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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA XXIII CONFERENZA INTERNAZIONALE SUL TEMA: "LA PASTORALE NELLA CURA DEI BAMBINI MALATI" (CITTÀ DEL VATICANO, 13-15 NOVEMBRE 2008), 11.11.2008


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA XXIII CONFERENZA INTERNAZIONALE SUL TEMA: "LA PASTORALE NELLA CURA DEI BAMBINI MALATI" (CITTÀ DEL VATICANO, 13-15 NOVEMBRE 2008)

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. JAVIER LOZANO BARRAGÁN

INTERVENTO DI S.E. MONS. JOSÉ L. REDRADO, O.H.

INTERVENTO DI P. FELICE RUFFINI, M.I.

Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la presentazione della XXIII Conferenza Internazionale sul tema: "La Pastorale nella cura dei Bambini malati", promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute), che si terrà nei giorni 13, 14 e 15 novembre 2008 in Vaticano, presso l’Aula Nuova del Sinodo.

Intervengono alla Conferenza Stampa: l’Em.mo Card. Javier Lozano Barragán, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute); S.E. Mons. José L. Redrado, O.H., Segretario del medesimo Pontificio Consiglio; il Rev.do P. Felice Ruffini, M.I., Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio; la Prof.ssa Bruna Costacurta, Professore ordinario di Esegesi biblica nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Gregoriana, Roma; il Prof. Alberto G. Ugazio, Coordinatore del Dipartimento di Medicina pediatrica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma.

Pubblichiamo di seguito gli interventi del Cardinale Javier Lozano Barragán, di S.E. Mons. José L. Redrado, O.H. e di P. Felice Ruffini, M.I.:

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. JAVIER LOZANO BARRAGÁN

Nello scorso decennio oltre due milioni di bambini sono stati uccisi nel corso di conflitti armati, 6 milioni sono rimasti invalidi, decine di migliaia sono stati mutilati dalle mine antiuomo, mentre, di recente, sono stati reclutati 300.000 bambini soldato. Oltre 4 milioni e 300 mila bambini sono morti di AIDS, ogni giorno, solo in Africa, settemila sono colpiti dal virus, e si contano già in oltre 14 milioni gli orfani a causa di questa malattia. La povertà resta la causa principale delle malattie dell’infanzia. Un miliardo e duecento milioni di persone vivono con meno di un dollaro al giorno. Perfino nei Paesi più ricchi, un bambino su sei vive sotto il livello di povertà. Il problema della droga, poi, si è esteso in proporzioni allarmanti anche agli stessi centri scolastici infantili. Il 30% dei bambini con meno di cinque anni soffrono la fame o sono mal nutriti, mentre il 50% di tutta la popolazione dell’Africa sub-sahariana non ha accesso all’acqua potabile.

Duecentocinquanta milioni di bambini al di sotto dei 15 anni lavorano, tra questi circa 60 milioni in condizioni di pericolo. Secondo l’Organizzazione Mondiale del Lavoro, 120 milioni di bambini e bambine, tra i 5 e i 14 anni, lavorano a tempo pieno, molti per 6 giorni alla settimana e alcuni perfino 7, spesso obbligati a farlo rinchiusi in locali privi di aerazione, male illuminati e con guardie armate per evitare che fuggano.

Oggi molti bambini e adolescenti sono abbandonati a se stessi e ai loro istinti. L’ambiente in cui vivono è dominato da Internet e dalla televisione. Ovunque sono presenti apparecchi stereofonici, lettori di compact disk, computer, "playstations", fotocamere digitali e cellulari. Non esistono controlli per i programmi televisivi o per internet, in cui navigano senza alcun tipo di guida morale. Il commercio sessuale, la pedofilia, la violenza nelle scuole, i crimini, le bande organizzate, ecc., sono fenomeni sempre più in espansione. Secondo dati dell’ISTAT, in molti Paesi un bambino in età scolare avrà visto 15.000 ore di TV e avrà "assistito" a 18.000 omicidi in un ambiente carico di violenza, droga e sesso.

Molte famiglie hanno rinunciato al loro dovere educativo. Il padre e la madre lavorano e non hanno mai tempo per i figli. Non danno loro amore o cure, non intessono una comunicazione personale, non si preoccupano di formare la loro coscienza morale, insegnando a distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo. Ancor peggio è quando le famiglie sono divise e si dividono i figli. Molte volte l’educazione scolastica si riduce ad una mera informazione, rinunciando all’autentica formazione giacché prevale la norma della "non-direttività", in quanto si ritiene che la norma danneggi i diritti dei bambini all’auto-determinazione.

In queste circostanze, la domanda è stimolante: come dovrà essere la Pastorale nella cura dei bambini malati?

Pur se l’argomento è complesso, cercheremo di dare una risposta nel corso della XXIII Conferenza Internazionale. È nostro desiderio approfondire la problematica concentrandoci sulle malattie di questi bambini e porci degli interrogativi alla luce di ciò che ci dice la Parola di Dio al riguardo e, di conseguenza, di ciò che dobbiamo fare. Come siamo soliti procedere nelle nostre Conferenze internazionali, l’ordine che seguiremo è molto semplice: situazione, riflessione, azione. L’obiettivo che vogliamo raggiungere è orientare la Parola di Dio verso un’azione pastorale appropriata. Tale orientamento ci giunge in particolar modo dal Santo Padre, che ci ha sempre guidato con il suo Magistero in queste nostre Conferenze.

Nella prima parte, "Situazione", ci porremo domande sulla realtà e sull’origine delle malattie infantili. Inizieremo con la storia delle cure dei bambini malati nel mondo, la demografia della popolazione infantile e la sua mortalità. Studieremo, in seguito, le principali affezioni che colpiscono i bambini, per poi valutare se la globalizzazione costituisce un’opportunità o un rischio per quelli che sono malati. Quanto all’origine delle malattie infantili, a partire dall’aspetto personale tratteremo dello stile di vita e dell’alimentazione; dal punto di vista tecnico e scientifico ci focalizzeremo sui cambiamenti tecnologici e industriali, sulle moderne scienze pediatriche e sui nuovi medicinali per bambini; relativamente all’aspetto politico, studieremo gli attuali cambiamenti politici, le legislazioni, i sistemi sanitari, le assicurazioni, il ruolo che svolge la famiglia e il tempo libero; per l’aspetto ecologico, ascolteremo le iniziative dell’Organizzazione Mondiale della Salute in materia e ci occuperemo dei cambiamenti climatici, della contaminazione dell’acqua e dell’inquinamento ambientale.

Passeremo, in seguito, alla "Riflessione". Ci chiederemo cosa ci dicono la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa sulla cura dei bambini, quali sono state queste cure nel corso della storia della Chiesa e quale è stata la testimonianza dei Santi che hanno consacrato la loro vita alla cura dell’infanzia ammalata. Da questi dati continueremo la nostra riflessione attraverso le tre virtù teologali di fede, speranza e carità, per sfociare poi nella responsabilità cristiana nei confronti dei bambini infermi. Termineremo, quindi, la nostra riflessione con un dialogo sulle grandi religioni: Ebraismo, Islamismo, Induismo, Buddismo. Sarà importante, infine, esaminare la posizione della post-modernità in relazione ai bambini malati. A questo proposito ricordiamo che il 25 marzo scorso, alcuni legislatori di un Paese europeo hanno proposto l’ampliamento della legge sull’eutanasia ai bambini malati terminali.

La terza parte è dedicata all’ "Azione". Di che tipo di catechesi e formazione nella fede abbiamo bisogno per far fronte a questa grave problematica? Come procedere a livello sacramentale con questi bambini? Come adoperare le scienze psicologiche in questa cura? Dal punto di vista medico tratteremo della ricerca riguardante i medicinali, la nutrizione e lo stile di vita, delle Istituzioni sanitarie, delle cure mediche e dell’accompagnamento. Dal punto di vista socio-politico sottolineeremo la funzione che devono avere i mezzi di comunicazione sociale, i sistemi sanitari nazionali e internazionali, le legislazioni, il problema delle migrazioni, le risorse economiche, scientifiche, tecnologiche, le politiche di alimentazione e l’igiene sociale. Quanto alla famiglia, ne studieremo il ruolo nei riguardi dei figli piccoli malati, e passeremo a considerare anche il personale sanitario e il bambino malato. A livello pastorale, ci chiederemo quale è il compito della Diocesi, della parrocchia, degli Ordini e Congregazioni religiose, nonché dei volontari, nei riguardi di questi bambini, come sostenerli spiritualmente con i sacramenti e le preghiere, e come visitarli pastoralmente.

Quarantuno specialisti, provenienti da vari Paesi, e con la massima qualificazione nel ramo specifico che tratteranno, svilupperanno questo insieme di temi, che senza dubbio ci apriranno campi d’azione molto preziosi per meglio assistere, da un punto di vista pastorale, i nostri piccoli fratelli infermi.

Come detto all’inizio, tutto il nostro studio riceverà una illuminazione definitiva dalla parola di Sua Santità Benedetto XVI, il cui Magistero sarà il culmine di tutti nostri sforzi per conferire un orientamento di valore su come condurre una pastorale efficace nella cura dei bambini infermi.

La nostra XXIII Conferenza Internazionale avrà luogo dal 13 al 15 novembre, nella Città del Vaticano, presso l’Aula del Sinodo dei Vescovi.

[01726-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. JOSÉ L. REDRADO, O.H.

Il bambino malato

Non è facile stare di fronte a una persona malata; non lo sappiamo fare, siamo a disagio, è una cosa ardua, difficile. Tutti lo abbiamo sperimentato, in particolare si sente più a disagio il sacerdote, porta "armi" di difficile appoggio per sentirsi sicuro di fronte al malato; il personale sanitario ha l’appoggio tecnico che molte volte gli fa da barriera, che gli dà autorità, prestigio... Sono armi difensive. Tutti abbiamo vissuto queste o simili situazioni di fronte al malato.

Se ciò è vero, quando il malato è un bambino il problema si aggrava. È il mistero del dolore che non ha età. Soffrire all’inizio della vita, perché? Perché soffrono e muoiono i bambini, gli innocenti?

Nell’ospedale pediatrico, sicuramente il sacerdote non avrà tempo per analizzare, come fa lo psicologo, esperienze, stadi, pensieri e reazioni del bambino di fronte alla "sua malattia" o alla "sua morte". Lasciamo questa analisi agli specialisti e pensiamo globalmente alla vita quotidiana dell’ospedale nelle molteplici scene di genitori e figli che soffrono; in molti casi l’attenzione pastorale dovrà ricadere più sui primi – nel loro dolore e nella loro angoscia – che sui figli, giacché questi sono molto piccoli di età. Se il lavoro dell’ospedale si realizza in una équipe vera, il servizio pastorale sarà aiutato dagli altri professionisti, soprattutto psicologi, assistenti sociali, ecc. Basterà essere presenti nell’équipe per "trarre beneficio" dalla competenza di detti professionisti al servizio della Pastorale.

Credo che il servizio pastorale debba svolgere un ruolo importante nel binomio bambino-genitori e soprattutto bambino-madre, per captare esperienze, necessità, problemi; per captare la vita e esservi presente. Per questo le attenzioni pastorali si orienteranno maggiormente verso una relazione di aiuto in cui nasca la fiducia e a partire dalla quale si potranno ricostruire tanti problemi vitali che affiorano nei momenti di dolore. La Pastorale migliore sarà, quindi, una presenza continua, discreta, non invadente, una presenza organizzata e coordinata, che accentui i punti forti di necessità delle persone nell’ospedale: al centro il bambino ammalato e attorno a lui i suoi genitori e il personale sanitario. Non è questo il luogo per scoprire quali debbano essere gli atteggiamenti, le forme, gli stili di presenza dei componenti il servizio pastorale, che si devono invece studiare ed arricchire con l’esperienza; credo che sapersi "situare", cioè sapere dove stare, conoscere quali sono le necessità basilari, avere la garanzia di possedere un minimo di qualità per il ministero in quel luogo, e organizzare il servizio, sia il bagaglio imprescindibile su cui devono contare tutti i componenti del servizio pastorale. Tutti questi criteri aiuteranno a costruire giorno dopo giorno la presenza, il dialogo, l’aiuto, la celebrazione sacramentale e liturgica; daranno luce alle nostre parole, senso ai nostri gesti; sentiremo il piacere di condividere speranze e disperazioni, dolori, angustie e gioie per il successo, la guarigione...; vedremo nascere vite nuove, resuscitate in mezzo al dolore e alla morte. Basta non lasciarsi cogliere dalla routine, dall’improvvisazione, dal non sapere cosa fare.

Oggi lo Spirito è presente, operante, oggi continua a scegliere annunciatori di novità di vita, di resurrezione, d’amore, di gioia, di festa. A questa chiamata dello Spirito dobbiamo dare risposte entusiaste e intelligenti, che nascano dalla fede, pieni dello Spirito. I rischi e la fatica saranno tanti, però vale la pena gridare con la forza dello Spirito: "sono qui". Evangelizzati per evangelizzare. Convinti che quanto annunciamo non è patrimonio nostro ma che ci viene affidato dal Signore: "Andate ed evangelizzate". Convinti anche che il disegno di Dio viene condizionato dalla libertà degli uomini che rifiutano, non accolgono il messaggio. Dobbiamo seguire l’esempio di Gesù, degli Apostoli, e di tanti evangelizzatori che non si ritrassero di fronte alle difficoltà, anzi si armarono di coraggio, di entusiasmo e di speranza. È necessario, per questo, non lasciarsi vincere dalle "malattie del corpo" che possono frenare l’entusiasmo evangelizzatore: la poca salute, l’età avanzata, la stanchezza... Ancor meno, lasciarsi vincere dalle "malattie dello spirito: l’apatia, la tristezza, la mancanza di entusiasmo, le contraddizioni, le infinite difficoltà...". Occorre esercitarsi piuttosto nei doni dello Spirito: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5, 22), la forza, la speranza, convinti che le grandi opere sono frutto di Dio, ma che hanno bisogno della nostra collaborazione. Nascerà così la nuova evangelizzazione: nuova nell’ardore, nuova nei metodi, nuova nelle espressioni. Sono queste le basi e i criteri su cui dobbiamo organizzare un servizio pastorale nell’ospedale pediatrico che garantisca la presenza evangelizzatrice.

Decalogo di assistenza integrale del bambino malato

Quando ero cappellano dell’ospedale pediatrico San Giovanni di Dio di Barcellona, è stato scritto un decalogo che abbraccia aspetti scientifici, umani, deontologici e religiosi, una sorta di impegno dell’ospedale a realizzare un’assistenza integrale del bambino malato. Il decalogo è il seguente:

1. la cura integrale del bambino è il nostro primo e principale dovere;

2. dichiariamo di sottomettere la nostra opinione e il nostro amore alla verità scientifica;

3. la pratica della docenza attraverso il bambino non sarà mai lesiva per lui e non ne offenderà la dignità;

4. nel campo della pediatria il medico e il personale infermieristico agiscono come delegati dei genitori e per questo nel loro lavoro assistenziale deve guidarli l’amore del bambino;

5. ogni dubbio che sorgesse nel trattamento del bambino sarà risolto tramite consulta al necessario livello;

6. di fronte al bambino malato non esistono condizionamenti derivati da razza, religione, nazionalità, livello sociale o amicizia;

7. anche il bambino incurabile ha diritto a vivere, ad essere curato e amato;

8. daremo al compagno o all’istituzione che proseguirà il trattamento del bambino tutta l’informazione precisa possibile;

9. promuoveremo la pediatria sociale, la prevenzione delle malattie e degli incidenti dei bambini mediante campagne popolari e riunioni scientifiche;

10. ci dichiariamo solidali e partner dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’UNICEF.

[01727-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI P. FELICE RUFFINI, M.I.

Il Sacerdote inviato nell’ambito della "Pastorale nella cura dei Bambini malati"

Il "servizio pastorale" di un sacerdote inviato in "Centri di Cura Pediatrici" richiede particolari e specifici connotazioni più esigenti di quelli dovuti in ordinarie situazioni di vita. L’ambito nel quale deve portare la "Parola" e il messaggio d’amore di Dio Misericordioso, pone molteplici inquietanti interrogativi da piccoli e grandi.

Ovviamente gli interrogativi si fanno più drammatici nelle situazioni di patologie che producono inabilità permanenti, e più ancora quando si manifesta come rapida corsa verso un irrimediabile immatura fine della vita.

È necessario che il Cappellano si rivesta dei panni del "fratello maggiore", un "amico" che non ti può tradire, che ti sta lì accanto per darti sicurezza e può tirarti fuori almeno dal buio che improvvisamente ti è piombato addosso. L’accentuata fragilità a 360° del piccolo "malato", esige che il rapporto si stabilisca su un livello che gli è congeniale, per fargli sentire che non è solo in quella dura personale lotta con la vita.

L’atteggiamento di "fratello maggiore" è il primo passo per stabilire un rapporto molto umano e sensibile, con la capacità di aprire una finestra nella mente e nel cuore del bambino malato, per potergli poi rivelare e comunicare che la sua è una esistenza consacrata ad essere un "Alter Christus". Un passo certamente non facile per tutti e che forse richiede anche qualche rinuncia, ma che ben si inquadra nella linea del nostro Maestro Divino: "In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà». (Lc 18, 17)

Ma è la via "umana" più appropriata per fare trasparire dalla sua azione pastorale l’amore di Cristo Gesù espressa nell’accoglienza dei bimbi che gli si affollavano intorno e che ai discepoli che li volevano allontanare diceva, benedicendoli e accarezzandoli: "Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli" (Mt 19, 14)

È un rapporto tra Pastore e Bimbo malato che richiede autenticità e credibilità cristalline, senza alcuna ombra. La sua "azione pastorale" deve essere conformata al parametro stabilito dal Maestro Divino: "…chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare." (Mt 18, 5-6)

Più degli adulti il bambino ha la sensibilità e l’intuizione di riconoscere se il "Pastore" che si presenta a lui è vero ed autentico. E se vogliamo dirla con un detto popolare, "se è un vero prete", se ci crede veramente a quello che dice e soprattutto se è coerente nella sua vita.

Non è una "Missione" facile portare luce sul cammino tribolato e oscuro di una giovanissima vita, prigioniera di sofferenza corporale pesante, o precocemente candidata a terminarne la corsa.

Il sacerdote addetto alla "Cappellania Ospedaliera Pediatrica" deve vivere profondamente dello Spirito di Gesù, e avrà da Lui al momento opportuno l’ispirazione di come partecipare al piccolo malato l’esperienza di San Paolo, che scrive di se stesso "Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me…. (egli) mi ha amato e ha dato se stesso per me." (Gal 2, 20)

Un passo da gigante nella spiritualità dell’unione con Cristo Crocifisso, e tanto scetticismo nella nostra comunità laicizzata che bambini malati possano raggiungere tali vette. A fronte di questo pessimismo, abbiamo una nutrita schiera di "Piccoli Santi senza Gloria" dei quali, Sacerdoti Cappellani appassionatamente coinvolti in questo servizio pastorale, ne potrebbero diffondere ampiamente il cammino di ascesa alle più alte vette di eroismo e della mistica.

Per tutti ci limitiamo a ricordare gli esempi dei due "Pastorelli di Fatima" Giacinta e Francesco, quello della "piccola romana" Nennolina… e tutti quelli che la Comunità Ecclesiale ha raccolto nella Collana "Piccoli Santi".

E questi non mancheranno mai fino a quando avremo "Sacerdoti Cappellani" che vivono coerentemente l’essere "Alter Christus".

Inscindibile è la partecipazione al dramma dei genitori e di parenti prossimi del piccolo malato. Il Sacerdote Cappellano deve farsi coinvolgere anche per essi dall’amore e sensibilità che il Verbo Incarnato ha donato alla Vedova di Nain (Lc 7, 11-17), a Giairo (Lc 8, 40-56), a quel Papà ai piedi del Tabor (Lc 9, 38-45).

Ordinariamente il Cappellano non avrà la prerogativa taumaturgica di operare un miracolo (!), ma quella di "Consolatore" sostenuta da San Paolo, che comunica che l’unica sorgente della consolazione è Dio per mezzo del Cristo e del suo Spirito: "Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre delle misericordie e Dio di ogni conforto, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione, affinché possiamo consolare quelli che si trovano in qualunque tribolazione con quel conforto con cui siamo confortati noi stessi da Dio" (2Cor 1. 3-5)

È una missione splendida quella di essere Sacerdote Cappellano in "Luogo di Cura Pediatrico", non privo di ostacoli e di momenti difficili e drammatici. Ma anche di momenti di grande gioia spirituale nel costatare che anche dai "piccoli malati" si hanno testimonianze eroiche del "completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1, 24)

[01728-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0707-XX.01]