented by others as a cause of concern – as if his statements represented a break with the doctrine concerning contraception and with the Church’s stance in the fight against AIDS. In reality, the words of the Pope – which specifically concern a gravely disordered type of human behaviour, namely prostitution (cf. Light of the World, pp. 117-119) – do not signify a change in Catholic moral teaching or in the pastoral practice of the Church.

As is clear from an attentive reading of the pages in question, the Holy Father was talking neither about conjugal morality nor about the moral norm concerning contraception. This norm belongs to the tradition of the Church and was summarized succinctly by Pope Paul VI in paragraph 14 of his Encyclical Letter Humanae vitae, when he wrote that "also to be excluded is any action which either before, at the moment of, or after sexual intercourse, is specifically intended to prevent procreation—whether as an end or as a means." The idea that anyone could deduce from the words of Benedict XVI that it is somehow legitimate, in certain situations, to use condoms to avoid an unwanted pregnancy is completely arbitrary and is in no way justified either by his words or in his thought. On this issue the Pope proposes instead – and also calls the pastors of the Church to propose more often and more effectively (cf. Light of the World, p. 147) – humanly and ethically acceptable ways of behaving which respect the inseparable connection between the unitive and procreative meaning of every conjugal act, through the possible use of natural family planning in view of responsible procreation.

On the pages in question, the Holy Father refers to the completely different case of prostitution, a type of behaviour which Christian morality has always considered gravely immoral (cf. Vatican II, Pastoral Constitution Gaudium et spes, n. 27; Catechism of the Catholic Church, n. 2355). The response of the entire Christian tradition – and indeed not only of the Christian tradition – to the practice of prostitution can be summed up in the words of St. Paul: "Flee from fornication" (1 Cor 6:18). The practice of prostitution should be shunned, and it is the duty of the agencies of the Church, of civil society and of the State to do all they can to liberate those involved from this practice.

In this regard, it must be noted that the situation created by the spread of AIDS in many areas of the world has made the problem of prostitution even more serious. Those who know themselves to be infected with HIV and who therefore run the risk of infecting others, apart from committing a sin against the sixth commandment are also committing a sin against the fifth commandment – because they are consciously putting the lives of others at risk through behaviour which has repercussions on public health. In this situation, the Holy Father clearly affirms that the provision of condoms does not constitute "the real or moral solution" to the problem of AIDS and also that "the sheer fixation on the condom implies a banalization of sexuality" in that it refuses to address the mistaken human behaviour which is the root cause of the spread of the virus. In this context, however, it cannot be denied that anyone who uses a condom in order to diminish the risk posed to another person is intending to reduce the evil connected with his or her immoral activity. In this sense the Holy Father points out that the use of a condom "with the intention of reducing the risk of infection, can be a first step in a movement towards a different way, a more human way, of living sexuality." This affirmation is clearly compatible with the Holy Father’s previous statement that this is "not really the way to deal with the evil of HIV infection."

Some commentators have interpreted the words of Benedict XVI according to the so-called theory of the "lesser evil". This theory is, however, susceptible to proportionalistic misinterpretation (cf. John Paul II, Encyclical Letter Veritatis splendor, n. 75-77). An action which is objectively evil, even if a lesser evil, can never be licitly willed. The Holy Father did not say – as some people have claimed – that prostitution with the use of a condom can be chosen as a lesser evil. The Church teaches that prostitution is immoral and should be shunned. However, those involved in prostitution who are HIV positive and who seek to diminish the risk of contagion by the use of a condom may be taking the first step in respecting the life of another – even if the evil of prostitution remains in all its gravity. This understanding is in full conformity with the moral theological tradition of the Church.

In conclusion, in the battle against AIDS, the Catholic faithful and the agencies of the Catholic Church should be close to those affected, should care for the sick and should encourage all people to live abstinence before and fidelity within marriage. In this regard it is also important to condemn any behaviour which cheapens sexuality because, as the Pope says, such behaviour is the reason why so many people no longer see in sexuality an expression of their love: "This is why the fight against the banalization of sexuality is also part of the struggle to ensure that sexuality is treated as a positive value and to enable it to have a positive effect on the whole of man’s being" (Light of the World, p. 119).

[01827-02.02]

TESTO IN LINGUA FRANCESE

Note de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi

Sur la banalisation de la sexualité

A propos de certaines interprétations de "Lumière du monde"

À l’occasion de la publication du livre d’entretiens de Benoît XVI, Lumière du monde, ont été diffusées diverses interprétations erronées, qui ont semé la confusion au sujet de la position de l’Église catholique sur certaines questions de morale sexuelle. La pensée du Pape a été souvent instrumentalisée à des fins et à des intérêts sans lien avec le sens de ses paroles, alors qu’elle se comprend très bien quand on lit dans leur intégralité les chapitres où il est fait allusion à la sexualité humaine. L’intention du Saint-Père est claire: retrouver la grandeur du dessein de Dieu sur la sexualité, en évitant sa banalisation aujourd’hui courante.

Certaines interprétations ont présenté les paroles du Pape comme des affirmations en contradiction avec la tradition morale de l’Église; cette hypothèse a été saluée comme un tournant positif par certains; d’autres, en revanche, ont manifesté leur inquiétude, comme s’il s’agissait d’une rupture avec la doctrine sur la contraception et avec l’attitude de l’Église dans la lutte contre le sida. En réalité, les paroles du Pape qui font allusion en particulier à un comportement gravement désordonné, en l’occurrence la prostitution (cf. Lumière du monde, pp. 159-161), ne modifient ni la doctrine morale, ni la pratique pastorale de l’Église.

Comme il ressort de la lecture du passage en question, le Saint-Père ne parle ni de morale conjugale, ni même de norme morale sur la contraception. Cette norme, traditionnelle dans l’Église, a été reprise en des termes très précis par le Pape Paul VI au n. 14 de l’encyclique Humanae vitae, quand il écrit: «Est exclue également toute action qui, soit en prévision de l’acte conjugal, soit dans son déroulement, soit dans le développement de ses conséquences naturelles, se proposerait comme but ou comme moyen de rendre impossible la procréation». L’idée qu’on puisse déduire des paroles de Benoît XVI qu’il est licite, dans certains cas, de recourir à l’usage du préservatif pour éviter les grossesses non désirées, est tout à fait arbitraire et ne correspond ni à ses paroles ni à sa pensée. À ce sujet, le Pape propose au contraire des chemins humainement et éthiquement viables, sur lesquels les pasteurs sont appelés à travailler «plus et mieux» (Lumière du monde, p. 194), c’est-à-dire des chemins qui respectent pleinement le lien insécable du sens unitif avec le sens procréatif de chaque acte conjugal, grâce au recours éventuel aux méthodes naturelles de régulation de la fécondité en vue d’une procréation responsable.

En ce qui concerne le passage en question, le Saint-Père se référait au cas totalement différent de la prostitution, comportement que la morale chrétienne a toujours considéré comme un acte gravement immoral (cf. Concile Vatican II, Constitution pastorale Gaudium et spes, 27; Catéchisme de l’Église Catholique, 2355). Au sujet de la prostitution, la recommandation de la tradition chrétienne tout entière - et pas seulement la sienne -, peut se résumer dans les paroles de saint Paul: «Fuyez la fornication» (1 Co 6, 18). La prostitution doit donc être combattue, et les organismes d’aide de l’Église, de la société civile et de l’État, doivent travailler pour libérer les personnes impliquées.

À ce propos, il convient de relever que la situation qui s’est créée, par suite de la propagation actuelle du sida dans de nombreuses régions du monde, a rendu le problème de la prostitution encore plus dramatique. Celui qui se sait infecté par le VIH et donc susceptible de transmettre l’infection, commet non seulement un péché grave contre le sixième commandement, mais aussi un autre contre le cinquième, puisqu’il met sciemment en danger la vie d’une autre personne, ce qui a également des répercussions sur la santé publique. À cet égard, le Saint-Père affirme clairement que les préservatifs ne constituent pas la «solution véritable et morale» au problème du sida et aussi que «la seule fixation sur le préservatif représente une banalisation de la sexualité», parce qu’on ne veut pas faire face à l’égarement humain qui est à la base de la transmission de la pandémie. Par ailleurs, il est indéniable que celui qui recourt au préservatif dans le but de diminuer le risque pour la vie d’une autre personne, entend réduire le mal lié à son comportement désordonné. En ce sens, le Saint-Père note que le recours au préservatif, «dans l’intention de réduire le risque de contamination, peut cependant constituer un premier pas sur le chemin d’une sexualité vécue autrement, une sexualité plus humaine». Cette observation est tout à fait compatible avec l’autre affirmation du Saint-Père: «Ce n’est pas la véritable manière de répondre au mal que constitue l’infection par le virus VIH».

Certains ont interprété les paroles de Benoît XVI en recourant à la théorie de ce qu’on appelle le «moindre mal». Cette théorie, toutefois, est susceptible d’interprétations déviantes de caractère proportionnaliste (cf. Jean Paul II, Encyclique Veritatis splendor, nn. 75-77). Une action mauvaise par son objet, même s’il s’agit d’un moindre mal, ne peut être licitement voulue. Le Saint-Père n’a pas dit que la prostitution avec recours au préservatif pouvait être licitement choisie comme un moindre mal, comme certains l’ont soutenu. L’Église enseigne que la prostitution est immorale et doit être combattue. Celui qui, pourtant, en la pratiquant, tout en étant infecté par le VIH, s’emploie à réduire le risque de contamination, y compris par l’utilisation du préservatif, peut accomplir un premier pas vers le respect de la vie des autres, même si le mal de la prostitution demeure dans toute sa gravité. Ces jugements sont en harmonie avec tout ce que la tradition théologico-morale de l’Église a soutenu aussi par le passé.

En conclusion, dans la lutte contre le sida, les membres et les institutions de l’Église catholique savent qu’ils doivent rester proches des personnes, en soignant les malades; ils savent aussi qu’ils doivent former tout le monde à vivre l’abstinence avant le mariage et la fidélité au sein de l’alliance conjugale. À cet égard, il faut également dénoncer les comportements qui banalisent la sexualité, car comme le dit le Pape, ils sont justement à l’origine d’un phénomène dangereux: bien des personnes ne perçoivent plus dans la sexualité l’expression de leur amour. «C’est la raison pour laquelle le combat contre la banalisation de la sexualité est aussi une partie de la lutte menée pour que la sexualité soit vue sous un jour positif, et pour qu’elle puisse exercer son effet bénéfique dans tout ce qui constitue notre humanité» (Lumière du monde, p. 160).

[01827-03.01]

TESTO IN LINGUA TEDESCA

Note der Kongregation für die Glaubenslehre

Über die Banalisierung der Sexualität

Im Hinblick auf einige Textstellen aus »Licht der Welt«

Aus Anlass der Veröffentlichung des Interview-Buches „Licht der Welt" von Papst Benedikt XVI. sind verschiedene abwegige Interpretationen verbreitet worden, die Verwirrung über die Haltung der katholischen Kirche zu einigen Fragen der Sexualmoral gestiftet haben. Die Gedanken des Papstes wurden nicht selten für Absichten und Interessen missbraucht, die mit dem Sinn seiner Worte nichts zu tun haben. Deren Bedeutung ist aber klar, wenn man die Kapitel vollständig liest, in denen von der menschlichen Sexualität die Rede ist. Die Intention des Heiligen Vaters ist eindeutig: Es geht ihm darum, die Größe des göttlichen Plans über die Sexualität wiederzufinden und dabei die heute verbreitete Banalisierung zu vermeiden.

Einige Interpretationen haben die Worte des Papstes als Aussagen im Widerspruch zur moralischen Tradition der Kirche dargestellt. Dies haben manche als positive Wende begrüßt, andere haben es mit Sorge aufgenommen, als würde es sich um einen Bruch mit der Lehre über die Empfängnisverhütung und mit der Haltung der Kirche im Kampf gegen AIDS handeln. In Wirklichkeit ändern die Worte des Papstes, die insbesondere auf das schwer ungeordnete Verhalten der Prostitution eingehen (vgl. „Licht der Welt", S. 146-147), weder die Morallehre noch die pastorale Praxis der Kirche.

Eine aufmerksame Lektüre des betreffenden Abschnittes zeigt, dass der Heilige Vater hier nicht von der eheliche Liebe und auch nicht von der sittlichen Norm bezüglich der Empfängnisverhütung spricht. Diese Norm, die zur Tradition der Kirche gehört, ist von Papst Paul VI. in der Nummer 14 der Enzyklika Humanae vitae in sehr präzisen Worten aufgegriffen worden. Darin schrieb er, dass „jede Handlung verwerflich <ist>, die entweder in Voraussicht oder während des Vollzugs des ehelichen Aktes oder im Anschluss an ihn beim Ablauf seiner natürlichen Auswirkungen darauf abstellt, die Fortpflanzung zu verhindern, sei es als Ziel, sei es als Mittel zum Ziel". Die Meinung, aus den Worten von Papst Benedikt XVI. könne man ableiten, dass die Verwendung des Kondoms in einigen Fällen zulässig sei, um unerwünschte Schwangerschaften zu vermeiden, ist völlig willkürlich und entspricht weder seinen Worten noch seinem Denken. In diesem Zusammenhang verweist der Papst vielmehr auf menschliche und ethische Wege der Lebbarkeit, für die sich die Seelsorger „noch mehr und noch besser" („Licht der Welt", S. 175) einsetzen sollen. Dabei geht es um Wege, bei denen der unlösbare Zusammenhang der beiden Sinngehalte der liebenden Vereinigung und der Fortpflanzung in jedem ehelichen Akt respektiert wird, auch durch die Anwendung der Methoden der natürlichen Empfängnisregelung im Blick auf eine verantwortliche Elternschaft.

In dem betreffenden Abschnitt bezog sich der Heilige Vater auf den völlig andersartigen Fall der Prostitution, die von der christlichen Moral immer als schwer sündhaft betrachtet worden ist (vgl. II. Vatikanisches Konzil, Pastoralkonstitution Gaudium et spes, Nr. 27; Katechismus der Katholischen Kirche, Nr. 2355). Die Weisung der gesamten christlichen Tradition – und nicht nur dieser – im Bezug auf die Prostitution lässt sich in den Worten des heiligen Paulus zusammenfassen: „Hütet euch vor der Unzucht!" (1 Kor 6,18). Die Prostitution ist also zu bekämpfen und die Hilfswerke der Kirche, der Zivilgesellschaft und des Staates müssen sich dafür einsetzen, die betroffenen Personen daraus zu befreien.

In diesem Zusammenhang muss darauf hingewiesen werden, dass die Lage, die aufgrund der Verbreitung von AIDS in vielen Gebieten der Welt entstanden ist, das Problem der Prostitution noch dramatischer gemacht hat. Wer weiß, dass er mit HIV infiziert ist und deshalb die Infektion weitergeben kann, begeht neben der schweren Sünde gegen das sechste Gebot auch eine Sünde gegen das fünfte Gebot, weil er bewusst das Leben einer anderen Person ernsthaft gefährdet, mit Folgen auch für die öffentliche Gesundheit. Dazu stellt der Heilige Vater eindeutig fest, dass Kondome „nicht als wirkliche und moralische Lösung" des AIDS-Problems betrachtet werden können und dass „die bloße Fixierung auf das Kondom eine Banalisierung der Sexualität" bedeutet. Denn man will die menschliche Verwahrlosung nicht angehen, die sich hinter der Verbreitung der Pandemie verbirgt. Es kann allerdings nicht geleugnet werden, dass derjenige, der ein Kondom verwendet, um das Risiko für das Leben einer anderen Person zu verringern, den Schaden begrenzen möchte, der mit seinem falschen Verhalten verbunden ist. In diesem Sinn bemerkt der Heilige Vater, dass die Verwendung des Kondoms „in der Absicht, Ansteckungsgefahr zu verringern, jedoch ein erster Schritt sein <kann> auf dem Weg hin zu einer anders gelebten, menschlicheren Sexualität". Dabei handelt es sich um eine Anmerkung, die mit der anderen Aussage des Heiligen Vaters in vollem Einklang steht: „Aber es ist nicht die eigentliche Art, dem Übel der HIV-Infektion beizukommen".

Einige haben die Worte von Papst Benedikt XVI. mit Bezugnahme auf die Theorie vom so genannten „kleineren Übel" interpretiert. Diese Theorie ist aber für abwegige Auslegungen im Sinn des Proportionalismus anfällig (vgl. Johannes Paul II., Enzyklika Veritatis splendor, Nr. 75-77). Eine Handlung, die aufgrund ihres Gegenstands ein Übel ist, und sei es auch ein kleineres Übel, darf nicht angestrebt werden. Der Heilige Vater hat nicht gesagt, dass Prostitution mit Verwendung eines Kondoms als kleineres Übel angestrebt werden darf, wie einige behauptet haben. Die Kirche lehrt, dass Prostitution sündhaft ist und bekämpft werden muss. Betreibt jemand dennoch Prostitution und ist er darüber hinaus mit HIV infiziert, kann es ein erster Schritt hin zu einer Achtung vor dem Leben der anderen sein, wenn er sich, auch durch die Verwendung des Kondoms, dafür einsetzt, die Ansteckungsgefahr zu verringern, wobei die Prostitution natürlich schwer sündhaft bleibt. Solche Bewertungen stehen im Einklang mit dem, was die moraltheologische Tradition auch in der Vergangenheit vertreten hat.

Abschließend ist anzumerken, dass die Mitglieder und die Einrichtungen der katholischen Kirche im Kampf gegen AIDS wissen müssen, dass es darum geht, den Menschen nahe zu sein, die Kranken zu pflegen und alle dazu zu erziehen, vor der Ehe enthaltsam zu leben und in der Ehe die Treue zu halten. Dabei müssen sie auch Verhaltensweisen aufdecken, die die Sexualität banalisieren. Wie der Heilige Vater sagt, sind gerade diese Verhaltensweisen die gefährliche Quelle dafür, dass viele Menschen in der Sexualität nicht mehr den Ausdruck ihrer Liebe finden. „Deshalb ist auch der Kampf gegen die Banalisierung des Sexualität ein Teil des Ringens darum, dass Sexualität positiv gewertet wird und ihre positive Wirkung im Ganzen des Menschseins entfalten kann" („Licht der Welt", S. 146).

[01827-05.01]

TESTO IN LINGUA SPAGNOLA

Nota de la Congregación para la Doctrina de la Fe

Sobre la banalización de la sexualidad

A propósito de algunas lecturas de "Luz del mundo"

Con ocasión de la publicación del libro-entrevista de Benedicto XVI, Luz del mundo, se han difundido diversas interpretaciones incorrectas, que han creado confusión sobre la postura de la Iglesia Católica acerca de algunas cuestiones de moral sexual. El pensamiento del Papa se ha instrumentalizado frecuentemente con fines e intereses ajenos al sentido de sus palabras, que resulta evidente si se leen por entero los capítulos en donde se trata de la sexualidad humana. El interés del Santo Padre es claro: reencontrar la grandeza del plan de Dios sobre la sexualidad, evitando su banalización, hoy tan extendida.

Algunas interpretaciones han presentado las palabras del Papa como afirmaciones contrarias a la tradición moral de la Iglesia, hipótesis que algunos han acogido como un cambio positivo y otros han recibido con preocupación, como si se tratara de una ruptura con la doctrina sobre la anticoncepción y la actitud de la Iglesia en la lucha contra el sida. En realidad, las palabras del Papa, que se refieren de modo particular a un comportamiento gravemente desordenado como el de la prostitución (cfr. Luz del mundo, pp. 131-132), no modifican ni la doctrina moral ni la praxis pastoral de la Iglesia.

Como se desprende de la lectura del texto en cuestión, el Santo Padre no habla de la moral conyugal, ni tampoco de la norma moral sobre la anticoncepción. Dicha norma, tradicional en la Iglesia, fue reafirmada con términos muy precisos por Pablo VI en el n. 14 de la encíclica Humanae vitae, cuando escribió que «queda además excluida toda acción que, o en previsión del acto conyugal, o en su realización, o en el desarrollo de sus consecuencias naturales, se proponga, como fin o como medio, hacer imposible la procreación». Pensar que de las palabras de Benedicto XVI se pueda deducir que en algunos casos es legítimo recurrir al uso del preservativo para evitar embarazos no deseados es totalmente arbitrario y no responde ni a sus palabras ni a su pensamiento. En este sentido, el Papa propone en cambio caminos que sean humana y éticamente viables, que los pastores han de potenciar «más y mejor» (cf. Luz del mundo, p. 156), es decir, caminos que respeten plenamente el nexo inseparable del significado unitivo y procreador de cada acto conyugal, mediante el eventual recurso a métodos de regulación natural de la fertilidad con vistas a la procreación responsable.

En cuanto al texto en cuestión, el Santo Padre se refería al caso completamente diferente de la prostitución, comportamiento que la doctrina cristiana ha considerado siempre gravemente inmoral (cf. Concilio Vaticano II, Constitución pastoral Gaudium et spes, n. 27; Catecismo de la Iglesia Católica, n. 2355). Con relación a la prostitución, la recomendación de toda la tradición cristiana –y no sólo de ella– se puede resumir en las palabras de san Pablo: «Huid de la fornicación» (1 Co 6, 18). Por tanto, hay que luchar contra la prostitución; y las organizaciones asistenciales de la Iglesia, de la sociedad civil y del Estado han de trabajar para librar a las personas que están involucradas en ella.

En este sentido, es necesario poner de relieve que la situación que en muchas áreas del mundo se ha creado por la actual difusión del sida, ha hecho que el problema de la prostitución sea aún más dramático. Quien es consciente de estar infectado con el VIH y que por tanto puede contagiar a otros, además del pecado grave contra el sexto mandamiento comete uno contra el quinto, porque conscientemente pone en serio peligro la vida de otra persona, con repercusiones también para la salud pública. A este respecto, el Santo Padre afirma claramente que los profilácticos no son «una solución real y moral» del problema del sida, y también que la «mera fijación en el preservativo significa una banalización de la sexualidad», porque no se quiere afrontar el extravío humano que está en el origen de la transmisión de la pandemia. Por otra parte, es innegable que quien recurre al profiláctico para disminuir el peligro para la vida de otra persona, intenta reducir el mal vinculado a su conducta errónea. En este sentido, el Santo Padre pone de relieve que recurrir al profiláctico con «la intención de reducir el peligro de contagio, es un primer paso en el camino hacia una sexualidad vivida en forma diferente, hacia una sexualidad más humana». Se trata de una observación completamente compatible con la otra afirmación del Santo Padre: «Ésta no es la auténtica modalidad para abordar el mal de la infección con el VIH».

Algunos han interpretado las palabras de Benedicto XVI valiéndose de la teoría del llamado "mal menor". Esta teoría, sin embargo, es susceptible de interpretaciones desviadas de tipo proporcionalista (cf. Juan Pablo II, Encíclica Veritatis splendor, nn. 75-77). No es lícito querer una acción que es mala por su objeto, aunque se trate de un mal menor. El Santo Padre no ha dicho, como alguno ha sostenido, que la prostitución con el recurso al profiláctico pueda ser una opción lícita en cuanto mal menor. La Iglesia enseña que la prostitución es inmoral y hay que luchar contra ella. Sin embargo, si alguien, practicando la prostitución y estando además infectado por el VIH, se esfuerza por disminuir el peligro de contagio, a través incluso del uso del profiláctico, esto puede constituir un primer paso en el respeto de la vida de los demás, si bien el mal de la prostitución siga conservando toda su gravedad. Dichas apreciaciones concuerdan con lo que la tradición teológico moral ha sostenido también en el pasado.

En conclusión, los miembros y las instituciones de la Iglesia Católica deben saber que en la lucha contra el sida hay que estar cerca de las personas, curando a los enfermos y formando a todos para que puedan vivir la abstinencia antes del matrimonio y la fidelidad dentro del pacto conyugal. En este sentido, hay que denunciar también aquellos comportamientos que banalizan la sexualidad, porque, como dice el Papa, representan precisamente la peligrosa razón por la que muchos ya no ven en la sexualidad una expresión de su amor. «Por eso la lucha contra la banalización de la sexualidad forma parte de la lucha para que la sexualidad sea valorada positivamente y pueda desplegar su acción positiva en la totalidad de la condición humana» (Luz del mundo, p. 131).

[01827-04.01]

TESTO IN LINGUA PORTOGHESE

Nota da Congregação para a Doutrina da Fé

Sobre a banalização da sexualidade

A propósito de algumas leituras de «Luz do mundo»

Por ocasião da publicação do livro-entrevista de Bento XVI, «Luz do Mundo», foram difundidas diversas interpretações não correctas, que geraram confusão sobre a posição da Igreja Católica quanto a algumas questões de moral sexual. Não raro, o pensamento do Papa foi instrumentalizado para fins e interesses alheios ao sentido das suas palavras, que aparece evidente se se lerem inteiramente os capítulos onde se alude à sexualidade humana. O interesse do Santo Padre é claro: reencontrar a grandeza do projecto de Deus sobre a sexualidade, evitando a banalização hoje generalizada da mesma.

Algumas interpretações apresentaram as palavras do Papa como afirmações em contraste com a tradição moral da Igreja; hipótese esta, que alguns saudaram como uma viragem positiva, e outros receberam com preocupação, como se se tratasse de uma ruptura com a doutrina sobre a contracepção e com a atitude eclesial na luta contra o HIV-SIDA. Na realidade, as palavras do Papa, que aludem de modo particular a um comportamento gravemente desordenado como é a prostituição (cf. «Luce del mondo», 1.ª reimpressão, Novembro de 2010, p. 170-171), não constituem uma alteração da doutrina moral nem da praxis pastoral da Igreja.

Como resulta da leitura da página em questão, o Santo Padre não fala da moral conjugal, nem sequer da norma moral sobre a contracepção. Esta norma, tradicional na Igreja, foi retomada em termos bem precisos por Paulo VI no n.º 14 da Encíclica Humanae vitae, quando escreveu que «se exclui qualquer acção que, quer em previsão do acto conjugal, quer durante a sua realização, quer no desenrolar das suas consequências naturais, se proponha, como fim ou como meio, tornar impossível a procriação». A ideia de que se possa deduzir das palavras de Bento XVI que seja lícito, em alguns casos, recorrer ao uso do preservativo para evitar uma gravidez não desejada é totalmente arbitrária e não corresponde às suas palavras nem ao seu pensamento. Pelo contrário, a este respeito, o Papa propõe caminhos que se podem, humana e eticamente, percorrer e em favor dos quais os pastores são chamados a fazer «mais e melhor» («Luce del mondo», p. 206), ou seja, aqueles que respeitam integralmente o nexo indivisível dos dois significados – união e procriação – inerentes a cada acto conjugal, por meio do eventual recurso aos métodos de regulação natural da fecundidade tendo em vista uma procriação responsável.

Passando à página em questão, nela o Santo Padre refere-se ao caso completamente diverso da prostituição, comportamento que a moral cristã desde sempre considerou gravemente imoral (cf. Concílio Vaticano II, Constituição pastoral Gaudium et spes, n.º 27; Catecismo da Igreja Católica, n.º 2355). A recomendação de toda a tradição cristã – e não só dela – relativamente à prostituição pode resumir-se nas palavras de São Paulo: «Fugi da imoralidade» (1 Cor 6, 18). Por isso a prostituição há-de ser combatida, e os entes assistenciais da Igreja, da sociedade civil e do Estado devem trabalhar por libertar as pessoas envolvidas.

A este respeito, é preciso assinalar que a situação que se criou por causa da actual difusão do HIV-SIDA em muitas áreas do mundo tornou o problema da prostituição ainda mais dramático. Quem sabe que está infectado pelo HIV e, por conseguinte, pode transmitir a infecção, para além do pecado grave contra o sexto mandamento comete um também contra o quinto, porque conscientemente põe em sério risco a vida de outra pessoa, com repercussões ainda na saúde pública. A propósito, o Santo Padre afirma claramente que os preservativos não constituem «a solução autêntica e moral» do problema do HIV-SIDA e afirma também que «concentrar-se só no preservativo significa banalizar a sexualidade», porque não se quer enfrentar o desregramento humano que está na base da transmissão da pandemia. Além disso é inegável que quem recorre ao preservativo para diminuir o risco na vida de outra pessoa pretende reduzir o mal inerente ao seu agir errado. Neste sentido, o Santo Padre assinala que o recurso ao preservativo, «com a intenção de diminuir o perigo de contágio, pode entretanto representar um primeiro passo na estrada que leva a uma sexualidade vivida diversamente, uma sexualidade mais humana». Trata-se de uma observação totalmente compatível com a outra afirmação do Papa: «Este não é o modo verdadeiro e próprio de enfrentar o mal do HIV».

Alguns interpretaram as palavras de Bento XVI, recorrendo à teoria do chamado «mal menor». Todavia esta teoria é susceptível de interpretações desorientadoras de matriz proporcionalista (cf. João Paulo II, Encíclica Veritatis splendor, nn.os 75-77). Toda a acção que pelo seu objecto seja um mal, ainda que um mal menor, não pode ser licitamente querida. O Santo Padre não disse que a prostituição valendo-se do preservativo pode ser licitamente escolhida como mal menor, como alguém sustentou. A Igreja ensina que a prostituição é imoral e deve ser combatida. Se alguém, apesar disso, pratica a prostituição mas, porque se encontra também infectado pelo HIV, esforça-se por diminuir o perigo de contágio inclusive mediante o recurso ao preservativo, isto pode constituir um primeiro passo no respeito pela vida dos outros, embora a malícia da prostituição permaneça em toda a sua gravidade. Estas ponderações estão na linha de quanto a tradição teológico-moral da Igreja defendeu mesmo no passado.

Em conclusão, na luta contra o HIV-SIDA, os membros e as instituições da Igreja Católica saibam que é preciso acompanhar as pessoas, curando os doentes e formando a todos para que possam viver a abstinência antes do matrimónio e a fidelidade dentro do pacto conjugal. A este respeito, é preciso também denunciar os comportamentos que banalizam a sexualidade, porque – como diz o Papa – são eles precisamente que representam a perigosa razão pela qual muitas pessoas deixaram de ver na sexualidade a expressão do seu amor. «Por isso, também a luta contra a banalização da sexualidade é parte do grande esforço a fazer para que a sexualidade seja avaliada positivamente e possa exercer o seu efeito positivo sobre o ser humano na sua totalidade» («Luce del mondo», p. 170).

[01827-06.01]

[B0796-XX.02]