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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ISTRUZIONE "DIGNITAS PERSONAE. SU ALCUNE QUESTIONI DI BIOETICA" A CURA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, 12.12.2008


 

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ISTRUZIONE "DIGNITAS PERSONAE. SU ALCUNE QUESTIONI DI BIOETICA" A CURA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

INTERVENTO DI S.E. MONS. LUIS FRANCISCO LADARIA FERRER, S.I.

INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARIA LUISA DI PIETRO

INTERVENTO DI S.E. MONS. ELIO SGRECCIA

Alle ore 11.30 di oggi, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione dell’Istruzione "Dignitas personae. Su alcune questioni di bioetica" a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Prendono parte alla Conferenza Stampa S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I., Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede; S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita; S.E. Mons. Elio Sgreccia, Presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita; la Prof.ssa Maria Luisa Di Pietro, Professore Associato di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; Presidente dell’Associazione "Scienza & Vita".

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DI S.E. MONS. LUIS FRANCISCO LADARIA FERRER, S.I.

In questa introduzione generale alla nuova Istruzione Dignitas personae mi limito a dire una breve parola innanzitutto circa il contesto in cui il Documento è nato, poi circa il suo scopo e valore dottrinale e, infine, circa la struttura del testo e il suo messaggio centrale.

1. Contesto

Lo sviluppo delle scienze biomediche costituisce indubbiamente uno dei segni più caratteristici dei nostri tempi. Al riguardo la Congregazione per la Dottrina della Fede è già intervenuta con l’Istruzione Donum vitae del 22 febbraio 1987, offrendo due criteri fondamentali per il discernimento morale in merito agli interventi sull’embrione e alle varie forme di fecondazione artificiale: (a) il rispetto incondizionato dell’essere umano fin dal suo concepimento e (b) il rispetto dell’originalità della trasmissione della vita umana tramite gli atti propri dei coniugi. Tali principi e le rispettive valutazioni morali, ribaditi autorevolmente nell’Enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II (del 25 marzo 1995), conservano intatto il loro valore.

Negli ultimi vent’anni, tuttavia, le scienze biomediche hanno fatto enormi progressi, giungendo a conoscere meglio le strutture biologiche dell’uomo e il processo della sua generazione. Le nuove tecnologie, da una parte, aprono nuove prospettive terapeutiche finora sconosciute, come, ad esempio, le terapie contro l’infertilità oppure l’uso delle cellule staminali adulte. D’altra parte, esse suscitano seri interrogativi di natura antropologica ed etica, se pensiamo, ad esempio, al congelamento, alla selezione e alla distruzione di migliaia e migliaia di embrioni, ai tentativi di clonazione umana o alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Tali tematiche interessano oggi non solo alcuni medici e ricercatori, ma vengono ampiamente divulgate dai mezzi di comunicazione sociale; esse provocano attese e dubbi in settori sempre più vasti dell’opinione pubblica e richiedono talora decisioni da parte degli stessi Legislatori. Nel 2002 la Congregazione per la Dottrina della Fede decise pertanto di iniziare uno studio più approfondito circa le nuove questioni di bioetica al fine di apportare un aggiornamento alla Donum vitae.

Il compito di esaminare gli aspetti scientifici di tali questioni e di offrirne una prima valutazione morale fu affidato alla Pontificia Accademia per la Vita, istituita da Giovanni Paolo II con il compito specifico di "studiare, informare e formare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi alla promozione e alla difesa della vita" (Motu Proprio Vitae mysterium, 11 febbraio 1994). La ricerca fu svolta, sotto la competente guida del Presidente emerito, S.E. Mons. Elio Sgreccia, da alcuni gruppi di lavoro, costituiti da un gran numero di esperti in materia provenienti da ogni parte del mondo.

Nel 2005 e 2006 l’ampia documentazione preparata dalla Pontificia Accademia per la Vita fu sottoposta alle istanze ordinarie della Congregazione per la Dottrina della Fede, cioè alla Consulta (riunione dei Consultori) e alla Sessione Ordinaria (riunione degli Em.mi ed Ecc.mi Membri). Dopo la decisione di preparare un nuovo Documento, sulla base di suddetta documentazione fu redatto un progetto di Istruzione, esaminato poi da una Commissione di esperti e quindi dalla Consulta e, infine, dalla Sessione Plenaria della Congregazione, svoltasi all’inizio del 2008. Dopo l’integrazione dei suggerimenti proposti dai Padri, il testo fu sottoposto ancora una volta alla Sessione Ordinaria e approvato da Benedetto XVI nell’Udienza del 20 giugno 2008.

2. Scopo e valore dottrinale

La nuova Istruzione, che porta la data dell’8 settembre 2008, Festa della Natività della Beata Vergine Maria, intende "promuovere la formazione delle coscienze" (n. 10) in un campo che riguarda non soltanto alcune tecniche biomediche, ma ha ripercussioni immediate per la concezione della stessa vita umana e del ruolo insostituibile del matrimonio nella trasmissione della vita. Con tale intervento il Magistero "non interviene nell’ambito della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato" (n. 10). Intende incoraggiare una ricerca biomedica che sia veramente rispettosa della dignità di ogni essere umano e della procreazione, auspicando "che siano molti i cristiani a dedicarsi al progresso della biomedicina e a testimoniare la propria fede in tale ambito" (n. 3).

L’Istruzione "si rivolge ai fedeli e a tutti coloro che cercano la verità" (n. 3). Attingendo "alla luce sia della ragione sia della fede", essa intende contribuire ad elaborare "una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita" (n. 3). Si auspica, quindi, un confronto aperto e sereno tra tutti gli uomini di buona volontà al fine di affrontare insieme, per il bene dell’umanità, le questioni antropologiche che sottostanno alla ricerca biomedica.

Quanto al valore dottrinale del nuovo Documento, occorre ribadire che si tratta di una "Istruzione di natura dottrinale" (n. 1), emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata espressamente dal Sommo Pontefice. Essa pertanto appartiene a quei documenti della Congregazione che "partecipano al Magistero ordinario del Successore di Pietro" (Istruzione Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, 24 maggio 1990, n. 18). Simili documenti sono da accogliere da parte dei fedeli con "l’assenso religioso del loro spirito" (n. 37).

3. Struttura e messaggio centrale

L’Istruzione "comprende tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici, teologici ed etici di importanza fondamentale; la seconda affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza prende in esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione o del patrimonio genetico umano" (n. 3). Una breve Introduzione spiega la natura e lo scopo del Documento, la Conclusione riassume il suo messaggio centrale.

La nuova Istruzione inizia con le parole programmatiche Dignitas personae – la dignità della persona, che va riconosciuta ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale. Questo principio fondamentale "esprime un grande ‘sì’ alla vita umana", che "deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica" (n. 1). Ribadendo tale principio, la Chiesa intende difendere i poveri del mondo, ai quali appartengono anche gli esseri umani non ancora nati: "Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani" (n. 37; citazione di Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i Vescovi circa "Il Vangelo della vita", 19 maggio 1991).

Il Documento, quindi, incoraggia la ricerca biomedica che rispetta la dignità di ogni essere umano e della procreazione ed auspica che "i risultati di questa ricerca siano resi disponibili anche nelle aree povere e colpite dalle malattie, per affrontare le necessità più urgenti e drammatiche dal punto di vista umanitario" (n. 3). Nel contempo esclude, come eticamente illecite, diverse tecnologie biomediche e sarà probabilmente accusato di contenere troppi divieti. Di fronte a tale prevedibile accusa occorre tuttavia ribadire che la Chiesa sente di dover dare voce a coloro che non hanno voce. "L’adempimento di questo dovere implica il coraggio di opporsi a tutte quelle pratiche che determinano una grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati… Dietro ogni ‘no’ rifulge, nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande ‘sì’ al riconoscimento della dignità e del valore inalienabili di ogni singolo ed irripetibile essere umano chiamato all’esistenza" (n. 37).

In conclusione, si spera che i fedeli e anche tutti gli uomini di buona volontà, in particolare i medici e i ricercatori aperti al confronto e desiderosi di raggiungere la verità, sapranno comprendere e condividere i contenuti della presente Istruzione, "volti alla tutela della fragile condizione dell’essere umano nei suoi stadi iniziali di vita e alla promozione di una civiltà più umana" (n. 37).

[01920-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

Nella costituzione pastorale Gaudium et spes, i Padri conciliari scrivevano: "Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura" (n. 51). È sulla lunghezza d'onda di questo insegnamento che si dovrebbe porre l'Istruzione Dignitas personae. I suoi contenuti non sono altro che una genuina promozione del senso della vita umana e una sua spassionata difesa. Perché la vita umana possa essere promossa è necessario che si crei una cultura favorevole alla sua accoglienza in ogni espressione che ne viene manifestata. È necessario, per questo, l'apporto condiviso di quanti, credenti o non credenti, ritengono che questo sia il momento favorevole per approdare a uno sforzo comune in favore dell'accoglienza della vita personale. Se in alcuni momenti, comunque, diventa urgente giungere anche a una difesa della umana, per paradossale che possa sembrare, significa che questa è in serio pericolo. Non è la visione catastrofica quella che caratterizza l'insegnamento della Chiesa; ciò che preme, piuttosto, è una lettura realistica del momento presente che come ogni epoca storica è sottoposta a tante luci e molte ombre.

Non deve meravigliare, d'altronde, l'impegno del Magistero in questo particolare settore. La Chiesa è stata impegnata in prima persona nel corso dei secoli in difesa di alcuni principi fondamentali che oggi sono patrimonio dell’umanità. Certo, all’epoca fu contestata da frange di benpensanti che proprio in nome del progresso e delle leggi dell’economia preferivano calpestare i diritti fondamentali delle persone. Come dimenticare, ad esempio, l’impegno dei missionari contro la schiavitù nei paesi soggetti alla colonizzazione oppure la difesa dei lavoratori agli inizi dell’ottocento? Oggi la posta in gioco che segnerà i prossimi decenni e la vita della società è determinata dalla difesa della dignità della persona dal suo concepimento fino alla sua morte naturale.

L’Istruzione della Dottrina della fede, per questo motivo, si viene a porre in un momento del tutto peculiare. I suoi contenuti, particolarmente in riferimento alle varie tecniche di sperimentazione sull’embrione susciteranno reazioni diverse. Alcuni preferiranno ignorarli con supponenza come se non li riguardassero, altri rincorreranno la via più facile della derisione ed altri ancora etichetteranno quelle pagine come foriere di buio oscurantismo che impedisce il progresso e la libera ricerca. Molti altri, infine, condivideranno certamente la nostra preoccupazione e la nostra analisi. Al di là degli schieramenti, quindi, ci saranno persone che saranno provocate da queste pagine a formulare qualche interrogativo e, vorranno verificare la validità delle argomentazioni portate. Rimane, in ogni caso, una considerazione che merita di essere riportata per verificare l'ambito all'interno del quale l'Istruzione intende procedere: "La Chiesa giudicando della valenza etica di alcuni risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti l’uomo e le sue origini, non interviene nell’ambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato. Ricorda loro che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita" (Dignitas personae, n. 10). Nessuna invasione di campo, pertanto, da parte del magistero della Chiesa quando entra in un ambito specifico come quello della sperimentazione sull’embrione, che è oggetto di più scienze di cui nessuna può arrogarsi il diritto di dire l’ultima parola. Ciò che questa Istruzione intende fare è esprimere il proprio contributo autorevole nella formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti intendono porre ascolto alle argomentazioni che vengono portate e con queste intende confrontarsi. Un intervento, pertanto, che rientra pienamente nella sua missione e che dovrebbe essere accolto non solo come legittimo, ma anche come dovuto in una società pluralistica, laica e democratica.

Risulterebbe veramente difficile, anche per un pensiero estraneo alla fede, non ritrovarsi nell’affermazione di Dignitas personae: "Per il solo fatto d’esistere, ogni essere umano deve essere rispettato. Si deve escludere l’introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute" (n. 8). Ciò che viene affermato, come si nota, è l’uguale dignità di ogni essere umano per il fatto stesso di essere venuto alla vita. Il vero punto di confine, quindi, per verificare la competenza dell'intervento e la sua legittimità in difesa della vita è fornito dal venire all’esistenza. Davanti a questo principio, passano in secondo ordine l’intelligenza, la bellezza, lo stato fisico, l’età, la razza o la condizione sociale, ecc. Ciò che veramente conta è la vita che viene posta in essere; vita che, fin dall’inizio, è contrassegnata come umana e che in forza di questo deve essere rispettata da tutti, sempre e senza alcuna eccezione.

Alla luce di questi principi si comprendono i giudizi morali che vengono dati in riferimento ad alcune condizioni peculiari; in primo luogo alla sperimentazione sulle cellule staminali, sull’embrione e sulla clonazione. Ciò che muove il pensiero del magistero in proposito è in primo luogo la difesa dell’ordine creaturale, secondo cui la fecondazione e la nascita di un essere umano vanno conservati e custoditi in quell’orizzonte della natura che riflette non solo la bellezza della creazione, ma la sapienza stessa del mistero d’amore del Creatore che tutto ha organizzato in un ordine insostituibile e perfetto. Non si dovrebbe dimenticare, inoltre, un ulteriore principio che viene più volte riaffermato nel corso dell'Istruzione: l’uguaglianza fondamentale tra gli uomini. Proprio questo principio cozza contro ogni pretesa di clonazione umana o manipolazione genetica diversa da quella terapeutica . Se si vuole, Dignitas personae compie un passo in avanti nei confronti della precedente Donum vitae del 1987, quando si richiama alla difesa della dignità dell'embrione. Nella precedente Istruzione, infatti, per non entrare direttamente nel dibattito filosofico non si entrò nel merito circa la definizione dell'embrione come "persona". Nell'Istruzione odierna si esplicita testualmente che: "La realtà dell'essere umano per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non consente di affermare né un cambiamento di natura né una gradualità di valore morale poiché possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. L'embrione umano, quindi, ha fin dall'inizio la dignità propria della persona" (n. 5).

Non sarà da dimenticare, da ultimo, il coraggio con cui Dignitas personae affronta il tema della manipolazione genetica che in molti casi ormai ha tutte le caratteristiche per essere definita eugenetica e, pertanto, intrinsecamente immorale. Questo giudizio si fonda sul presupposto che tale sperimentazione teorizza di fatto la disuguaglianza tra le persone, enfatizzando oltre misura doti e caratteristiche che non costituiscono l’essenza e la peculiarità della persona stessa. In questo senso, l'insegnamento che se ne ricava è quanto mai lungimirante. Esso provoca a riflettere sul rischio di non cadere in nuove forme di schiavitù che già si affacciano all'orizzonte. Si è dinanzi, infatti, a una schiavitù biologica secondo cui una persona si arroga il diritto arbitrario di determinare le caratteristiche genetiche di un altro essere umano. Quanto questa pretesa manifesti una hybris talmente riprovevole non ha bisogno di dimostrazione. Questo comportamento, che ben poco ha dello scientifico, non trova giustificazione alcuna se non l’esercizio del puro potere del più forte sugli altri. Una simile sperimentazione va chiamata con il suo giusto nome e non dovrà essere la Chiesa ad avere timore nel doverne denunciare i pericoli.

Pensiamo che solo una vera educazione al rispetto di sé e degli altri, unita ad una corretta formazione a cogliere il proprio limite possa permettere un rinnovato senso di impegno per la vita. D'altronde, la grandezza della persona consiste proprio nell'avere coscienza del proprio limite e in forza di questo, saper guardare oltre verso una trascendenza infinita che ha voluto imprimere dignità alla vita umana assumendola su di sé e diventando egli stesso persona. Poiché in Gesù di Nazareth "la vita si è fatta visibile" (1 Gv 1,2) e noi ne siamo testimoni, viviamo con la responsabilità di rendere partecipi uomini e donne che incontriamo nel cammino della vita di questo grande mistero che suscita ogni giorno meraviglia e stupore.

[01921-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARIA LUISA DI PIETRO

A partire dai principi espressi nella prima parte dell’Istruzione, vengono analizzati nella seconda parte alcuni problemi che sono emersi o si sono delineati negli anni successivi alla pubblicazione dell’Istruzione Donum Vitae. Le questioni prese in esame sono:

1) Le tecniche di aiuto alla fertilità

2) La FIV (o fecondazione in vitro) e l’eliminazione volontaria degli embrioni

3) La ICSI (o iniezione intra-citoplasmatica di spermatozoi)

4) Il congelamento di embrioni

5) Il congelamento di oociti

6) La riduzione embrionale

7) La diagnosi pre-impiantatoria

8) Le nuove forme di intercezione e di contragestazione

Occorre richiamare, prima di prendere in esame le singole questioni, i tre beni fondamentali su cui si commisurano le singole scelte:

a) il riconoscimento della dignità di persona ad ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, con la conseguente soggettività del diritto alla vita e alla integrità fisica;

b) l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre solo l’uno attraverso l’altro;

c) i valori specificatamente umani della sessualità, che "esigono che la procreazione di una persona debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi" (n. 12).

Iniziamo l’analisi del testo a partire da quest’ultimo punto. Il desiderio da parte di una coppia di sposi di avere un figlio è più che legittimo: questo fatto giustifica, però, il ricorso a qualsiasi tecnica in grado di soddisfarlo? E quali sono le caratteristiche di quell’atto coniugale che il fare del medico e del biologo vuole sostituire con le tecniche di fecondazione artificiale?

E’ un atto che coinvolge nella totalità e nella reciprocità i coniugi: ed è proprio in questa relazione interpersonale che può realizzarsi la chiamata all’esistenza di una nuova vita umana. Dal dono delle persone scaturisce il dono della vita: "L’atto coniugale - si legge al n. B.4 della Istruzione Donum vitae – esprime simultaneamente l’apertura al dono della vita: è un atto inscindibilmente corporale e spirituale. E’ nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre". Può questo atto essere consegnato nelle mani di estranei o essere ridotto ad una mera successione di fatti tecnici?

Le tecniche di fecondazione artificiale nella forma sia intracorporea (ad esempio l’inseminazione artificiale con prelievo del seme fuori dall’atto coniugale) sia extracorporea (ad esempio la FIV e la ICSI) sostituiscono con la tecnica l’atto coniugale nella chiamata all’esistenza di una nuova vita: "Alla luce di tale criterio – si legge al n. 12 della Istruzione Dignitas personae – sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa e le tecniche di fecondazione artificiale omologa che sono sostitutive dell’atto coniugale".

Esse attuano – in altre parole – una divisione tra l’unione dei coniugi e la possibilità di procreare: da effetto di un incontro diretto e immediato dei coniugi, la nuova vita diviene il risultato di una procedura tecnica, che può essere anche perfetta da un punto di vista tecnico, ma che resta inesorabilmente impersonale. Non sono i genitori a dare la vita, ma un medico o un biologo: una presenza – quest’ultima – non accidentale, ma determinante.

L’artificialità è, allora, sempre un fatto negativo? La risposta a questa si trova nel n. 13 della Istruzione Dignitas personae, che – richiamando la Istruzione Donum vitae – scrive: "Le tecniche che si presentano come un aiuto alla procreazione non sono da rifiutare in quanto artificiali. Come tali esse testimoniano le possibilità dell’arte medica, ma si devono valutare sotto il profilo morale in riferimento alla dignità della persona umana, chiamata a realizzare la vocazione divina al dono dell’amore e al dono della vita".

Non vi è, dunque, rifiuto dell’artificialità in generale, ma di quella artificialità che stravolge il più personale degli atti umani, quello procreativo. Non vi è, dunque, rifiuto dell’artificialità intesa come ciò che l’uomo è in grado di produrre e può sopperire ad una funzione del corpo, ma di quell’artificialità che contraddice la natura dell’essere umano.

Artificialità non equivale ad impiego di una tecnica: essa può essere lecitamente utilizzata anche in presenza di infertilità. Stimolare l’ovulazione, effettuare interventi di microchirurgia per rimuovere zone di endometriosi o per restaurare la pervietà di una tuba di Falloppio, sono forme di intervento tecnico che hanno il solo scopo di restituire la funzionalità ad un organo necessario per una procreazione altrimenti non possibile. Ed ancora, prelevare il seme ottenuto durante l’atto coniugale con un SCD (Semen Collection Device) perforato per veicolarlo, previa preparazione, nelle vie genitali femminili, comporta un ricorso alla tecnica, ma l’intervento del medico è successivo – di aiuto – ad un atto coniugale già verificatosi. "Il medico – si legge al n. 12 della Istruzione Dignitas personae – è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere di esse. L’intervento medico è in questo ambito rispettoso della dignità della persona, quando mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitare il compimento, sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto".

Non vi è dubbio che la difficoltà di avere un figlio può essere motivo di grande sofferenza per la coppia. Per questo motivo il desiderio di una gravidanza è da considerare un’esigenza profondamente umana. È, quindi, necessario, innanzitutto, prevenire l’infertilità in tutte quelle situazioni in cui essa possa essere riconducibile a comportamenti a rischio individuali o a non adeguati interventi di ecologia ambientale o di politica della casa e del lavoro. Si pensi – a questo proposito – che il primo fattore di rischio di infertilità è l’età avanzata della donna nel momento in cui si cerca una gravidanza. Si legge, infatti, al n. 13 della Istruzione Dignitas personae: "C’è da osservare, infine, che meritano un incoraggiamento la ricerca e gli investimenti dedicati alla prevenzione della sterilità". Ed ancora deve essere massimo l’impegno nella diagnosi e nella cura della sterilità.

Qualora, però, questo tipo di interventi non consenta alla coppia di realizzare questa legittima aspirazione, la risposta non può passare attraverso la violazione del diritto alla vita del nascituro o alla distruzione dei significati stessi del matrimonio e della coniugalità. Si deve, invece, aiutare la coppia a scoprirsi "feconda": "Per venire incontro – si legge al n. 13 della Istruzione – al desiderio di non poche coppie di avere un figlio, sarebbe auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare, con opportune misure legislative, la procedura dell’adozione dei numerosi bambini orfani, che hanno bisogno per il loro adeguato sviluppo umano di un focolare domestico".

Il ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, come la FIV e la ICSI, porta alla "produzione" di un essere umano. Il rapporto tra chi fabbrica (il medico) e chi ordina (gli aspiranti genitori) la vita e chi viene fabbricato (l’embrione umano) è simile a quello di un produttore con il suo prodotto: e ciò che è prodotto può essere manipolato, selezionato, scartato.

"(Il) desiderio (di un figlio) – si legge al n. 16 della Istruzione – non può giustificare la produzione, così come il desiderio di non avere un figlio già concepito non può giustificare l’abbandono e la distruzione". È questo il punto centrale della valutazione etica delle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, cui si aggiungono altre considerazioni tese a confutare le affermazioni di chi ne sostiene, invece, l’uso. Viene, in modo particolare, evidenziata l’elevata perdita di embrioni umani o – come viene definita – l’elevata abortività delle tecniche di fecondazione artificiale. Tale elevata perdita di embrioni non si è modificata con il passare degli anni (oltre l’80% degli embrioni viene perso anche nei centri più accreditati) ed è insita alla tecnica stessa. Di conseguenza, seppur talora in apparenza non ricercato, il sacrificio di embrioni è, comunque, previsto. Né questa perdita può essere paragonata a quella che si ha, naturalmente, di embrioni: ciò che in natura si manifesta come danno all’essere umano va – se possibile – corretto, ma non certamente imitato.

Alla perdita degli embrioni legata alla tecnica (asincronia ovaio/endometrio; alterazioni cromosomiche, etc.) vanno aggiunte le perdite "volute": per scopi selettivi (con la diagnosi preimpianto); per aumentare la possibilità di annidamento di embrioni in utero (con il trasferimento di un numero elevato di embrioni e conseguente aborto selettivo); per creare una "scorta" di embrioni da utilizzare in un secondo momento. "Questa triste realtà – si legge al n. 15 della Istruzione – spesso taciuta, è del tutto deprecabile in quanto le varie tecniche di riproduzione artificiale che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono a nuovi attentati contro la vita". Una situazione paradossale, che non verrebbe, tra l’altro, ammessa in nessun’altra situazione medica: ovvero che una tecnica abbia un tasso così elevato di esiti negativi e fatali.

Quali conseguenze del ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea vi sono, dunque, la crioconservazione (congelamento) degli embrioni e la riduzione delle gravidanze multiple qualora siano stati trasferiti più embrioni di quelli che possono realmente svilupparsi in utero.

La prassi della crioconservazione di embrioni viene valutata dalla Istruzione Dignitas personae (n. 18) come "incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani", dal momento che: ne presuppone la produzione in vitro; li espone a rischio di morte o di danno alla loro integrità; li priva temporaneamente dell’accoglienza materna; li espone ad ulteriori offese e manipolazioni. Spesso questi embrioni sono in stato di abbandono e si pone la domanda "cosa fare di loro?".

A chi ha come solo scopo di svuotare le banche di embrioni, si contrappone chi si rende conto della grave ingiustizia fatta nei loro confronti e vorrebbe porvi rimedio. Premesso che cercare una soluzione senza far cessare la produzione di embrioni è un fatto di per sé sbagliato, la Istruzione Dignitas personae esclude sia l’uso degli embrioni abbandonati (orfani) per la ricerca o per usi terapeutici, sia il loro scongelamento, sia la loro cessione a coppie infertili: In quest’ultimo caso si ricadrebbe in una forma di fecondazione artificiale eterologa e di maternità surrogata. Anche la cosiddetta "adozione prenatale", pur essendo "lodevole nelle intenzioni", presenta "vari problemi non dissimili da quelli sopra elencati" (n. 19).

Risulta, dunque, evidente come l’unica vera soluzione sia la cessazione della produzione di embrioni. "Non si intravede – come ricordava già nel 1996 Giovanni Paolo II – una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni congelati…" (n. 19).

Il ricorso alla riduzione embrionale, che si configura come "un aborto intenzionale" e che non trova mai alcuna giustificazione, è considerato inaccettabile (cf. n. 21), così come la diagnosi preimpianto, in cui lo strumento diagnostico è strettamente collegato con l’eliminazione dell’embrione "considerato ‘sospetto’ di difetti genetici o cromosomici o portatore di un sesso non voluto o di qualità non desiderate" (n. 22). Si attua, così una vera e propria forma di eugenismo che "porta a non riconoscere lo statuto etico e giuridico di esseri umani affetti da gravi patologie o disabilità" (n. 22).

Il collegamento con le tecniche di fecondazione artificiale e le già indicate conseguenze a danno dell’embrione umano sono le ragioni del rifiuto della crioconservazione di oociti in ordine "al processo di procreazione artificiale" (n. 20).

Un’altra forma di attentato alla dignità di persona dell’embrione umano è rappresentato dal ricorso a prodotti ad azione intercettiva, che impediscono l’annidamento dell’embrione in utero, o ad azione contragestativa che provocano il distacco dell’embrione già annidato. Tra i prodotti intercettivi si fa riferimento alla spirale e alla "pillola del giorno dopo"; il prodotto controgestativo più noto è la pillola RU486, oltre le prostaglandine e il Metrotrexate. Per quanto riguarda l’intercezione, con cui l’azione di impedimento dell’impianto può essere – anche se non sempre – presente, è da sottolineare che già la sola probabilità che questo possa avvenire rende l’intenzionalità di chi la prescrive e di chi la usa abortiva.. Di conseguenza – si legge al n. 23 della Istruzione Dignitas personae – "l’uso dei mezzi di intercezione e di contragestazione rientra nel peccato di aborto ed è gravemente immorale" (n. 23).

[01922-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. ELIO SGRECCIA

La terza parte dell’Istruzione Dignitas personae comprende i numeri 24-35 cui fanno seguito due numeri dedicati alla conclusione generale di tutto il documento. In questi brevi e concisi passaggi vengono esaminate, soprattutto dal punto di vista etico, le più recenti prospettive di ricerca; alcune sono cariche di speranza per la terapia, mentre altre sono segnate da problematicità etica.

1. Anzitutto viene presentato un breve giudizio sulla terapia genica, i cui progressi ancora sono limitati rispetto alle grandi attese coltivate dopo la scoperta del DNA e dei suoi meccanismi replicativi, dopo la messa a punto delle tecniche di ingegneria genetica e dopo il sequenziamento del DNA umano portato a termine con grande dispendio di energie intellettuali e di risorse finanziarie. Per ora la possibilità di sostituire geni malformati, causa e origini di malattie genetiche, rimane una speranza. Ma gli scienziati non disperano e guardano al miglioramento delle tecniche, in particolare all' individuazione di vettori più sicuri.

Quello che il Documento evidenzia è che occorre tenere conto di una fondamentale distinzione: la terapia genetica teoricamente si può applicare alle cellule somatiche con finalità direttamente terapeutiche, o sulle cellule germinali. Sulle cellule somatiche si può intervenire ad esempio a livello del midollo spinale per correggere le cellule emopoietiche malate in un determinato soggetto e l'effetto prodotto rimane limitato all'individuo. Quando si interviene a livello di cellule germinali, invece, l'effetto è diverso, perché le cellule della linea germinale vanno a comporre i gameti e vanno a influenzare la ereditarietà e la discendenza. Non essendo ancora sicura la tecnica, per quanto riguarda l'intervento sulle cellule germinali, questo tipo d'intervento non è eseguibile, perché può comportare il rischio di indurre malformazioni nel patrimonio genetico ereditario, delle generazioni future.

Pertanto la norma etica è che, con le debite condizioni deontologiche proprie di ogni intervento medico, è possibile tentare di correggere geneticamente soltanto le cellule somatiche. Sono stati eseguiti interventi clinici con trattamento ex vivo, cioè prelevando cellule dell'individuo e trattandole geneticamente in laboratorio e poi reinserendo le cellule trattate. Sono stati fatti tali interventi clinici sulle cellule somatiche per la correzione di patrimonio genetico di cellule emopoietiche e in ambito immunologico. Esistono ancora difficoltà e rischi, ma in linea di principio il Documento considera che questa prospettiva può essere considerata eticamente praticabile. Mentre l'intervento sul patrimonio genetico delle cellule germinali, in assenza di possibilità di controllo, rimane vietato. Il Documento su questo punto rimarca questo divieto che oggi di fatto è condiviso anche dalla maggioranza degli scienziati.

Il Documento prende in esame, in appendice a questo tema, l'ipotesi dell'uso di tecniche di ingegneria genetica per il "miglioramento genetico". Si tratta di un'ipotesi presa in esame dalla letteratura, ma questa ipotesi può sconfinare verso la ideologia, perché la realizzazione poggerebbe su pratiche di eugenismo negativo (eliminazione di embrioni meno dotati)o di eugenismo positivo cioè con potenziamento di dotazione genetica. In tale ottica eugenetica questa strategia è condannabile nelle finalità e nei metodi.

Altra cosa è il miglioramento della salute nelle popolazioni curando i metodi e le strategie dell'igiene, dell'alimentazione e l'eliminazione delle malattie infettive, ecc. Il Documento si esprime con la condanna dell'eugenismo alternativo e migliorativo a carattere ideologico perché fonte di disuguaglianza e discriminazione. Perciò anche proposte del "transumanesimo" fatte da alcuni filosofi e genetisti rimangono fuori dal consenso etico della Chiesa e credo anche dal consenso civile.

2. Un argomento che ha scosso l’opinione pubblica e il mondo scientifico, ripreso nei nn. 28-30 dal Documento, è costituito dalla clonazione. L’impressione, generata a suo tempo, fatta di esaltazione e di paura della scienza manipolatoria, è calata di molto, dopo che due insuccessi hanno quasi posto in oblio questo percorso di ricerca. Il primo insuccesso è stato a carico del primo animale clonato: la pecora Dolly è morta, precocemente invecchiata, uccisa con morte pietosa e giunta a pochi mesi di età. L'altro incidente fu a carico di uno scienziato che in Corea aveva divulgato il successo di clonazioni umane, che in realtà non furono comprovate come vere. Da allora la stampa e le polemiche delle assemblee parlamentari nazionali e internazionali sono cessate.

In realtà la manipolazione che si realizza con la clonazione è profonda e ai limiti della sfida dalle leggi della stessa biologia: si tratta di generazione asessuale e agamica, operata per la cosiddetta divisione gemellare o più frequentemente per nucleo transfer.

La distinzione tra clonazione riproduttiva e clonazione terapeutica è, come si sa, una distinzione insostenibile, perché anche quella cosiddetta terapeutica presuppone sempre una riproduzione.

La clonazione riproduttiva, per ora utilizzata soltanto in ambito zoologico e botanico, nel caso dell'uomo è stata immaginata per soddisfare ad alcuni desideri: il controllo della evoluzione, la scelta predeterminata del sesso, la sostituzione di una persona cara deceduta con una di simile aspetto: grazie a Dio sono rimaste ipotesi teoriche.

Continua a sollecitare la volontà degli sperimentatori la clonazione terapeutica per realizzare individui con patrimonio genetico predeterminato, e perciò idoneo a fornire cellule staminali embrionali, trasferibili per determinate terapie. Il tema si lega a quello dell'uso delle cellule staminali embrionali.

Quanto al giudizio etico sulla clonazione, il Documento elenca le ragioni in contrario sia per il tipo di clonazione terapeutica sia quella riproduttiva: l'esercizio di dominio da parte dell'uomo sperimentatore sull'essere umano clonato fa sorgere la più forte obiezione per l'offesa alla dignità umana e la strumentalizzazione dell'essere umano da parte di un altro uomo. Per quanto riguarda l'aspetto riproduttivo, non c'è soltanto la separazione della dimensione unitiva da quella procreativa come nelle procreazioni artificiali, ma c'è l'alterazione delle dimensioni di paternità-maternità, con la creazione di un essere privo di ancoraggio parentale umano. In ogni caso lo stesso principio dell'uguaglianza fra uomini verrebbe sconvolto.

Riguardo alla stessa clonazione terapeutica, a parte l'intenzione e la problematicità del successo, il Documento sottolinea la strumentalizzazione dell'uomo sull'uomo che sta alla radice di questa procedura.

3. La medicina rigenerativa: l'uso e la sperimentazione delle cellule staminali. Come è noto, sembra essere questa la scoperta più promettente, una fase nuova della medicina: quella che utilizza cellule specializzate e primitive che si trovano all'interno del corpo umano, capaci di moltiplicarsi, anche fuori dell'organismo e capaci di specializzarsi in diversi tipi di tessuti una volta trasferite e pertanto orientate a sostituire cellule malate e così rigenerare tessuti. Il Documento ricorda le sorgenti da cui possono essere raccolte le cellule staminali, praticamente da diverse sedi del corpo adulto, dal sangue del cordone ombelicale, dall'embrione e dai feti abortiti.

La differenza significativa si è stabilita fra le cellule staminali embrionali e tutte le altre di origine somatica: tale differenza si è imposta soprattutto per un fatto eticamente rilevante, per il fatto che le cellule staminali embrionali si possono prelevare, e di fatto si prelevano, nell'embrione allo stadio di blasticiste fecondato in vitro o da residui della fecondazione artificiale, provocandone la morte. Questo fatto ha posto una specie di criterio discriminante che ha diviso i ricercatori, per il riferimento alla identità dell'embrione come essere umano. Inoltre, nonostante la priorità e l'impegno della ricerca sulle cellule staminali embrionali, le ricerche non hanno offerto finora risultati significativi in ordine alla plasticità e all’efficacia nella rigenerazione dei tessuti, mentre nel frattempo la ricerca nelle cellule staminali somatiche hanno dato e continuano a dare risultati nel piano sperimentale e ormai anche nelle applicazioni cliniche.

La Pontificia Accademia per la Vita aveva pubblicato già con data del 25 agosto 2000 una Dichiarazione nel senso del divieto dell'uso delle cellule staminali embrionali, a motivo della distruzione dell'embrione ed ha dato l'incoraggiamento per la sperimentazione e per l'uso delle cellule staminali somatiche con prelievo dell'organismo adulto, da feti abortiti spontaneamente o da sangue del cordone ombelicale. Nel 2006 il Congresso organizzato dalla stessa Pontificia Accademia per la Vita, insieme alla Federazione Internazionale dei Medici Cattolici, ha incoraggiato questa strada sulla scorta dei risultati ottenuti dai vari gruppi ricerca.

Il Documento sintetizza le stesse posizioni precisando anche il problema etico di collaborazione che si pone per chi acquista e utilizza le cellule staminali embrionali tramite il commercio, anche se procurate e raccolte da altri. Nella polemica intensa sia nella stampa fra gli apposti gruppi di ricercatori sia in Parlamento hanno influito anche gli interessi economici attorno alla cattura dei fondi statali o internazionali posti a disposizione per i ricercatori.

4. Per l'aggiornamento è rilevante una notizia che non è presente nel Documento per prudenza verso una novità ancora da consolidare: nel Congresso del 2006 uno scienziato giapponese Yamanaka ha proposto una tecnica d'ingegneria genetica per la quale risulta possibile la riprogrammazione di una cellula somatica fino a riportarla allo stadio di cellula embrionale, senza passare per la formazione dell'embrione. Questo fatto, qualora venga comprovato, farebbe cadere ogni motivo per sostenere la ricerca sulle cellule provenienti dall'embrione.

Il Documento inoltre cita nella nota 49 anche alcune nuove tecniche che si avvalgono di procedimenti che implicano il dubbio sulla riproduzione dell'embrione, anche se i ricercatori che le propongono sostengono che le cellule embrionali sarebbero prodotte senza che venga formato l'embrione: si tratta di tecniche sperimentali di dubbia eticità e sono l'Altered Nuclear Transfer (ANT) e l' Oocyte Assisted Reprogramming (OAR) e l'applicazione della partenogenesi all'uomo. Il Documento si limita a dire: "Queste proposte hanno suscitato non pochi interrogativi scientifici ed etici riguardanti soprattutto lo statuto ontologico del ‘prodotto’ così ottenuto".

5. La terza parte dell’Istruzione si conclude con un giudizio negativo sui recenti tentativi di clonazione ibrida, in cui sono stati utilizzati ovociti animali per la riprogrammazione di nuclei di cellule somatiche umane al fine di estrarne cellule staminali embrionali. In proposito il Documento afferma al n. 33: "Dal punto di vista etico simili procedure rappresentano una offesa alla dignità dell'essere umano a causa della mescolanza di elementi genetici umani ed animali capaci di turbare l'identità specifica dell'uomo".

6. Infine il Documento nei due numeri 34-35 esamina criticamente il caso di cooperazione al male che si realizza quando si utilizza "materiale biologico" proveniente da feti o da embrioni volontariamente abortiti o sottoposti a congelamento dopo procreazione artificiale o, comunque, profittando di fatti illeciti anche quando di tali fatti non si è stati né partecipi né consenzienti.

Riferendosi al paragrafo rispettivo dell’Istruzione Donum vitae, ove si parla della utilizzazione a fini di ricerca dei cadaveri di feti o embrioni volontariamente abortiti, chiarendo le condizioni già poste da Domun vitae (1,4), si afferma nel nostro Documento che per la liceità di una tale utilizzazione, pur condotta per nobili fini, normalmente non basta la sola indipendenza e separazione delle responsabilità tra chi opera l'illecito e utilizza il cadavere, quando c'è una situazione permessa ingiustamente dalla legge e che si diffonde nella prassi.

L'obbligo di rimuovere lo scandalo obbliga a non partecipare a simili concomitanti utilizzazioni dei misfatti, ma ad assumere una posizione di dissenso, rifiutando di utilizzare anche se indirettamente i risultati di tali eventi. Questa norma di coerenza può consentire ugualmente, come avviene negli USA, l'utilizzazione di preparati per la vaccinazione dei bambini nelle scuole, anche se soltanto remotamente provengono dalle utilizzazioni di feti abortiti, ma comunque in questa situazione si richiede una mobilitazione perché questo tipo di vaccino venga sostituito con altri preparati ormai possibili.

Come si vede, si tratta di tematiche ricche di novità, di complessità e di responsabilità etica che impegnano i ricercatori, ma anche i cittadini e i formatori della coscienza degli operatori.

[01923-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0778-XX.01]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Venerdì, 12.12.2008 N. 0778

Pubblicazione:

EMBARGO

FINO ALLE ORE 12.00 (ORA DI ROMA) DEL 12.12.2008

Sommario:


  • CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ISTRUZIONE "DIGNITAS PERSONAE. SU ALCUNE QUESTIONI DI BIOETICA" A CURA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

  • CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ISTRUZIONE "DIGNITAS PERSONAE. SU ALCUNE QUESTIONI DI BIOETICA" A CURA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

    INTERVENTO DI S.E. MONS. LUIS FRANCISCO LADARIA FERRER, S.I.

    INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

    INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARIA LUISA DI PIETRO

    INTERVENTO DI S.E. MONS. ELIO SGRECCIA

    Alle ore 11.30 di oggi, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione dell’Istruzione "Dignitas personae. Su alcune questioni di bioetica" a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    Prendono parte alla Conferenza Stampa S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I., Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede; S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita; S.E. Mons. Elio Sgreccia, Presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita; la Prof.ssa Maria Luisa Di Pietro, Professore Associato di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; Presidente dell’Associazione "Scienza & Vita".

    Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

    INTERVENTO DI S.E. MONS. LUIS FRANCISCO LADARIA FERRER, S.I.

    In questa introduzione generale alla nuova Istruzione Dignitas personae mi limito a dire una breve parola innanzitutto circa il contesto in cui il Documento è nato, poi circa il suo scopo e valore dottrinale e, infine, circa la struttura del testo e il suo messaggio centrale.

    1. Contesto

    Lo sviluppo delle scienze biomediche costituisce indubbiamente uno dei segni più caratteristici dei nostri tempi. Al riguardo la Congregazione per la Dottrina della Fede è già intervenuta con l’Istruzione Donum vitae del 22 febbraio 1987, offrendo due criteri fondamentali per il discernimento morale in merito agli interventi sull’embrione e alle varie forme di fecondazione artificiale: (a) il rispetto incondizionato dell’essere umano fin dal suo concepimento e (b) il rispetto dell’originalità della trasmissione della vita umana tramite gli atti propri dei coniugi. Tali principi e le rispettive valutazioni morali, ribaditi autorevolmente nell’Enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II (del 25 marzo 1995), conservano intatto il loro valore.

    Negli ultimi vent’anni, tuttavia, le scienze biomediche hanno fatto enormi progressi, giungendo a conoscere meglio le strutture biologiche dell’uomo e il processo della sua generazione. Le nuove tecnologie, da una parte, aprono nuove prospettive terapeutiche finora sconosciute, come, ad esempio, le terapie contro l’infertilità oppure l’uso delle cellule staminali adulte. D’altra parte, esse suscitano seri interrogativi di natura antropologica ed etica, se pensiamo, ad esempio, al congelamento, alla selezione e alla distruzione di migliaia e migliaia di embrioni, ai tentativi di clonazione umana o alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Tali tematiche interessano oggi non solo alcuni medici e ricercatori, ma vengono ampiamente divulgate dai mezzi di comunicazione sociale; esse provocano attese e dubbi in settori sempre più vasti dell’opinione pubblica e richiedono talora decisioni da parte degli stessi Legislatori. Nel 2002 la Congregazione per la Dottrina della Fede decise pertanto di iniziare uno studio più approfondito circa le nuove questioni di bioetica al fine di apportare un aggiornamento alla Donum vitae.

    Il compito di esaminare gli aspetti scientifici di tali questioni e di offrirne una prima valutazione morale fu affidato alla Pontificia Accademia per la Vita, istituita da Giovanni Paolo II con il compito specifico di "studiare, informare e formare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi alla promozione e alla difesa della vita" (Motu Proprio Vitae mysterium, 11 febbraio 1994). La ricerca fu svolta, sotto la competente guida del Presidente emerito, S.E. Mons. Elio Sgreccia, da alcuni gruppi di lavoro, costituiti da un gran numero di esperti in materia provenienti da ogni parte del mondo.

    Nel 2005 e 2006 l’ampia documentazione preparata dalla Pontificia Accademia per la Vita fu sottoposta alle istanze ordinarie della Congregazione per la Dottrina della Fede, cioè alla Consulta (riunione dei Consultori) e alla Sessione Ordinaria (riunione degli Em.mi ed Ecc.mi Membri). Dopo la decisione di preparare un nuovo Documento, sulla base di suddetta documentazione fu redatto un progetto di Istruzione, esaminato poi da una Commissione di esperti e quindi dalla Consulta e, infine, dalla Sessione Plenaria della Congregazione, svoltasi all’inizio del 2008. Dopo l’integrazione dei suggerimenti proposti dai Padri, il testo fu sottoposto ancora una volta alla Sessione Ordinaria e approvato da Benedetto XVI nell’Udienza del 20 giugno 2008.

    2. Scopo e valore dottrinale

    La nuova Istruzione, che porta la data dell’8 settembre 2008, Festa della Natività della Beata Vergine Maria, intende "promuovere la formazione delle coscienze" (n. 10) in un campo che riguarda non soltanto alcune tecniche biomediche, ma ha ripercussioni immediate per la concezione della stessa vita umana e del ruolo insostituibile del matrimonio nella trasmissione della vita. Con tale intervento il Magistero "non interviene nell’ambito della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato" (n. 10). Intende incoraggiare una ricerca biomedica che sia veramente rispettosa della dignità di ogni essere umano e della procreazione, auspicando "che siano molti i cristiani a dedicarsi al progresso della biomedicina e a testimoniare la propria fede in tale ambito" (n. 3).

    L’Istruzione "si rivolge ai fedeli e a tutti coloro che cercano la verità" (n. 3). Attingendo "alla luce sia della ragione sia della fede", essa intende contribuire ad elaborare "una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita" (n. 3). Si auspica, quindi, un confronto aperto e sereno tra tutti gli uomini di buona volontà al fine di affrontare insieme, per il bene dell’umanità, le questioni antropologiche che sottostanno alla ricerca biomedica.

    Quanto al valore dottrinale del nuovo Documento, occorre ribadire che si tratta di una "Istruzione di natura dottrinale" (n. 1), emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata espressamente dal Sommo Pontefice. Essa pertanto appartiene a quei documenti della Congregazione che "partecipano al Magistero ordinario del Successore di Pietro" (Istruzione Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, 24 maggio 1990, n. 18). Simili documenti sono da accogliere da parte dei fedeli con "l’assenso religioso del loro spirito" (n. 37).

    3. Struttura e messaggio centrale

    L’Istruzione "comprende tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici, teologici ed etici di importanza fondamentale; la seconda affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza prende in esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione o del patrimonio genetico umano" (n. 3). Una breve Introduzione spiega la natura e lo scopo del Documento, la Conclusione riassume il suo messaggio centrale.

    La nuova Istruzione inizia con le parole programmatiche Dignitas personae – la dignità della persona, che va riconosciuta ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale. Questo principio fondamentale "esprime un grande ‘sì’ alla vita umana", che "deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica" (n. 1). Ribadendo tale principio, la Chiesa intende difendere i poveri del mondo, ai quali appartengono anche gli esseri umani non ancora nati: "Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani" (n. 37; citazione di Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i Vescovi circa "Il Vangelo della vita", 19 maggio 1991).

    Il Documento, quindi, incoraggia la ricerca biomedica che rispetta la dignità di ogni essere umano e della procreazione ed auspica che "i risultati di questa ricerca siano resi disponibili anche nelle aree povere e colpite dalle malattie, per affrontare le necessità più urgenti e drammatiche dal punto di vista umanitario" (n. 3). Nel contempo esclude, come eticamente illecite, diverse tecnologie biomediche e sarà probabilmente accusato di contenere troppi divieti. Di fronte a tale prevedibile accusa occorre tuttavia ribadire che la Chiesa sente di dover dare voce a coloro che non hanno voce. "L’adempimento di questo dovere implica il coraggio di opporsi a tutte quelle pratiche che determinano una grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati… Dietro ogni ‘no’ rifulge, nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande ‘sì’ al riconoscimento della dignità e del valore inalienabili di ogni singolo ed irripetibile essere umano chiamato all’esistenza" (n. 37).

    In conclusione, si spera che i fedeli e anche tutti gli uomini di buona volontà, in particolare i medici e i ricercatori aperti al confronto e desiderosi di raggiungere la verità, sapranno comprendere e condividere i contenuti della presente Istruzione, "volti alla tutela della fragile condizione dell’essere umano nei suoi stadi iniziali di vita e alla promozione di una civiltà più umana" (n. 37).

    [01920-01.01] [Testo originale: Italiano]

    INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

    Nella costituzione pastorale Gaudium et spes, i Padri conciliari scrivevano: "Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura" (n. 51). È sulla lunghezza d'onda di questo insegnamento che si dovrebbe porre l'Istruzione Dignitas personae. I suoi contenuti non sono altro che una genuina promozione del senso della vita umana e una sua spassionata difesa. Perché la vita umana possa essere promossa è necessario che si crei una cultura favorevole alla sua accoglienza in ogni espressione che ne viene manifestata. È necessario, per questo, l'apporto condiviso di quanti, credenti o non credenti, ritengono che questo sia il momento favorevole per approdare a uno sforzo comune in favore dell'accoglienza della vita personale. Se in alcuni momenti, comunque, diventa urgente giungere anche a una difesa della umana, per paradossale che possa sembrare, significa che questa è in serio pericolo. Non è la visione catastrofica quella che caratterizza l'insegnamento della Chiesa; ciò che preme, piuttosto, è una lettura realistica del momento presente che come ogni epoca storica è sottoposta a tante luci e molte ombre.

    Non deve meravigliare, d'altronde, l'impegno del Magistero in questo particolare settore. La Chiesa è stata impegnata in prima persona nel corso dei secoli in difesa di alcuni principi fondamentali che oggi sono patrimonio dell’umanità. Certo, all’epoca fu contestata da frange di benpensanti che proprio in nome del progresso e delle leggi dell’economia preferivano calpestare i diritti fondamentali delle persone. Come dimenticare, ad esempio, l’impegno dei missionari contro la schiavitù nei paesi soggetti alla colonizzazione oppure la difesa dei lavoratori agli inizi dell’ottocento? Oggi la posta in gioco che segnerà i prossimi decenni e la vita della società è determinata dalla difesa della dignità della persona dal suo concepimento fino alla sua morte naturale.

    L’Istruzione della Dottrina della fede, per questo motivo, si viene a porre in un momento del tutto peculiare. I suoi contenuti, particolarmente in riferimento alle varie tecniche di sperimentazione sull’embrione susciteranno reazioni diverse. Alcuni preferiranno ignorarli con supponenza come se non li riguardassero, altri rincorreranno la via più facile della derisione ed altri ancora etichetteranno quelle pagine come foriere di buio oscurantismo che impedisce il progresso e la libera ricerca. Molti altri, infine, condivideranno certamente la nostra preoccupazione e la nostra analisi. Al di là degli schieramenti, quindi, ci saranno persone che saranno provocate da queste pagine a formulare qualche interrogativo e, vorranno verificare la validità delle argomentazioni portate. Rimane, in ogni caso, una considerazione che merita di essere riportata per verificare l'ambito all'interno del quale l'Istruzione intende procedere: "La Chiesa giudicando della valenza etica di alcuni risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti l’uomo e le sue origini, non interviene nell’ambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato. Ricorda loro che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita" (Dignitas personae, n. 10). Nessuna invasione di campo, pertanto, da parte del magistero della Chiesa quando entra in un ambito specifico come quello della sperimentazione sull’embrione, che è oggetto di più scienze di cui nessuna può arrogarsi il diritto di dire l’ultima parola. Ciò che questa Istruzione intende fare è esprimere il proprio contributo autorevole nella formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti intendono porre ascolto alle argomentazioni che vengono portate e con queste intende confrontarsi. Un intervento, pertanto, che rientra pienamente nella sua missione e che dovrebbe essere accolto non solo come legittimo, ma anche come dovuto in una società pluralistica, laica e democratica.

    Risulterebbe veramente difficile, anche per un pensiero estraneo alla fede, non ritrovarsi nell’affermazione di Dignitas personae: "Per il solo fatto d’esistere, ogni essere umano deve essere rispettato. Si deve escludere l’introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute" (n. 8). Ciò che viene affermato, come si nota, è l’uguale dignità di ogni essere umano per il fatto stesso di essere venuto alla vita. Il vero punto di confine, quindi, per verificare la competenza dell'intervento e la sua legittimità in difesa della vita è fornito dal venire all’esistenza. Davanti a questo principio, passano in secondo ordine l’intelligenza, la bellezza, lo stato fisico, l’età, la razza o la condizione sociale, ecc. Ciò che veramente conta è la vita che viene posta in essere; vita che, fin dall’inizio, è contrassegnata come umana e che in forza di questo deve essere rispettata da tutti, sempre e senza alcuna eccezione.

    Alla luce di questi principi si comprendono i giudizi morali che vengono dati in riferimento ad alcune condizioni peculiari; in primo luogo alla sperimentazione sulle cellule staminali, sull’embrione e sulla clonazione. Ciò che muove il pensiero del magistero in proposito è in primo luogo la difesa dell’ordine creaturale, secondo cui la fecondazione e la nascita di un essere umano vanno conservati e custoditi in quell’orizzonte della natura che riflette non solo la bellezza della creazione, ma la sapienza stessa del mistero d’amore del Creatore che tutto ha organizzato in un ordine insostituibile e perfetto. Non si dovrebbe dimenticare, inoltre, un ulteriore principio che viene più volte riaffermato nel corso dell'Istruzione: l’uguaglianza fondamentale tra gli uomini. Proprio questo principio cozza contro ogni pretesa di clonazione umana o manipolazione genetica diversa da quella terapeutica . Se si vuole, Dignitas personae compie un passo in avanti nei confronti della precedente Donum vitae del 1987, quando si richiama alla difesa della dignità dell'embrione. Nella precedente Istruzione, infatti, per non entrare direttamente nel dibattito filosofico non si entrò nel merito circa la definizione dell'embrione come "persona". Nell'Istruzione odierna si esplicita testualmente che: "La realtà dell'essere umano per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non consente di affermare né un cambiamento di natura né una gradualità di valore morale poiché possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. L'embrione umano, quindi, ha fin dall'inizio la dignità propria della persona" (n. 5).

    Non sarà da dimenticare, da ultimo, il coraggio con cui Dignitas personae affronta il tema della manipolazione genetica che in molti casi ormai ha tutte le caratteristiche per essere definita eugenetica e, pertanto, intrinsecamente immorale. Questo giudizio si fonda sul presupposto che tale sperimentazione teorizza di fatto la disuguaglianza tra le persone, enfatizzando oltre misura doti e caratteristiche che non costituiscono l’essenza e la peculiarità della persona stessa. In questo senso, l'insegnamento che se ne ricava è quanto mai lungimirante. Esso provoca a riflettere sul rischio di non cadere in nuove forme di schiavitù che già si affacciano all'orizzonte. Si è dinanzi, infatti, a una schiavitù biologica secondo cui una persona si arroga il diritto arbitrario di determinare le caratteristiche genetiche di un altro essere umano. Quanto questa pretesa manifesti una hybris talmente riprovevole non ha bisogno di dimostrazione. Questo comportamento, che ben poco ha dello scientifico, non trova giustificazione alcuna se non l’esercizio del puro potere del più forte sugli altri. Una simile sperimentazione va chiamata con il suo giusto nome e non dovrà essere la Chiesa ad avere timore nel doverne denunciare i pericoli.

    Pensiamo che solo una vera educazione al rispetto di sé e degli altri, unita ad una corretta formazione a cogliere il proprio limite possa permettere un rinnovato senso di impegno per la vita. D'altronde, la grandezza della persona consiste proprio nell'avere coscienza del proprio limite e in forza di questo, saper guardare oltre verso una trascendenza infinita che ha voluto imprimere dignità alla vita umana assumendola su di sé e diventando egli stesso persona. Poiché in Gesù di Nazareth "la vita si è fatta visibile" (1 Gv 1,2) e noi ne siamo testimoni, viviamo con la responsabilità di rendere partecipi uomini e donne che incontriamo nel cammino della vita di questo grande mistero che suscita ogni giorno meraviglia e stupore.

    [01921-01.01] [Testo originale: Italiano]

    INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARIA LUISA DI PIETRO

    A partire dai principi espressi nella prima parte dell’Istruzione, vengono analizzati nella seconda parte alcuni problemi che sono emersi o si sono delineati negli anni successivi alla pubblicazione dell’Istruzione Donum Vitae. Le questioni prese in esame sono:

    1) Le tecniche di aiuto alla fertilità

    2) La FIV (o fecondazione in vitro) e l’eliminazione volontaria degli embrioni

    3) La ICSI (o iniezione intra-citoplasmatica di spermatozoi)

    4) Il congelamento di embrioni

    5) Il congelamento di oociti

    6) La riduzione embrionale

    7) La diagnosi pre-impiantatoria

    8) Le nuove forme di intercezione e di contragestazione

    Occorre richiamare, prima di prendere in esame le singole questioni, i tre beni fondamentali su cui si commisurano le singole scelte:

    a) il riconoscimento della dignità di persona ad ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, con la conseguente soggettività del diritto alla vita e alla integrità fisica;

    b) l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre solo l’uno attraverso l’altro;

    c) i valori specificatamente umani della sessualità, che "esigono che la procreazione di una persona debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi" (n. 12).

    Iniziamo l’analisi del testo a partire da quest’ultimo punto. Il desiderio da parte di una coppia di sposi di avere un figlio è più che legittimo: questo fatto giustifica, però, il ricorso a qualsiasi tecnica in grado di soddisfarlo? E quali sono le caratteristiche di quell’atto coniugale che il fare del medico e del biologo vuole sostituire con le tecniche di fecondazione artificiale?

    E’ un atto che coinvolge nella totalità e nella reciprocità i coniugi: ed è proprio in questa relazione interpersonale che può realizzarsi la chiamata all’esistenza di una nuova vita umana. Dal dono delle persone scaturisce il dono della vita: "L’atto coniugale - si legge al n. B.4 della Istruzione Donum vitae – esprime simultaneamente l’apertura al dono della vita: è un atto inscindibilmente corporale e spirituale. E’ nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre". Può questo atto essere consegnato nelle mani di estranei o essere ridotto ad una mera successione di fatti tecnici?

    Le tecniche di fecondazione artificiale nella forma sia intracorporea (ad esempio l’inseminazione artificiale con prelievo del seme fuori dall’atto coniugale) sia extracorporea (ad esempio la FIV e la ICSI) sostituiscono con la tecnica l’atto coniugale nella chiamata all’esistenza di una nuova vita: "Alla luce di tale criterio – si legge al n. 12 della Istruzione Dignitas personae – sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa e le tecniche di fecondazione artificiale omologa che sono sostitutive dell’atto coniugale".

    Esse attuano – in altre parole – una divisione tra l’unione dei coniugi e la possibilità di procreare: da effetto di un incontro diretto e immediato dei coniugi, la nuova vita diviene il risultato di una procedura tecnica, che può essere anche perfetta da un punto di vista tecnico, ma che resta inesorabilmente impersonale. Non sono i genitori a dare la vita, ma un medico o un biologo: una presenza – quest’ultima – non accidentale, ma determinante.

    L’artificialità è, allora, sempre un fatto negativo? La risposta a questa si trova nel n. 13 della Istruzione Dignitas personae, che – richiamando la Istruzione Donum vitae – scrive: "Le tecniche che si presentano come un aiuto alla procreazione non sono da rifiutare in quanto artificiali. Come tali esse testimoniano le possibilità dell’arte medica, ma si devono valutare sotto il profilo morale in riferimento alla dignità della persona umana, chiamata a realizzare la vocazione divina al dono dell’amore e al dono della vita".

    Non vi è, dunque, rifiuto dell’artificialità in generale, ma di quella artificialità che stravolge il più personale degli atti umani, quello procreativo. Non vi è, dunque, rifiuto dell’artificialità intesa come ciò che l’uomo è in grado di produrre e può sopperire ad una funzione del corpo, ma di quell’artificialità che contraddice la natura dell’essere umano.

    Artificialità non equivale ad impiego di una tecnica: essa può essere lecitamente utilizzata anche in presenza di infertilità. Stimolare l’ovulazione, effettuare interventi di microchirurgia per rimuovere zone di endometriosi o per restaurare la pervietà di una tuba di Falloppio, sono forme di intervento tecnico che hanno il solo scopo di restituire la funzionalità ad un organo necessario per una procreazione altrimenti non possibile. Ed ancora, prelevare il seme ottenuto durante l’atto coniugale con un SCD (Semen Collection Device) perforato per veicolarlo, previa preparazione, nelle vie genitali femminili, comporta un ricorso alla tecnica, ma l’intervento del medico è successivo – di aiuto – ad un atto coniugale già verificatosi. "Il medico – si legge al n. 12 della Istruzione Dignitas personae – è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere di esse. L’intervento medico è in questo ambito rispettoso della dignità della persona, quando mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitare il compimento, sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto".

    Non vi è dubbio che la difficoltà di avere un figlio può essere motivo di grande sofferenza per la coppia. Per questo motivo il desiderio di una gravidanza è da considerare un’esigenza profondamente umana. È, quindi, necessario, innanzitutto, prevenire l’infertilità in tutte quelle situazioni in cui essa possa essere riconducibile a comportamenti a rischio individuali o a non adeguati interventi di ecologia ambientale o di politica della casa e del lavoro. Si pensi – a questo proposito – che il primo fattore di rischio di infertilità è l’età avanzata della donna nel momento in cui si cerca una gravidanza. Si legge, infatti, al n. 13 della Istruzione Dignitas personae: "C’è da osservare, infine, che meritano un incoraggiamento la ricerca e gli investimenti dedicati alla prevenzione della sterilità". Ed ancora deve essere massimo l’impegno nella diagnosi e nella cura della sterilità.

    Qualora, però, questo tipo di interventi non consenta alla coppia di realizzare questa legittima aspirazione, la risposta non può passare attraverso la violazione del diritto alla vita del nascituro o alla distruzione dei significati stessi del matrimonio e della coniugalità. Si deve, invece, aiutare la coppia a scoprirsi "feconda": "Per venire incontro – si legge al n. 13 della Istruzione – al desiderio di non poche coppie di avere un figlio, sarebbe auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare, con opportune misure legislative, la procedura dell’adozione dei numerosi bambini orfani, che hanno bisogno per il loro adeguato sviluppo umano di un focolare domestico".

    Il ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, come la FIV e la ICSI, porta alla "produzione" di un essere umano. Il rapporto tra chi fabbrica (il medico) e chi ordina (gli aspiranti genitori) la vita e chi viene fabbricato (l’embrione umano) è simile a quello di un produttore con il suo prodotto: e ciò che è prodotto può essere manipolato, selezionato, scartato.

    "(Il) desiderio (di un figlio) – si legge al n. 16 della Istruzione – non può giustificare la produzione, così come il desiderio di non avere un figlio già concepito non può giustificare l’abbandono e la distruzione". È questo il punto centrale della valutazione etica delle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, cui si aggiungono altre considerazioni tese a confutare le affermazioni di chi ne sostiene, invece, l’uso. Viene, in modo particolare, evidenziata l’elevata perdita di embrioni umani o – come viene definita – l’elevata abortività delle tecniche di fecondazione artificiale. Tale elevata perdita di embrioni non si è modificata con il passare degli anni (oltre l’80% degli embrioni viene perso anche nei centri più accreditati) ed è insita alla tecnica stessa. Di conseguenza, seppur talora in apparenza non ricercato, il sacrificio di embrioni è, comunque, previsto. Né questa perdita può essere paragonata a quella che si ha, naturalmente, di embrioni: ciò che in natura si manifesta come danno all’essere umano va – se possibile – corretto, ma non certamente imitato.

    Alla perdita degli embrioni legata alla tecnica (asincronia ovaio/endometrio; alterazioni cromosomiche, etc.) vanno aggiunte le perdite "volute": per scopi selettivi (con la diagnosi preimpianto); per aumentare la possibilità di annidamento di embrioni in utero (con il trasferimento di un numero elevato di embrioni e conseguente aborto selettivo); per creare una "scorta" di embrioni da utilizzare in un secondo momento. "Questa triste realtà – si legge al n. 15 della Istruzione – spesso taciuta, è del tutto deprecabile in quanto le varie tecniche di riproduzione artificiale che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono a nuovi attentati contro la vita". Una situazione paradossale, che non verrebbe, tra l’altro, ammessa in nessun’altra situazione medica: ovvero che una tecnica abbia un tasso così elevato di esiti negativi e fatali.

    Quali conseguenze del ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea vi sono, dunque, la crioconservazione (congelamento) degli embrioni e la riduzione delle gravidanze multiple qualora siano stati trasferiti più embrioni di quelli che possono realmente svilupparsi in utero.

    La prassi della crioconservazione di embrioni viene valutata dalla Istruzione Dignitas personae (n. 18) come "incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani", dal momento che: ne presuppone la produzione in vitro; li espone a rischio di morte o di danno alla loro integrità; li priva temporaneamente dell’accoglienza materna; li espone ad ulteriori offese e manipolazioni. Spesso questi embrioni sono in stato di abbandono e si pone la domanda "cosa fare di loro?".

    A chi ha come solo scopo di svuotare le banche di embrioni, si contrappone chi si rende conto della grave ingiustizia fatta nei loro confronti e vorrebbe porvi rimedio. Premesso che cercare una soluzione senza far cessare la produzione di embrioni è un fatto di per sé sbagliato, la Istruzione Dignitas personae esclude sia l’uso degli embrioni abbandonati (orfani) per la ricerca o per usi terapeutici, sia il loro scongelamento, sia la loro cessione a coppie infertili: In quest’ultimo caso si ricadrebbe in una forma di fecondazione artificiale eterologa e di maternità surrogata. Anche la cosiddetta "adozione prenatale", pur essendo "lodevole nelle intenzioni", presenta "vari problemi non dissimili da quelli sopra elencati" (n. 19).

    Risulta, dunque, evidente come l’unica vera soluzione sia la cessazione della produzione di embrioni. "Non si intravede – come ricordava già nel 1996 Giovanni Paolo II – una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni congelati…" (n. 19).

    Il ricorso alla riduzione embrionale, che si configura come "un aborto intenzionale" e che non trova mai alcuna giustificazione, è considerato inaccettabile (cf. n. 21), così come la diagnosi preimpianto, in cui lo strumento diagnostico è strettamente collegato con l’eliminazione dell’embrione "considerato ‘sospetto’ di difetti genetici o cromosomici o portatore di un sesso non voluto o di qualità non desiderate" (n. 22). Si attua, così una vera e propria forma di eugenismo che "porta a non riconoscere lo statuto etico e giuridico di esseri umani affetti da gravi patologie o disabilità" (n. 22).

    Il collegamento con le tecniche di fecondazione artificiale e le già indicate conseguenze a danno dell’embrione umano sono le ragioni del rifiuto della crioconservazione di oociti in ordine "al processo di procreazione artificiale" (n. 20).

    Un’altra forma di attentato alla dignità di persona dell’embrione umano è rappresentato dal ricorso a prodotti ad azione intercettiva, che impediscono l’annidamento dell’embrione in utero, o ad azione contragestativa che provocano il distacco dell’embrione già annidato. Tra i prodotti intercettivi si fa riferimento alla spirale e alla "pillola del giorno dopo"; il prodotto controgestativo più noto è la pillola RU486, oltre le prostaglandine e il Metrotrexate. Per quanto riguarda l’intercezione, con cui l’azione di impedimento dell’impianto può essere – anche se non sempre – presente, è da sottolineare che già la sola probabilità che questo possa avvenire rende l’intenzionalità di chi la prescrive e di chi la usa abortiva.. Di conseguenza – si legge al n. 23 della Istruzione Dignitas personae – "l’uso dei mezzi di intercezione e di contragestazione rientra nel peccato di aborto ed è gravemente immorale" (n. 23).

    [01922-01.01] [Testo originale: Italiano]

    INTERVENTO DI S.E. MONS. ELIO SGRECCIA

    La terza parte dell’Istruzione Dignitas personae comprende i numeri 24-35 cui fanno seguito due numeri dedicati alla conclusione generale di tutto il documento. In questi brevi e concisi passaggi vengono esaminate, soprattutto dal punto di vista etico, le più recenti prospettive di ricerca; alcune sono cariche di speranza per la terapia, mentre altre sono segnate da problematicità etica.

    1. Anzitutto viene presentato un breve giudizio sulla terapia genica, i cui progressi ancora sono limitati rispetto alle grandi attese coltivate dopo la scoperta del DNA e dei suoi meccanismi replicativi, dopo la messa a punto delle tecniche di ingegneria genetica e dopo il sequenziamento del DNA umano portato a termine con grande dispendio di energie intellettuali e di risorse finanziarie. Per ora la possibilità di sostituire geni malformati, causa e origini di malattie genetiche, rimane una speranza. Ma gli scienziati non disperano e guardano al miglioramento delle tecniche, in particolare all' individuazione di vettori più sicuri.

    Quello che il Documento evidenzia è che occorre tenere conto di una fondamentale distinzione: la terapia genetica teoricamente si può applicare alle cellule somatiche con finalità direttamente terapeutiche, o sulle cellule germinali. Sulle cellule somatiche si può intervenire ad esempio a livello del midollo spinale per correggere le cellule emopoietiche malate in un determinato soggetto e l'effetto prodotto rimane limitato all'individuo. Quando si interviene a livello di cellule germinali, invece, l'effetto è diverso, perché le cellule della linea germinale vanno a comporre i gameti e vanno a influenzare la ereditarietà e la discendenza. Non essendo ancora sicura la tecnica, per quanto riguarda l'intervento sulle cellule germinali, questo tipo d'intervento non è eseguibile, perché può comportare il rischio di indurre malformazioni nel patrimonio genetico ereditario, delle generazioni future.

    Pertanto la norma etica è che, con le debite condizioni deontologiche proprie di ogni intervento medico, è possibile tentare di correggere geneticamente soltanto le cellule somatiche. Sono stati eseguiti interventi clinici con trattamento ex vivo, cioè prelevando cellule dell'individuo e trattandole geneticamente in laboratorio e poi reinserendo le cellule trattate. Sono stati fatti tali interventi clinici sulle cellule somatiche per la correzione di patrimonio genetico di cellule emopoietiche e in ambito immunologico. Esistono ancora difficoltà e rischi, ma in linea di principio il Documento considera che questa prospettiva può essere considerata eticamente praticabile. Mentre l'intervento sul patrimonio genetico delle cellule germinali, in assenza di possibilità di controllo, rimane vietato. Il Documento su questo punto rimarca questo divieto che oggi di fatto è condiviso anche dalla maggioranza degli scienziati.

    Il Documento prende in esame, in appendice a questo tema, l'ipotesi dell'uso di tecniche di ingegneria genetica per il "miglioramento genetico". Si tratta di un'ipotesi presa in esame dalla letteratura, ma questa ipotesi può sconfinare verso la ideologia, perché la realizzazione poggerebbe su pratiche di eugenismo negativo (eliminazione di embrioni meno dotati)o di eugenismo positivo cioè con potenziamento di dotazione genetica. In tale ottica eugenetica questa strategia è condannabile nelle finalità e nei metodi.

    Altra cosa è il miglioramento della salute nelle popolazioni curando i metodi e le strategie dell'igiene, dell'alimentazione e l'eliminazione delle malattie infettive, ecc. Il Documento si esprime con la condanna dell'eugenismo alternativo e migliorativo a carattere ideologico perché fonte di disuguaglianza e discriminazione. Perciò anche proposte del "transumanesimo" fatte da alcuni filosofi e genetisti rimangono fuori dal consenso etico della Chiesa e credo anche dal consenso civile.

    2. Un argomento che ha scosso l’opinione pubblica e il mondo scientifico, ripreso nei nn. 28-30 dal Documento, è costituito dalla clonazione. L’impressione, generata a suo tempo, fatta di esaltazione e di paura della scienza manipolatoria, è calata di molto, dopo che due insuccessi hanno quasi posto in oblio questo percorso di ricerca. Il primo insuccesso è stato a carico del primo animale clonato: la pecora Dolly è morta, precocemente invecchiata, uccisa con morte pietosa e giunta a pochi mesi di età. L'altro incidente fu a carico di uno scienziato che in Corea aveva divulgato il successo di clonazioni umane, che in realtà non furono comprovate come vere. Da allora la stampa e le polemiche delle assemblee parlamentari nazionali e internazionali sono cessate.

    In realtà la manipolazione che si realizza con la clonazione è profonda e ai limiti della sfida dalle leggi della stessa biologia: si tratta di generazione asessuale e agamica, operata per la cosiddetta divisione gemellare o più frequentemente per nucleo transfer.

    La distinzione tra clonazione riproduttiva e clonazione terapeutica è, come si sa, una distinzione insostenibile, perché anche quella cosiddetta terapeutica presuppone sempre una riproduzione.

    La clonazione riproduttiva, per ora utilizzata soltanto in ambito zoologico e botanico, nel caso dell'uomo è stata immaginata per soddisfare ad alcuni desideri: il controllo della evoluzione, la scelta predeterminata del sesso, la sostituzione di una persona cara deceduta con una di simile aspetto: grazie a Dio sono rimaste ipotesi teoriche.

    Continua a sollecitare la volontà degli sperimentatori la clonazione terapeutica per realizzare individui con patrimonio genetico predeterminato, e perciò idoneo a fornire cellule staminali embrionali, trasferibili per determinate terapie. Il tema si lega a quello dell'uso delle cellule staminali embrionali.

    Quanto al giudizio etico sulla clonazione, il Documento elenca le ragioni in contrario sia per il tipo di clonazione terapeutica sia quella riproduttiva: l'esercizio di dominio da parte dell'uomo sperimentatore sull'essere umano clonato fa sorgere la più forte obiezione per l'offesa alla dignità umana e la strumentalizzazione dell'essere umano da parte di un altro uomo. Per quanto riguarda l'aspetto riproduttivo, non c'è soltanto la separazione della dimensione unitiva da quella procreativa come nelle procreazioni artificiali, ma c'è l'alterazione delle dimensioni di paternità-maternità, con la creazione di un essere privo di ancoraggio parentale umano. In ogni caso lo stesso principio dell'uguaglianza fra uomini verrebbe sconvolto.

    Riguardo alla stessa clonazione terapeutica, a parte l'intenzione e la problematicità del successo, il Documento sottolinea la strumentalizzazione dell'uomo sull'uomo che sta alla radice di questa procedura.

    3. La medicina rigenerativa: l'uso e la sperimentazione delle cellule staminali. Come è noto, sembra essere questa la scoperta più promettente, una fase nuova della medicina: quella che utilizza cellule specializzate e primitive che si trovano all'interno del corpo umano, capaci di moltiplicarsi, anche fuori dell'organismo e capaci di specializzarsi in diversi tipi di tessuti una volta trasferite e pertanto orientate a sostituire cellule malate e così rigenerare tessuti. Il Documento ricorda le sorgenti da cui possono essere raccolte le cellule staminali, praticamente da diverse sedi del corpo adulto, dal sangue del cordone ombelicale, dall'embrione e dai feti abortiti.

    La differenza significativa si è stabilita fra le cellule staminali embrionali e tutte le altre di origine somatica: tale differenza si è imposta soprattutto per un fatto eticamente rilevante, per il fatto che le cellule staminali embrionali si possono prelevare, e di fatto si prelevano, nell'embrione allo stadio di blasticiste fecondato in vitro o da residui della fecondazione artificiale, provocandone la morte. Questo fatto ha posto una specie di criterio discriminante che ha diviso i ricercatori, per il riferimento alla identità dell'embrione come essere umano. Inoltre, nonostante la priorità e l'impegno della ricerca sulle cellule staminali embrionali, le ricerche non hanno offerto finora risultati significativi in ordine alla plasticità e all’efficacia nella rigenerazione dei tessuti, mentre nel frattempo la ricerca nelle cellule staminali somatiche hanno dato e continuano a dare risultati nel piano sperimentale e ormai anche nelle applicazioni cliniche.

    La Pontificia Accademia per la Vita aveva pubblicato già con data del 25 agosto 2000 una Dichiarazione nel senso del divieto dell'uso delle cellule staminali embrionali, a motivo della distruzione dell'embrione ed ha dato l'incoraggiamento per la sperimentazione e per l'uso delle cellule staminali somatiche con prelievo dell'organismo adulto, da feti abortiti spontaneamente o da sangue del cordone ombelicale. Nel 2006 il Congresso organizzato dalla stessa Pontificia Accademia per la Vita, insieme alla Federazione Internazionale dei Medici Cattolici, ha incoraggiato questa strada sulla scorta dei risultati ottenuti dai vari gruppi ricerca.

    Il Documento sintetizza le stesse posizioni precisando anche il problema etico di collaborazione che si pone per chi acquista e utilizza le cellule staminali embrionali tramite il commercio, anche se procurate e raccolte da altri. Nella polemica intensa sia nella stampa fra gli apposti gruppi di ricercatori sia in Parlamento hanno influito anche gli interessi economici attorno alla cattura dei fondi statali o internazionali posti a disposizione per i ricercatori.

    4. Per l'aggiornamento è rilevante una notizia che non è presente nel Documento per prudenza verso una novità ancora da consolidare: nel Congresso del 2006 uno scienziato giapponese Yamanaka ha proposto una tecnica d'ingegneria genetica per la quale risulta possibile la riprogrammazione di una cellula somatica fino a riportarla allo stadio di cellula embrionale, senza passare per la formazione dell'embrione. Questo fatto, qualora venga comprovato, farebbe cadere ogni motivo per sostenere la ricerca sulle cellule provenienti dall'embrione.

    Il Documento inoltre cita nella nota 49 anche alcune nuove tecniche che si avvalgono di procedimenti che implicano il dubbio sulla riproduzione dell'embrione, anche se i ricercatori che le propongono sostengono che le cellule embrionali sarebbero prodotte senza che venga formato l'embrione: si tratta di tecniche sperimentali di dubbia eticità e sono l'Altered Nuclear Transfer (ANT) e l' Oocyte Assisted Reprogramming (OAR) e l'applicazione della partenogenesi all'uomo. Il Documento si limita a dire: "Queste proposte hanno suscitato non pochi interrogativi scientifici ed etici riguardanti soprattutto lo statuto ontologico del ‘prodotto’ così ottenuto".

    5. La terza parte dell’Istruzione si conclude con un giudizio negativo sui recenti tentativi di clonazione ibrida, in cui sono stati utilizzati ovociti animali per la riprogrammazione di nuclei di cellule somatiche umane al fine di estrarne cellule staminali embrionali. In proposito il Documento afferma al n. 33: "Dal punto di vista etico simili procedure rappresentano una offesa alla dignità dell'essere umano a causa della mescolanza di elementi genetici umani ed animali capaci di turbare l'identità specifica dell'uomo".

    6. Infine il Documento nei due numeri 34-35 esamina criticamente il caso di cooperazione al male che si realizza quando si utilizza "materiale biologico" proveniente da feti o da embrioni volontariamente abortiti o sottoposti a congelamento dopo procreazione artificiale o, comunque, profittando di fatti illeciti anche quando di tali fatti non si è stati né partecipi né consenzienti.

    Riferendosi al paragrafo rispettivo dell’Istruzione Donum vitae, ove si parla della utilizzazione a fini di ricerca dei cadaveri di feti o embrioni volontariamente abortiti, chiarendo le condizioni già poste da Domun vitae (1,4), si afferma nel nostro Documento che per la liceità di una tale utilizzazione, pur condotta per nobili fini, normalmente non basta la sola indipendenza e separazione delle responsabilità tra chi opera l'illecito e utilizza il cadavere, quando c'è una situazione permessa ingiustamente dalla legge e che si diffonde nella prassi.

    L'obbligo di rimuovere lo scandalo obbliga a non partecipare a simili concomitanti utilizzazioni dei misfatti, ma ad assumere una posizione di dissenso, rifiutando di utilizzare anche se indirettamente i risultati di tali eventi. Questa norma di coerenza può consentire ugualmente, come avviene negli USA, l'utilizzazione di preparati per la vaccinazione dei bambini nelle scuole, anche se soltanto remotamente provengono dalle utilizzazioni di feti abortiti, ma comunque in questa situazione si richiede una mobilitazione perché questo tipo di vaccino venga sostituito con altri preparati ormai possibili.

    Come si vede, si tratta di tematiche ricche di novità, di complessità e di responsabilità etica che impegnano i ricercatori, ma anche i cittadini e i formatori della coscienza degli operatori.

    [01923-01.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0778-XX.01]

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Venerdì, 12.12.2008 N. 0778

    Pubblicazione:

    EMBARGO

    FINO ALLE ORE 12.00 (ORA DI ROMA) DEL 12.12.2008

    Sommario:

    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ISTRUZIONE "DIGNITAS PERSONAE. SU ALCUNE QUESTIONI DI BIOETICA" A CURA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

     

    CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’ISTRUZIONE "DIGNITAS PERSONAE. SU ALCUNE QUESTIONI DI BIOETICA" A CURA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

    ● INTERVENTO DI S.E. MONS. LUIS FRANCISCO LADARIA FERRER, S.I.

    ● INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

    ● INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARIA LUISA DI PIETRO

    ● INTERVENTO DI S.E. MONS. ELIO SGRECCIA

    Alle ore 11.30 di oggi, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione dell’Istruzione "Dignitas personae. Su alcune questioni di bioetica" a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    Prendono parte alla Conferenza Stampa S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I., Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede; S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita; S.E. Mons. Elio Sgreccia, Presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita; la Prof.ssa Maria Luisa Di Pietro, Professore Associato di Bioetica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; Presidente dell’Associazione "Scienza & Vita".

    Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

     

    ● INTERVENTO DI S.E. MONS. LUIS FRANCISCO LADARIA FERRER, S.I.

    In questa introduzione generale alla nuova Istruzione Dignitas personae mi limito a dire una breve parola innanzitutto circa il contesto in cui il Documento è nato, poi circa il suo scopo e valore dottrinale e, infine, circa la struttura del testo e il suo messaggio centrale.

    1. Contesto

    Lo sviluppo delle scienze biomediche costituisce indubbiamente uno dei segni più caratteristici dei nostri tempi. Al riguardo la Congregazione per la Dottrina della Fede è già intervenuta con l’Istruzione Donum vitae del 22 febbraio 1987, offrendo due criteri fondamentali per il discernimento morale in merito agli interventi sull’embrione e alle varie forme di fecondazione artificiale: (a) il rispetto incondizionato dell’essere umano fin dal suo concepimento e (b) il rispetto dell’originalità della trasmissione della vita umana tramite gli atti propri dei coniugi. Tali principi e le rispettive valutazioni morali, ribaditi autorevolmente nell’Enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II (del 25 marzo 1995), conservano intatto il loro valore.

    Negli ultimi vent’anni, tuttavia, le scienze biomediche hanno fatto enormi progressi, giungendo a conoscere meglio le strutture biologiche dell’uomo e il processo della sua generazione. Le nuove tecnologie, da una parte, aprono nuove prospettive terapeutiche finora sconosciute, come, ad esempio, le terapie contro l’infertilità oppure l’uso delle cellule staminali adulte. D’altra parte, esse suscitano seri interrogativi di natura antropologica ed etica, se pensiamo, ad esempio, al congelamento, alla selezione e alla distruzione di migliaia e migliaia di embrioni, ai tentativi di clonazione umana o alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Tali tematiche interessano oggi non solo alcuni medici e ricercatori, ma vengono ampiamente divulgate dai mezzi di comunicazione sociale; esse provocano attese e dubbi in settori sempre più vasti dell’opinione pubblica e richiedono talora decisioni da parte degli stessi Legislatori. Nel 2002 la Congregazione per la Dottrina della Fede decise pertanto di iniziare uno studio più approfondito circa le nuove questioni di bioetica al fine di apportare un aggiornamento alla Donum vitae.

    Il compito di esaminare gli aspetti scientifici di tali questioni e di offrirne una prima valutazione morale fu affidato alla Pontificia Accademia per la Vita, istituita da Giovanni Paolo II con il compito specifico di "studiare, informare e formare circa i principali problemi di biomedicina e di diritto, relativi alla promozione e alla difesa della vita" (Motu Proprio Vitae mysterium, 11 febbraio 1994). La ricerca fu svolta, sotto la competente guida del Presidente emerito, S.E. Mons. Elio Sgreccia, da alcuni gruppi di lavoro, costituiti da un gran numero di esperti in materia provenienti da ogni parte del mondo.

    Nel 2005 e 2006 l’ampia documentazione preparata dalla Pontificia Accademia per la Vita fu sottoposta alle istanze ordinarie della Congregazione per la Dottrina della Fede, cioè alla Consulta (riunione dei Consultori) e alla Sessione Ordinaria (riunione degli Em.mi ed Ecc.mi Membri). Dopo la decisione di preparare un nuovo Documento, sulla base di suddetta documentazione fu redatto un progetto di Istruzione, esaminato poi da una Commissione di esperti e quindi dalla Consulta e, infine, dalla Sessione Plenaria della Congregazione, svoltasi all’inizio del 2008. Dopo l’integrazione dei suggerimenti proposti dai Padri, il testo fu sottoposto ancora una volta alla Sessione Ordinaria e approvato da Benedetto XVI nell’Udienza del 20 giugno 2008.

    2. Scopo e valore dottrinale

    La nuova Istruzione, che porta la data dell’8 settembre 2008, Festa della Natività della Beata Vergine Maria, intende "promuovere la formazione delle coscienze" (n. 10) in un campo che riguarda non soltanto alcune tecniche biomediche, ma ha ripercussioni immediate per la concezione della stessa vita umana e del ruolo insostituibile del matrimonio nella trasmissione della vita. Con tale intervento il Magistero "non interviene nell’ambito della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato" (n. 10). Intende incoraggiare una ricerca biomedica che sia veramente rispettosa della dignità di ogni essere umano e della procreazione, auspicando "che siano molti i cristiani a dedicarsi al progresso della biomedicina e a testimoniare la propria fede in tale ambito" (n. 3).

    L’Istruzione "si rivolge ai fedeli e a tutti coloro che cercano la verità" (n. 3). Attingendo "alla luce sia della ragione sia della fede", essa intende contribuire ad elaborare "una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita" (n. 3). Si auspica, quindi, un confronto aperto e sereno tra tutti gli uomini di buona volontà al fine di affrontare insieme, per il bene dell’umanità, le questioni antropologiche che sottostanno alla ricerca biomedica.

    Quanto al valore dottrinale del nuovo Documento, occorre ribadire che si tratta di una "Istruzione di natura dottrinale" (n. 1), emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata espressamente dal Sommo Pontefice. Essa pertanto appartiene a quei documenti della Congregazione che "partecipano al Magistero ordinario del Successore di Pietro" (Istruzione Donum veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo, 24 maggio 1990, n. 18). Simili documenti sono da accogliere da parte dei fedeli con "l’assenso religioso del loro spirito" (n. 37).

    3. Struttura e messaggio centrale

    L’Istruzione "comprende tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici, teologici ed etici di importanza fondamentale; la seconda affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza prende in esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione o del patrimonio genetico umano" (n. 3). Una breve Introduzione spiega la natura e lo scopo del Documento, la Conclusione riassume il suo messaggio centrale.

    La nuova Istruzione inizia con le parole programmatiche Dignitas personae – la dignità della persona, che va riconosciuta ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale. Questo principio fondamentale "esprime un grande ‘sì’ alla vita umana", che "deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica" (n. 1). Ribadendo tale principio, la Chiesa intende difendere i poveri del mondo, ai quali appartengono anche gli esseri umani non ancora nati: "Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani" (n. 37; citazione di Giovanni Paolo II, Lettera a tutti i Vescovi circa "Il Vangelo della vita", 19 maggio 1991).

    Il Documento, quindi, incoraggia la ricerca biomedica che rispetta la dignità di ogni essere umano e della procreazione ed auspica che "i risultati di questa ricerca siano resi disponibili anche nelle aree povere e colpite dalle malattie, per affrontare le necessità più urgenti e drammatiche dal punto di vista umanitario" (n. 3). Nel contempo esclude, come eticamente illecite, diverse tecnologie biomediche e sarà probabilmente accusato di contenere troppi divieti. Di fronte a tale prevedibile accusa occorre tuttavia ribadire che la Chiesa sente di dover dare voce a coloro che non hanno voce. "L’adempimento di questo dovere implica il coraggio di opporsi a tutte quelle pratiche che determinano una grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati… Dietro ogni ‘no’ rifulge, nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande ‘sì’ al riconoscimento della dignità e del valore inalienabili di ogni singolo ed irripetibile essere umano chiamato all’esistenza" (n. 37).

    In conclusione, si spera che i fedeli e anche tutti gli uomini di buona volontà, in particolare i medici e i ricercatori aperti al confronto e desiderosi di raggiungere la verità, sapranno comprendere e condividere i contenuti della presente Istruzione, "volti alla tutela della fragile condizione dell’essere umano nei suoi stadi iniziali di vita e alla promozione di una civiltà più umana" (n. 37).

    [01920-01.01] [Testo originale: Italiano]

    ● INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

    Nella costituzione pastorale Gaudium et spes, i Padri conciliari scrivevano: "Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura" (n. 51). È sulla lunghezza d'onda di questo insegnamento che si dovrebbe porre l'Istruzione Dignitas personae. I suoi contenuti non sono altro che una genuina promozione del senso della vita umana e una sua spassionata difesa. Perché la vita umana possa essere promossa è necessario che si crei una cultura favorevole alla sua accoglienza in ogni espressione che ne viene manifestata. È necessario, per questo, l'apporto condiviso di quanti, credenti o non credenti, ritengono che questo sia il momento favorevole per approdare a uno sforzo comune in favore dell'accoglienza della vita personale. Se in alcuni momenti, comunque, diventa urgente giungere anche a una difesa della umana, per paradossale che possa sembrare, significa che questa è in serio pericolo. Non è la visione catastrofica quella che caratterizza l'insegnamento della Chiesa; ciò che preme, piuttosto, è una lettura realistica del momento presente che come ogni epoca storica è sottoposta a tante luci e molte ombre.

    Non deve meravigliare, d'altronde, l'impegno del Magistero in questo particolare settore. La Chiesa è stata impegnata in prima persona nel corso dei secoli in difesa di alcuni principi fondamentali che oggi sono patrimonio dell’umanità. Certo, all’epoca fu contestata da frange di benpensanti che proprio in nome del progresso e delle leggi dell’economia preferivano calpestare i diritti fondamentali delle persone. Come dimenticare, ad esempio, l’impegno dei missionari contro la schiavitù nei paesi soggetti alla colonizzazione oppure la difesa dei lavoratori agli inizi dell’ottocento? Oggi la posta in gioco che segnerà i prossimi decenni e la vita della società è determinata dalla difesa della dignità della persona dal suo concepimento fino alla sua morte naturale.

    L’Istruzione della Dottrina della fede, per questo motivo, si viene a porre in un momento del tutto peculiare. I suoi contenuti, particolarmente in riferimento alle varie tecniche di sperimentazione sull’embrione susciteranno reazioni diverse. Alcuni preferiranno ignorarli con supponenza come se non li riguardassero, altri rincorreranno la via più facile della derisione ed altri ancora etichetteranno quelle pagine come foriere di buio oscurantismo che impedisce il progresso e la libera ricerca. Molti altri, infine, condivideranno certamente la nostra preoccupazione e la nostra analisi. Al di là degli schieramenti, quindi, ci saranno persone che saranno provocate da queste pagine a formulare qualche interrogativo e, vorranno verificare la validità delle argomentazioni portate. Rimane, in ogni caso, una considerazione che merita di essere riportata per verificare l'ambito all'interno del quale l'Istruzione intende procedere: "La Chiesa giudicando della valenza etica di alcuni risultati delle recenti ricerche della medicina concernenti l’uomo e le sue origini, non interviene nell’ambito proprio della scienza medica come tale, ma richiama tutti gli interessati alla responsabilità etica e sociale del loro operato. Ricorda loro che il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita" (Dignitas personae, n. 10). Nessuna invasione di campo, pertanto, da parte del magistero della Chiesa quando entra in un ambito specifico come quello della sperimentazione sull’embrione, che è oggetto di più scienze di cui nessuna può arrogarsi il diritto di dire l’ultima parola. Ciò che questa Istruzione intende fare è esprimere il proprio contributo autorevole nella formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti intendono porre ascolto alle argomentazioni che vengono portate e con queste intende confrontarsi. Un intervento, pertanto, che rientra pienamente nella sua missione e che dovrebbe essere accolto non solo come legittimo, ma anche come dovuto in una società pluralistica, laica e democratica.

    Risulterebbe veramente difficile, anche per un pensiero estraneo alla fede, non ritrovarsi nell’affermazione di Dignitas personae: "Per il solo fatto d’esistere, ogni essere umano deve essere rispettato. Si deve escludere l’introduzione di criteri di discriminazione, quanto alla dignità, in base allo sviluppo biologico, psichico, culturale o allo stato di salute" (n. 8). Ciò che viene affermato, come si nota, è l’uguale dignità di ogni essere umano per il fatto stesso di essere venuto alla vita. Il vero punto di confine, quindi, per verificare la competenza dell'intervento e la sua legittimità in difesa della vita è fornito dal venire all’esistenza. Davanti a questo principio, passano in secondo ordine l’intelligenza, la bellezza, lo stato fisico, l’età, la razza o la condizione sociale, ecc. Ciò che veramente conta è la vita che viene posta in essere; vita che, fin dall’inizio, è contrassegnata come umana e che in forza di questo deve essere rispettata da tutti, sempre e senza alcuna eccezione.

    Alla luce di questi principi si comprendono i giudizi morali che vengono dati in riferimento ad alcune condizioni peculiari; in primo luogo alla sperimentazione sulle cellule staminali, sull’embrione e sulla clonazione. Ciò che muove il pensiero del magistero in proposito è in primo luogo la difesa dell’ordine creaturale, secondo cui la fecondazione e la nascita di un essere umano vanno conservati e custoditi in quell’orizzonte della natura che riflette non solo la bellezza della creazione, ma la sapienza stessa del mistero d’amore del Creatore che tutto ha organizzato in un ordine insostituibile e perfetto. Non si dovrebbe dimenticare, inoltre, un ulteriore principio che viene più volte riaffermato nel corso dell'Istruzione: l’uguaglianza fondamentale tra gli uomini. Proprio questo principio cozza contro ogni pretesa di clonazione umana o manipolazione genetica diversa da quella terapeutica . Se si vuole, Dignitas personae compie un passo in avanti nei confronti della precedente Donum vitae del 1987, quando si richiama alla difesa della dignità dell'embrione. Nella precedente Istruzione, infatti, per non entrare direttamente nel dibattito filosofico non si entrò nel merito circa la definizione dell'embrione come "persona". Nell'Istruzione odierna si esplicita testualmente che: "La realtà dell'essere umano per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non consente di affermare né un cambiamento di natura né una gradualità di valore morale poiché possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. L'embrione umano, quindi, ha fin dall'inizio la dignità propria della persona" (n. 5).

    Non sarà da dimenticare, da ultimo, il coraggio con cui Dignitas personae affronta il tema della manipolazione genetica che in molti casi ormai ha tutte le caratteristiche per essere definita eugenetica e, pertanto, intrinsecamente immorale. Questo giudizio si fonda sul presupposto che tale sperimentazione teorizza di fatto la disuguaglianza tra le persone, enfatizzando oltre misura doti e caratteristiche che non costituiscono l’essenza e la peculiarità della persona stessa. In questo senso, l'insegnamento che se ne ricava è quanto mai lungimirante. Esso provoca a riflettere sul rischio di non cadere in nuove forme di schiavitù che già si affacciano all'orizzonte. Si è dinanzi, infatti, a una schiavitù biologica secondo cui una persona si arroga il diritto arbitrario di determinare le caratteristiche genetiche di un altro essere umano. Quanto questa pretesa manifesti una hybris talmente riprovevole non ha bisogno di dimostrazione. Questo comportamento, che ben poco ha dello scientifico, non trova giustificazione alcuna se non l’esercizio del puro potere del più forte sugli altri. Una simile sperimentazione va chiamata con il suo giusto nome e non dovrà essere la Chiesa ad avere timore nel doverne denunciare i pericoli.

    Pensiamo che solo una vera educazione al rispetto di sé e degli altri, unita ad una corretta formazione a cogliere il proprio limite possa permettere un rinnovato senso di impegno per la vita. D'altronde, la grandezza della persona consiste proprio nell'avere coscienza del proprio limite e in forza di questo, saper guardare oltre verso una trascendenza infinita che ha voluto imprimere dignità alla vita umana assumendola su di sé e diventando egli stesso persona. Poiché in Gesù di Nazareth "la vita si è fatta visibile" (1 Gv 1,2) e noi ne siamo testimoni, viviamo con la responsabilità di rendere partecipi uomini e donne che incontriamo nel cammino della vita di questo grande mistero che suscita ogni giorno meraviglia e stupore.

    [01921-01.01] [Testo originale: Italiano]

    ● INTERVENTO DELLA PROF.SSA MARIA LUISA DI PIETRO

    A partire dai principi espressi nella prima parte dell’Istruzione, vengono analizzati nella seconda parte alcuni problemi che sono emersi o si sono delineati negli anni successivi alla pubblicazione dell’Istruzione Donum Vitae. Le questioni prese in esame sono:

    1) Le tecniche di aiuto alla fertilità

    2) La FIV (o fecondazione in vitro) e l’eliminazione volontaria degli embrioni

    3) La ICSI (o iniezione intra-citoplasmatica di spermatozoi)

    4) Il congelamento di embrioni

    5) Il congelamento di oociti

    6) La riduzione embrionale

    7) La diagnosi pre-impiantatoria

    8) Le nuove forme di intercezione e di contragestazione

    Occorre richiamare, prima di prendere in esame le singole questioni, i tre beni fondamentali su cui si commisurano le singole scelte:

    a) il riconoscimento della dignità di persona ad ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, con la conseguente soggettività del diritto alla vita e alla integrità fisica;

    b) l’unità del matrimonio, che comporta il reciproco rispetto del diritto dei coniugi a diventare padre e madre solo l’uno attraverso l’altro;

    c) i valori specificatamente umani della sessualità, che "esigono che la procreazione di una persona debba essere perseguita come il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi" (n. 12).

    Iniziamo l’analisi del testo a partire da quest’ultimo punto. Il desiderio da parte di una coppia di sposi di avere un figlio è più che legittimo: questo fatto giustifica, però, il ricorso a qualsiasi tecnica in grado di soddisfarlo? E quali sono le caratteristiche di quell’atto coniugale che il fare del medico e del biologo vuole sostituire con le tecniche di fecondazione artificiale?

    E’ un atto che coinvolge nella totalità e nella reciprocità i coniugi: ed è proprio in questa relazione interpersonale che può realizzarsi la chiamata all’esistenza di una nuova vita umana. Dal dono delle persone scaturisce il dono della vita: "L’atto coniugale - si legge al n. B.4 della Istruzione Donum vitae – esprime simultaneamente l’apertura al dono della vita: è un atto inscindibilmente corporale e spirituale. E’ nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre". Può questo atto essere consegnato nelle mani di estranei o essere ridotto ad una mera successione di fatti tecnici?

    Le tecniche di fecondazione artificiale nella forma sia intracorporea (ad esempio l’inseminazione artificiale con prelievo del seme fuori dall’atto coniugale) sia extracorporea (ad esempio la FIV e la ICSI) sostituiscono con la tecnica l’atto coniugale nella chiamata all’esistenza di una nuova vita: "Alla luce di tale criterio – si legge al n. 12 della Istruzione Dignitas personae – sono da escludere tutte le tecniche di fecondazione artificiale eterologa e le tecniche di fecondazione artificiale omologa che sono sostitutive dell’atto coniugale".

    Esse attuano – in altre parole – una divisione tra l’unione dei coniugi e la possibilità di procreare: da effetto di un incontro diretto e immediato dei coniugi, la nuova vita diviene il risultato di una procedura tecnica, che può essere anche perfetta da un punto di vista tecnico, ma che resta inesorabilmente impersonale. Non sono i genitori a dare la vita, ma un medico o un biologo: una presenza – quest’ultima – non accidentale, ma determinante.

    L’artificialità è, allora, sempre un fatto negativo? La risposta a questa si trova nel n. 13 della Istruzione Dignitas personae, che – richiamando la Istruzione Donum vitae – scrive: "Le tecniche che si presentano come un aiuto alla procreazione non sono da rifiutare in quanto artificiali. Come tali esse testimoniano le possibilità dell’arte medica, ma si devono valutare sotto il profilo morale in riferimento alla dignità della persona umana, chiamata a realizzare la vocazione divina al dono dell’amore e al dono della vita".

    Non vi è, dunque, rifiuto dell’artificialità in generale, ma di quella artificialità che stravolge il più personale degli atti umani, quello procreativo. Non vi è, dunque, rifiuto dell’artificialità intesa come ciò che l’uomo è in grado di produrre e può sopperire ad una funzione del corpo, ma di quell’artificialità che contraddice la natura dell’essere umano.

    Artificialità non equivale ad impiego di una tecnica: essa può essere lecitamente utilizzata anche in presenza di infertilità. Stimolare l’ovulazione, effettuare interventi di microchirurgia per rimuovere zone di endometriosi o per restaurare la pervietà di una tuba di Falloppio, sono forme di intervento tecnico che hanno il solo scopo di restituire la funzionalità ad un organo necessario per una procreazione altrimenti non possibile. Ed ancora, prelevare il seme ottenuto durante l’atto coniugale con un SCD (Semen Collection Device) perforato per veicolarlo, previa preparazione, nelle vie genitali femminili, comporta un ricorso alla tecnica, ma l’intervento del medico è successivo – di aiuto – ad un atto coniugale già verificatosi. "Il medico – si legge al n. 12 della Istruzione Dignitas personae – è al servizio delle persone e della procreazione umana: non ha facoltà di disporre né di decidere di esse. L’intervento medico è in questo ambito rispettoso della dignità della persona, quando mira ad aiutare l’atto coniugale sia per facilitare il compimento, sia per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto".

    Non vi è dubbio che la difficoltà di avere un figlio può essere motivo di grande sofferenza per la coppia. Per questo motivo il desiderio di una gravidanza è da considerare un’esigenza profondamente umana. È, quindi, necessario, innanzitutto, prevenire l’infertilità in tutte quelle situazioni in cui essa possa essere riconducibile a comportamenti a rischio individuali o a non adeguati interventi di ecologia ambientale o di politica della casa e del lavoro. Si pensi – a questo proposito – che il primo fattore di rischio di infertilità è l’età avanzata della donna nel momento in cui si cerca una gravidanza. Si legge, infatti, al n. 13 della Istruzione Dignitas personae: "C’è da osservare, infine, che meritano un incoraggiamento la ricerca e gli investimenti dedicati alla prevenzione della sterilità". Ed ancora deve essere massimo l’impegno nella diagnosi e nella cura della sterilità.

    Qualora, però, questo tipo di interventi non consenta alla coppia di realizzare questa legittima aspirazione, la risposta non può passare attraverso la violazione del diritto alla vita del nascituro o alla distruzione dei significati stessi del matrimonio e della coniugalità. Si deve, invece, aiutare la coppia a scoprirsi "feconda": "Per venire incontro – si legge al n. 13 della Istruzione – al desiderio di non poche coppie di avere un figlio, sarebbe auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare, con opportune misure legislative, la procedura dell’adozione dei numerosi bambini orfani, che hanno bisogno per il loro adeguato sviluppo umano di un focolare domestico".

    Il ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, come la FIV e la ICSI, porta alla "produzione" di un essere umano. Il rapporto tra chi fabbrica (il medico) e chi ordina (gli aspiranti genitori) la vita e chi viene fabbricato (l’embrione umano) è simile a quello di un produttore con il suo prodotto: e ciò che è prodotto può essere manipolato, selezionato, scartato.

    "(Il) desiderio (di un figlio) – si legge al n. 16 della Istruzione – non può giustificare la produzione, così come il desiderio di non avere un figlio già concepito non può giustificare l’abbandono e la distruzione". È questo il punto centrale della valutazione etica delle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea, cui si aggiungono altre considerazioni tese a confutare le affermazioni di chi ne sostiene, invece, l’uso. Viene, in modo particolare, evidenziata l’elevata perdita di embrioni umani o – come viene definita – l’elevata abortività delle tecniche di fecondazione artificiale. Tale elevata perdita di embrioni non si è modificata con il passare degli anni (oltre l’80% degli embrioni viene perso anche nei centri più accreditati) ed è insita alla tecnica stessa. Di conseguenza, seppur talora in apparenza non ricercato, il sacrificio di embrioni è, comunque, previsto. Né questa perdita può essere paragonata a quella che si ha, naturalmente, di embrioni: ciò che in natura si manifesta come danno all’essere umano va – se possibile – corretto, ma non certamente imitato.

    Alla perdita degli embrioni legata alla tecnica (asincronia ovaio/endometrio; alterazioni cromosomiche, etc.) vanno aggiunte le perdite "volute": per scopi selettivi (con la diagnosi preimpianto); per aumentare la possibilità di annidamento di embrioni in utero (con il trasferimento di un numero elevato di embrioni e conseguente aborto selettivo); per creare una "scorta" di embrioni da utilizzare in un secondo momento. "Questa triste realtà – si legge al n. 15 della Istruzione – spesso taciuta, è del tutto deprecabile in quanto le varie tecniche di riproduzione artificiale che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono a nuovi attentati contro la vita". Una situazione paradossale, che non verrebbe, tra l’altro, ammessa in nessun’altra situazione medica: ovvero che una tecnica abbia un tasso così elevato di esiti negativi e fatali.

    Quali conseguenze del ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale extracorporea vi sono, dunque, la crioconservazione (congelamento) degli embrioni e la riduzione delle gravidanze multiple qualora siano stati trasferiti più embrioni di quelli che possono realmente svilupparsi in utero.

    La prassi della crioconservazione di embrioni viene valutata dalla Istruzione Dignitas personae (n. 18) come "incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani", dal momento che: ne presuppone la produzione in vitro; li espone a rischio di morte o di danno alla loro integrità; li priva temporaneamente dell’accoglienza materna; li espone ad ulteriori offese e manipolazioni. Spesso questi embrioni sono in stato di abbandono e si pone la domanda "cosa fare di loro?".

    A chi ha come solo scopo di svuotare le banche di embrioni, si contrappone chi si rende conto della grave ingiustizia fatta nei loro confronti e vorrebbe porvi rimedio. Premesso che cercare una soluzione senza far cessare la produzione di embrioni è un fatto di per sé sbagliato, la Istruzione Dignitas personae esclude sia l’uso degli embrioni abbandonati (orfani) per la ricerca o per usi terapeutici, sia il loro scongelamento, sia la loro cessione a coppie infertili: In quest’ultimo caso si ricadrebbe in una forma di fecondazione artificiale eterologa e di maternità surrogata. Anche la cosiddetta "adozione prenatale", pur essendo "lodevole nelle intenzioni", presenta "vari problemi non dissimili da quelli sopra elencati" (n. 19).

    Risulta, dunque, evidente come l’unica vera soluzione sia la cessazione della produzione di embrioni. "Non si intravede – come ricordava già nel 1996 Giovanni Paolo II – una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni congelati…" (n. 19).

    Il ricorso alla riduzione embrionale, che si configura come "un aborto intenzionale" e che non trova mai alcuna giustificazione, è considerato inaccettabile (cf. n. 21), così come la diagnosi preimpianto, in cui lo strumento diagnostico è strettamente collegato con l’eliminazione dell’embrione "considerato ‘sospetto’ di difetti genetici o cromosomici o portatore di un sesso non voluto o di qualità non desiderate" (n. 22). Si attua, così una vera e propria forma di eugenismo che "porta a non riconoscere lo statuto etico e giuridico di esseri umani affetti da gravi patologie o disabilità" (n. 22).

    Il collegamento con le tecniche di fecondazione artificiale e le già indicate conseguenze a danno dell’embrione umano sono le ragioni del rifiuto della crioconservazione di oociti in ordine "al processo di procreazione artificiale" (n. 20).

    Un’altra forma di attentato alla dignità di persona dell’embrione umano è rappresentato dal ricorso a prodotti ad azione intercettiva, che impediscono l’annidamento dell’embrione in utero, o ad azione contragestativa che provocano il distacco dell’embrione già annidato. Tra i prodotti intercettivi si fa riferimento alla spirale e alla "pillola del giorno dopo"; il prodotto controgestativo più noto è la pillola RU486, oltre le prostaglandine e il Metrotrexate. Per quanto riguarda l’intercezione, con cui l’azione di impedimento dell’impianto può essere – anche se non sempre – presente, è da sottolineare che già la sola probabilità che questo possa avvenire rende l’intenzionalità di chi la prescrive e di chi la usa abortiva.. Di conseguenza – si legge al n. 23 della Istruzione Dignitas personae – "l’uso dei mezzi di intercezione e di contragestazione rientra nel peccato di aborto ed è gravemente immorale" (n. 23).

    [01922-01.01] [Testo originale: Italiano]

    ● INTERVENTO DI S.E. MONS. ELIO SGRECCIA

    La terza parte dell’Istruzione Dignitas personae comprende i numeri 24-35 cui fanno seguito due numeri dedicati alla conclusione generale di tutto il documento. In questi brevi e concisi passaggi vengono esaminate, soprattutto dal punto di vista etico, le più recenti prospettive di ricerca; alcune sono cariche di speranza per la terapia, mentre altre sono segnate da problematicità etica.

    1. Anzitutto viene presentato un breve giudizio sulla terapia genica, i cui progressi ancora sono limitati rispetto alle grandi attese coltivate dopo la scoperta del DNA e dei suoi meccanismi replicativi, dopo la messa a punto delle tecniche di ingegneria genetica e dopo il sequenziamento del DNA umano portato a termine con grande dispendio di energie intellettuali e di risorse finanziarie. Per ora la possibilità di sostituire geni malformati, causa e origini di malattie genetiche, rimane una speranza. Ma gli scienziati non disperano e guardano al miglioramento delle tecniche, in particolare all' individuazione di vettori più sicuri.

    Quello che il Documento evidenzia è che occorre tenere conto di una fondamentale distinzione: la terapia genetica teoricamente si può applicare alle cellule somatiche con finalità direttamente terapeutiche, o sulle cellule germinali. Sulle cellule somatiche si può intervenire ad esempio a livello del midollo spinale per correggere le cellule emopoietiche malate in un determinato soggetto e l'effetto prodotto rimane limitato all'individuo. Quando si interviene a livello di cellule germinali, invece, l'effetto è diverso, perché le cellule della linea germinale vanno a comporre i gameti e vanno a influenzare la ereditarietà e la discendenza. Non essendo ancora sicura la tecnica, per quanto riguarda l'intervento sulle cellule germinali, questo tipo d'intervento non è eseguibile, perché può comportare il rischio di indurre malformazioni nel patrimonio genetico ereditario, delle generazioni future.

    Pertanto la norma etica è che, con le debite condizioni deontologiche proprie di ogni intervento medico, è possibile tentare di correggere geneticamente soltanto le cellule somatiche. Sono stati eseguiti interventi clinici con trattamento ex vivo, cioè prelevando cellule dell'individuo e trattandole geneticamente in laboratorio e poi reinserendo le cellule trattate. Sono stati fatti tali interventi clinici sulle cellule somatiche per la correzione di patrimonio genetico di cellule emopoietiche e in ambito immunologico. Esistono ancora difficoltà e rischi, ma in linea di principio il Documento considera che questa prospettiva può essere considerata eticamente praticabile. Mentre l'intervento sul patrimonio genetico delle cellule germinali, in assenza di possibilità di controllo, rimane vietato. Il Documento su questo punto rimarca questo divieto che oggi di fatto è condiviso anche dalla maggioranza degli scienziati.

    Il Documento prende in esame, in appendice a questo tema, l'ipotesi dell'uso di tecniche di ingegneria genetica per il "miglioramento genetico". Si tratta di un'ipotesi presa in esame dalla letteratura, ma questa ipotesi può sconfinare verso la ideologia, perché la realizzazione poggerebbe su pratiche di eugenismo negativo (eliminazione di embrioni meno dotati)o di eugenismo positivo cioè con potenziamento di dotazione genetica. In tale ottica eugenetica questa strategia è condannabile nelle finalità e nei metodi.

    Altra cosa è il miglioramento della salute nelle popolazioni curando i metodi e le strategie dell'igiene, dell'alimentazione e l'eliminazione delle malattie infettive, ecc. Il Documento si esprime con la condanna dell'eugenismo alternativo e migliorativo a carattere ideologico perché fonte di disuguaglianza e discriminazione. Perciò anche proposte del "transumanesimo" fatte da alcuni filosofi e genetisti rimangono fuori dal consenso etico della Chiesa e credo anche dal consenso civile.

    2. Un argomento che ha scosso l’opinione pubblica e il mondo scientifico, ripreso nei nn. 28-30 dal Documento, è costituito dalla clonazione. L’impressione, generata a suo tempo, fatta di esaltazione e di paura della scienza manipolatoria, è calata di molto, dopo che due insuccessi hanno quasi posto in oblio questo percorso di ricerca. Il primo insuccesso è stato a carico del primo animale clonato: la pecora Dolly è morta, precocemente invecchiata, uccisa con morte pietosa e giunta a pochi mesi di età. L'altro incidente fu a carico di uno scienziato che in Corea aveva divulgato il successo di clonazioni umane, che in realtà non furono comprovate come vere. Da allora la stampa e le polemiche delle assemblee parlamentari nazionali e internazionali sono cessate.

    In realtà la manipolazione che si realizza con la clonazione è profonda e ai limiti della sfida dalle leggi della stessa biologia: si tratta di generazione asessuale e agamica, operata per la cosiddetta divisione gemellare o più frequentemente per nucleo transfer.

    La distinzione tra clonazione riproduttiva e clonazione terapeutica è, come si sa, una distinzione insostenibile, perché anche quella cosiddetta terapeutica presuppone sempre una riproduzione.

    La clonazione riproduttiva, per ora utilizzata soltanto in ambito zoologico e botanico, nel caso dell'uomo è stata immaginata per soddisfare ad alcuni desideri: il controllo della evoluzione, la scelta predeterminata del sesso, la sostituzione di una persona cara deceduta con una di simile aspetto: grazie a Dio sono rimaste ipotesi teoriche.

    Continua a sollecitare la volontà degli sperimentatori la clonazione terapeutica per realizzare individui con patrimonio genetico predeterminato, e perciò idoneo a fornire cellule staminali embrionali, trasferibili per determinate terapie. Il tema si lega a quello dell'uso delle cellule staminali embrionali.

    Quanto al giudizio etico sulla clonazione, il Documento elenca le ragioni in contrario sia per il tipo di clonazione terapeutica sia quella riproduttiva: l'esercizio di dominio da parte dell'uomo sperimentatore sull'essere umano clonato fa sorgere la più forte obiezione per l'offesa alla dignità umana e la strumentalizzazione dell'essere umano da parte di un altro uomo. Per quanto riguarda l'aspetto riproduttivo, non c'è soltanto la separazione della dimensione unitiva da quella procreativa come nelle procreazioni artificiali, ma c'è l'alterazione delle dimensioni di paternità-maternità, con la creazione di un essere privo di ancoraggio parentale umano. In ogni caso lo stesso principio dell'uguaglianza fra uomini verrebbe sconvolto.

    Riguardo alla stessa clonazione terapeutica, a parte l'intenzione e la problematicità del successo, il Documento sottolinea la strumentalizzazione dell'uomo sull'uomo che sta alla radice di questa procedura.

    3. La medicina rigenerativa: l'uso e la sperimentazione delle cellule staminali. Come è noto, sembra essere questa la scoperta più promettente, una fase nuova della medicina: quella che utilizza cellule specializzate e primitive che si trovano all'interno del corpo umano, capaci di moltiplicarsi, anche fuori dell'organismo e capaci di specializzarsi in diversi tipi di tessuti una volta trasferite e pertanto orientate a sostituire cellule malate e così rigenerare tessuti. Il Documento ricorda le sorgenti da cui possono essere raccolte le cellule staminali, praticamente da diverse sedi del corpo adulto, dal sangue del cordone ombelicale, dall'embrione e dai feti abortiti.

    La differenza significativa si è stabilita fra le cellule staminali embrionali e tutte le altre di origine somatica: tale differenza si è imposta soprattutto per un fatto eticamente rilevante, per il fatto che le cellule staminali embrionali si possono prelevare, e di fatto si prelevano, nell'embrione allo stadio di blasticiste fecondato in vitro o da residui della fecondazione artificiale, provocandone la morte. Questo fatto ha posto una specie di criterio discriminante che ha diviso i ricercatori, per il riferimento alla identità dell'embrione come essere umano. Inoltre, nonostante la priorità e l'impegno della ricerca sulle cellule staminali embrionali, le ricerche non hanno offerto finora risultati significativi in ordine alla plasticità e all’efficacia nella rigenerazione dei tessuti, mentre nel frattempo la ricerca nelle cellule staminali somatiche hanno dato e continuano a dare risultati nel piano sperimentale e ormai anche nelle applicazioni cliniche.

    La Pontificia Accademia per la Vita aveva pubblicato già con data del 25 agosto 2000 una Dichiarazione nel senso del divieto dell'uso delle cellule staminali embrionali, a motivo della distruzione dell'embrione ed ha dato l'incoraggiamento per la sperimentazione e per l'uso delle cellule staminali somatiche con prelievo dell'organismo adulto, da feti abortiti spontaneamente o da sangue del cordone ombelicale. Nel 2006 il Congresso organizzato dalla stessa Pontificia Accademia per la Vita, insieme alla Federazione Internazionale dei Medici Cattolici, ha incoraggiato questa strada sulla scorta dei risultati ottenuti dai vari gruppi ricerca.

    Il Documento sintetizza le stesse posizioni precisando anche il problema etico di collaborazione che si pone per chi acquista e utilizza le cellule staminali embrionali tramite il commercio, anche se procurate e raccolte da altri. Nella polemica intensa sia nella stampa fra gli apposti gruppi di ricercatori sia in Parlamento hanno influito anche gli interessi economici attorno alla cattura dei fondi statali o internazionali posti a disposizione per i ricercatori.

    4. Per l'aggiornamento è rilevante una notizia che non è presente nel Documento per prudenza verso una novità ancora da consolidare: nel Congresso del 2006 uno scienziato giapponese Yamanaka ha proposto una tecnica d'ingegneria genetica per la quale risulta possibile la riprogrammazione di una cellula somatica fino a riportarla allo stadio di cellula embrionale, senza passare per la formazione dell'embrione. Questo fatto, qualora venga comprovato, farebbe cadere ogni motivo per sostenere la ricerca sulle cellule provenienti dall'embrione.

    Il Documento inoltre cita nella nota 49 anche alcune nuove tecniche che si avvalgono di procedimenti che implicano il dubbio sulla riproduzione dell'embrione, anche se i ricercatori che le propongono sostengono che le cellule embrionali sarebbero prodotte senza che venga formato l'embrione: si tratta di tecniche sperimentali di dubbia eticità e sono l'Altered Nuclear Transfer (ANT) e l' Oocyte Assisted Reprogramming (OAR) e l'applicazione della partenogenesi all'uomo. Il Documento si limita a dire: "Queste proposte hanno suscitato non pochi interrogativi scientifici ed etici riguardanti soprattutto lo statuto ontologico del ‘prodotto’ così ottenuto".

    5. La terza parte dell’Istruzione si conclude con un giudizio negativo sui recenti tentativi di clonazione ibrida, in cui sono stati utilizzati ovociti animali per la riprogrammazione di nuclei di cellule somatiche umane al fine di estrarne cellule staminali embrionali. In proposito il Documento afferma al n. 33: "Dal punto di vista etico simili procedure rappresentano una offesa alla dignità dell'essere umano a causa della mescolanza di elementi genetici umani ed animali capaci di turbare l'identità specifica dell'uomo".

    6. Infine il Documento nei due numeri 34-35 esamina criticamente il caso di cooperazione al male che si realizza quando si utilizza "materiale biologico" proveniente da feti o da embrioni volontariamente abortiti o sottoposti a congelamento dopo procreazione artificiale o, comunque, profittando di fatti illeciti anche quando di tali fatti non si è stati né partecipi né consenzienti.

    Riferendosi al paragrafo rispettivo dell’Istruzione Donum vitae, ove si parla della utilizzazione a fini di ricerca dei cadaveri di feti o embrioni volontariamente abortiti, chiarendo le condizioni già poste da Domun vitae (1,4), si afferma nel nostro Documento che per la liceità di una tale utilizzazione, pur condotta per nobili fini, normalmente non basta la sola indipendenza e separazione delle responsabilità tra chi opera l'illecito e utilizza il cadavere, quando c'è una situazione permessa ingiustamente dalla legge e che si diffonde nella prassi.

    L'obbligo di rimuovere lo scandalo obbliga a non partecipare a simili concomitanti utilizzazioni dei misfatti, ma ad assumere una posizione di dissenso, rifiutando di utilizzare anche se indirettamente i risultati di tali eventi. Questa norma di coerenza può consentire ugualmente, come avviene negli USA, l'utilizzazione di preparati per la vaccinazione dei bambini nelle scuole, anche se soltanto remotamente provengono dalle utilizzazioni di feti abortiti, ma comunque in questa situazione si richiede una mobilitazione perché questo tipo di vaccino venga sostituito con altri preparati ormai possibili.

    Come si vede, si tratta di tematiche ricche di novità, di complessità e di responsabilità etica che impegnano i ricercatori, ma anche i cittadini e i formatori della coscienza degli operatori.

    [01923-01.01] [Testo originale: Italiano]

    [B0778-XX.01]