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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI NEGLI STATI UNITI D’AMERICA E VISITA ALLA SEDE DELL’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE (15-21 APRILE 2008) (XII), 19.04.2008


INCONTRO CON UN GRUPPO DI BAMBINI DIVERSAMENTE ABILI NEL SEMINARIO DI ST. JOSEPH A NEW YORK 

 PAROLE DEL SANTO PADRE

 TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

 TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Nel pomeriggio, alle ore 16, il Santo Padre Benedetto XVI si trasferisce in auto al Seminario St. Joseph. Al Suo arrivo è accolto dall’Arcivescovo di New York, Card. Edward Egan, e dal Rettore del Seminario, S.E. Mons. Gerald T. Walsh.

Il Papa si reca quindi nella Cappella dove sono riuniti una cinquantina di bambini ‘diversamente abili’, che ricevono la Sua benedizione. Ad essi il Santo Padre rivolge il saluto che pubblichiamo di seguito:

 PAROLE DEL SANTO PADRE

Your Eminence,
Bishop Walsh,
Dear Friends,

I am very happy to have this opportunity to spend a brief moment with you. I thank Cardinal Egan for his welcome and especially thank your representatives for their kind words and for the gift of the drawing. Know that it is a special joy for me to be with you. Please give my greetings to your parents and family members, and your teachers and caregivers.

God has blessed you with life, and with differing talents and gifts. Through these you are able to serve him and society in various ways. While some people’s contributions seem great and others’ more modest, the witness value of our efforts is always a sign of hope for everyone.

Sometimes it is challenging to find a reason for what appears only as a difficulty to be overcome or even pain to be endured. Yet our faith helps us to break open the horizon beyond our own selves in order to see life as God does. God’s unconditional love, which bathes every human individual, points to a meaning and purpose for all human life. Through his Cross, Jesus in fact draws us into his saving love (cf. Jn 12:32) and in so doing shows us the way ahead - the way of hope which transfigures us all, so that we too, become bearers of that hope and charity for others.

Dear friends, I encourage you all to pray every day for our world. There are so many intentions and people you can pray for, including those who have yet to come to know Jesus. And please do continue to pray for me. As you know I have just had another birthday. Time passes!

Thank you all again, including the Cathedral of Saint Patrick Young Singers and the members of the Archdiocesan Deaf Choir. As a sign of strength and peace and with great affection in our Lord, I impart to you and your families, teachers and caregivers my Apostolic Blessing.

[00588-02.01] [Original text: English]

 TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Eminencia,
Excelencia,
queridos amigos:

Me alegra tener esta oportunidad de encontrarme brevemente con ustedes. Agradezco el saludo del Señor Cardenal y, sobre todo, doy las gracias a vuestros representantes por sus atentas palabras y por el regalo de vuestra composición. Sepan que estoy muy contento de estar con ustedes. Les ruego que transmitan mi saludo a sus padres y familiares, a sus profesores y a los que les atienden.

Dios les ha bendecido con el don de la vida, y con otros talentos y cualidades, por medio de las cuales pueden servirlo a Él y a la sociedad de diferentes modos. Aunque la contribución de algunos puede parecer grande y la de otros más modesta, el valioso testimonio de nuestros esfuerzos constituye siempre un signo de esperanza para todos.

A veces es un reto encontrar una razón para lo que aparece solamente como una dificultad que superar o un dolor que afrontar. No obstante, la fe nos ayuda a ampliar el horizonte más allá de nosotros mismos para ver la vida como Dios la ve. El amor incondicional de Dios, que alcanza a todo ser humano, otorga un significado y finalidad a cada vida humana. Por su Cruz, Jesús nos introduce realmente en su amor salvador (cf. Jn 12,32) y así nos muestra la dirección, el camino de la esperanza que nos transfigura, de modo que nosotros mismos lleguemos a ser para los demás transmisores de esperanza y amor.

Queridos amigos, les animo a rezar todos los días por nuestro mundo. Hay muchas intenciones y personas por las que poder orar, también por los que todavía no han llegado a conocer a Jesús. Les ruego que recen también por mí. Como saben, acabo de cumplir un año más. El tiempo vuela.

Reitero a todos mi gratitud, también a los Jóvenes Cantores de la Catedral de San Patricio y a los miembros del Coro de Sordos de la Archidiócesis. Como signo de vigor y de paz y con gran afecto en el Señor, les imparto a ustedes y a sus familias, a sus profesores y a los que les cuidan mi Bendición Apostólica.

[00588-04.01] [Texto original: Inglés]

 TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Eminenza,
Eccellenza,
cari amici,

sono molto lieto di avere questa opportunità di fermarmi alcuni momenti con voi. Ringrazio il Cardinale per il suo saluto e soprattutto ringrazio i vostri rappresentanti per le loro gentili espressioni e per il dono del vostro elaborato. Sappiate che è per me una grande gioia stare con voi. Vi prego di porgere il mio saluto ai vostri genitori e familiari, ai vostri insegnanti ed assistenti.

Dio vi ha benedetto con il dono della vita e vi ha dato anche altri talenti e qualità. Attraverso questi doni voi potete servire in molti modi Dio e la società. Sebbene il contributo di alcuni possa apparire grande e quello di altri più modesto, il valore della testimonianza dei nostri sforzi costituisce sempre per tutti un segno di speranza.

A volte è arduo trovare una ragione per quanto appare soltanto come una difficoltà da superare o un dolore da affrontare. Nonostante ciò la fede ci aiuta a spalancare l’orizzonte al di là di noi stessi e vedere la vita come Dio la vede. L’amore incondizionato di Dio, che raggiunge ogni individuo, è un indicatore di significato e di scopo per ogni uomo. Attraverso la sua Croce, Gesù ci fa veramente entrare nel suo amore salvifico (cfr Gv 12,32) e così facendo ci mostra la direzione – la via della speranza che ci trasfigura, in modo che a nostra volta diventiamo per gli altri portatori di speranza e di amore.

Cari amici, vi incoraggio a pregare tutti i giorni per il nostro mondo. Vi sono tante intenzioni e tanta gente per cui potete pregare, compresi coloro che devono ancora arrivare a conoscere Gesù. E vi chiedo di pregare anche per me. Come sapete, ho appena compiuto un altro anno. Il tempo vola.

Grazie ancora a tutti voi, compresi i Giovani Cantori della Cattedrale di San Patrizio e i membri del Coro dei Sordi dell’Arcidiocesi. In segno di vigore e di pace e con grande affetto nel Signore, imparto a voi e alle vostre famiglie, ai vostri insegnanti ed assistenti la mia Benedizione Apostolica.

[00588-01.01] [Testo originale: Inglese]

INCONTRO CON I GIOVANI E CON I SEMINARISTI NEL SEMINARIO DI ST. JOSEPH DI NEW YORK

 DISCORSO DEL SANTO PADRE

 TRADUZIONE  IN LINGUA SPAGNOLA

 TRADUZIONE  IN LINGUA ITALIANA

Concluso l’incontro in Cappella con i ‘diversamente abili’, alle ore 16.30 il Papa raggiunge il campo sportivo retrostante il Seminario di St. Joseph, dove lo attendono circa 20 mila giovani e oltre 300 seminaristi provenienti dalle diocesi della East Coast. Anima l’incontro un’orchestra di giovani appartenenti a Comunione e Liberazione.

Dopo il saluto dell’Arcivescovo di New York, Card. Edward Egan, tre rappresentanti dei giovani offrono al Santo Padre pane, riso e mais, come doni simbolici della ricchezza delle loro diverse tradizioni. Quindi, dopo l’augurio in musica al Santo Padre per il terzo anniversario della Sua elezione al Soglio Pontificio, 4 coppie di giovani Gli offrono in dono un testo sulla storia del cattolicesimo nello Stato di New York, utilizzato nelle scuole cattoliche, e vengono esposte le immagini di alcune persone nate o vissute nello Stato e dichiarate Sante, Beate o Serve di Dio.

Il Papa pronuncia quindi il discorso che riportiamo qui di seguito:

 DISCORSO DEL SANTO PADRE

Your Eminence,
Dear Brother Bishops,
Dear Young Friends,

"Proclaim the Lord Christ … and always have your answer ready for people who ask the reason for the hope that is within you" (1 Pet 3:15). With these words from the First Letter of Peter I greet each of you with heartfelt affection. I thank Cardinal Egan for his kind words of welcome and I also thank the representatives chosen from among you for their gestures of welcome. To Bishop Walsh, Rector of Saint Joseph Seminary, staff and seminarians, I offer my special greetings and gratitude.

Young friends, I am very happy to have the opportunity to speak with you. Please pass on my warm greetings to your family members and relatives, and to the teachers and staff of the various schools, colleges and universities you attend. I know that many people have worked hard to ensure that our gathering could take place. I am most grateful to them all. Also, I wish to acknowledge your singing to me Happy Birthday! Thank you for this moving gesture; I give you all an "A plus" for your German pronunciation! This evening I wish to share with you some thoughts about being disciples of Jesus Christ ) walking in the Lord’s footsteps, our own lives become a journey of hope.

In front of you are the images of six ordinary men and women who grew up to lead extraordinary lives. The Church honors them as Venerable, Blessed, or Saint: each responded to the Lord’s call to a life of charity and each served him here, in the alleys, streets and suburbs of New York. I am struck by what a remarkably diverse group they are: poor and rich, lay men and women - one a wealthy wife and mother - priests and sisters, immigrants from afar, the daughter of a Mohawk warrior father and Algonquin mother, another a Haitian slave, and a Cuban intellectual.

Saint Elizabeth Ann Seton, Saint Frances Xavier Cabrini, Saint John Neumann, Blessed Kateri Tekakwitha, Venerable Pierre Toussaint, and Padre Felix Varela: any one of us could be among them, for there is no stereotype to this group, no single mold. Yet a closer look reveals that there are common elements. Inflamed with the love of Jesus, their lives became remarkable journeys of hope. For some, that meant leaving home and embarking on a pilgrim journey of thousands of miles. For each there was an act of abandonment to God, in the confidence that he is the final destination of every pilgrim. And all offered an outstretched hand of hope to those they encountered along the way, often awakening in them a life of faith. Through orphanages, schools and hospitals, by befriending the poor, the sick and the marginalized, and through the compelling witness that comes from walking humbly in the footsteps of Jesus, these six people laid open the way of faith, hope and charity to countless individuals, including perhaps your own ancestors.

And what of today? Who bears witness to the Good News of Jesus on the streets of New York, in the troubled neighborhoods of large cities, in the places where the young gather, seeking someone in whom they can trust? God is our origin and our destination, and Jesus the way. The path of that journey twists and turns ) just as it did for our saints ) through the joys and the trials of ordinary, everyday life: within your families, at school or college, during your recreation activities, and in your parish communities. All these places are marked by the culture in which you are growing up. As young Americans you are offered many opportunities for personal development, and you are brought up with a sense of generosity, service and fairness. Yet you do not need me to tell you that there are also difficulties: activities and mindsets which stifle hope, pathways which seem to lead to happiness and fulfillment but in fact end only in confusion and fear.

My own years as a teenager were marred by a sinister regime that thought it had all the answers; its influence grew – infiltrating schools and civic bodies, as well as politics and even religion – before it was fully recognized for the monster it was. It banished God and thus became impervious to anything true and good. Many of your grandparents and great-grandparents will have recounted the horror of the destruction that ensued. Indeed, some of them came to America precisely to escape such terror.

Let us thank God that today many people of your generation are able to enjoy the liberties which have arisen through the extension of democracy and respect for human rights. Let us thank God for all those who strive to ensure that you can grow up in an environment that nurtures what is beautiful, good, and true: your parents and grandparents, your teachers and priests, those civic leaders who seek what is right and just.

The power to destroy does, however, remain. To pretend otherwise would be to fool ourselves. Yet, it never triumphs; it is defeated. This is the essence of the hope that defines us as Christians; and the Church recalls this most dramatically during the Easter Triduum and celebrates it with great joy in the season of Easter! The One who shows us the way beyond death is the One who shows us how to overcome destruction and fear: thus it is Jesus who is the true teacher of life (cf. Spe Salvi, 6). His death and resurrection mean that we can say to the Father "you have restored us to life!" (Prayer after Communion, Good Friday). And so, just a few weeks ago, during the beautiful Easter Vigil liturgy, it was not from despair or fear that we cried out to God for our world, but with hope-filled confidence: dispel the darkness of our heart! dispel the darkness of our minds! (cf. Prayer at the Lighting of the Easter Candle).

What might that darkness be? What happens when people, especially the most vulnerable, encounter a clenched fist of repression or manipulation rather than a hand of hope? A first group of examples pertains to the heart. Here, the dreams and longings that young people pursue can so easily be shattered or destroyed. I am thinking of those affected by drug and substance abuse, homelessness and poverty, racism, violence, and degradation – especially of girls and women. While the causes of these problems are complex, all have in common a poisoned attitude of mind which results in people being treated as mere objects ) a callousness of heart takes hold which first ignores, then ridicules, the God-given dignity of every human being. Such tragedies also point to what might have been and what could be, were there other hands – your hands – reaching out. I encourage you to invite others, especially the vulnerable and the innocent, to join you along the way of goodness and hope.

The second area of darkness – that which affects the mind – often goes unnoticed, and for this reason is particularly sinister. The manipulation of truth distorts our perception of reality, and tarnishes our imagination and aspirations. I have already mentioned the many liberties which you are fortunate enough to enjoy. The fundamental importance of freedom must be rigorously safeguarded. It is no surprise then that numerous individuals and groups vociferously claim their freedom in the public forum. Yet freedom is a delicate value. It can be misunderstood or misused so as to lead not to the happiness which we all expect it to yield, but to a dark arena of manipulation in which our understanding of self and the world becomes confused, or even distorted by those who have an ulterior agenda.

Have you noticed how often the call for freedom is made without ever referring to the truth of the human person? Some today argue that respect for freedom of the individual makes it wrong to seek truth, including the truth about what is good. In some circles to speak of truth is seen as controversial or divisive, and consequently best kept in the private sphere. And in truth’s place – or better said its absence – an idea has spread which, in giving value to everything indiscriminately, claims to assure freedom and to liberate conscience. This we call relativism. But what purpose has a "freedom" which, in disregarding truth, pursues what is false or wrong? How many young people have been offered a hand which in the name of freedom or experience has led them to addiction, to moral or intellectual confusion, to hurt, to a loss of self-respect, even to despair and so tragically and sadly to the taking of their own life? Dear friends, truth is not an imposition. Nor is it simply a set of rules. It is a discovery of the One who never fails us; the One whom we can always trust. In seeking truth we come to live by belief because ultimately truth is a person: Jesus Christ. That is why authentic freedom is not an opting out. It is an opting in; nothing less than letting go of self and allowing oneself to be drawn into Christ’s very being for others (cf. Spe Salvi, 28).

How then can we as believers help others to walk the path of freedom which brings fulfillment and lasting happiness? Let us again turn to the saints. How did their witness truly free others from the darkness of heart and mind? The answer is found in the kernel of their faith; the kernel of our faith. The Incarnation, the birth of Jesus, tells us that God does indeed find a place among us. Though the inn is full, he enters through the stable, and there are people who see his light. They recognize Herod’s dark closed world for what it is, and instead follow the bright guiding star of the night sky. And what shines forth? Here you might recall the prayer uttered on the most holy night of Easter: "Father we share in the light of your glory through your Son the light of the world … inflame us with your hope!" (Blessing of the Fire). And so, in solemn procession with our lighted candles we pass the light of Christ among us. It is "the light which dispels all evil, washes guilt away, restores lost innocence, brings mourners joy, casts out hatred, brings us peace, and humbles earthly pride" (Exsultet). This is Christ’s light at work. This is the way of the saints. It is a magnificent vision of hope – Christ’s light beckons you to be guiding stars for others, walking Christ’s way of forgiveness, reconciliation, humility, joy and peace.

At times, however, we are tempted to close in on ourselves, to doubt the strength of Christ’s radiance, to limit the horizon of hope. Take courage! Fix your gaze on our saints. The diversity of their experience of God’s presence prompts us to discover anew the breadth and depth of Christianity. Let your imaginations soar freely along the limitless expanse of the horizons of Christian discipleship. Sometimes we are looked upon as people who speak only of prohibitions. Nothing could be further from the truth! Authentic Christian discipleship is marked by a sense of wonder. We stand before the God we know and love as a friend, the vastness of his creation, and the beauty of our Christian faith.

Dear friends, the example of the saints invites us, then, to consider four essential aspects of the treasure of our faith: personal prayer and silence, liturgical prayer, charity in action, and vocations.

What matters most is that you develop your personal relationship with God. That relationship is expressed in prayer. God by his very nature speaks, hears, and replies. Indeed, Saint Paul reminds us: we can and should "pray constantly" (1 Thess 5:17). Far from turning in on ourselves or withdrawing from the ups and downs of life, by praying we turn towards God and through him to each other, including the marginalized and those following ways other than God’s path (cf. Spe Salvi, 33). As the saints teach us so vividly, prayer becomes hope in action. Christ was their constant companion, with whom they conversed at every step of their journey for others.

There is another aspect of prayer which we need to remember: silent contemplation. Saint John, for example, tells us that to embrace God’s revelation we must first listen, then respond by proclaiming what we have heard and seen (cf. 1 Jn 1:2-3; Dei Verbum, 1). Have we perhaps lost something of the art of listening? Do you leave space to hear God’s whisper, calling you forth into goodness? Friends, do not be afraid of silence or stillness, listen to God, adore him in the Eucharist. Let his word shape your journey as an unfolding of holiness.

In the liturgy we find the whole Church at prayer. The word liturgy means the participation of God’s people in "the work of Christ the Priest and of His Body which is the Church" (Sacrosanctum Concilium, 7). What is that work? First of all it refers to Christ’s Passion, his Death and Resurrection, and his Ascension – what we call the Paschal Mystery. It also refers to the celebration of the liturgy itself. The two meanings are in fact inseparably linked because this "work of Jesus" is the real content of the liturgy. Through the liturgy, the "work of Jesus" is continually brought into contact with history; with our lives in order to shape them. Here we catch another glimpse of the grandeur of our Christian faith. Whenever you gather for Mass, when you go to Confession, whenever you celebrate any of the sacraments, Jesus is at work. Through the Holy Spirit, he draws you to himself, into his sacrificial love of the Father which becomes love for all. We see then that the Church’s liturgy is a ministry of hope for humanity. Your faithful participation, is an active hope which helps to keep the world – saints and sinners alike – open to God; this is the truly human hope we offer everyone (cf. Spe Salvi, 34).

Your personal prayer, your times of silent contemplation, and your participation in the Church’s liturgy, bring you closer to God and also prepare you to serve others. The saints accompanying us this evening show us that the life of faith and hope is also a life of charity. Contemplating Jesus on the Cross we see love in its most radical form. We can begin to imagine the path of love along which we must move (cf. Deus Caritas Est, 12). The opportunities to make this journey are abundant. Look about you with Christ’s eyes, listen with his ears, feel and think with his heart and mind. Are you ready to give all as he did for truth and justice? Many of the examples of the suffering which our saints responded to with compassion are still found here in this city and beyond. And new injustices have arisen: some are complex and stem from the exploitation of the heart and manipulation of the mind; even our common habitat, the earth itself, groans under the weight of consumerist greed and irresponsible exploitation. We must listen deeply. We must respond with a renewed social action that stems from the universal love that knows no bounds. In this way, we ensure that our works of mercy and justice become hope in action for others.

Dear young people, finally I wish to share a word about vocations. First of all my thoughts go to your parents, grandparents and godparents. They have been your primary educators in the faith. By presenting you for baptism, they made it possible for you to receive the greatest gift of your life. On that day you entered into the holiness of God himself. You became adoptive sons and daughters of the Father. You were incorporated into Christ. You were made a dwelling place of his Spirit. Let us pray for mothers and fathers throughout the world, particularly those who may be struggling in any way – socially, materially, spiritually. Let us honor the vocation of matrimony and the dignity of family life. Let us always appreciate that it is in families that vocations are given life.

Gathered here at Saint Joseph Seminary, I greet the seminarians present and indeed encourage all seminarians throughout America. I am glad to know that your numbers are increasing! The People of God look to you to be holy priests, on a daily journey of conversion, inspiring in others the desire to enter more deeply into the ecclesial life of believers. I urge you to deepen your friendship with Jesus the Good Shepherd. Talk heart to heart with him. Reject any temptation to ostentation, careerism, or conceit. Strive for a pattern of life truly marked by charity, chastity and humility, in imitation of Christ, the Eternal High Priest, of whom you are to become living icons (cf. Pastores Dabo Vobis, 33). Dear seminarians, I pray for you daily. Remember that what counts before the Lord is to dwell in his love and to make his love shine forth for others.

Religious Sisters, Brothers and Priests contribute greatly to the mission of the Church. Their prophetic witness is marked by a profound conviction of the primacy with which the Gospel shapes Christian life and transforms society. Today, I wish to draw your attention to the positive spiritual renewal which Congregations are undertaking in relation to their charism. The word charism means a gift freely and graciously given. Charisms are bestowed by the Holy Spirit, who inspires founders and foundresses, and shapes Congregations with a subsequent spiritual heritage. The wondrous array of charisms proper to each Religious Institute is an extraordinary spiritual treasury. Indeed, the history of the Church is perhaps most beautifully portrayed through the history of her schools of spirituality, most of which stem from the saintly lives of founders and foundresses. Through the discovery of charisms, which yield such a breadth of spiritual wisdom, I am sure that some of you young people will be drawn to a life of apostolic or contemplative service. Do not be shy to speak with Religious Brothers, Sisters or Priests about the charism and spirituality of their Congregation. No perfect community exists, but it is fidelity to a founding charism, not to particular individuals, that the Lord calls you to discern. Have courage! You too can make your life a gift of self for the love of the Lord Jesus and, in him, of every member of the human family (cf. Vita Consecrata, 3).

Friends, again I ask you, what about today? What are you seeking? What is God whispering to you? The hope which never disappoints is Jesus Christ. The saints show us the selfless love of his way. As disciples of Christ, their extraordinary journeys unfolded within the community of hope, which is the Church. It is from within the Church that you too will find the courage and support to walk the way of the Lord. Nourished by personal prayer, prompted in silence, shaped by the Church’s liturgy you will discover the particular vocation God has for you. Embrace it with joy. You are Christ’s disciples today. Shine his light upon this great city and beyond. Show the world the reason for the hope that resonates within you. Tell others about the truth that sets you free. With these sentiments of great hope in you I bid you farewell, until we meet again in Sydney this July for World Youth Day! And as a pledge of my love for you and your families, I gladly impart my Apostolic Blessing.

* * *

Queridos Seminaristas, queridos jóvenes:

Es para mí una gran alegría poder encontrarme con todos ustedes en el transcurso de esta visita, durante la cual he festejado también mi cumpleaños. Gracias por su acogida y por el cariño que me han demostrado.

Les animo a abrirle al Señor su corazón para que Él lo llene por completo y con el fuego de su amor lleven su Evangelio a todos los barrios de Nueva York.

La luz de la fe les impulsará a responder al mal con el bien y la santidad de vida, como lo hicieron los grandes testigos del Evangelio a lo largo de los siglos. Ustedes están llamados a continuar esa cadena de amigos de Jesús, que encontraron en su amor el gran tesoro de sus vidas. Cultiven esta amistad a través de la oración, tanto personal como litúrgica, y por medio de las obras de caridad y del compromiso por ayudar a los más necesitados. Si no lo han hecho, plantéense seriamente si el Señor les pide seguirlo de un modo radical en el ministerio sacerdotal o en la vida consagrada. No basta una relación esporádica con Cristo. Una amistad así no es tal. Cristo les quiere amigos suyos íntimos, fieles y perseverantes.

A la vez que les renuevo mi invitación a participar en la Jornada Mundial de la Juventud en Sidney, les aseguro mi recuerdo en la oración, en la que suplico a Dios que los haga auténticos discípulos de Cristo Resucitado. Muchas gracias.

[00589-XX.01] [Original text: Plurilingual]

 TRADUZIONE  IN LINGUA SPAGNOLA

Eminencia,
Queridos Hermanos en el Episcopado,
Queridos jóvenes amigos:

Proclamen a Cristo Señor, "siempre prontos para dar razón de su esperanza a todo el que se la pidiere" (1 Pe 3,15). Con estas palabras de la Primera carta de san Pedro, saludo a cada uno de ustedes con cordial afecto. Agradezco al Señor Cardenal Egan sus amables palabras de bienvenida y también doy las gracias a los representantes que han elegido por sus manifestaciones de gozosa acogida. Dirijo un particular saludo y expreso mi gratitud al Señor Obispo Walsh, Rector del Seminario de San José, al personal y a los seminaristas.

Jóvenes amigos, me alegra tener la ocasión de hablar con ustedes. Lleven, por favor, mis cordiales saludos a los miembros de sus familias y a sus parientes, así como a sus profesores y al personal de las diversas Escuelas, Colegios y Universidades a las que pertenecen. Me consta que muchos han trabajado intensamente para garantizar la realización de este nuestro encuentro. Les quedo muy reconocido. Gracias también por haberme cantado el "Happy Birthday". Gracias por este detalle conmovedor; a todos les doy un sobresaliente por la pronunciación del alemán. Esta tarde quisiera compartir con ustedes algunas reflexiones sobre el ser discípulo de Jesucristo; siguiendo las huellas del Señor, nuestra vida se transforma en un viaje de esperanza.

Tienen delante las imágenes de seis hombres y mujeres ordinarios que se superaron para llevar una vida extraordinaria. La Iglesia les tributa el honor de Venerables, Beatos o Santos: cada uno respondió a la llamada de Dios y a una vida de caridad, y lo sirvió aquí en las calles y callejas o en los suburbios de Nueva York. Me ha impresionado la heterogeneidad de este grupo: pobres y ricos, laicos y laicas –una era una pudiente esposa y madre–, sacerdotes y religiosas, emigrantes venidos de lejos, la hija de un guerrero Mohawk y una madre Algonquin, un esclavo haitiano y un intelectual cubano.

Santa Isabel Ana Seton, Santa Francisca Javier Cabrina, San Juan Neumann, la beata Kateri Tekakwitha, el venerable Pierre Toussaint y el Padre Félix Varela: cada uno de nosotros podría estar entre ellos, pues en este grupo no hay un estereotipo, ningún modelo uniforme. Pero mirando más de cerca se aprecian ciertos rasgos comunes. Inflamados por el amor de Jesús, sus vidas se convirtieron en extraordinarios itinerarios de esperanza. Para algunos, esto supuso dejar la Patria y embarcarse en una peregrinación de miles de kilómetros. Para todos, un acto de abandono en Dios con la confianza de que él es la meta final de todo peregrino. Y cada uno de ellos ofrecían su "mano tendida" de esperanza a cuantos encontraban en el camino, suscitando en ellos muchas veces una vida de fe. Atendieron a los pobres, a los enfermos y a los marginados en hospicios, escuelas y hospitales, y, mediante el testimonio convincente que proviene del caminar humildemente tras las huellas de Jesús, estas seis personas abrieron el camino de la fe, la esperanza y la caridad a muchas otras, incluyendo tal vez a sus propios antepasados.

Y ¿qué ocurre hoy? ¿Quién da testimonio de la Buena Noticia de Jesús en las calles de Nueva York, en los suburbios agitados en la periferia de las grandes ciudades, en las zonas donde se reúnen los jóvenes buscando a alguien en quien confiar? Dios es nuestro origen y nuestra meta, y Jesús es el camino. El recorrido de este viaje pasa, como el de nuestros santos, por los gozos y las pruebas de la vida ordinaria: en vuestras familias, en la escuela o el colegio, durante vuestras actividades recreativas y en vuestras comunidades parroquiales. Todos estos lugares están marcados por la cultura en la que estáis creciendo. Como jóvenes americanos se les ofrecen muchas posibilidades para el desarrollo personal y están siendo educados con un sentido de generosidad, servicio y rectitud. Pero no necesitan que les diga que también hay dificultades: comportamientos y modos de pensar que asfixian la esperanza, sendas que parecen conducir a la felicidad y a la satisfacción, pero que sólo acaban en confusión y angustia.

Mis años de teenager fueron arruinados por un régimen funesto que pensaba tener todas las respuestas; su influjo creció –filtrándose en las escuelas y los organismos civiles, así como en la política e incluso en la religión– antes de que pudiera percibirse claramente que era un monstruo. Declaró proscrito a Dios, y así se hizo ciego a todo lo bueno y verdadero. Muchos de los padres y abuelos de ustedes les habrán contado el horror de la destrucción que siguió después. Algunos de ellos, de hecho, vinieron a América precisamente para escapar de este terror.

Demos gracias a Dios, porque hoy muchos de su generación pueden gozar de las libertades que surgieron gracias a la expansión de la democracia y del respeto de los derechos humanos. Demos gracias a Dios por todos los que lucharon para asegurar que puedan crecer en un ambiente que cultiva lo bello, bueno y verdadero: sus padres y abuelos, sus profesores y sacerdotes, las autoridades civiles que buscan lo que es recto y justo.

Sin embargo, el poder destructivo permanece. Decir lo contrario sería engañarse a sí mismos. Pero éste jamás triunfará; ha sido derrotado. Ésta es la esencia de la esperanza que nos distingue como cristianos; la Iglesia lo recuerda de modo muy dramático en el Triduo Pascual y lo celebra con gran gozo en el Tiempo pascual. El que nos indica la vía tras la muerte es Aquel que nos muestra cómo superar la destrucción y la angustia; Jesús es, pues, el verdadero maestro de vida (cf. Spe salvi, 6). Su muerte y resurrección significa que podemos decir al Padre celestial: "Tú has renovado el mundo" (Viernes Santo, Oración después de la comunión). De este modo, hace pocas semanas, en la bellísima liturgia de la Vigilia pascual, no por desesperación o angustia, sino con una confianza colmada de esperanza, clamamos a Dios por nuestro mundo: "Disipa las tinieblas del corazón. Disipa las tinieblas del espíritu" (cf. Oración al encender el cirio pascual).

¿Qué pueden ser estas tinieblas? ¿Qué sucede cuando las personas, sobre todo las más vulnerables, encuentran el puño cerrado de la represión o de la manipulación en vez de la mano tendida de la esperanza? El primer grupo de ejemplos pertenece al corazón. Aquí, los sueños y los deseos que los jóvenes persiguen se pueden romper y destruir muy fácilmente. Pienso en los afectados por el abuso de la droga y los estupefacientes, por la falta de casa o la pobreza, por el racismo, la violencia o la degradación, en particular muchachas y mujeres. Aunque las causas de estas situaciones problemáticas son complejas, todas tienen en común una actitud mental envenenada que se manifiesta en tratar a las personas como meros objetos: una insensibilidad del corazón, que primero ignora y después se burla de la dignidad dada por Dios a toda persona humana. Tragedias similares muestran también que lo podría haber sido y lo que puede ser ahora, si otras manos, vuestras manos, hubieran estado tendidas o se tendiesen hacia ellos. Les animo a invitar a otros, sobre todo a los débiles e inocentes, a unirse a ustedes en el camino de la bondad y de la esperanza.

El segundo grupo de tinieblas –las que afectan al espíritu– a menudo no se percibe, y por eso es particularmente nocivo. La manipulación de la verdad distorsiona nuestra percepción de la realidad y enturbia nuestra imaginación y nuestras aspiraciones. Ya he mencionado las muchas libertades que afortunadamente pueden gozar ustedes. Hay que salvaguardar rigurosamente la importancia fundamental de la libertad. No sorprende, pues, que muchas personas y grupos reivindiquen en voz alta y públicamente su libertad. Pero la libertad es un valor delicado. Puede ser malentendida y usada mal, de manera que no lleva a la felicidad que todos esperamos, sino hacia un escenario oscuro de manipulación, en el que nuestra comprensión de nosotros mismos y del mundo se hace confusa o se ve incluso distorsionada por quienes ocultan sus propias intenciones.

¿Han notado ustedes que, con frecuencia, se reivindica la libertad sin hacer jamás referencia a la verdad de la persona humana? Hay quien afirma hoy que el respeto a la libertad del individuo hace que sea erróneo buscar la verdad, incluida la verdad sobre lo que es el bien. En algunos ambientes, hablar de la verdad se considera como una fuente de discusiones o de divisiones y, por tanto, es mejor relegar este tema al ámbito privado. En lugar de la verdad –o mejor, de su ausencia– se ha difundido la idea de que, dando un valor indiscriminado a todo, se asegura la libertad y se libera la conciencia. A esto llamamos relativismo. Pero, ¿qué objeto tiene una "libertad" que, ignorando la verdad, persigue lo que es falso o injusto? ¿A cuántos jóvenes se les ha tendido una mano que, en nombre de la libertad o de una experiencia, los ha llevado al consumo habitual de estupefacientes, a la confusión moral o intelectual, a la violencia, a la pérdida del respeto por sí mismos, a la desesperación incluso y, de este modo, trágicamente, al suicidio? Queridos amigos, la verdad no es una imposición. Tampoco es un mero conjunto de reglas. Es el descubrimiento de Alguien que jamás nos traiciona; de Alguien del que siempre podemos fiarnos. Buscando la verdad llegamos a vivir basados en la fe porque, en definitiva, la verdad es una persona: Jesucristo. Ésta es la razón por la que la auténtica libertad no es optar por "desentenderse de". Es decidir "comprometerse con"; nada menos que salir de sí mismos y ser incorporados en el "ser para los otros" de Cristo (cf. Spe salvi, 28).

Como creyentes, ¿cómo podemos ayudar a los otros a caminar por el camino de la libertad que lleva a la satisfacción plena y a la felicidad duradera? Volvamos una vez más a los santos. ¿De qué modo su testimonio ha liberado realmente a otros de las tinieblas del corazón y del espíritu? La respuesta se encuentra en la médula de su fe, de nuestra fe. La encarnación, el nacimiento de Jesús nos muestra que Dios, de hecho, busca un sitio entre nosotros. A pesar de que la posada está llena, él entra por el establo, y hay personas que ven su luz. Se dan cuenta de lo que es el mundo oscuro y hermético de Herodes y siguen, en cambio, el brillo de la estrella que los guía en la noche. ¿Y qué irradia? A este respecto pueden recordar la oración recitada en la noche santa de Pascua: "¡Oh Dios!, que por medio de tu Hijo, luz del mundo, nos has dado la luz de tu gloria, enciende en nosotros la llama viva de tu esperanza" (cf. Bendición del fuego). De este modo, en la procesión solemne con las velas encendidas, nos pasamos de uno a otro la luz de Cristo. Es la luz que "ahuyenta los pecados, lava las culpas, devuelve la inocencia a los caídos, la alegría a los tristes, expulsa el odio, trae la concordia, doblega a los poderosos" (Exsultet). Ésta es la luz de Cristo en acción. Éste es el camino de los santos. Ésta es la visión magnífica de la esperanza. La luz de Cristo les invita a ser estrellas-guía para los otros, marchando por el camino de Cristo, que es camino de perdón, de reconciliación, de humildad, de gozo y de paz.

Sin embargo, a veces tenemos la tentación de encerrarnos en nosotros mismos, de dudar de la fuerza del esplendor de Cristo, de limitar el horizonte de la esperanza. ¡Ánimo! Miren a nuestros santos. La diversidad de su experiencia de la presencia de Dios nos sugiere descubrir nuevamente la anchura y la profundidad del cristianismo. Dejen que su fantasía se explaye libremente por el ilimitado horizonte del discipulado de Cristo. A veces nos consideran únicamente como personas que hablan sólo de prohibiciones. Nada más lejos de la verdad. Un discipulado cristiano auténtico se caracteriza por el sentido de la admiración. Estamos ante un Dios que conocemos y al que amamos como a un amigo, ante la inmensidad de su creación y la belleza de nuestra fe cristiana.

Queridos amigos, el ejemplo de los santos nos invita, también, a considerar cuatro aspectos esenciales del tesoro de nuestra fe: oración personal y silencio, oración litúrgica, práctica de la caridad y vocaciones.

Lo más importante es que ustedes desarrollen su relación personal con Dios. Esta relación se manifiesta en la plegaria. Dios, por virtud de su propia naturaleza, habla, escucha y responde. En efecto, San Pablo nos recuerda que podemos y debemos "ser constantes en orar" (cf. 1 Ts 5,17). En vez de replegarnos sobre nosotros mismos o de alejarnos de los vaivenes de la vida, en la oración nos dirigimos hacia Dios y, por medio de Él, nos volvemos unos a otros, incluyendo a los marginados y a cuantos siguen vías distintas a las de Dios (cf. Spe salvi, 33). Como admirablemente nos enseñan los santos, la oración se transforma en esperanza en acto. Cristo era su constante compañero, con quien conversaban en cualquier momento de su camino de servicio a los demás.

Hay otro aspecto de la oración que debemos recordar: la contemplación y el silencio. San Juan, por ejemplo, nos dice que para acoger la revelación de Dios es necesario escuchar y después responder anunciando lo que hemos oído y visto (cf. 1 Jn 1,2-3; Dei Verbum, 1). ¿Hemos perdido quizás algo del arte de escuchar? ¿Dejan ustedes algún espacio para escuchar el susurro de Dios que les llama a caminar hacia la bondad? Amigos, no tengan miedo del silencio y del sosiego, escuchen a Dios, adórenlo en la Eucaristía. Permitan que su palabra modele su camino como crecimiento de la santidad.

En la liturgia encontramos a toda la Iglesia en plegaria. La palabra "liturgia" significa la participación del pueblo de Dios en "la obra de Cristo Sacerdote y de su Cuerpo, que es la Iglesia" (Sacrosanctum concilium, 7). ¿En qué consiste esta obra? Ante todo se refiere a la Pasión de Cristo, a su muerte y resurrección y a su ascensión, lo que denominamos "Misterio pascual". Se refiere también a la celebración misma de la liturgia. Los dos significados, de hecho, están vinculados inseparablemente, ya que esta "obra de Jesús" es el verdadero contenido de la liturgia. Mediante la liturgia, "la obra de Jesús" entra continuamente en contacto con la historia; con nuestra vida, para modelarla. Aquí percibimos otra idea de la grandeza de nuestra fe cristiana. Cada vez que se reúnen para la Santa Misa, cuando van a confesarse, cada vez que celebran uno de los Sacramentos, Jesús está actuando. Por el Espíritu Santo los atrae hacia sí, dentro de su amor sacrificial por el Padre, que se transforma en amor hacia todos. De este modo vemos que la liturgia de la Iglesia es un ministerio de esperanza para la humanidad. Vuestra participación colmada de fe es una esperanza activa que ayuda a que el mundo -tanto santos como pecadores- esté abierto a Dios; ésta es la verdadera esperanza humana que ofrecemos a cada uno (cf. Spe salvi, 34).

Su plegaria personal, sus tiempos de contemplación silenciosa y su participación en la liturgia de la Iglesia les acerca más a Dios y les prepara también para servir a los demás. Los santos que nos acompañan esta tarde nos muestran que la vida de fe y de esperanza es también una vida de caridad. Contemplando a Jesús en la cruz, vemos el amor en su forma más radical. Comencemos a imaginar el camino del amor por el que debemos marchar (cf. Deus caritas est, 12). Las ocasiones para recorrer este camino son muchas. Miren a su alrededor con los ojos de Cristo, escuchen con sus oídos, intuyan y piensen con su corazón y su espíritu. ¿Están ustedes dispuestos a dar todo por la verdad y la justicia, como hizo Él? Muchos de los ejemplos de sufrimiento a los que nuestros santos respondieron con compasión, siguen produciéndose todavía en esta ciudad y en sus alrededores. Y han surgido nuevas injusticias: algunas son complejas y derivan de la explotación del corazón y de la manipulación del espíritu; también nuestro ambiente de la vida ordinaria, la tierra misma, gime bajo el peso de la avidez consumista y de la explotación irresponsable. Hemos de escuchar atentamente. Hemos de responder con una acción social renovada que nazca del amor universal que no conoce límites. De este modo estamos seguros de que nuestras obras de misericordia y justicia se transforman en esperanza viva para los demás.

Queridos jóvenes, quisiera añadir por último una palabra sobre las vocaciones. Pienso, ante todo, en sus padres, abuelos y padrinos. Ellos han sido sus primeros educadores en la fe. Al presentarlos para el bautismo, les dieron la posibilidad de recibir el don más grande de su vida. Aquel día ustedes entraron en la santidad de Dios mismo. Llegaron a ser hijos e hijas adoptivos del Padre. Fueron incorporados a Cristo. Se convirtieron en morada de su Espíritu. Recemos por las madres y los padres en todo el mundo, en particular por los que de alguna manera están lejos, social, material, espiritualmente. Honremos las vocaciones al matrimonio y a la dignidad de la vida familiar. Deseamos que se reconozca siempre que las familias son el lugar donde nacen las vocaciones.

Saludo a los seminaristas congregados en el Seminario de San José y animo también a todos los seminaristas de América. Me alegra saber que están aumentando. El Pueblo de Dios espera de ustedes que sean sacerdotes santos, caminando cotidianamente hacia la conversión, inculcando en los demás el deseo de entrar más profundamente en la vida eclesial de creyentes. Les exhorto a profundizar su amistad con Jesús, el Buen Pastor. Hablen con Él de corazón a corazón. Rechacen toda tentación de ostentación, hacer carrera o de vanidad. Tiendan hacia un estilo de vida caracterizado auténticamente por la caridad, la castidad y la humildad, imitando a Cristo, el Sumo y Eterno Sacerdote, del que deben llegar a ser imágenes vivas (cf. Pastores dabo vobis, 33). Queridos seminaristas, rezo por ustedes cada día. Recuerden que lo que cuenta ante el Señor es permanecer en su amor e irradiar su amor por los demás.

Las Religiosas, los Religiosos y los Sacerdotes de las Congregaciones contribuyen generosamente a la misión de la Iglesia. Su testimonio profético se caracteriza por una convicción profunda de la primacía del Evangelio para plasmar la vida cristiana y transformar la sociedad. Quisiera hoy llamar su atención sobre la renovación espiritual positiva que las Congregaciones están llevando a cabo en relación con su carisma. La palabra "carisma" significa don ofrecido libre y gratuitamente. Los carismas los concede el Espíritu Santo que inspira a los fundadores y fundadoras y forma las Congregaciones con el consiguiente patrimonio espiritual. El maravilloso conjunto de carismas propios de cada Instituto religioso es un tesoro espiritual extraordinario. En efecto, la historia de la Iglesia se muestra tal vez del modo más bello a través de la historia de sus escuelas de espiritualidad, la mayor parte de las cuales se remontan a la vida de los santos fundadores y fundadoras. Estoy seguro que, descubriendo los carismas que producen esta riqueza de sabiduría espiritual, algunos de ustedes, jóvenes, se sentirán atraídos por una vida de servicio apostólico o contemplativo. No sean tímidos para hablar con hermanas, hermanos o sacerdotes religiosos sobre su carisma y la espiritualidad de su Congregación. No existe ninguna comunidad perfecta, pero es el discernimiento de la fidelidad al carisma fundador, no a una persona en particular, lo que el Señor les está pidiendo. Ánimo. También ustedes pueden hacer de su vida una autodonación por amor al Señor Jesús y, en Él, a todos los miembros de la familia humana (cf. Vita consecrata, 3).

Amigos, de nuevo les pregunto, ¿qué decir de la hora presente? ¿Qué están buscando? ¿Qué les está sugiriendo Dios? Cristo es la esperanza que jamás defrauda. Los santos nos muestran el amor desinteresado por su camino. Como discípulos de Cristo, sus caminos extraordinarios se desplegaron en aquella comunidad de esperanza que es la Iglesia. Y también ustedes encontrarán dentro de la Iglesia el aliento y el apoyo para marchar por el camino del Señor. Alimentados por la plegaria personal, preparados en el silencio, modelados por la liturgia de la Iglesia, descubrirán la vocación particular a la que el Señor les llama. Acójanla con gozo. Hoy son ustedes los discípulos de Cristo. Irradien su luz en esta gran ciudad y en otras. Den razón de su esperanza al mundo. Hablen con los demás de la verdad que les hace libres. Con estos sentimientos de gran esperanza en ustedes, les saludo con un "hasta pronto", hasta encontrarme de nuevo con ustedes en julio, para la Jornada Mundial de la Juventud en Sidney. Y, como signo de mi afecto por ustedes y sus familias, les imparto con alegría la Bendición Apostólica.

* * *

Queridos seminaristas, queridos jóvenes:

Es para mí una gran alegría poder encontrarme con todos ustedes en el transcurso de esta visita, durante la cual he festejado también mi cumpleaños. Gracias por su acogida y por el cariño que me han demostrado.

Les animo a abrirle al Señor su corazón para que Él lo llene por completo y con el fuego de su amor lleven su Evangelio a todos los barrios de Nueva York.

La luz de la fe les impulsará a responder al mal con el bien y la santidad de vida, como lo hicieron los grandes testigos del Evangelio a lo largo de los siglos. Ustedes están llamados a continuar esa cadena de amigos de Jesús, que encontraron en su amor el gran tesoro de sus vidas. Cultiven esta amistad a través de la oración, tanto personal como litúrgica, y por medio de las obras de caridad y del compromiso por ayudar a los más necesitados. Si no lo han hecho, plantéense seriamente si el Señor les pide seguirlo de un modo radical en el ministerio sacerdotal o en la vida consagrada. No basta una relación esporádica con Cristo. Una amistad así no es tal. Cristo les quiere amigos suyos íntimos, fieles y perseverantes.

A la vez que les renuevo mi invitación a participar en la Jornada Mundial de la Juventud en Sidney, les aseguro mi recuerdo en la oración, en la que suplico a Dios que los haga auténticos discípulos de Cristo Resucitado. Muchas gracias.

[00589-04.01] [Texto original: Plurilingüe]

 TRADUZIONE  IN LINGUA ITALIANA

Eminenza,
cari Confratelli nell’Episcopato,
cari giovani amici,

proclamate il Cristo Signore, "pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi!" (1 Pt 3, 15). Con queste parole della Prima Lettera di Pietro saluto ciascuno di voi con cordiale affetto. Ringrazio il Cardinale Egan per le sue gentili parole di benvenuto e ringrazio anche i rappresentati scelti tra di voi per i loro gesti gioiosa accoglienza. Al Vescovo Walsh, Rettore del Saint Joseph Seminary, al personale e ai seminaristi rivolgo i miei saluti particolari ed esprimo la mia gratitudine.

Giovani amici, sono molto lieto di aver l’occasione di parlare con voi. Portate, per favore, i miei cordiali saluti ai membri delle vostre famiglie e ai vostri parenti, come anche agli insegnanti e al personale delle varie Scuole, Collegi ed Università a cui appartenete. So che molti hanno lavorato intensamente per garantire la realizzazione di questo nostro incontro. A loro sono molto riconoscente. Desidero anche esprimere il mio apprezzamento per il vostro canto di "Happy Birthday"! Grazie per questo gesto commovente; do a tutti voi un "A plus" ("Trenta e lode") per la vostra pronuncia tedesca! Stasera vorrei condividere con voi qualche pensiero sull’essere discepoli di Gesù Cristo – in cammino sulle orme del Signore, la nostra vita diventa un viaggio della speranza.

Avete davanti le immagini di sei uomini e donne che sono cresciuti per condurre delle vite straordinarie. La Chiesa li onora come Venerabili, Beati o Santi: ognuno ha risposto alla chiamata di Dio ad una vita di carità e ognuno Lo ha servito qui nei vicoli, nelle strade e nei sobborghi di New York. Sono colpito da quanto eterogeneo sia il loro gruppo: poveri e ricchi, uomini laici e donne laiche – una era sposa e madre benestante – sacerdoti e suore, immigranti da lontano, la figlia di un guerriero Mohawk e una madre Algonquin, un altro era schiavo haitiano, e uno un intellettuale cubano.

Santa Elisabetta Anna Seton, santa Francesca Saveria Cabrini, San Giovanni Neumann, la beata Kateri Tekakwitha, il venerabile Pierre Toussaint e il Padre Felix Varela: ognuno di noi potrebbe essere tra di loro, perché non c’è uno stereotipo per questo gruppo, nessun modello uniforme. Ma uno sguardo più ravvicinato rivela che ci sono elementi comuni. Infiammate dall’amore di Gesù, le loro vite diventarono straordinari tragitti di speranza. Per alcuni ciò significò lasciare la Patria ed imbarcarsi per un pellegrinaggio di migliaia di chilometri. Per ciascuno fu un atto di abbandono in Dio nella fiducia che Egli è la destinazione finale di ogni pellegrino. E tutti offrivano una "mano tesa" di speranza a quanti incontravano per via, non di rado destando in loro una vita di fede. Attraverso orfanotrofi, scuole ed ospedali, prendendosi cura dei poveri, dei malati e degli emarginati, e mediante la testimonianza convincente che deriva dal camminare umilmente sulle orme di Gesù, queste sei persone aprirono la via della fede, speranza e carità ad innumerevoli persone, compresi forse gli stessi loro antenati.

E oggi? Chi porta la testimonianza della Buona Novella di Gesù sulle strade di New York, nei sobborghi inquieti al margine delle grandi città, nei luoghi dove i giovani si radunano alla ricerca di qualcuno di cui fidarsi? Dio è la nostra origine e la nostra destinazione, e Gesù è la via. Il percorso di questo viaggio serpeggia – come quello dei nostri santi – attraverso le gioie e le prove della normale vita quotidiana: all’interno delle vostre famiglie, nella scuola o nel collegio, durante le vostre attività per il tempo libero e nelle vostre comunità parrocchiali. Tutti questi luoghi sono segnati dalla cultura in cui state crescendo. Come giovani americani vi si offrono molte possibilità per lo sviluppo personale e siete stati educati con un senso di generosità, di servizio e di fairness. Ma non avete bisogno che io vi dica che ci sono anche difficoltà: comportamenti e modi di pensare che soffocano la speranza, strade che sembrano condurre alla felicità e alla soddisfazione, ma che finiscono solo in confusione e angoscia.

I miei anni da teenager sono stati rovinati da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso crebbe – penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica e addirittura nella religione – prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro che era. Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile per tutto ciò che era vero e buono. Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire a tale terrore.

Ringraziamo Dio, perché oggi molti della vostra generazione sono in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia e del rispetto dei diritti umani. Ringraziamo Dio per tutti coloro che si battono per assicurare che voi possiate crescere in un ambiente che coltiva ciò che è bello, buono e vero: i vostri genitori e nonni, i vostri insegnanti e sacerdoti, quelle autorità civili che cercano ciò che è retto e giusto.

Il potere distruttivo, tuttavia, rimane. Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. Ma esso non trionferà mai; è stato sconfitto. È questa l’essenza della speranza che ci distingue come cristiani; la Chiesa lo ricorda in modo molto drammatico durante il Triduo Pasquale e lo celebra con grande gioia nel Tempo Pasquale! Colui che ci indica la via oltre la morte è Colui che ci indica come superare distruzione e angoscia: è quindi Gesù il vero maestro di vita (cfr Spe salvi, 6). La sua morte e risurrezione significa che possiamo dire al Padre celeste: "Tu hai rinnovato il mondo" (Venerdì Santo, Preghiera dopo la comunione). E così, appena qualche settimana fa, durante la bellissima liturgia della Veglia Pasquale non era per disperazione o angoscia, ma con una fiducia piena di speranza, che abbiamo gridato a Dio in favore del nostro mondo: Disperdi le tenebre del nostro cuore! Disperdi le tenebre del nostro spirito! (cfr Preghiera durante l’accensione del cero pasquale).

Che cosa possono essere queste tenebre? Cosa succede quando le persone, soprattutto le più vulnerabili, incontrano il pugno chiuso della repressione o della manipolazione invece della mano tesa della speranza? Il primo gruppo di esempi appartiene al cuore. Qui, i sogni e desideri che i giovani perseguono possono essere così facilmente frantumati e distrutti. Penso a quanti sono colpiti dall’abuso della droga e degli stupefacenti, dalla mancanza di una casa e dalla povertà, dal razzismo, dalla violenza e dalla degradazione – particolarmente ragazze e donne. Mentre le cause di tali situazioni problematiche sono complesse, tutte hanno in comune un atteggiamento mentale avvelenato che si manifesta nel trattare le persone come meri oggetti – si afferma così un’insensibilità di cuore che prima ignora e poi deride la dignità data da Dio ad ogni persona umana. Simili tragedie mostrano anche che cosa avrebbe potuto essere e che cosa potrebbe essere ora, se lì altre mani – le vostre mani – si fossero tese o si tendessero verso di loro. Vi incoraggio ad invitare altri, soprattutto i vulnerabili e gli innocenti, ad associarsi a voi nel cammino della bontà e della speranza.

La seconda zona di tenebre – quelle che colpiscono lo spirito – rimane spesso non avvertita, e per questa ragione è particolarmente funesta. La manipolazione della verità distorce la nostra percezione della realtà ed intorbida la nostra immaginazione e le nostre aspirazioni. Ho già menzionato le tante libertà di cui voi per vostra fortuna potete godere. L’importanza fondamentale della libertà deve essere rigorosamente salvaguardata. Non è quindi sorprendente che numerosi individui e gruppi rivendichino ad alta voce in pubblico la loro libertà. Ma la libertà è un valore delicato. Può essere fraintesa o usata male così da non condurre alla felicità che tutti da essa ci aspettiamo, ma verso uno scenario buio di manipolazione, nel quale la nostra comprensione di noi stessi e del mondo si fa confusa o viene addirittura distorta da quanti hanno un loro progetto nascosto.

Avete notato quanto spesso la rivendicazione della libertà viene fatta, senza mai fare riferimento alla verità della persona umana? C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene. In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verità – o meglio, della sua assenza – si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. È ciò che chiamiamo relativismo. Ma che scopo ha una "libertà" che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi alla disperazione e così, tragicamente, al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione. Né è semplicemente un insieme di regole. È la scoperta di Uno che non ci tradisce mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la verità arriviamo a vivere in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: Gesù Cristo. È questa la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di "disimpegno da". È una scelta di "impegno per"; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire coinvolti nell’ "essere per gli altri" di Cristo (cfr Spe salvi, 28).

Come possiamo allora da credenti aiutare gli altri a camminare sulla via della libertà che porta al pieno appagamento e alla felicità duratura? Ritorniamo ancora ai santi. In che modo la loro testimonianza ha veramente liberato altri dalle tenebre del cuore e dello spirito? La risposta si trova nel nocciolo della loro fede – della nostra fede. L’incarnazione, la nascita di Gesù ci dice che Dio, di fatto, cerca un posto fra noi. È pieno l’albergo, ma ciononostante Egli entra per la stalla, e ci sono delle persone che vedono la sua luce. Riconoscono per quello che è il mondo buio e chiuso di Erode e seguono invece il brillare della stella che li guida nel cielo notturno. E che cosa irradia? A questo punto potete ricordarvi della preghiera pronunciata nella santissima notte di Pasqua: "O Padre, che per mezzo del tuo Figlio, luce del mondo, ci hai comunicato la luce della tua gloria, accendi in noi la fiamma viva della tua speranza!" (cfr Benedizione del fuoco). E così, in una processione solenne con le nostre candele accese, ci siamo passati l’un l’altro la luce di Cristo. È la luce che "sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti, dissipa l’odio, ci porta la pace e umilia la superbia del mondo" (Exsultet). È questa la luce di Cristo all’opera. È questa la via dei santi. È la magnifica visione della speranza – la luce di Cristo vi invita ad essere stelle-guida per gli altri, camminando sulla via di Cristo che è via di perdono, di riconciliazione, di umiltà, di gioia e di pace.

A volte, però, siamo tentati di chiuderci in noi stessi, di dubitare della forza dello splendore di Cristo, di limitare l’orizzonte della speranza. Prendete coraggio! Fissate lo sguardo sui nostri santi! La diversità delle loro esperienze della presenza di Dio ci suggerisce di scoprire nuovamente la larghezza e la profondità del cristianesimo. Lasciate che la vostra fantasia spazi liberamente lungo l’espansione illimitata degli orizzonti del discepolato cristiano. A volte siamo considerati persone che parlano soltanto di proibizioni. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità! Un autentico discepolato cristiano è caratterizzato dal senso dello stupore. Stiamo davanti a quel Dio che conosciamo e amiamo come un amico, davanti alla vastità della sua creazione e alla bellezza della nostra fede cristiana.

Cari amici, l’esempio dei santi ci invita, poi, a considerare quattro aspetti essenziali del tesoro della nostra fede: preghiera personale e silenzio, preghiera liturgica, carità praticata e vocazioni.

La cosa più importante è che sviluppiate un rapporto personale con Dio. Questo rapporto si esprime nella preghiera. Dio, in virtù della propria natura, parla, ascolta e risponde. San Paolo, infatti, ci ricorda che possiamo e dobbiamo "pregare incessantemente" (cfr 1 Ts 5, 17). Lungi dal piegarci su noi stessi o dal sottrarci dagli alti e bassi della vita, per mezzo della preghiera ci volgiamo a Dio e, attraverso di Lui, ci volgiamo gli uni agli altri, includendo gli emarginati e quanti seguono vie diverse da quelle di Dio (cfr Spe salvi, 33). Come i santi ci insegnano in modo così vivace, la preghiera diventa speranza in atto. Cristo era il loro compagno costante, col quale conversavano ad ogni passo del loro cammino a servizio degli altri.

C’è un altro aspetto della preghiera che dobbiamo ricordare: la contemplazione nel silenzio. San Giovanni, ad esempio, ci dice che per cogliere la rivelazione di Dio bisogna prima ascoltare e poi rispondere annunciando ciò che abbiamo udito e visto (cfr 1 Gv 1, 2-3; Cost. Dei Verbum, 1). Abbiamo forse perso qualcosa dell’arte dell’ascoltare? Lasciate qualche spazio per sentire il sussurrio di Dio che vi chiama a procedere verso la bontà? Amici, non abbiate paura del silenzio e della quiete, ascoltate Dio, adoratelo nell’Eucaristia! Lasciate che la sua parola plasmi il vostro cammino come sviluppo della santità.

Nella liturgia troviamo l’intera Chiesa in preghiera. La parola "liturgia" significa la partecipazione del Popolo di Dio all’"opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo che è la Chiesa" (Sacrosanctum Concilium, 7). In che cosa consiste questa opera? Prima di tutto si riferisce alla Passione di Cristo, alla sua morte e risurrezione e alla sua ascensione – ciò che chiamiamo "Mistero pasquale". Si riferisce anche alla celebrazione stessa della liturgia. I due significati, infatti, sono inseparabilmente connessi, perché questa "opera di Gesù" è il vero contenuto della liturgia. Mediante la liturgia, l’"opera di Gesù" viene continuamente messa in contatto con la storia; con la nostra vita, per plasmarla. Qui captiamo un’ulteriore idea della grandezza della nostra fede cristiana. Ogni volta che vi radunate per la Santa Messa, quando andate a confessarvi, ogni volta che celebrate uno dei Sacramenti, Gesù è all’opera. Attraverso lo Spirito Santo vi attira verso di sé, dentro il suo amore sacrificale per il Padre, che diventa amore per tutti. Vediamo così che la liturgia della Chiesa è un ministero di speranza per l’umanità. La vostra partecipazione piena di fede è una speranza attiva che aiuta a tenere il mondo – santi come peccatori – aperto a Dio; è questa la vera speranza umana che noi offriamo a ciascuno (cfr Spe salvi, 34).

La vostra preghiera personale, i vostri tempi di contemplazione silenziosa e la vostra partecipazione alla liturgia della Chiesa vi porta più vicini a Dio e vi prepara pure a servire gli altri. I santi che ci accompagnano stasera ci mostrano che la vita di fede e di speranza è anche una vita di carità. Contemplando Gesù sulla croce, vediamo l’amore nella sua forma più radicale. Possiamo cominciare ad immaginare la via dell’amore sulla quale dobbiamo muoverci (cfr Deus caritas est, 12). Le occasioni per fare questo cammino sono abbondanti. Guardatevi attorno con gli occhi di Cristo, ascoltate con i suoi orecchi, intuite e pensate col suo cuore e il suo spirito. Siete pronti a dare tutto per la verità e la giustizia, come fece Lui? Molti degli esempi di sofferenza ai quali i nostri santi hanno risposto con compassione, si trovano tuttora qui in questa città e dintorni. E sono emerse nuove ingiustizie: alcune sono complesse e derivano dallo sfruttamento del cuore e dalla manipolazione dello spirito; anche il nostro comune ambiente di vita, la terra stessa, geme sotto il peso dell’avidità consumistica e lo sfruttamento irresponsabile. Dobbiamo ascoltare nel profondo. Dobbiamo rispondere con un’azione sociale rinnovata che nasca dall’amore universale che non conosce limiti. In questo modo siamo sicuri che le nostre opere di misericordia e giustizia diventano speranza in atto per gli altri.

Cari giovani, alla fine vorrei dire ancora una parola sulle vocazioni. Prima di tutto, i miei pensieri vanno ai vostri genitori, nonni e padrini. Essi sono stati i vostri primi educatori nella fede. Presentandovi per il Battesimo, essi hanno dato a voi la possibilità di ricevere il dono più grande della vostra vita. In quel giorno siete entrati nella santità di Dio stesso. Siete diventati figlie e figli adottivi del Padre. Siete stati incorporati in Cristo. Siete stati resi una dimora del suo Spirito. Preghiamo per le mamme e i papà in tutto il mondo, specialmente per quanti stanno lottando in ogni modo – socialmente, materialmente, spiritualmente. Onoriamo la vocazione del matrimonio e la dignità della vita familiare. Vogliamo sempre riconoscere che sono le famiglie il luogo dove nascono le vocazioni.

Radunati qui nel Saint Joseph Seminary, saluto i seminaristi presenti e, di fatto, incoraggio tutti i seminaristi ovunque in America. Sono lieto di sapere che il vostro numero sta aumentando! Il Popolo di Dio si aspetta da voi che sarete sacerdoti santi, in un cammino quotidiano di conversione, ispirando negli altri il desiderio di entrare più profondamente nella vita ecclesiale di credenti. Vi esorto ad approfondire la vostra amicizia con Gesù, il Buon Pastore. Parlate con Lui cuore a cuore. Rigettate ogni tentazione di ostentazione, carrierismo o vanità. Tendete verso uno stile di vita caratterizzato veramente da carità, castità e umiltà, nell’imitazione di Cristo, l’eterno Sommo Sacerdote, di cui dovete diventare immagine vivente (cfr Pastores dabo vobis, 33). Cari seminaristi, io prego per voi ogni giorno. Ricordatevi che ciò che conta davanti al Signore è dimorare nel suo amore e irradiare il suo amore per gli altri.

Sorelle, fratelli e sacerdoti delle Congregazioni religiose contribuiscono largamente alla missione della Chiesa. La loro testimonianza profetica è caratterizzata da una profonda convinzione del primato con cui il Vangelo plasma la vita cristiana e trasforma la società. Oggi vorrei richiamare la vostra attenzione sul positivo rinnovamento spirituale che le Congregazioni stanno intraprendendo in relazione al loro carisma. La parola "carisma" significa un dono dato liberamente e gratuitamente. I carismi sono concessi dallo Spirito Santo che ispira fondatori e fondatrici e forma le Congregazioni con un conseguente patrimonio spirituale. La meravigliosa serie di carismi propri a ogni Istituto Religioso è un tesoro spirituale straordinario. La storia della Chiesa, infatti, è forse illustrata nel modo più bello mediante la storia delle sue scuole di spiritualità, la maggior parte delle quali risalgono alle vite sante di fondatori e fondatrici. Sono sicuro che, mediante la scoperta dei carismi che producono una tale vastità di sapienza spirituale, alcuni di voi giovani saranno attirati ad una vita di servizio apostolico o contemplativo. Non siate troppo timidi per parlare con frati, suore o sacerdoti religiosi sul carisma e sulla spiritualità della loro Congregazione. Non esiste nessuna comunità perfetta, ma è il discernimento della fedeltà ad un carisma fondatore, non a qualche persona particolare, che il Signore chiede da voi. Abbiate coraggio! Anche voi potete fare della vostra vita un’autodonazione per l’amore del Signore Gesù e, in Lui, di ogni membro della famiglia umana (cfr Vita consecrata, 3).

Amici, vi domando di nuovo, cosa dire del momento presente? Che cosa state cercando? Che cosa Dio suggerisce a voi? La speranza che mai delude è Gesù Cristo. I santi ci mostrano l’amore disinteressato del suo cammino. Come discepoli di Cristo, i loro tragitti straordinari si svilupparono all’interno di quella comunità della speranza che è la Chiesa. È dall’interno della Chiesa che anche voi troverete il coraggio ed il sostegno per camminare sulla via del Signore. Nutriti dalla preghiera personale, preparati nel silenzio, plasmati dalla liturgia della Chiesa, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi. Irradiate la sua luce su questa grande città e oltre. Mostrate al mondo la ragione della speranza che è in voi. Parlate con gli altri della verità che vi rende liberi. Con questi sentimenti di grande speranza in voi, vi saluto con un "arrivederci" nell’attesa di incontrarvi di nuovo a Sydney, nel luglio, per la Giornata Mondiale della Gioventù! E, come pegno del mio affetto per voi e per le vostre famiglie, vi imparto con gioia la Benedizione Apostolica.

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Cari seminaristi, cari giovani,

è per me una grande gioia potermi incontrare con tutti voi nel corso di questa visita, durante la quale ho festeggiato anche il mio compleanno. Grazie per la vostra accoglienza e per la gentilezza che mi avete dimostrato.

Vi esorto ad aprire al Signore il vostro cuore, affinché lo colmi pienamente così che con il fuoco del suo amore possiate portare il suo Vangelo in tutti i quartieri di New York.

La luce della fede vi spingerà a rispondere al male col bene e con la santità della vita, come hanno fatto i grandi testimoni del Vangelo lungo il corso dei secoli. Voi siete chiamati a continuare tale catena di amici di Gesù, i quali incontrarono nel suo amore il grande tesoro della loro vita. Coltivate questa amicizia mediante la preghiera, sia personale che liturgica, e attraverso le opere di carità e l’impegno di aiutare quanti sono maggiormente in difficoltà. Nel caso non lo abbiate ancora fatto, pensate seriamente se il Signore non vi domandi di seguirlo in modo radicale nel ministero sacerdotale o nella vita consacrata. Non basta un rapporto sporadico con Cristo. Un’amicizia così non è vera amicizia. Cristo vi desidera come suoi intimi amici, fedeli e perseveranti.

Nel rinnovarvi il mio invito a partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù in Sydney, vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, nella quale prego Dio di fare di voi autentici discepoli di Cristo risorto. Grazie di cuore!

[00589-01.01] [Testo originale: Plurilingue]

Al termine dell’incontro con i giovani e con i seminaristi, il Santo Padre rientra alla Residenza papale a New York, dove cena in privato con lo Staff della Missione Permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite.

[B0261-XX.02]