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INCONTRO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON GLI ARTISTI NELLA CAPPELLA SISTINA, 21.11.2009


Alle ore 11 di questa mattina, nella Cappella Sistina, il Santo Padre Benedetto XVI incontra gli Artisti.

Nel corso dell’evento, promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura nel decennale della Lettera di Giovanni Paolo II agli Artisti (4 aprile 1999) e nel 45° anniversario dell’Incontro di Paolo VI con gli Artisti (7 maggio 1964), dopo l’indirizzo di omaggio di S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, il Papa rivolge agli ospiti il seguente discorso:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
illustri Artisti,
Signore e Signori!

Con grande gioia vi accolgo in questo luogo solenne e ricco di arte e di memorie. Rivolgo a tutti e a ciascuno il mio cordiale saluto, e vi ringrazio per aver accolto il mio invito. Con questo incontro desidero esprimere e rinnovare l’amicizia della Chiesa con il mondo dell’arte, un’amicizia consolidata nel tempo, poiché il Cristianesimo, fin dalle sue origini, ha ben compreso il valore delle arti e ne ha utilizzato sapientemente i multiformi linguaggi per comunicare il suo immutabile messaggio di salvezza. Questa amicizia va continuamente promossa e sostenuta, affinché sia autentica e feconda, adeguata ai tempi e tenga conto delle situazioni e dei cambiamenti sociali e culturali. Ecco il motivo di questo nostro appuntamento. Ringrazio di cuore Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, per averlo promosso e preparato, con i suoi collaboratori, come pure per le parole che mi ha poc’anzi rivolto. Saluto i Signori Cardinali, i Vescovi, i Sacerdoti e le distinte Personalità presenti. Ringrazio anche la Cappella Musicale Pontificia Sistina che accompagna questo significativo momento. Protagonisti di questo incontro siete voi, cari e illustri Artisti, appartenenti a Paesi, culture e religioni diverse, forse anche lontani da esperienze religiose, ma desiderosi di mantenere viva una comunicazione con la Chiesa cattolica e di non restringere gli orizzonti dell’esistenza alla mera materialità, ad una visione riduttiva e banalizzante. Voi rappresentate il variegato mondo delle arti e, proprio per questo, attraverso di voi vorrei far giungere a tutti gli artisti il mio invito all’amicizia, al dialogo, alla collaborazione.

Alcune significative circostanze arricchiscono questo momento. Ricordiamo il decennale della Lettera agli Artisti del mio venerato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Per la prima volta, alla vigilia del Grande Giubileo dell’Anno 2000, questo Pontefice, anch’egli artista, scrisse direttamente agli artisti con la solennità di un documento papale e il tono amichevole di una conversazione tra "quanti – come recita l’indirizzo –, con appassionata dedizione, cercano nuove «epifanie» della bellezza". Lo stesso Papa, venticinque anni or sono, aveva proclamato patrono degli artisti il Beato Angelico, indicando in lui un modello di perfetta sintonia tra fede e arte. Il mio pensiero va, poi, al 7 maggio del 1964, quarantacinque anni fa, quando, in questo stesso luogo, si realizzava uno storico evento, fortemente voluto dal Papa Paolo VI per riaffermare l’amicizia tra la Chiesa e le arti. Le parole che ebbe a pronunciare in quella circostanza risuonano ancor oggi sotto la volta di questa Cappella Sistina, toccando il cuore e l’intelletto. "Noi abbiamo bisogno di voi - egli disse -. Il Nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione… voi siete maestri. E’ il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità" (Insegnamenti II, [1964], 313). Tanta era la stima di Paolo VI per gli artisti, da spingerlo a formulare espressioni davvero ardite: "E se Noi mancassimo del vostro ausilio – proseguiva –, il ministero diventerebbe balbettante ed incerto e avrebbe bisogno di fare uno sforzo, diremmo, di diventare esso stesso artistico, anzi di diventare profetico. Per assurgere alla forza di espressione lirica della bellezza intuitiva, avrebbe bisogno di far coincidere il sacerdozio con l’arte" (Ibid., 314). In quella circostanza, Paolo VI assunse l’ impegno di "ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti", e chiese loro di farlo proprio e di condividerlo, analizzando con serietà e obiettività i motivi che avevano turbato tale rapporto e assumendosi ciascuno con coraggio e passione la responsabilità di un rinnovato, approfondito itinerario di conoscenza e di dialogo, in vista di un’autentica "rinascita" dell’arte, nel contesto di un nuovo umanesimo.

Quello storico incontro, come dicevo, avvenne qui, in questo santuario di fede e di creatività umana. Non è dunque casuale il nostro ritrovarci proprio in questo luogo, prezioso per la sua architettura e per le sue simboliche dimensioni, ma ancora di più per gli affreschi che lo rendono inconfondibile, ad iniziare dai capolavori di Perugino e Botticelli, Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, Luca Signorelli ed altri, per giungere alle Storie della Genesi e al Giudizio Universale, opere eccelse di Michelangelo Buonarroti, che qui ha lasciato una delle creazioni più straordinarie di tutta la storia dell’arte. Qui è anche risuonato spesso il linguaggio universale della musica, grazie al genio di grandi musicisti, che hanno posto la loro arte al servizio della liturgia, aiutando l’anima ad elevarsi a Dio. Al tempo stesso, la Cappella Sistina è uno scrigno singolare di memorie, giacché costituisce lo scenario, solenne ed austero, di eventi che segnano la storia della Chiesa e dell’umanità. Qui, come sapete, il Collegio dei Cardinali elegge il Papa; qui ho vissuto anch’io, con trepidazione e assoluta fiducia nel Signore, il momento indimenticabile della mia elezione a Successore dell’apostolo Pietro.

Cari amici, lasciamo che questi affreschi ci parlino oggi, attirandoci verso la méta ultima della storia umana. Il Giudizio Universale, che campeggia alle mie spalle, ricorda che la storia dell’umanità è movimento ed ascensione, è inesausta tensione verso la pienezza, verso la felicità ultima, verso un orizzonte che sempre eccede il presente mentre lo attraversa. Nella sua drammaticità, però, questo affresco pone davanti ai nostri occhi anche il pericolo della caduta definitiva dell’uomo, minaccia che incombe sull’umanità quando si lascia sedurre dalle forze del male. L’affresco lancia perciò un forte grido profetico contro il male; contro ogni forma di ingiustizia. Ma per i credenti il Cristo risorto è la Via, la Verità e la Vita. Per chi fedelmente lo segue è la Porta che introduce in quel "faccia a faccia", in quella visione di Dio da cui scaturisce senza più limitazioni la felicità piena e definitiva. Michelangelo offre così alla nostra visione l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine della storia, e ci invita a percorrere con gioia, coraggio e speranza l’itinerario della vita. La drammatica bellezza della pittura michelangiolesca, con i suoi colori e le sue forme, si fa dunque annuncio di speranza, invito potente ad elevare lo sguardo verso l’orizzonte ultimo. Il legame profondo tra bellezza e speranza costituiva anche il nucleo essenziale del suggestivo Messaggio che Paolo VI indirizzò agli artisti alla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, l’8 dicembre 1965: "A voi tutti - egli proclamò solennemente - la Chiesa del Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amici della vera arte, voi siete nostri amici!" (Enchiridion Vaticanum, 1, p. 305). Ed aggiunse: "Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani… Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo" (Ibid.).

Il momento attuale è purtroppo segnato, oltre che da fenomeni negativi a livello sociale ed economico, anche da un affievolirsi della speranza, da una certa sfiducia nelle relazioni umane, per cui crescono i segni di rassegnazione, di aggressività, di disperazione. Il mondo in cui viviamo, poi, rischia di cambiare il suo volto a causa dell’opera non sempre saggia dell’uomo il quale, anziché coltivarne la bellezza, sfrutta senza coscienza le risorse del pianeta a vantaggio di pochi e non di rado ne sfregia le meraviglie naturali. Che cosa può ridare entusiasmo e fiducia, che cosa può incoraggiare l’animo umano a ritrovare il cammino, ad alzare lo sguardo sull’orizzonte, a sognare una vita degna della sua vocazione se non la bellezza? Voi sapete bene, cari artisti, che l’esperienza del bello, del bello autentico, non effimero né superficiale, non è qualcosa di accessorio o di secondario nella ricerca del senso e della felicità, perché tale esperienza non allontana dalla realtà, ma, al contrario, porta ad un confronto serrato con il vissuto quotidiano, per liberarlo dall’oscurità e trasfigurarlo, per renderlo luminoso, bello.

Una funzione essenziale della vera bellezza, infatti, già evidenziata da Platone, consiste nel comunicare all’uomo una salutare "scossa", che lo fa uscire da se stesso, lo strappa alla rassegnazione, all’accomodamento del quotidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo "risveglia" aprendogli nuovamente gli occhi del cuore e della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l’alto. L’espressione di Dostoevskij che sto per citare è senz’altro ardita e paradossale, ma invita a riflettere: "L’umanità può vivere - egli dice - senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui". Gli fa eco il pittore Georges Braque: "L’arte è fatta per turbare, mentre la scienza rassicura". La bellezza colpisce, ma proprio così richiama l’uomo al suo destino ultimo, lo rimette in marcia, lo riempie di nuova speranza, gli dona il coraggio di vivere fino in fondo il dono unico dell’esistenza. La ricerca della bellezza di cui parlo, evidentemente, non consiste in alcuna fuga nell’irrazionale o nel mero estetismo.

Troppo spesso, però, la bellezza che viene propagandata è illusoria e mendace, superficiale e abbagliante fino allo stordimento e, invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli ad orizzonti di vera libertà attirandoli verso l’alto, li imprigiona in se stessi e li rende ancor più schiavi, privi di speranza e di gioia. Si tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro e che si trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell’oscenità, della trasgressione o della provocazione fine a se stessa. L’autentica bellezza, invece, schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé. Se accettiamo che la bellezza ci tocchi intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo la gioia della visione, della capacità di cogliere il senso profondo del nostro esistere, il Mistero di cui siamo parte e da cui possiamo attingere la pienezza, la felicità, la passione dell’impegno quotidiano. Giovanni Paolo II, nella Lettera agli Artisti, cita, a tale proposito, questo verso di un poeta polacco, Cyprian Norwid: "La bellezza è per entusiasmare al lavoro, / il lavoro è per risorgere" (n. 3). E più avanti aggiunge: "In quanto ricerca del bello, frutto di un’immaginazione che va al di là del quotidiano, l’arte è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando scruta le profondità più oscure dell’anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l’artista si fa in qualche modo voce dell’universale attesa di redenzione" (n. 10). E nella conclusione afferma: "La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente" (n. 16).

Queste ultime espressioni ci spingono a fare un passo in avanti nella nostra riflessione. La bellezza, da quella che si manifesta nel cosmo e nella natura a quella che si esprime attraverso le creazioni artistiche, proprio per la sua caratteristica di aprire e allargare gli orizzonti della coscienza umana, di rimandarla oltre se stessa, di affacciarla sull’abisso dell’Infinito, può diventare una via verso il Trascendente, verso il Mistero ultimo, verso Dio. L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità. Questa affinità, questa sintonia tra percorso di fede e itinerario artistico, l’attesta un incalcolabile numero di opere d’arte che hanno come protagonisti i personaggi, le storie, i simboli di quell’immenso deposito di "figure" – in senso lato – che è la Bibbia, la Sacra Scrittura. Le grandi narrazioni bibliche, i temi, le immagini, le parabole hanno ispirato innumerevoli capolavori in ogni settore delle arti, come pure hanno parlato al cuore di ogni generazione di credenti mediante le opere dell’artigianato e dell’arte locale, non meno eloquenti e coinvolgenti.

Si parla, in proposito, di una via pulchritudinis, una via della bellezza che costituisce al tempo stesso un percorso artistico, estetico, e un itinerario di fede, di ricerca teologica. Il teologo Hans Urs von Balthasar apre la sua grande opera intitolata Gloria. Un’estetica teologica con queste suggestive espressioni: "La nostra parola iniziale si chiama bellezza. La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto". Osserva poi: "Essa è la bellezza disinteressata senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma che ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza. Essa è la bellezza che non è più amata e custodita nemmeno dalla religione". E conclude: "Chi, al suo nome, increspa al sorriso le labbra, giudicandola come il ninnolo esotico di un passato borghese, di costui si può essere sicuri che – segretamente o apertamente – non è più capace di pregare e, presto, nemmeno di amare". La via della bellezza ci conduce, dunque, a cogliere il Tutto nel frammento, l’Infinito nel finito, Dio nella storia dell’umanità. Simone Weil scriveva a tal proposito: "In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio. C’è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim’ordine è, per sua essenza, religiosa". Ancora più icastica l’affermazione di Hermann Hesse: "Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio". Facendo eco alle parole del Papa Paolo VI, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha riaffermato il desiderio della Chiesa di rinnovare il dialogo e la collaborazione con gli artisti: "Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell’arte" (Lettera agli Artisti, n. 12); ma domandava subito dopo: "L’arte ha bisogno della Chiesa?", sollecitando così gli artisti a ritrovare nella esperienza religiosa, nella rivelazione cristiana e nel "grande codice" che è la Bibbia una sorgente di rinnovata e motivata ispirazione.

Cari Artisti, avviandomi alla conclusione, vorrei rivolgervi anch’io, come già fece il mio Predecessore, un cordiale, amichevole ed appassionato appello. Voi siete custodi della bellezza; voi avete, grazie al vostro talento, la possibilità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva, di suscitare sogni e speranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano. Siate perciò grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare nella bellezza e attraverso la bellezza! Siate anche voi, attraverso la vostra arte, annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità! E non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i credenti, con chi, come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita! La fede non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare con occhi affascinati e commossi la méta ultima e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente.

Sant’Agostino, cantore innamorato della bellezza, riflettendo sul destino ultimo dell’uomo e quasi commentando ante litteram la scena del Giudizio che avete oggi davanti ai vostri occhi, così scriveva: "Godremo, dunque di una visione, o fratelli, mai contemplata dagli occhi, mai udita dalle orecchie, mai immaginata dalla fantasia: una visione che supera tutte le bellezze terrene, quella dell’oro, dell’argento, dei boschi e dei campi, del mare e del cielo, del sole e della luna, delle stelle e degli angeli; la ragione è questa: che essa è la fonte di ogni altra bellezza" (In Ep. Jo. Tr. 4,5: PL 35, 2008). Auguro a tutti voi, cari Artisti, di portare nei vostri occhi, nelle vostre mani, nel vostro cuore questa visione, perché vi dia gioia e ispiri sempre le vostre opere belle. Mentre di cuore vi benedico, vi saluto, come già fece Paolo VI, con una sola parola: arrivederci!

Je suis heureux de saluer tous les artistes présents. Chers amis, je vous encourage à découvrir et à exprimer toujours mieux, à travers la beauté de vos œuvres, le mystère de Dieu et le mystère de l’homme. Que Dieu vous bénisse !

Dear friends, thank you for your presence here today. Let the beauty that you express by your God-given talents always direct the hearts of others to glorify the Creator, the source of all that is good. God’s blessings upon you all!

Sehr herzlich grüße ich euch, liebe Freunde. Mit eurem künstlerischen Talent macht ihr gleichsam das Schöpferwirken Gottes sichtbar. Der Herr, der uns im Schönen nahe sein will, erfülle euch mit seinem Geist der Liebe. Gott segne euch alle.

Saludo cordialmente a los artistas que participan en este encuentro. Queridos amigos, os animo a fomentar el sentido y las manifestaciones de la hermosura en la creación. Que Dios os bendiga. Muchas gracias.

[01728-XX.01]

TESTO IN LINGUA INGLESE

Dear Cardinals,
Brother Bishops and Priests,
Distinguished Artists,
Ladies and Gentlemen,

With great joy I welcome you to this solemn place, so rich in art and in history. I cordially greet each and every one of you and I thank you for accepting my invitation. At this gathering I wish to express and renew the Church’s friendship with the world of art, a friendship that has been strengthened over time; indeed Christianity from its earliest days has recognized the value of the arts and has made wise use of their varied language to express her unvarying message of salvation. This friendship must be continually promoted and supported so that it may be authentic and fruitful, adapted to different historical periods and attentive to social and cultural variations. Indeed, this is the reason for our meeting here today. I am deeply grateful to Archbishop Gianfranco Ravasi, President of the Pontifical Council for Culture and of the Pontifical Commission for the Cultural Patrimony of the Church, and likewise to his officials, for promoting and organizing this meeting, and I thank him for the words he has just addressed to me. I greet the Cardinals, the Bishops, the priests and the various distinguished personalities present. I also thank the Sistine Chapel Choir for their contribution to this gathering. Today’s event is focused on you, dear and illustrious artists, from different countries, cultures and religions, some of you perhaps remote from the practice of religion, but interested nevertheless in maintaining communication with the Catholic Church, in not reducing the horizons of existence to mere material realities, to a reductive and trivializing vision. You represent the varied world of the arts and so, through you, I would like to convey to all artists my invitation to friendship, dialogue and cooperation.

Some significant anniversaries occur around this time. It is ten years since the Letter to Artists by my venerable Predecessor, the Servant of God Pope John Paul II. For the first time, on the eve of the Great Jubilee of the Year 2000, the Pope, who was an artist himself, wrote a Letter to artists, combining the solemnity of a pontifical document with the friendly tone of a conversation among all who, as we read in the initial salutation, "are passionately dedicated to the search for new ‘epiphanies’ of beauty". Twenty-five years ago the same Pope proclaimed Blessed Fra Angelico the patron of artists, presenting him as a model of perfect harmony between faith and art. I also recall how on 7 May 1964, forty-five years ago, in this very place, an historic event took place, at the express wish of Pope Paul VI, to confirm the friendship between the Church and the arts. The words that he spoke on that occasion resound once more today under the vault of the Sistine Chapel and touch our hearts and our minds. "We need you," he said. "We need your collaboration in order to carry out our ministry, which consists, as you know, in preaching and rendering accessible and comprehensible to the minds and hearts of our people the things of the spirit, the invisible, the ineffable, the things of God himself. And in this activity … you are masters. It is your task, your mission, and your art consists in grasping treasures from the heavenly realm of the spirit and clothing them in words, colours, forms – making them accessible." So great was Paul VI’s esteem for artists that he was moved to use daring expressions. "And if we were deprived of your assistance," he added, "our ministry would become faltering and uncertain, and a special effort would be needed, one might say, to make it artistic, even prophetic. In order to scale the heights of lyrical expression of intuitive beauty, priesthood would have to coincide with art." On that occasion Paul VI made a commitment to "re-establish the friendship between the Church and artists", and he invited artists to make a similar, shared commitment, analyzing seriously and objectively the factors that disturbed this relationship, and assuming individual responsibility, courageously and passionately, for a newer and deeper journey in mutual acquaintance and dialogue in order to arrive at an authentic "renaissance" of art in the context of a new humanism.

That historic encounter, as I mentioned, took place here in this sanctuary of faith and human creativity. So it is not by chance that we come together in this place, esteemed for its architecture and its symbolism, and above all for the frescoes that make it unique, from the masterpieces of Perugino and Botticelli, Ghirlandaio and Cosimo Rosselli, Luca Signorelli and others, to the Genesis scenes and the Last Judgement of Michelangelo Buonarroti, who has given us here one of the most extraordinary creations in the entire history of art. The universal language of music has often been heard here, thanks to the genius of great musicians who have placed their art at the service of the liturgy, assisting the spirit in its ascent towards God. At the same time, the Sistine Chapel is remarkably vibrant with history, since it is the solemn and austere setting of events that mark the history of the Church and of mankind. Here as you know, the College of Cardinals elects the Pope; here it was that I myself, with trepidation but also with absolute trust in the Lord, experienced the privileged moment of my election as Successor of the Apostle Peter.

Dear friends, let us allow these frescoes to speak to us today, drawing us towards the ultimate goal of human history. The Last Judgement, which you see behind me, reminds us that human history is movement and ascent, a continuing tension towards fullness, towards human happiness, towards a horizon that always transcends the present moment even as the two coincide. Yet the dramatic scene portrayed in this fresco also places before our eyes the risk of man’s definitive fall, a risk that threatens to engulf him whenever he allows himself to be led astray by the forces of evil. So the fresco issues a strong prophetic cry against evil, against every form of injustice. For believers, though, the Risen Christ is the Way, the Truth and the Life. For his faithful followers, he is the Door through which we are brought to that "face-to-face" vision of God from which limitless, full and definitive happiness flows. Thus Michelangelo presents to our gaze the Alpha and the Omega, the Beginning and the End of history, and he invites us to walk the path of life with joy, courage and hope. The dramatic beauty of Michelangelo’s painting, its colours and forms, becomes a proclamation of hope, an invitation to raise our gaze to the ultimate horizon. The profound bond between beauty and hope was the essential content of the evocative Message that Paul VI addressed to artists at the conclusion of the Second Vatican Ecumenical Council on 8 December 1965: "To all of you," he proclaimed solemnly, "the Church of the Council declares through our lips: if you are friends of true art, you are our friends!" And he added: "This world in which we live needs beauty in order not to sink into despair. Beauty, like truth, brings joy to the human heart, and is that precious fruit which resists the erosion of time, which unites generations and enables them to be one in admiration. And all this through the work of your hands . . . Remember that you are the custodians of beauty in the world."

Unfortunately, the present time is marked, not only by negative elements in the social and economic sphere, but also by a weakening of hope, by a certain lack of confidence in human relationships, which gives rise to increasing signs of resignation, aggression and despair. The world in which we live runs the risk of being altered beyond recognition because of unwise human actions which, instead of cultivating its beauty, unscrupulously exploit its resources for the advantage of a few and not infrequently disfigure the marvels of nature. What is capable of restoring enthusiasm and confidence, what can encourage the human spirit to rediscover its path, to raise its eyes to the horizon, to dream of a life worthy of its vocation – if not beauty? Dear friends, as artists you know well that the experience of beauty, beauty that is authentic, not merely transient or artificial, is by no means a supplementary or secondary factor in our search for meaning and happiness; the experience of beauty does not remove us from reality, on the contrary, it leads to a direct encounter with the daily reality of our lives, liberating it from darkness, transfiguring it, making it radiant and beautiful.

Indeed, an essential function of genuine beauty, as emphasized by Plato, is that it gives man a healthy "shock", it draws him out of himself, wrenches him away from resignation and from being content with the humdrum – it even makes him suffer, piercing him like a dart, but in so doing it "reawakens" him, opening afresh the eyes of his heart and mind, giving him wings, carrying him aloft. Dostoevsky’s words that I am about to quote are bold and paradoxical, but they invite reflection. He says this: "Man can live without science, he can live without bread, but without beauty he could no longer live, because there would no longer be anything to do to the world. The whole secret is here, the whole of history is here." The painter Georges Braque echoes this sentiment: "Art is meant to disturb, science reassures." Beauty pulls us up short, but in so doing it reminds us of our final destiny, it sets us back on our path, fills us with new hope, gives us the courage to live to the full the unique gift of life. The quest for beauty that I am describing here is clearly not about escaping into the irrational or into mere aestheticism.

Too often, though, the beauty that is thrust upon us is illusory and deceitful, superficial and blinding, leaving the onlooker dazed; instead of bringing him out of himself and opening him up to horizons of true freedom as it draws him aloft, it imprisons him within himself and further enslaves him, depriving him of hope and joy. It is a seductive but hypocritical beauty that rekindles desire, the will to power, to possess, and to dominate others, it is a beauty which soon turns into its opposite, taking on the guise of indecency, transgression or gratuitous provocation. Authentic beauty, however, unlocks the yearning of the human heart, the profound desire to know, to love, to go towards the Other, to reach for the Beyond. If we acknowledge that beauty touches us intimately, that it wounds us, that it opens our eyes, then we rediscover the joy of seeing, of being able to grasp the profound meaning of our existence, the Mystery of which we are part; from this Mystery we can draw fullness, happiness, the passion to engage with it every day. In this regard, Pope John Paul II, in his Letter to Artists, quotes the following verse from a Polish poet, Cyprian Norwid: "Beauty is to enthuse us for work, and work is to raise us up" (no. 3). And later he adds: "In so far as it seeks the beautiful, fruit of an imagination which rises above the everyday, art is by its nature a kind of appeal to the mystery. Even when they explore the darkest depths of the soul or the most unsettling aspects of evil, the artist gives voice in a way to the universal desire for redemption" (no. 10). And in conclusion he states: "Beauty is a key to the mystery and a call to transcendence" (no. 16).

These ideas impel us to take a further step in our reflection. Beauty, whether that of the natural universe or that expressed in art, precisely because it opens up and broadens the horizons of human awareness, pointing us beyond ourselves, bringing us face to face with the abyss of Infinity, can become a path towards the transcendent, towards the ultimate Mystery, towards God. Art, in all its forms, at the point where it encounters the great questions of our existence, the fundamental themes that give life its meaning, can take on a religious quality, thereby turning into a path of profound inner reflection and spirituality. This close proximity, this harmony between the journey of faith and the artist’s path is attested by countless artworks that are based upon the personalities, the stories, the symbols of that immense deposit of "figures" – in the broad sense – namely the Bible, the Sacred Scriptures. The great biblical narratives, themes, images and parables have inspired innumerable masterpieces in every sector of the arts, just as they have spoken to the hearts of believers in every generation through the works of craftsmanship and folk art, that are no less eloquent and evocative.

In this regard, one may speak of a via pulchritudinis, a path of beauty which is at the same time an artistic and aesthetic journey, a journey of faith, of theological enquiry. The theologian Hans Urs von Balthasar begins his great work entitled The Glory of the Lord – a Theological Aesthetics with these telling observations: "Beauty is the word with which we shall begin. Beauty is the last word that the thinking intellect dares to speak, because it simply forms a halo, an untouchable crown around the double constellation of the true and the good and their inseparable relation to one another." He then adds: "Beauty is the disinterested one, without which the ancient world refused to understand itself, a word which both imperceptibly and yet unmistakably has bid farewell to our new world, a world of interests, leaving it to its own avarice and sadness. It is no longer loved or fostered even by religion." And he concludes: "We can be sure that whoever sneers at her name as if she were the ornament of a bourgeois past – whether he admits it or not – can no longer pray and soon will no longer be able to love." The way of beauty leads us, then, to grasp the Whole in the fragment, the Infinite in the finite, God in the history of humanity. Simone Weil wrote in this regard: "In all that awakens within us the pure and authentic sentiment of beauty, there, truly, is the presence of God. There is a kind of incarnation of God in the world, of which beauty is the sign. Beauty is the experimental proof that incarnation is possible. For this reason all art of the first order is, by its nature, religious." Hermann Hesse makes the point even more graphically: "Art means: revealing God in everything that exists." Echoing the words of Pope Paul VI, the Servant of God Pope John Paul II restated the Church’s desire to renew dialogue and cooperation with artists: "In order to communicate the message entrusted to her by Christ, the Church needs art" (no. 12); but he immediately went on to ask: "Does art need the Church?" – thereby inviting artists to rediscover a source of fresh and well-founded inspiration in religious experience, in Christian revelation and in the "great codex" that is the Bible.

Dear artists, as I draw to a conclusion, I too would like to make a cordial, friendly and impassioned appeal to you, as did my Predecessor. You are the custodians of beauty: thanks to your talent, you have the opportunity to speak to the heart of humanity, to touch individual and collective sensibilities, to call forth dreams and hopes, to broaden the horizons of knowledge and of human engagement. Be grateful, then, for the gifts you have received and be fully conscious of your great responsibility to communicate beauty, to communicate in and through beauty! Through your art, you yourselves are to be heralds and witnesses of hope for humanity! And do not be afraid to approach the first and last source of beauty, to enter into dialogue with believers, with those who, like yourselves, consider that they are pilgrims in this world and in history towards infinite Beauty! Faith takes nothing away from your genius or your art: on the contrary, it exalts them and nourishes them, it encourages them to cross the threshold and to contemplate with fascination and emotion the ultimate and definitive goal, the sun that does not set, the sun that illumines this present moment and makes it beautiful.

Saint Augustine, who fell in love with beauty and sang its praises, wrote these words as he reflected on man’s ultimate destiny, commenting almost ante litteram on the Judgement scene before your eyes today: "Therefore we are to see a certain vision, my brethren, that no eye has seen, nor ear heard, nor the heart of man conceived: a vision surpassing all earthly beauty, whether it be that of gold and silver, woods and fields, sea and sky, sun and moon, or stars and angels. The reason is this: it is the source of all other beauty" (In 1 Ioannis, 4:5). My wish for all of you, dear artists, is that you may carry this vision in your eyes, in your hands, and in your heart, that it may bring you joy and continue to inspire your fine works. From my heart I bless you and, like Paul VI, I greet you with a single word: arrivederci!

Je suis heureux de saluer tous les artistes présents. Chers amis, je vous encourage à découvrir et à exprimer toujours mieux, à travers la beauté de vos œuvres, le mystère de Dieu et le mystère de l’homme. Que Dieu vous bénisse!

Dear friends, thank you for your presence here today. Let the beauty that you express by your God-given talents always direct the hearts of others to glorify the Creator, the source of all that is good. God’s blessings upon you all!

Sehr herzlich grü$e ich euch, liebe Freunde. Mit eurem künstlerischen Talent macht ihr gleichsam das Schöpferwirken Gottes sichtbar. Der Herr, der uns im Schönen nah sein will, erfülle euch mit seinem Geist der Liebe. Gott segne euch alle.

Saludo cordialmente a los artistas que participan en este encuentro. Queridos amigos, os animo a fomentar el sentido y las manifestaciones de la hermosura en la creación. Que Dios os bendiga. Muchas gracias.

[01728-XX.02]

[B0731-XX.01]