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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 42a GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, 24.01.2008


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 42a GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

INTERVENTO DI S.E. MONS. CLAUDIO MARIA CELLI

INTERVENTO DEL REV.DO MONS. PAUL TIGHE

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la 42a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che quest’anno ha per tema: "I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la Verità per condividerla".
Intervengono: S.E. Mons. Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali; il Rev.mo Mons. Paul Tighe, Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DI S.E. MONS. CLAUDIO MARIA CELLI

Come sapete il Papa Benedetto XVI ha scelto quale tema della 42a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali "I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la Verità per condividerla".

Prima di dire qualche parola per riflettere con voi su quanto il Santo Padre ha scritto a tutti gli operatori e i fruitori dei media, vorrei spiegare il perché di questo nostro incontro qui in Sala Stampa, che viene riproposto dopo alcuni anni di pausa ed è stato preceduto dalla santa Messa celebrata questa mattina nella cappella della Radio Vaticana.

Molti, direi tutti voi conoscete il PCCS, ma per delineare ancora meglio il nostro lavoro abbiamo pensato di sintetizzare i suoi tratti essenziali in una cartella informativa che vi è stata distribuita.

Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, insieme alla Sala Stampa, sono stati un punto di riferimento e di aiuto per svolgere al meglio il lavoro. In una certa misura avete sperimentato che quanto il Concilio Vaticano II chiedeva alla Chiesa – essa ha il dovere di comunicare e i giornalisti hanno il diritto di chiedere le informazioni che ritengono necessarie allo svolgimento del loro lavoro – si è tradotto nella realtà del vostro lavoro quotidiano. Certo, non tutto è perfetto. In questo campo, dove l’evoluzione è così rapida e continua, il lavoro di perfezionamento non finisce mai.

Ora, in questo incontro il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali si presenta al suo completo e - a partire dal sottoscritto che la fiducia del Santo Padre ha chiamato a sostituire il Card. Foley - dice di nuovo la sua disponibilità ad essere presenza rispettosa e collaboratrice nel campo della comunicazione; realtà che vuol porsi a servizio della Chiesa universale nell’azione dei media cattolici; voce amica di tutti gli operatori che ritengono sia loro dovere favorire una corretta informazione.

Già in questi mesi da parte di diversi operatori dei media, da gruppi di studenti universitari, da singoli Vescovi o da Conferenze episcopali sono stati notati segni di attenzione e richiesta di incontri che ci hanno spinto a fare alcune scelte.

Ecco perché abbiamo pensato a due Convegni Internazionali, che faremo entro il primo semestre di quest’anno. Il primo è in programma nel mese di maggio e vedrà l’incontro dei Responsabili delle Facoltà di comunicazione delle Università Cattoliche; il secondo, previsto per giugno, è rivolto ai Responsabili delle Radio cattoliche. Ma di tutto questo ci sarà modo di parlare più diffusamente in seguito. Ora permettetemi, invece, di dire qualche parola sul messaggio del Papa.

Si tratta di un tema importante, oserei dire decisivo, perché ci conduce al cuore di delicate questioni che cercherò qui di evidenziare, ma di cui voi tutti già siete consapevoli perché le affrontate in prima persona nel vostro lavoro quotidiano.

Quando diciamo che questi mezzi sono al bivio fra protagonismo e servizio non posso non ricordare quanto scriveva nel 1967 il Papa Paolo VI nel momento di proporre la prima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Nel 1967, sull’eco del Concilio Vaticano II da poco concluso, affermava che la Chiesa "si sente intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia". Tuttavia avvertiva, fin da allora, che se "la grandiosità del fenomeno, che investe ormai i singoli individui e tutta la comunità umana, è motivo di ammirazione e di compiacimento" nello stesso tempo aggiungeva che tale fenomeno "ci rende pensosi e trepidanti".

Perché la trepidazione? Paolo VI avvertiva con chiarezza che nei confronti dei media "è la responsabilità di tutti che viene chiamata in causa".

Ad oltre quarant’anni di distanza da quella affermazione si vede quanto la menzionata intuizione sia vera ed attuale e non riguarda una responsabilità generica, ma chiama in causa l’individuo, il singolo operatore dei media.

Infatti, i media oggi possono essere strumenti del nostra speranza, "possono e devono anche essere strumenti al servizio di un mondo più giusto e solidale", come scrive nel Suo messaggio Benedetto XVI.

Non per nulla il Papa accenna – seppur brevemente – al prezioso ruolo che i media hanno avuto e continuano ad avere "in maniera decisiva". Forse facendoci cogliere con questo apparente inciso che la nostra fatica quotidiana di operatori umili e spesso nascosti diventa parte di una storia preziosa. Per lo stesso motivo Benedetto XVI sembra non solo limitarsi ad accennare, ma il suo accenno è fatto quasi a voler passare in rassegna i diversi settori della vita umana e della convivenza dei popoli dove i media sono una vera e propria risorsa, una benedizione per tutti: "l’alfabetizzazione, la socializzazione, lo sviluppo della democrazia e il dialogo fra i popoli".

Il Papa sa e avverte, con lucida chiarezza, che "non manca, purtroppo, il rischio che essi si trasformino invece in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti". Ecco la sfida dei media, la sfida che noi, nella quotidianità dobbiamo affrontare per essere uomini, solidali con tutti gli uomini.

Quelle del Papa sono dunque riflessioni donate a ciascuno di noi da un uomo di fede, un uomo che ha passato tutta la sua vita ad accettare la fatica dello studio nella continua ricerca della verità, che ha saputo e sa continuare a pensare con libertà. E una di queste riflessioni è che "i media possono essere utilizzati…per ‘creare’ gli eventi stessi".

E se i media, più che raccontare gli eventi, li "creano" cosa avviene nei confronti dell’uomo? Veramente sembrerebbe corretto affermare che la delicatezza e la vastità di situazioni nuove dovrebbe spingere tutti noi a parlare di "info-etica" così da segnalare in modo diretto ed efficace la dimensione del problema.

È quanto accenna il Papa là dove scrive "Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria una info-etica così come esiste una bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita".

Parole, quelle di Benedetto XVI che ci fanno avvertiti ancor di più quanto le comunicazioni sociali siano profondamente legate all’uomo invitandoci, quindi, a difendere gelosamente la persona umana in tutti i suoi ambiti e in tutto ciò che l’uomo è ed è chiamato ad essere.

Sono dunque parole di coraggio. Se i media sono una sfida, lo sono prima di tutto all’intelligenza dell’uomo. E la Chiesa non ha paura né dell’intelligenza né della ragione. E se nel documento Conciliare Gaudium et Spes la Chiesa afferma con gioia che "chi segue Cristo uomo perfetto diventa lui pure più uomo", si può con altrettanta verità dire che chi aiuta l’uomo a conoscere sé stesso e cercare la verità arriva a Cristo. Ecco perché la citazione del vangelo di Giovanni "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,32) è traccia e aiuto per affrontare la sfida che oggi la società rivolge ai media, ai suoi operatori e a tutti i fruitori: la ricerca della verità – che è possibile trovare – è via per la comunione tra le persone e i popoli.

[00112-01.01]

INTERVENTO DEL REV.DO MONS. PAUL TIGHE

The last two decades have seen major changes, which have often been characterized as a revolution, in the development of information and communications technology. The letter of Pope Benedict XVI to mark the 42

nd World Communications Day, which will be celebrated on the 4th May 2008, reminds us of the extraordinary potential that the new technologies offer to those who work in the field of communications. The Pope underlines the enormous power for good of these technologies in the hands of those who would use them to promote a world of greater justice and solidarity. He celebrates the contribution of these technologies to the "spread of literacy and in socialization, as well as the development of democracy and dialogue among peoples."

The Pope, however, also draws attention to the fact that the same technologies can be, and have been, used for less noble purposes. Communications technology can be used to manipulate public opinion, to distort the truth, to promote violence and to debase the dignity of the person. Pope Benedict highlights the "ambiguity of progress, which offers new possibilities for good, but at the same time opens up appalling possibilities for evil that formerly did not exist."

In his message, Pope Benedict notes that many commentators now believe there is a need in this area for a discipline of "info-ethics" just as we have the discipline of "bio-ethics" in the field of medicine and scientific research linked to life. Indeed his message already serves to highlight some of the foundational ethical insights that would contribute to the development of this relatively new area of reflection. We must avoid what has been identified in bio-ethics as the "technological imperative ". In the field of medicine, we have learned that we ought not to do everything we can do. As the Pope reminds us, it is equally true of the field of communications that "not everything that is technically possible is ethically permissible."

The true measure of progress is not to be found in the technical or logistical efficiency of the new means of communications alone but in the purposes which they serve. Those in the media who use the new technologies are faced with a choice. They can seek to ensure that the new technologies, and the enhanced potential for communication that they offer, are placed at the service of individuals and communities in their search for the truth or they can allow them to be used to promote their own interests and/or the interests of those they represent in ways that manipulate individuals and communities. It is only when these technologies are used to serve the true wellbeing of individual persons and of human communities that we can say that they are truly instruments of progress.

This message encourages those who work in the media to attend to the great responsibilities that rest with them and to uphold the highest standards of their professions. In particular, they are urged to be vigilant in their efforts to make known the truth and to defend it "against those who tend to deny or destroy it." Media professionals are invited to defend the ethical underpinnings of their profession and to ensure that the "centrality and the inviolable dignity of the human person" are always vindicated. They are reminded that these ethical commitments can be eroded by factors such as competition for audiences, commercial pressures and ideological prejudices. They are warned of the danger of the media becoming the voice of "economic materialism and ethical relativism".

In this context, it is appropriate to remember that many journalists have given an extraordinary witness to their commitment to the truth. Many journalists throughout the world have suffered persecution, imprisonment and even death because of this commitment and because of their unwillingness to be silent in the face of injustice and corruption. Their witness is an eloquent testimony to the highest standards to which the media can aspire and their example serves as to encourage all media professionals to strengthen their commitment to the truth and, thereby, to serve the common good of all humanity.

[Negli ultimi due decenni abbiamo assistito a sempre maggiori cambiamenti, spesso caratterizzati da una rivoluzione, nello sviluppo dell’informazione e delle tecnologie della comunicazione. La lettera di Papa Benedetto XVI in occasione della 42a Giornata Mondiale delle Comunicazioni, che si celebrerà il 4 maggio 2008, ci rammenta dello straordinario potenziale che le nuove tecnologie offrono a coloro che lavorano nel campo delle comunicazioni. Il Santo Padre sottolinea l’enorme utilità di queste tecnologie nelle mani di coloro che le impiegano per promuovere un mondo di maggiore giustizia e solidarietà. Egli celebra il contributo di queste tecnologie alla "diffusione dell’alfabetizzazione e alla socializzazione, come pure allo sviluppo della democrazia e del dialogo tra i popoli."

Il Santo Padre, tuttavia, attira l’attenzione sul fatto che le stesse tecnologie possono essere, e sono state, utilizzate per scopi meno nobili. La tecnologia delle comunicazioni può essere impiegata per manipolare l’opinione pubblica, per distorcere la verità, per promuovere la violenza e per svilire la dignità della persona. Papa Benedetto sottolinea "l’ambiguità del progresso, che offre inedite possibilità per il bene, ma apre al tempo stesso possibilità abissali di male che prima non esistevano."

In questo messaggio, Papa Benedetto osserva che molti commentatori pensano che in quest’area si avverta ora la necessità di una disciplina dell’ "info-etica" così come esiste la disciplina della "bio-etica" nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita. Certamente il suo messaggio serve già a sottolineare alcuni degli aspetti etici fondamentali che contribuirebbero allo sviluppo di questa area di riflessione relativamente nuova. Dobbiamo evitare quello che è stato identificato nella bio-etica come "l’imperativo tecnologico". Nel campo della medicina, abbiamo imparato che non dovremmo fare tutto ciò che possiamo fare. Come ribadisce il Santo Padre, ugualmente vero nel campo delle comunicazioni, "non tutto ciò che è tecnicamente possibile è eticamente praticabile."

La vera misura del progresso non si deve ricercare solo nella efficienza tecnica o logistica dei nuovi mezzi di comunicazione ma negli scopi per cui servono. Coloro nei media che fanno uso delle nuove tecnologie sono messi davanti ad una scelta. Possono cercare di assicurare che le nuove tecnologie e l’accresciuto potenziale di comunicazione che offrono, siano collocate al servizio degli individui e delle comunità nella loro ricerca di verità o possono consentire che queste siano impiegate per promuovere i propri interessi e/o gli interessi di coloro che rappresentano in modo tale da manipolare gli individui e le comunità.

Solo quando queste tecnologie verranno utilizzate per servire il vero benessere delle persone e delle comunità umane possiamo definirle veri strumenti di progresso.

Questo messaggio incoraggia gli operatori del settore ad occuparsi delle grandi responsabilità che gli offrono e a sostenere i più alti standard professionali. In particolare, sono esortati ad essere vigili negli sforzi volti a far conoscere la verità e a difenderla "contro coloro che tendono a negarla e distruggerla". I professionisti dei media sono invitati a difendere gli ancoraggi etici della loro professione e ad assicurare che la "centralità e la dignità inviolabile dell’uomo" siano sempre difese. A loro viene ricordato che questi impegni etici possono essere minacciati da fattori come la concorrenza degli ascolti, le pressioni commerciali e i pregiudizi ideologici. Sono allertati dal pericolo che i media diventino la voce del "materialismo economico e del relativismo etico".

In tale contesto, è opportuno ricordare che molti giornalisti hanno dato straordinaria testimonianza del proprio impegno alla verità. Molti giornalisti in tutto il mondo hanno sofferto la persecuzione, la prigionia e persino la morte per questo loro impegno e per il rifiuto di rimanere in silenzio di fronte all’ingiustizia e alla corruzione. La loro testimonianza è una testimonianza eloquente dei più elevati standard a cui i media devono aspirare ed il loro esempio serve ad incoraggiare i professionisti dei media a rafforzare il proprio impegno alla verità e, in tal modo a servire il bene comune di tutta l’umanità.]

[00111-02.02] [Original text: English]

[B0050-XX.01]