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LETTERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI VESCOVI, AI PRESBITERI, ALLE PERSONE CONSACRATE E AI FEDELI LAICI DELLA CHIESA CATTOLICA NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE, 30.06.2007


COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

AVVISO

Il testo della Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese è a disposizione dei giornalisti accreditati, a partire dalle ore 9 di oggi e con embargo fino alle ore 12. La Lettera del Santo Padre è disponibile in lingua italiana, inglese, francese, cinese tradizionale e cinese semplificata.

È possibile consultare da subito il testo della Lettera - in italiano, inglese e francese - anche nell’area Embargo del Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, sul sito Internet www.vatican.va.

A partire dalle ore 12 di oggi la "Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese" è  online sul sito Internet www.vatican.va anche in lingua cinese tradizionale e cinese semplificata. 

[00988-01.01]

NOTA ESPLICATIVA DELLA LETTERA DI BENEDETTO XVI AI CATTOLICI CINESI, DEL 27 MAGGIO 2007

Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua cinese tradizionale

Traduzione in lingua cinese semplificata

Testo in lingua italiana

NOTA ESPLICATIVA

Con la "Lettera ai Vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese", che porta la data della domenica di Pentecoste, il papa Benedetto XVI desidera manifestare il suo amore e la sua vicinanza ai cattolici, presenti in Cina. Lo fa, senza dubbio, come Successore di Pietro e Pastore Universale della Chiesa.

Dal testo emergono due pensieri fondamentali: da una parte, un profondo affetto per tutta la comunità cattolica in Cina e, dall’altra parte, un’appassionata fedeltà ai grandi valori della tradizione cattolica in campo ecclesiologico; quindi, una passione per la carità e una per la verità. Il Papa ricorda le grandi linee ecclesiologiche del Concilio Vaticano II e della tradizione cattolica, ma nello stesso tempo prende in considerazione aspetti particolari della vita della Chiesa in Cina, inquadrandoli in un’ampia visione teologica.

A - La Chiesa in Cina negli ultimi 50 anni

La comunità cattolica in Cina ha vissuto intensamente questi ultimi 50 anni, affrontando un cammino difficile e doloroso, che non soltanto l’ha segnata in profondità ma anche le ha fatto assumere caratteristiche peculiari che la distinguono ancora oggi.

La comunità cattolica soffrì una prima persecuzione negli anni ’50, che vide l’espulsione dei Vescovi e dei missionari stranieri, l’imprigionamento di quasi tutti gli ecclesiastici cinesi e dei responsabili dei vari movimenti laicali, la chiusura delle chiese e l’isolamento dei fedeli. Alla fine degli anni ’50 furono poi creati organismi statali quali l’Ufficio per gli Affari Religiosi e l’Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi, con lo scopo di guidare e "controllare" ogni attività religiosa. Nel 1958 ebbero luogo le prime due ordinazioni episcopali senza il mandato papale, dando inizio a una lunga serie di gesti che feriscono profondamente la comunione ecclesiale.

Nel decennio 1966-1976, la Rivoluzione Culturale, che era in atto in tutto il Paese, coinvolse violentemente la comunità cattolica, colpendo anche quei Vescovi, sacerdoti e fedeli laici che si erano dimostrati più disponibili verso i nuovi orientamenti, imposti dalle Autorità governative.

Negli anni ’80, con le aperture promosse da Deng Xiaoping, cominciò un periodo di tolleranza religiosa con qualche possibilità di movimento e di dialogo, che permise la riapertura di chiese, di seminari e di case religiose, e una certa ripresa della vita comunitaria. Le informazioni, che pervenivano dalle comunità ecclesiali cinesi, confermavano che, ancora una volta, il sangue dei martiri era stato seme di nuovi cristiani: la fede era rimasta viva nelle comunità, la maggioranza dei cattolici aveva dato una fervida testimonianza di fedeltà a Cristo e alla Chiesa, le famiglie erano diventate al loro interno il fulcro della trasmissione della fede. Il nuovo clima non mancò, però, di suscitare differenti reazioni in seno alla comunità cattolica.

A questo proposito, il Papa ricorda che alcuni Pastori, "non volendo sottostare a un indebito controllo, esercitato sulla vita della Chiesa, e desiderosi di mantenere una piena fedeltà al Successore di Pietro e alla dottrina cattolica, si sono visti costretti a farsi consacrare clandestinamente" per assicurare un servizio pastorale alle proprie comunità (n. 8). Infatti "la clandestinità" - precisa il Santo Padre - "non rientra nella normalità della vita della Chiesa, e la storia mostra che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede e di non accettare ingerenze di organismi statali in ciò che tocca l’intimo della vita della Chiesa" (ivi).

Altri, solleciti soprattutto del bene dei fedeli e guardando al futuro, "hanno acconsentito a ricevere l’ordinazione episcopale senza il mandato pontificio ma, in seguito, hanno chiesto di poter essere accolti nella comunione con il Successore di Pietro e con gli altri Fratelli nell’episcopato" (ivi). Il Papa, considerando la complessità della situazione e profondamente desideroso di favorire il ristabilimento di una piena comunione, ha concesso a molti di loro "il pieno e legittimo esercizio della giurisdizione episcopale".

Analizzando attentamente la situazione della Chiesa in Cina, Benedetto XVI è consapevole del fatto che la comunità soffre, al suo interno, di una situazione di forti contrasti che vede coinvolti fedeli e Pastori. Egli mette, però, in risalto che tale dolorosa situazione non è stata provocata da diverse posizioni dottrinali ma è frutto del "ruolo significativo svolto da organismi, che sono stati imposti come principali responsabili della vita della comunità cattolica" (n. 7). Si tratta di organismi, le cui dichiarate finalità, in particolare quella di attuare i principi di indipendenza, autogoverno e autogestione della Chiesa, non sono conciliabili con la dottrina cattolica. Questa interferenza ha dato luogo a situazioni veramente preoccupanti. Per di più, i Vescovi e i sacerdoti si sono visti molto controllati e coartati nell’esercizio del proprio officio pastorale.

Negli anni ’90, da più parti e con sempre maggiore frequenza, Vescovi e sacerdoti si sono rivolti alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e alla Segretaria di Stato per poter ricevere dalla Santa Sede precise indicazioni di comportamento circa alcuni problemi della vita ecclesiale in Cina. Molti chiedevano quale atteggiamento dovessero assumere nei confronti del Governo e degli organismi statali, preposti alla vita della Chiesa. Altre richieste riguardavano problemi strettamente sacramentali, quali la possibilità di concelebrare con Vescovi che erano stati ordinati senza mandato pontificio o di ricevere i Sacramenti da sacerdoti, ordinati da quei Vescovi. Alcuni settori della comunità cattolica, infine, si trovavano disorientati di fronte alla legittimazione di numerosi Vescovi, che erano stati consacrati illecitamente.

La legge sulla registrazione dei luoghi di culto, poi, e la richiesta statale del certificato di appartenenza all’Associazione Patriottica hanno suscitato nuove tensioni e ulteriori interrogativi.

Durante quegli anni il papa Giovanni Paolo II ha indirizzato più volte alla Chiesa, che è in Cina, messaggi e appelli che invitavano tutti i cattolici all’unità e alla riconciliazione. Gli interventi del Santo Padre sono stati bene accolti, creando una passione per l’unità, ma le tensioni con le Autorità e all’interno della comunità cattolica non sono, purtroppo, diminuite.

Da parte sua, la Santa Sede ha dato indicazioni circa varie problematiche, ma il passare del tempo e il sorgere di nuove situazioni sempre più complesse esigevano una riconsiderazione dell’intera materia al fine di offrire una risposta più precisa possibile alle richieste e di far conoscere sicuri orientamenti per l’attività pastorale negli anni a venire.

B - Iter storico della Lettera pontificia

Le varie problematiche, che sembrano marcare più da vicino la vita della Chiesa in Cina durante questi ultimi anni, sono state ampiamente e attentamente analizzate da un’apposita Commissione ristretta, composta da alcuni sinologi e da coloro che, nella Curia Romana, seguono la situazione di quella comunità. Quando poi il papa Benedetto XVI ha deciso di convocare, per i giorni 19-20 gennaio 2007, una Riunione che ha visto la partecipazione di vari ecclesiastici anche cinesi, la menzionata Commissione si è adoperata per preparare un documento al fine di favorire un ampio dibattito sui vari punti, di raccogliere indicazioni pratiche dai partecipanti e di prospettare alcuni possibili orientamenti teologico-pastorali per la comunità cattolica in Cina. Sua Santità, che ha benevolmente partecipato all’ultima sessione della Riunione, tra le altre cose ha deciso di indirizzare una sua Lettera ai Vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici.

C - Contenuti della Lettera

"Senza pretendere di trattare ogni particolare di complesse problematiche da voi ben conosciute", scrive Benedetto XVI ai cattolici cinesi, "con questa Lettera vorrei offrire alcuni orientamenti in merito alla vita della Chiesa e all’opera di evangelizzazione in Cina, per aiutarvi a scoprire ciò che da voi vuole il Signore e Maestro, Gesù Cristo" (n. 2). Il Papa richiama alcuni principi fondamentali dell’ecclesiologia cattolica per illuminare le problematiche più importanti, nella consapevolezza che la luce di tali principi potrà aiutare ad affrontare le varie questioni e gli aspetti più concreti della vita della comunità cattolica.

Nell’esprimere viva gioia per la fedeltà che i cattolici in Cina hanno mostrato in questi ultimi cinquant’anni, Benedetto XVI riafferma il valore inestimabile delle loro sofferenze e della persecuzione subita a causa del Vangelo, e rivolge a tutti un fervido appello all’unità e alla riconciliazione. Consapevole del fatto che la piena riconciliazione "non potrà compiersi dall’oggi al domani", egli ricorda che tale cammino "è sostenuto dall’esempio e dalla preghiera di tanti «testimoni della fede» che hanno sofferto e hanno perdonato, offrendo la loro vita per l’avvenire della Chiesa cattolica in Cina" (n. 6).

In questo contesto, risuona ancora valida la parola di Gesù "Duc in altum" (Lc 5, 4). È una parola che "ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro". In Cina, infatti, come nel resto del mondo, "la Chiesa è chiamata ad essere testimone di Cristo, a guardare in avanti con speranza e a misurarsi - nell’annuncio del Vangelo - con le nuove sfide che il Popolo cinese deve affrontare" (n. 3). "Anche nel vostro Paese", il Papa ricorda, "l’annuncio di Cristo crocifisso e risorto sarà possibile nella misura in cui con fedeltà al Vangelo, nella comunione con il Successore dell’Apostolo Pietro e con la Chiesa universale, saprete realizzare i segni dell’amore e dell’unità" (ivi).

Nell’affrontare alcune problematiche più urgenti, che emergono dalle richieste pervenute alla Santa Sede da parte di Vescovi e di sacerdoti, Benedetto XVI offre indicazioni circa il riconoscimento di ecclesiastici della comunità clandestina da parte delle Autorità governative (cfr. n. 7) e mette in ampio risalto il tema dell’Episcopato cinese (cfr. n. 8), con particolare riferimento a quanto concerne la nomina dei Vescovi (cfr. n. 9). Hanno, poi, uno speciale significato gli orientamenti pastorali, che il Santo Padre dona alla comunità, sottolineando in primo luogo la figura e la missione del Vescovo nella comunità diocesana: "niente senza il Vescovo". Offre, inoltre, indicazioni per la concelebrazione eucaristica e invita a creare gli organismi diocesani, previsti dalle norme canoniche. Non manca di dare indicazioni circa la formazione dei presbiteri e la vita della famiglia.

Per quanto riguarda i rapporti della comunità cattolica con lo Stato, con tono sereno e rispettoso Benedetto XVI ricorda la dottrina cattolica, riproposta anche dal Concilio Vaticano II. Esprime poi il sincero auspicio che possa andare avanti il dialogo tra la Santa Sede e il Governo cinese per poter giungere ad un accordo sulla nomina dei Vescovi, al pieno esercizio della fede dei cattolici mediante il rispetto di un’autentica libertà religiosa, e alla normalizzazione dei rapporti tra la Santa Sede e il Governo di Pechino.

Il Papa, infine, revoca tutte le Facoltà e le Direttive di ordine pastorale, passate e recenti, che sono state concesse dalla Santa Sede alla Chiesa in Cina. Le mutate circostanze della situazione generale della Chiesa in Cina e le maggiori possibilità di comunicazione permettono ormai ai cattolici di seguire le norme canoniche generali e, se del caso, di ricorrere alla Sede Apostolica. In ogni caso, i principi dottrinali, che ispiravano le suddette Facoltà e Direttive, trovano ora nuova applicazione nelle direttive, contenute nella presente Lettera (cfr. n. 18).

D - Tono e prospettive della Lettera

Benedetto XVI, con afflato spirituale e con un linguaggio eminentemente pastorale, si rivolge a tutta la Chiesa che è in Cina. La sua intenzione non è quella di creare situazioni di aspro confronto con persone e con gruppi particolari: egli, anche se esprime rilievi su talune situazioni critiche, lo fa con molta comprensione per gli aspetti contingenti e per le persone coinvolte, pur ricordando con estrema chiarezza i principi teologici. Il Papa desidera invitare la Chiesa a una più profonda fedeltà a Gesù Cristo e ricorda a tutti i cattolici cinesi la missione di essere evangelizzatori nell’attuale contesto concreto del loro Paese. Il Santo Padre guarda con rispetto e con profonda simpatia alla storia antica e recente del grande Popolo cinese e si dice, ancora una volta, disponibile al dialogo con le Autorità cinesi nella consapevolezza che la normalizzazione della vita della Chiesa in Cina presuppone un dialogo franco, aperto e costruttivo con le Autorità. Benedetto XVI, come già il suo Predecessore, Giovanni Paolo II, è inoltre fermamente convinto che detta normalizzazione offrirà un impareggiabile contributo alla pace nel mondo, creando così un’insostituibile tessera nel grande mosaico della convivenza pacifica tra i popoli.

[00989-01.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

NOTE EXPLICATIVE

Par la «Lettre aux Évêques, aux prêtres, aux personnes consacrées et aux fidèles laïcs de l’Église catholique en République Populaire de Chine», qui porte la date du dimanche de Pentecôte, le Pape Benoît XVI désire manifester son amour envers les catholiques présents en Chine et sa proximité avec eux. Il le fait sans aucun doute comme Successeur de Pierre et Pasteur universel de l’Église.

Dans le texte, apparaissent deux idées fondamentales: d’un côté, une profonde affection pour toute la communauté catholique en Chine et, d’un autre, une fidélité passionnée pour les grandes valeurs de la tradition catholique dans le domaine ecclésiologique; une passion donc pour la charité et pour la vérité. Le Pape rappelle les grandes lignes ecclésiologiques du Concile Vatican II et de la tradition catholique, mais en même temps il prend en considération des aspects particuliers de la vie de l’Église en Chine, les situant dans une large vision théologique.

A – L’Église en Chine au cours des 50 dernières années

La communauté catholique en Chine a vécu de manière intense les 50 dernières années, devant affronter un chemin difficile et douloureux qui, non seulement l’a marquée en profondeur, mais lui a aussi fait prendre des caractéristiques particulières, qui la singularise encore aujourd’hui.

La communauté catholique a souffert une première persécution dans les années 50, qui vit l’expulsion des Évêques et des missionnaires étrangers, l’emprisonnement de presque tous les ecclésiastiques chinois et des responsables des divers mouvements laïcs, la fermeture des églises et l’isolement des fidèles. À la fin des années 50, ont été alors créés des organismes d’État tels que le Bureau pour les Affaires religieuses et l’Association patriotique des Catholiques en Chine, dans le but de guider et de «contrôler» toute activité religieuse. En 1958, eurent lieu les deux premières ordinations épiscopales sans mandat pontificales, donnant naissance à une longue série de gestes qui blessèrent profondément la communion ecclésiale.

Au cours de la décennie 1966-1976, la Révolution culturelle, qui s’effectuait dans tout le Pays, frappa violemment la communauté catholique, frappant aussi les Évêques, les prêtres et les fidèles laïcs qui s’étaient montrés les plus disposés envers les nouvelles orientations imposées par les Autorités gouvernementales.

Dans les années 80, avec les ouvertures promues par Deng Xiaoping, commença une période de tolérance religieuse avec quelques possibilités de mouvement et de dialogue, période qui permit la réouverture d’églises, de séminaires et de maisons religieuses, et une certaine reprise de la vie communautaire. Les informations qui parvenaient des communautés ecclésiales confirmaient que, une fois encore, le sang des martyrs avait été une semence de nouveaux chrétiens: la foi était restée vive dans les communautés, la majorité des catholiques avait donné un fervent témoignage de fidélité au Christ et à l’Église, les familles étaient devenues dans leur vie intérieure, le cœur de la transmission de la foi. Le nouveau climat ne manqua pas cependant de susciter différentes réactions au sein de la communauté catholique.

À ce sujet, le Pape rappelle que certains Pasteurs «ne voulant pas être soumis à un contrôle indu exercé sur la vie de l’Église et désireux de maintenir une pleine fidélité au Successeur de Pierre et à la doctrine catholique, se sont vus contraints de se faire consacrer clandestinement» pour assurer un service pastoral à leurs communautés (n. 8). En effet, – précise le Saint-Père – «La clandestinité ne rentre pas dans la normalité de la vie de l’Église, et l’histoire montre que Pasteurs et fidèles y ont recours uniquement avec le profond désir de maintenir intègre leur propre foi et de ne pas accepter d’ingérence d’organismes d’État dans ce qui touche l’intime de la vie de l’Église» (ibid.).

D’autres, surtout soucieux du bien des fidèles et regardant vers l’avenir, «ont consenti à recevoir l’ordination épiscopale sans mandat pontifical, mais, par la suite, ils ont demandé de pouvoir être accueillis dans la communion avec le Successeur de Pierre et avec leurs autres Frères dans l’Épiscopat» (ibid.). Considérant la complexité de la situation et désirant profondément favoriser le rétablissement de la pleine communion, le Pape a concédé à beaucoup d’entre eux «le plein et légitime exercice de la juridiction épiscopale».

Analysant attentivement la situation de l’Église en Chine, Benoît XVI est conscient du fait que la communauté souffre, en son sein, d’une situation de fortes oppositions dans lesquelles sont engagés fidèles et Pasteurs. Il met cependant en relief que cette situation douloureuse n’a pas été provoquée par des positions doctrinales diverses par quelle est le fruit du «rôle significatif rempli par des organismes qui ont été imposés comme les principaux responsables de la vie de la communauté catholique» (n. 7). Il s’agit d’organismes dont les finalités déclarées, en particulier celle de mettre en œuvre les principes d’indépendance, d’autogouvernement et d’autogestion de l’Église, ne sont pas conciliables avec la doctrine catholique. Une telle interférence a donné lieu à des situations vraiment préoccupantes. De plus, les Évêques et les prêtres se sont vus très contrôlés et contraints dans l’exercice de leur charge pastorale.

Dans les années quatre-vingt-dix, de plusieurs côtés et avec une fréquence toujours plus grande, des Évêques et des prêtres se sont adressés à la Congrégation pour l’Évangélisation des Peuples et à la Secrétairerie d’État, dans le but de recevoir du Saint-Siège des indications précises sur la manière de se comporter face à certains problèmes de la vie ecclésiale en Chine. Beaucoup demandaient quelle attitude ils doivent adopter face au Gouvernement et aux organismes d’État mis à la tête de la vie de l’Église. D’autres requêtes concernaient des problèmes strictement sacramentels, tels que la possibilité de concélébrer avec des Évêques qui avaient été ordonnés sans mandat pontifical ou de recevoir les Sacrements de prêtres ordonnés pas ces Évêques. Enfin, certaines parties de la communauté catholique se trouvaient désorientées face à la légitimation de nombreux Évêques, qui avaient été consacrés illicitement.

Les lois sur l’enregistrement des lieux de culte et la demande de la part de l’État d’un certificat d’appartenance à l’Association Patriotique ont suscité des nouvelles tensions et des interrogations ultérieures.

Durant toutes ces années, le Pape Jean-Paul II a adressé, à plusieurs reprises, à l’Église qui est en Chine des messages et des appels qui invitaient tous les catholiques à l’unité et à la réconciliation. Les interventions du Saint-Père ont été bien accueillies, créant une passion pour l’unité, mais les tensions avec les Autorités et au sein de la communauté catholique ne se sont malheureusement pas apaisées.

Pour sa part, le Saint-Siège a donné des indications concernant les différentes problématiques, mails le temps passant et l’apparition de nouvelles situations toujours plus complexes exigeaient une considération nouvelle de toute la question, afin d’offrir une réponse la plus précise possible aux demandes et de faire connaître des orientations sûres pour l’activité pastorale au cours des années à venir.

B – Déroulement historique de la Lettre pontificale

Les différentes problématiques qui semblaient marqués de plus près la vie de l’Église en Chine durant les dernières années ont été amplement et attentivement analysées par une Commission restreinte spéciale, composée de quelques sinologues et des personnes qui, dans la Curie romaine, suivent la situation de cette communauté. Lorsque, les 19-20 janvier 2007, le Pape Benoît XVI a décidé de convoquer une réunion qui a vu la participation de différents ecclésiastiques, aussi chinois, ladite commission s’est attachée à préparer un document dans le but de favoriser un large débat sur différents points, de recueillir des indications pratiques de la part des participants et d’envisager certaines orientations possibles sur le plan théologique et pastoral pour la communauté catholique en Chine. Sa Sainteté, qui a participé avec bienveillance à la dernière session de ladite réunion, a entre autres choses décidé d’adresser une Lettre aux Évêques, aux prêtres, aux personnes consacrées et aux fidèles laïcs.

C – Contenu de la Lettre

«Sans prétendre traiter tous les aspects des problèmes complexes que vous connaissez bien, écrit Benoît XVI aux catholiques chinois, je voudrais, par cette Lettre, vous présenter certaines orientations concernant la vie de l’Église et l’œuvre d’évangélisation en Chine, pour vous aider à découvrir ce qu’attend de vous le Seigneur et le Maître, Jésus Christ» (n. 2). Le Pape rappelle certains principes fondamentaux de l’ecclésiologie catholique pour éclairer les problématiques les plus importantes, conscient que l’éclairage de ces principes pourra aider à affronter les diverses questions et les aspects les plus concrets de la vie de la communauté catholique.

Manifestant sa joie profonde pour la fidélité dont les catholiques en Chine ont fait preuve au cours des cinquante dernières années, Benoît XVI affirme de nouveau la valeur inestimable de leurs souffrances et de la persécution subie à cause de l’Évangile, et il leur adresse à tous un fervent appel à l’unité et à la réconciliation. Conscient du fait que la pleine réconciliation «ne pourra pas s’accomplir du jour au lendemain», il rappelle qu’un tel chemin «est soutenu par l’exemple et la prière de nombreux ‘témoins de la foi’, qui ont souffert et qui ont pardonné, offrant leur vie pour l’avenir de l’Église catholique en Chine» (n. 6).

Dans ce contexte, résonne encore de manière valable la parole de Jésus «Duc in altum» (Lc 5, 4). C’est une parole qui «nous invite à faire mémoire avec gratitude du passé, à vivre avec passion le présent, à nous ouvrir avec confiance à l'avenir». De fait, en Chine comme dans le reste du monde, «l’Église est appelée à être témoin du Christ, à regarder en avant avec espérance et à se confronter – dans l’annonce de l’Évangile – aux nouveaux défis auxquels le Peuple chinois doit faire face» (n. 3). «Dans votre Pays aussi, rappelle le Pape, l’annonce du Christ crucifié et ressuscité sera possible dans la mesure où, en fidélité à l’Évangile, en communion avec le Successeur de l’Apôtre Pierre et avec l’Église universelle, vous saurez manifester les signes de l’amour et de l’unité» (ibid.)

Affrontant certaines problématiques parmi les plus urgentes qui se font jour dans les requêtes parvenues au Saint-Siège de la part d’Évêques et de prêtres, Benoît XVI donne des indications concernant la reconnaissance des ecclésiastiques de la communauté clandestine de la part des Autorités gouvernementales (cf. n. 7) et met particulièrement en relief le thème de l’Épiscopat chinois (cf. n. 8), avec une référence spéciale à la nomination des Évêques (cf. n. 9). De plus, les orientations pastorales que le Saint-Père donne à la communauté ont une signification particulière, soulignant en premier lieu la figure et la mission de l’Évêque dans la communauté diocésaine: «Rien sans l’Évêque». Il donne en outre des indications pour la concélébration eucharistique et il invite à créer les organismes diocésains prévus par les normes canoniques. Il ne manque pas de donner des indications concernant la formation des prêtres et la vie de la famille.

En ce qui concerne les relations de la communauté catholique avec l’État, dans une tonalité sereine et respectueuse, Benoît XVI rappelle la doctrine catholique, proposée aussi de nouveau par le Concile Vatican II. Il exprime ensuite son souhait sincère que le dialogue entre le Saint-Siège et le Gouvernement puisse avancer, afin de pouvoir parvenir à un accord sur la nomination des Évêques, au plein exercice de la foi pour les catholiques, dans le respect d’une authentique liberté religieuse, et à la normalisation des relations entre le Saint-Siège et le Gouvernement de Pékin.

Enfin, le Pape révoque toutes les facultés et directives d’ordre pastoral, passées ou récentes, qui ont été concédées par le Saint-Siège à l’Église en Chine. Les nouvelles conditions de la situation de l’Église en Chine et les plus grandes possibilités de communication permettent désormais aux catholiques de suivre les normes canoniques générales et, si le cas se présente, de recourir au Siège apostolique. En tout cas, les principes doctrinaux qui inspiraient les facultés et directives auxquelles il est fait mention trouvent maintenant de nouvelles applications dans les directives contenues dans la présente Lettre (cf. n. 18).

D - Tonalité et perspectives de la Lettre

Benoît XVI, avec une inspiration spirituelle et un langage éminemment pastoral, s’adresse à toute l’Église qui est en Chine. Son intention n’est pas de créer des situations d’âpre confrontation avec des personnes ou des groupes particuliers: même s’il relève des éléments sur telle ou telle situation critique, le Pape le fait avec beaucoup de compréhension pour les aspects contingents et envers les personnes engagées, tout en rappelant les principes théologiques avec une extrême clarté. Le Pape désire inviter l’Église à une plus profonde fidélité à Jésus Christ et il rappelle à tous les catholiques chinois leur mission d’être des évangélisateurs dans le contexte actuel et concret de leur Pays. Le Saint-Père regarde avec respect et profonde sympathie l’histoire antique et récente du grand Peuple chinois, et il se dit, encore une fois, disposé au dialogue avec les Autorités chinoises, conscient que la normalisation de la vie de l’Église en Chine présuppose un dialogue franc, ouvert et constructif avec les Autorités. Comme avant lui son Prédécesseur Jean-Paul II, Benoît XVI est aussi fermement convaincu que cette normalisation offrira une contribution incomparable à la paix dans le monde, ajoutant ainsi une pièce irremplaçable dans la grande mosaïque de la convivialité pacifique entre les peuples.

[00989-03.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

EXPLANATORY NOTE

By his "Letter to Bishops, Priests, Consecrated Persons and Lay Faithful of the Catholic Church in the People’s Republic of China", which bears the date of Pentecost Sunday, Pope Benedict XVI wishes to express his love for and his closeness to the Catholics who live in China. He does so, obviously, as Successor of Peter and Universal Pastor of the Church.

From the text two basic thoughts are clear: on the one hand, the Pope’s deep affection for the entire Catholic community in China and, on the other, his passionate fidelity to the great values of the Catholic tradition in the ecclesiological field; hence, a passion for charity and a passion for the truth. The Pope recalls the great ecclesiological principles of the Second Vatican Council and the Catholic tradition, but at the same time takes into consideration particular aspects of the life of the Church in China, setting them in an ample theological perspective.

A - The Church in China in the last fifty years

The Catholic community in China has lived the past fifty years in an intense way, undertaking a difficult and painful journey, which not only has deeply marked it but has also caused it to take on particular characteristics which continue to mark it today.

The Catholic community suffered an initial persecution in the 1950s, which witnessed the expulsion of foreign Bishops and missionaries, the imprisonment of almost all Chinese clerics and the leaders of the various lay movements, the closing of churches and the isolation of the faithful. Then, at the end of the 1950s, various state bodies were established, such as the Office for Religious Affairs and the Patriotic Association of Chinese Catholics, with the aim of directing and "controlling" all religious activity. In 1958 the first two episcopal ordinations without papal mandate took place, initiating a long series of actions which deeply damaged ecclesial communion.

In the decade 1966-1976, the Cultural Revolution, which took place throughout the country, violently affected the Catholic community, striking even those Bishops, priests and lay faithful who had shown themselves more amenable to the new orientations imposed by government authorities.

In the 1980s, with the gestures of openness promoted by Deng Xiaoping, there began a period of religious tolerance with some possibility of movement and dialogue, which led to the reopening of churches, seminaries and religious houses, and to a certain revival of community life. The information coming from communities of the Catholic Church in China confirmed that the blood of the martyrs had once again been the seed of new Christians: the faith had remained alive in the communities; the majority of Catholics had given fervent witness of fidelity to Christ and the Church; families had become the key to the transmission of the faith to their members. The new climate, however, provoked different reactions within the Catholic community.

In this regard, the Pope notes that some Pastors, "not wishing to be subjected to undue control exercised over the life of the Church, and eager to maintain total fidelity to the Successor of Peter and to Catholic doctrine, have felt themselves constrained to opt for clandestine consecration" to ensure a pastoral service to their own communities (No. 8). In fact, as the Holy Father makes clear, "the clandestine condition is not a normal feature of the Church’s life, and history shows that Pastors and faithful have recourse to it only amid suffering, in the desire to maintain the integrity of their faith and to resist interference from State agencies in matters pertaining intimately to the Church’s life" (ibid.).

Others, who were especially concerned with the good of the faithful and with an eye to the future "have consented to receive episcopal ordination without the pontifical mandate, but have subsequently asked to be received into communion with the Successor of Peter and with their other brothers in the episcopate" (ibid.). The Pope, in consideration of the complexity of the situation and being deeply desirous of promoting the re-establishment of full communion, granted many of them "full and legitimate exercise of episcopal jurisdiction".

Attentively analyzing the situation of the Church in China, Benedict XVI is aware of the fact that the community is suffering internally from a situation of conflict in which both faithful and Pastors are involved. He emphasizes, however, that this painful situation was not brought about by different doctrinal positions but is the result of the "the significant part played by entities that have been imposed as the principal determinants of the life of the Catholic community" (No. 7). These are entities, whose declared purposes – in particular, the aim of implementing the principles of independence, self-government and self-management of the Church – are not reconcilable with Catholic doctrine. This interference has given rise to seriously troubling situations. What is more, Bishops and priests have been subjected to considerable surveillance and coercion in the exercise of their pastoral office.

In the 1990s, from many quarters and with increasing frequency, Bishops and priests turned to the Congregation for the Evangelization of Peoples and the Secretariat of State in order to obtain from the Holy See precise instructions as to how they should conduct themselves with regard to some problems of ecclesial life in China. Many asked what attitude should be adopted towards the government and towards state agencies in charge of Church life. Other queries concerned strictly sacramental problems, such as the possibility of concelebrating with Bishops who had been ordained without papal mandate or of receiving the sacraments from priests ordained by these Bishops. Finally, the legitimizing of numerous Bishops who had been illicitly consecrated confused some sectors of the Catholic community.

In addition, the law on registering places of worship and the state requirement of a certificate of membership in the Patriotic Association gave rise to fresh tensions and further questions.

During these years, Pope John Paul II on several occasions addressed messages and appeals to the Church in China, calling all Catholics to unity and reconciliation. The interventions of the Holy Father were well received, creating a desire for unity, but sadly the tensions with the authorities and within the Catholic community did not diminish.

For its part, the Holy See has provided directives regarding the various problems, but the passage of time and the rise of new situations of increasing complexity required a reconsideration of the overall question in order to provide the clearest answer possible to the queries and to issue sure guidance for pastoral activity in years to come.

B - The history of the Papal Letter

The various problems which seem to have most seriously affected the life of the Church in China in recent years were amply and carefully analyzed by a special select Commission made up of some experts on China and members of the Roman Curia who follow the situation of that community. When Pope Benedict XVI decided to call a meeting from 19-20 January 2007 durring which various ecclesiastics, including some from China, took part, the aforementioned Commission worked to produce a document aimed at ensuring broad discussion on the various points, gathering practical recommendations made by the participants and proposing some possible theological and pastoral guidelines for the Catholic community in China. His Holiness, who graciously took part in the final session of the meeting, decided, among other things, to address a Letter to the Bishops, priests, consecrated persons and lay faithful.

C - Content of the Letter

"Without claiming to deal with every detail of the complex matters well known to you", writes Benedict XVI to the Catholics of China, "I wish through this letter to offer some guidelines concerning the life of the Church and the task of evangelization in China, in order to help you discover what the Lord and Master Jesus Christ wants from you" (No. 2). The Pope reiterates some fundamental principles of Catholic ecclesiology in order to clarify the more important problems, aware that the light shed by these principles will provide assistance in dealing with the various questions and the more concrete aspects of the life of the Catholic community.

While expressing great joy for the fidelity demonstrated by the faithful in China over the past fifty years, Benedict XVI reaffirms the inestimable value of their sufferings and of the persecution endured for the Gospel, and he directs to all an earnest appeal for unity and reconciliation. Since he is aware of the fact that full reconciliation "cannot be accomplished overnight", he recalls that this path "of reconciliation is supported by the example and the prayer of so many ‘witnesses of faith’ who have suffered and have forgiven, offering their lives for the future of the Catholic Church in China" (No. 6).

In this context, the words of Jesus, "Duc in altum" (Lk 5:4), continue to ring true. This is an expression which invites "us to remember the past with gratitude, to live the present with enthusiasm and to look forward to the future with confidence". In China, as indeed in the rest of the world, "the Church is called to be a witness of Christ, to look forward with hope, and – in proclaiming the Gospel – to measure up to the new challenges that the Chinese people must face" (No. 3). "In your country too" the Pope states, "the proclamation of Christ crucified and risen will be possible to the extent that, with fidelity to the Gospel, in communion with the Successor of the Apostle Peter and with the universal Church, you are able to put into practice the signs of love and unity" (ibid.).

In dealing with some of the more urgent problems which emerge from the queries which have reached the Holy See from Bishops and priests, Benedict XVI offers guidance regarding the recognition of ecclesiastics of the clandestine community by the government authorities (cf. No. 7) and he gives much prominence to the subject of the Chinese Episcopate (cf. No. 8), with particular reference to matters surrounding the appointment of Bishops (cf. No. 9). Of special significance are the pastoral directives which the Holy Father gives to the community, which emphasize in the first place the figure and mission of the Bishop in the diocesan community: "nothing without the Bishop". In addition, he provides guidance for Eucharistic concelebration and he encourages the creation of diocesan bodies laid down by canonical norms. He does not fail to give directions for the training of priests and family life.

As for the relationship of the Catholic community to the State, Benedict XVI in a serene and respectful way recalls Catholic doctrine, formulated anew by the Second Vatican Council. He then expresses the sincere hope that the dialogue between the Holy See and the Chinese government will make progress so as to be able to reach agreement on the appointment of Bishops, obtain the full exercise of the faith by Catholics as a result of respect for genuine religious freedom and arrive at the normalization of relations between the Holy See and the Beijing Government.

Finally, the Pope revokes all the earlier and more recent faculties and directives of a pastoral nature which had been granted by the Holy See to the Church in China. The changed circumstances of the overall situation of the Church in China and the greater possibilities of communication now enable Catholics to follow the general canonical norms and, where necessary, to have recourse to the Apostolic See. In any event, the doctrinal principles which inspired the above-mentioned faculties and directives now find fresh application in the directives contained in the present Letter (cf. No. 18).

D - Tone and outlook of the Letter

With spiritual concern and using an eminently pastoral language, Benedict XVI addresses the entire Church in China. His intention is not to create situations of harsh confrontation with particular persons or groups: even though he expresses judgments on certain critical situations, he does so with great understanding for the contingent aspects and the persons involved, while upholding the theological principles with great clarity. The Pope wishes to invite the Church to a deeper fidelity to Jesus Christ and he reminds all Chinese Catholics of their mission to be evangelizers in the present specific context of their country. The Holy Father views with respect and deep sympathy the ancient and recent history of the great Chinese people and once again declares himself ready to engage in dialogue with the Chinese authorities in the awareness that normalization of the life of the Church in China presupposes frank, open and constructive dialogue with these authorities. Furthermore, Benedict XVI, like his Predecessor John Paul II before him, is firmly convinced that this normalization will make an incomparable contribution to peace in the world, thus adding an irreplaceable piece to the great mosaic of peaceful coexistence among peoples.

[00989-02.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

ERLÄUTERNDE ANMERKUNG

Mit dem „Brief an die Bischöfe, die Priester, die Personen des gottgeweihten Lebens und an die gläubigen Laien der katholischen Kirche in der Volksrepublik China", der das Datum vom Pfingstsonntag trägt, möchte Papst Benedikt XVI. seine Liebe und seine Nähe zu den Katholiken in China zum Ausdruck bringen. Er tut dies zweifelsohne in seiner Eigenschaft als Nachfolger Petri und oberster Hirte der Universalkirche.

Zwei Grundgedanken treten im Text hervor: einerseits eine tiefe Zuneigung zur ganzen katholischen Gemeinschaft in China und andererseits eine begeisterte Treue zu den großen Werten der katholischen Tradition im Bereich der Ekklesiologie; also eine Leidenschaft für die Liebe und für die Wahrheit. Der Papst erinnert an die großen ekklesiologischen Grundzüge des Zweiten Vatikanischen Konzils und der katholischen Tradition, aber zugleich zieht er verschiedene besondere Aspekte des Lebens der Kirche in Betracht und ordnet sie in eine umfassende theologische Sicht ein.

A – Die Kirche in China in den letzten fünfzig Jahren

Die katholische Gemeinschaft in China hat die letzten fünfzig Jahre intensiv erlebt und hat dabei einen schwierigen und schmerzvollen Weg zurückgelegt, der sie nicht nur tief geprägt hat, sondern auch besondere Eigenarten annehmen ließ, die sie noch heute kennzeichnen.

Die katholische Gemeinschaft erlitt eine erste Verfolgung in den fünfziger Jahren, die die Vertreibung der Bischöfe und der ausländischen Missionare, die Inhaftierung fast aller chinesischen Geistlichen und der Verantwortlichen der verschiedenen Laienbewegungen, die Schließung der Kirchen und die Isolation der Gläubigen bedeutete. Ende der fünfziger Jahre wurden dann staatliche Organe wie das Amt für religiöse Angelegenheiten und die Patriotische Vereinigung der chinesischen Katholiken mit dem Ziel geschaffen, jede religiöse Aktivität zu lenken und zu „kontrollieren". 1958 fanden die ersten beiden Bischofsweihen ohne päpstlichen Auftrag statt. Damit nahm eine lange Reihe von Akten ihren Anfang, die die kirchliche Gemeinschaft tief verletzen.

In den zehn Jahren von 1966 bis 1976 hat die im ganzen Land stattfindende Kulturrevolution die katholische Gemeinschaft heftig in Mitleidenschaft gezogen und dabei auch jene Bischöfe, Priester und gläubige Laien getroffen, die sich gegenüber den neuen, von den Regierungsautoritäten auferlegten Orientierungen gefügiger gezeigt hatten.

Mit den von Deng Xiaoping geförderten Öffnungen in den achtziger Jahren begann eine Zeit religiöser Toleranz mit der einen oder anderen Möglichkeit zu Bewegung und zum Dialog, die die Wiedereröffnung von Kirchen, Seminaren und Ordenshäusern sowie eine gewisse Wiederaufnahme des gemeinschaftlichen Lebens erlaubte. Die Informationen, die von den kirchlichen Gemeinschaften Chinas kamen, bestätigten, daß das Blut der Märtyrer einmal mehr der Same für neue Christen war: Der Glaube war in den Gemeinden lebendig geblieben, die Mehrheit der Katholiken hatte ein glühendes Zeugnis der Treue zu Christus und zur Kirche gegeben, die Familien waren in ihrem Inneren zu einem Hort der Weitergabe des Glaubens geworden. Das neue Klima trug aber auch dazu bei, unterschiedliche Reaktionen innerhalb der katholischen Gemeinschaft hervorzurufen.

In diesem Zusammenhang erinnert der Papst daran, daß einige Hirten, „die einer widerrechtlichen, über das Leben der Kirche ausgeübten Kontrolle nicht unterliegen wollten und wünschten, eine volle Treue zum Nachfolger Petri und zur katholischen Lehre zu bewahren, [….] sich gezwungen [sahen], sich im geheimen weihen zu lassen" (Nr. 8), um die Seelsorge für die eigenen Gemeinden sicherzustellen. Denn „der Untergrund" – präzisiert der Heilige Vater – „fällt nicht in die Normalität des Lebens der Kirche, und die Geschichte zeigt, daß Hirten und Gläubige dazu nur mit dem mit Leid verbundenen Wunsch greifen, den eigenen Glauben unversehrt zu bewahren und keine Einmischung von staatlichen Organen in Dingen zu dulden, die das Innerste des Lebens der Kirche berühren" (ebd.).

Andere, vor allem in Sorge um das Wohl der Gläubigen und im Blick auf die Zukunft, „haben […] eingewilligt, die Bischofsweihe ohne päpstlichen Auftrag zu empfangen, haben aber in der Folge darum gebeten, in die Gemeinschaft mit dem Nachfolger Petri und mit den anderen Brüdern im Bischofsamt aufgenommen werden zu dürfen" (ebd.). Der Heilige Vater hat in Anbetracht der Vielschichtigkeit der Situation und mit dem tiefempfundenen Wunsch, die Wiederherstellung der vollen Gemeinschaft zu fördern, vielen von ihnen „die volle und rechtmäßige Ausübung der bischöflichen Jurisdiktion gewährt".

Bei der sorgfältigen Analyse der Lage der Kirche in China ist sich Papst Benedikt XVI. der Tatsache bewußt, daß die katholische Gemeinschaft in ihrem Inneren an einer von starken Gegensätzen gekennzeichneten Situation, von der Gläubige wie Hirten betroffen sind, leidet. Er hebt aber hervor, daß diese schmerzliche Situation nicht von unterschiedlichen Lehrmeinungen verursacht wurde, sondern das Ergebnis der „wichtige[n] Rolle" ist, „die von jenen Organen und Einrichtungen wahrgenommen wird, die als Hauptverantwortliche des Lebens der katholischen Gemeinschaft durchgesetzt worden sind" (Nr. 7). Es handelt sich um Organen und Einrichtungen, deren erklärte Ziele – besonders jenes, die Prinzipien der Unabhängigkeit, der Autonomie und der Selbstverwaltung der Kirche umzusetzen – nicht mit der katholischen Lehre vereinbar sind. Diese Einmischung hat zu wirklich besorgniserregenden Situationen Anlaß gegeben. Darüber hinaus sahen sich die Bischöfe und Priester in der Ausübung des eigenen Hirtenamtes kontrolliert und unter Zwang gestellt.

In den neunziger Jahren haben sich verschiedenerseits und immer häufiger Bischöfe und Priester an die Kongregation für die Evangelisierung der Völker und an das Päpstliche Staatssekretariat gewandt, um vom Heiligen Stuhl genaue Verhaltensanweisungen hinsichtlich einiger Probleme des kirchlichen Lebens in China zu erhalten. Viele fragten, welche Haltung gegenüber der Regierung und den dem Leben der Kirche vorgesetzten staatlichen Organen eingenommen werden müsse. Andere Anfragen betrafen Probleme im Bereich des eigentlichen sakramentalen Lebens der Kirche, wie die Möglichkeit der Konzelebration mit Bischöfen, die ohne päpstlichen Auftrag geweiht wurden, oder die Frage des Sakramentenempfangs von Priestern, die von solchen Bischöfen geweiht worden waren. Einige Teile der katholischen Gemeinschaft fanden sich schließlich nicht mehr zurecht angesichts der Legitimierung zahlreicher Bischöfe, die unerlaubt geweiht worden waren.

Das Gesetz zur Registrierung der Kultstätten und die staatliche Forderung nach der Bescheinigung der Zugehörigkeit zur Patriotischen Vereinigung haben dann neue Spannungen und weitere Fragen hervorgerufen.

Während dieser Jahre hat Papst Johannes Paul II. an die Kirche in China mehrmals Botschaften und Aufrufe gerichtet, die alle Katholiken zur Einheit und zur Versöhnung einluden. Die Interventionen des Heiligen Vaters wurden gut aufgenommen und riefen Eifer für die Einheit hervor, aber die Spannungen mit den Autoritäten und innerhalb der katholischen Gemeinschaft haben leider nicht abgenommen.

Der Heilige Stuhl hat seinerseits Hinweise zu verschiedenen Problemkreisen gegeben, aber der Lauf der Zeit und das Auftreten von neuen, immer vielschichtigeren Situationen erforderten ein erneutes Überdenken des ganzen Sachverhalts, um auf die Anfragen eine möglichst genaue Antwort zu geben und um sichere Orientierungen für die Seelsorgstätigkeit in den kommenden Jahren bekannt zu machen.

B – Die Entstehungsgeschichte des päpstlichen Briefes

Die verschiedenen Problemkreise, die das Leben der Kirche in China während dieser letzten Jahre näher zu kennzeichnen scheinen, sind ausführlich und sorgfältig von einer eigens dafür eingerichteten Kommission analysiert worden, die sich aus einigen Sinologen wie auch aus jenen Personen zusammensetzte, die sich in der Römischen Kurie mit der Situation dieser Gemeinschaft befassen. Als später Papst Benedikt XVI. die Einberufung einer Versammlung für den 19. und 20. Januar 2007 beschloß, an der auch mehrere chinesische Geistliche teilnahmen, war es das Bemühen der genannten Kommission, ein Dokument vorzubereiten, um eine ausführliche Diskussion über verschiedene Gesichtspunkte zu fördern, um die praktischen Hinweise der Teilnehmer zu sammeln und um einige mögliche pastoraltheologische Orientierungen für die katholische Gemeinschaft in China darzulegen. Gütigerweise hat Seine Heiligkeit an der letzten Sitzung der Versammlung teilgenommen und unter anderem beschlossen, einen Brief an die Bischöfe, Priester, an die gottgeweihten Männer und Frauen und an die gläubigen Laien zu richten.

C – Inhalt des Briefes

„Ohne jedes Detail der komplexen Problemkreise, die euch gut bekannt sind, behandeln zu wollen", schreibt Papst Benedikt XVI. an die chinesischen Katholiken, „möchte ich mit diesem Brief einige Orientierungspunkte in bezug auf das Leben der Kirche und das Werk der Evangelisierung in China geben, um euch zu helfen, das zu entdecken, was der Herr und Meister Jesus Christus […] von euch will" (Nr. 2). Der Papst erinnert an einige Grundprinzipien der katholischen Ekklesiologie, um die wichtigsten Problemkreise in dem Bewußtsein zu beleuchten, daß das Licht dieser Prinzipien helfen kann, die verschiedenen Fragen und die konkreteren Aspekte des Lebens der katholischen Gemeinschaft anzugehen.

Indem er seine große Freude über die Treue, die die Katholiken in China in diesen letzten fünfzig Jahren gezeigt haben, zum Ausdruck bringt, bestätigt Papst Benedikt XVI. den unschätzbaren Wert ihrer Leiden und der aufgrund des Evangeliums erlittenen Verfolgung und richtet an alle einen innigen Aufruf zur Einheit und zur Versöhnung. Im Bewußtsein der Tatsache, „daß dieser Weg sich nicht von heute auf morgen erfüllen können wird", erinnert er daran, daß dieser Weg „vom Beispiel und vom Gebet vieler »Glaubenszeugen« getragen wird, die gelitten und vergeben haben, während sie ihr Leben für die Zukunft der Kirche in China hingegeben haben" (Nr. 6).

In diesem Zusammenhang erweist sich die bleibende Geltung des Wortes Jesu „Duc in altum" (Lk 5, 4). Dieses Wort „lädt uns ein, dankbar der Vergangenheit zu gedenken, leidenschaftlich die Gegenwart zu leben und uns vertrauensvoll der Zukunft zu öffnen." Denn in China, wie in der restlichen Welt, ist „die Kirche […] dazu berufen, Zeugin Christi zu sein, mit Hoffnung nach vorn zu schauen und sich – in der Verkündigung des Evangeliums – mit den neuen Herausforderungen zu messen, die das chinesische Volk angehen muß" (Nr. 3). „Auch in eurem Land", erinnert der Papst, „wird die Verkündigung des gekreuzigten und auferstandenen Christus in dem Maß möglich sein, in dem ihr in Treue zum Evangelium und in Gemeinschaft mit dem Nachfolger des Apostels Petrus und mit der universalen Kirche die Zeichen der Liebe und der Einheit zu verwirklichen wißt" (ebd.).

Bei der Auseinandersetzung mit einigen sehr dringlichen Problemkreisen, die aus den Bitten hervorgehen, die den Heiligen Stuhl von Bischöfen und Priestern erreicht haben, bietet Papst Benedikt XVI. Weisungen zum Thema der Anerkennung von Geistlichen der Untergrundgemeinschaft durch die Regierungsautoritäten (vgl. Nr. 7) und hebt ausführlich das Thema des chinesischen Episkopats hervor (vgl. Nr. 8) unter besonderer Bezugnahme auf all das, was die Bischofsernennungen betrifft (vgl. Nr. 9). Eine besondere Bedeutung haben sodann die pastoralen Orientierungen, die der Heilige Vater der Gemeinschaft schenkt, wobei er vor allem die Figur und die Sendung des Bischofs in der diözesanen Gemeinschaft unterstreicht: „nichts ohne den Bischof". Ferner bietet er Maßgaben zu eucharistischen Konzelebration und fordert dazu auf, die von den kanonischen Bestimmungen vorgesehenen diözesanen und pfarrlichen Einrichtungen zu schaffen. Des weiteren gibt er Hinweise zur Ausbildung der Priester und zum Leben der Familie.

Was die Beziehungen der katholischen Gemeinschaft zum Staat anbelangt, erinnert Papst Benedikt XVI. mit sachlichem und respektvollem Ton an die katholische Lehre, die auch vom Zweiten Vatikanischen Konzil erneut vorgelegt worden ist. Er äußert schließlich den aufrichtigen Wunsch, daß der Dialog zwischen dem Heiligen Stuhl und der chinesischen Regierung vorangehen möge, um zu einer Übereinkunft über die Ernennung der Bischöfe, zur vollen Ausübung des Glaubens der Katholiken durch die Achtung echter Religionsfreiheit und zur Normalisierung der Beziehungen zwischen dem Heiligen Stuhl und der Regierung in Beijing zu gelangen.

Der Papst hebt schlußendlich alle Befugnisse und alle – älteren und neueren – Weisungen pastoraler Natur auf, die der Kirche in China vom Heiligen Stuhl gegeben worden sind. Die veränderten Umstände der allgemeinen Lage der Kirche in China und die größeren Möglichkeiten der Kommunikation erlauben es den Katholiken nunmehr, die allgemeinen kanonischen Normen zu befolgen und, sofern nötig, sich an den Apostolischen Stuhl zu wenden. Auf jeden Fall finden die Lehrgrundsätze, die die genannten Befugnisse und Weisungen angeregt haben, nun ihre neue Anwendung in den im vorliegenden Brief enthaltenen Vorgaben (vgl. Nr. 18).

D – Ton und Perspektive des Briefes

Geistlich erleuchtet und in einer vorwiegend pastoralen Sprache wendet sich Papst Benedikt XVI. an die ganze Kirche in China. Es liegt ihm fern, eine zugespitzte Auseinandersetzung mit Personen oder besonderen Gruppen hervorzurufen: Auch wenn er einige kritische Situationen hervorhebt, so tut er dies mit großem Verständnis für die situationsbedingten Aspekte und für die betroffenen Personen, selbst wenn er sehr deutlich an die theologischen Grundsätze erinnert. Der Papst möchte die Kirche zu einer größeren Treue zu Jesus Christus einladen und erinnert alle chinesischen Katholiken an die Sendung, im gegenwärtigen konkreten Kontext ihres Landes Boten des Evangeliums zu sein. Der Heilige Vater blickt mit Achtung und großer Sympathie auf die ältere und jüngere Geschichte des großen chinesischen Volkes und erklärt sich noch einmal bereit zum Dialog mit den chinesischen Regierungsstellen – im Bewußtsein, daß die Normalisierung des Lebens der Kirche in China einen aufrichtigen, offenen und konstruktiven Dialog mit den Autoritäten voraussetzt. Wie schon sein Vorgänger Papst Johannes Paul II. ist Papst Benedikt XVI. außerdem fest davon überzeugt, daß die genannte Normalisierung einen unvergleichlichen Beitrag zum Frieden in der Welt leisten wird und so einen unersetzbaren Mosaikstein im Gesamtbild des friedlichen Zusammenlebens der Völker bilden wird.

[00989-05.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

NOTA EXPLICATIVA

Con la "Carta a los Obispos, a los presbíteros, a las personas consagradas y a los fieles laicos de la Iglesia católica en la República Popular China", que lleva fecha del domingo de Pentecostés, el Papa Benedicto XVI desea manifestar su amor y su cercanía a los católicos que están en China. Lo hace sin duda como Sucesor de Pedro y Pastor de la Iglesia universal.

Del texto resultan dos consideraciones fundamentales: por una parte, un afecto profundo a toda la comunidad católica en China y, por otra, una fidelidad apasionada a los grandes valores de la tradición católica en el campo eclesiológico; por consiguiente una pasión por la caridad y también por la verdad. El Papa recuerda las grandes líneas eclesiológicas del Concilio Vaticano II y de la tradición católica, pero, al mismo tiempo, considera aspectos particulares de la vida de la Iglesia en China, encuadrándolos en una visión teológica amplia.

A - La Iglesia en China en los últimos 50 años

La comunidad católica en China ha vivido intensamente estos últimos 50 años afrontando un camino difícil y doloroso, que no sólo la ha marcado profundamente sino que también la ha llevado a asumir rasgos peculiares que todavía la caracterizan hoy en día.

La comunidad católica sufrió una primera persecución en los años cincuenta con la expulsión de los Obispos y misioneros extranjeros, la encarcelación de casi todos los eclesiásticos chinos y de los responsables de los diversos movimientos laicales, el cierre de las iglesias y el aislamiento de los fieles. Al final de los años cincuenta se crearon organismos estatales como la Oficina para los Asuntos Religiosos y la Asociación Patriótica de los Católicos Chinos, con el fin de guiar y "controlar" todas las actividades religiosas. En 1958 tuvieron lugar las dos primeras ordenaciones episcopales sin el mandato papal, dando inicio a una larga serie de gestos que hieren profundamente la comunión eclesial.

En el decenio 1966-1976, la Revolución Cultural, que tuvo lugar en todo el País afectó violentamente a la comunidad católica, alcanzando también a aquellos Obispos, sacerdotes y fieles laicos que se habían mostrado más disponibles hacia las nuevas orientaciones impuestas por las Autoridades gubernamentales.

En los años ochenta, con las aperturas promovidas por Deng Xiaoping, comenzó un periodo de tolerancia religiosa con algunas posibilidades de movimiento y de diálogo, que permitieron la reapertura de iglesias, de seminarios y de casas religiosas y un nuevo inicio de la vida comunitaria. Las informaciones que provenían de las comunidades eclesiales chinas confirmaban que, una vez más, la sangre de los mártires había sido semilla de nuevos cristianos: la fe había permanecido viva en las comunidades, la mayoría de los católicos había dado un testimonio ferviente de fidelidad a Cristo y a la Iglesia, las familias habían sido en su interior el fulcro de la transmisión de la fe. Sin embargo, en el nuevo clima no faltaron reacciones diferenciadas en el seno de la comunidad católica.

A este respecto, el Papa recuerda que algunos Pastores "no queriendo someterse a un control indebido ejercido sobre la vida de la Iglesia, y deseosos de mantener su plena fidelidad al Sucesor de Pedro y a la doctrina católica, se han visto obligados a recibir la consagración clandestinamente" para asegurar un servicio pastoral a las propias comunidades (n. 8). En efecto, "la clandestinidad"- precisa el Santo Padre – "no está contemplada en la normalidad de la vida de la Iglesia, y la historia enseña que Pastores y fieles han recurrido a ella sólo con el doloroso deseo de mantener íntegra la propia fe y de no aceptar injerencias de organismos estatales en lo que atañe a la intimidad de la vida de la Iglesia" (Ibíd.).

Otros, preocupados sobre todo por el bien de los fieles y con vistas al futuro "han consentido en recibir la ordenación episcopal sin el mandato pontificio, pero después han solicitado que se les acoja en la comunión con el Sucesor de Pedro y con los otros Hermanos en el episcopado" (Ibíd.). El Papa, teniendo en cuenta la complejidad de la situación y deseoso de favorecer el restablecimiento de una plena comunión, ha concedido a muchos de ellos "el pleno y legítimo ejercicio de la jurisdicción episcopal".

Analizando atentamente la situación de la Iglesia en China, Benedicto XVI es consciente de que la comunidad sufre en su interior una situación de fuertes contrastes en los que están implicados fieles y Pastores, pero pone de relieve que esa situación dolorosa no ha sido provocada por posiciones doctrinales, sino que es fruto del "papel significativo que han desempeñado organismos que han sido impuestos como responsables principales de la vida de la comunidad católica" (n. 7). Se trata de organismos cuyas finalidades declaradas, y en concreto la de llevar a efecto los principios de independencia, autogobierno y autogestión de la Iglesia, no son conciliables con la doctrina católica. Esta interferencia ha dado lugar a situaciones verdaderamente preocupantes. Es más, los Obispos y los sacerdotes se han visto muy controlados y coartados en el ejercicio de su oficio pastoral.

En los años noventa, desde varias partes y siempre más frecuentemente, Obispos y sacerdotes se han dirigido a la Congregación para la Evangelización de los Pueblos y a la Secretaría de Estado para poder recibir de la Santa Sede indicaciones precisas sobre la conducta a seguir en algunos problemas de la vida eclesial en China. Muchos preguntaban qué actitud adoptar ante el Gobierno y los organismos estatales puestos al frente de la vida de la Iglesia. Otras peticiones se referían a problemas estrictamente sacramentales como la posibilidad de concelebrar con Obispos que habían sido ordenados sin el mandato pontificio o de recibir los sacramentos de sacerdotes ordenados por esos Obispos. Por último, algunos sectores de la comunidad católica se encontraban desorientados ante la legitimación de numerosos Obispos que habían sido consagrados ilícitamente.

Además, la ley sobre el registro de lugares de culto y la exigencia estatal del certificado de pertenencia a la Asociación Patriótica han suscitado nuevas tensiones y ulteriores interrogantes.

Durante aquellos años, el Papa Juan Pablo II se ha dirigido varias veces con mensajes y llamamientos a la Iglesia en China invitando a todos los católicos a la unidad y a la reconciliación. Las intervenciones del Santo Padre han sido bien acogidas, creando una pasión por la unidad, pero las tensiones con las Autoridades y dentro de la comunidad católica, por desgracia, no han disminuido.

Por su parte, la Santa Sede ha dado indicaciones sobre varios problemas, pero el pasar del tiempo y el surgir de nuevas situaciones cada vez más complicadas exigían volver a considerar toda la materia con el fin de ofrecer una respuesta lo más precisa posible a las peticiones y dar a conocer orientaciones seguras para la actividad pastoral en los años venideros.

B - Iter histórico de la Carta pontificia

Las diversas problemáticas que parecen caracterizar más de cerca la vida de la Iglesia en China durante estos últimos años, fueron analizadas amplia y atentamente por una Comisión restringida, establecida con este fin y compuesta por algunos expertos y por aquellos que en la Curia Romana siguen la situación de la comunidad católica en China. Cuando el Papa Benedicto XVI decidió convocar para los días 19 y 20 de enero de 2007 una reunión en la que participarían también varios eclesiásticos chinos, la mencionada Comisión se encargó de preparar un documento con el fin de favorecer la discusión sobre los diversos puntos, recoger indicaciones prácticas de los participantes y presentar algunas posibles orientaciones teológico-pastorales para la comunidad católica en China. Su Santidad, que participó benévolamente en la última sesión de la reunión, decidió, entre otras cosas, dirigir una carta suya a los Obispos, a los presbíteros, a las personas consagradas y a los fieles laicos.

C - Contenidos de la Carta

"Sin pretender tratar todos los detalles de problemas complejos bien conocidos por vosotros", escribe Benedicto XVI a los católicos chinos, "quisiera con esta Carta ofrecer algunas orientaciones sobre la vida de la Iglesia y la obra de evangelización en China, para ayudaros a descubrir lo que el Señor y Maestro, Jesucristo, [...] quiere de vosotros" (n. 2). El Papa retoma algunos principios fundamentales de la eclesiología católica para iluminar los problemas más importantes, consciente de que la luz de esos principios podrá ayudar a afrontar las diversas cuestiones y los aspectos más concretos de la vida de la comunidad católica.

Manifestando viva alegría por la fidelidad que los católicos en China han mostrado en estos últimos cincuenta años, Benedicto XVI vuelve a afirmar el valor inestimable de sus sufrimientos y de la persecución sufrida a causa del Evangelio y dirige a todos un llamamiento a la unidad y a la reconciliación. Consciente de que la plena reconciliación "no podrá realizarse de un día para otro", recuerda que este camino "está apoyado por el ejemplo y la oración de muchos ‘testigos de la fe’ que han sufrido y han perdonado, ofreciendo su vida por el futuro de la Iglesia católica en China" (n. 6)

En este contexto, resuenan todavía con validez las palabras de Jesús "Duc in altum" (Lc 5,4). Es una expresión que "nos invita a recordar con gratitud el pasado, a vivir con pasión el presente y a abrirnos con confianza al futuro". En efecto, en China, como en el resto del mundo "la Iglesia está llamada a ser testigo de Cristo, a mirar hacia adelante con esperanza y a tomar conciencia – en el anuncio del Evangelio – de los nuevos desafíos que el Pueblo chino tiene que afrontar" (n. 3). "También en vuestro País", recuerda el Papa, "el anuncio de Cristo crucificado y resucitado, será posible en la medida en que con fidelidad al Evangelio, en comunión con el Sucesor del Apóstol Pedro y con la Iglesia universal, sepáis poner en práctica los signos del amor y de la unidad" (Ibíd.).

Al afrontar algunos problemas más urgentes que resultan de las peticiones que Obispos y sacerdotes dirigen a la Santa Sede, Benedicto XVI ofrece indicaciones sobre el reconocimiento de eclesiásticos de la comunidad clandestina por parte de las Autoridades gubernamentales (cfr. n. 7) y subraya muy claramente el tema del Episcopado chino (cfr. n. 8), refiriéndose en particular a lo que concierne al nombramiento de Obispos. Tienen un significado particular también las orientaciones pastorales que el Santo Padre da a la comunidad, subrayando en primer lugar la figura y la misión del Obispo en la comunidad diocesana: "nada sin el Obispo". Ofrece además indicaciones para la concelebración eucarística e invita a crear los organismos diocesanos previstos por las normas canónicas, sin omitir algunas indicaciones sobre la formación de los presbíteros y la vida de la familia.

Por lo que se refiere a las relaciones de la comunidad católica con el Estado, Benedicto XVI, con tono sereno y respetuoso, recuerda la doctrina católica, reiterada también por el Concilio Vaticano II. Además, manifiesta el deseo sincero de que se avance en el diálogo entre la Santa Sede y el Gobierno chino para poder llegar a un acuerdo sobre el nombramiento de Obispos, al pleno ejercicio de la fe de los católicos mediante el respeto de una auténtica libertad religiosa, y a la normalización de las relaciones entre la Santa Sede y el Gobierno de Pekín.

Por último, el Papa revoca todas las facultades y las directrices de carácter pastoral, pasadas y recientes, que han sido concedidas por la Santa Sede a la Iglesia en China. Las nuevas circunstancias de la situación general de la Iglesia en China y las mayores posibilidades de comunicación permiten ahora a los católicos seguir las normas canónicas generales y, si es necesario, recurrir a la Sede Apostólica. En cualquier caso, los principios doctrinales que inspiraban las mencionadas facultades y directrices tienen ahora una nueva aplicación en la directrices contenidas en la presente Carta (cfr. n. 18).

D - Tono y perspectivas de la Carta

Benedicto XVI, con inspiración espiritual y con un lenguaje eminentemente pastoral, se dirige a toda la Iglesia que está en China. Su intención no es crear situaciones de áspera confrontación con personas o grupos particulares: él, aunque se pronuncia sobre algunas situaciones críticas, lo hace con mucha comprensión por los aspectos contingentes y a las personas implicadas, si bien recordando con extrema claridad los principios teológicos. El Papa desea invitar a la Iglesia a una fidelidad más profunda a Jesucristo y recuerda a todos los católicos chinos la misión de ser evangelizadores en el contexto concreto actual de su País. El Santo Padre mira con respeto y profunda simpatía la historia antigua y reciente del gran Pueblo chino y se muestra, una vez más, dispuesto al diálogo con las Autoridades chinas, consciente de que la normalización de la vida de la Iglesia en China presupone un diálogo franco, abierto y constructivo con las Autoridades. Benedicto XVI, al igual que su predecesor, Juan Pablo II, está firmemente convencido que esta normalización ofrecerá una contribución sin par a la paz del mundo, creando así una tesela insustituible en el gran mosaico de la convivencia pacífica entre los pueblos.

[00989-04.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

NOTA EXPLICATIVA

Com a «Carta aos Bispos, aos presbíteros, às pessoas consagradas e aos fiéis leigos da Igreja católica na República Popular da China», que tem a data do domingo de Pentecostes, o Papa Bento XVI deseja manifestar o seu amor e a sua solidariedade aos católicos que estão na China. Fá-lo, sem dúvida, como Sucessor de Pedro e Pastor universal da Igreja.

Do texto destacam-se dois pensamentos fundamentais: por um lado, um profundo afecto a toda a comunidade católica na China e, por outro, uma apaixonada fidelidade aos grandes valores da tradição católica no campo eclesiológico; por conseguinte, uma paixão pela caridade e também pela verdade. O Papa recorda as grandes linhas eclesiológicas do Concílio Vaticano II e da tradição católica mas, ao mesmo tempo, toma em consideração aspectos particulares da vida da Igreja na China, situando-os numa ampla visão teológica.

A - A Igreja na China nos últimos 50 anos

A comunidade católica na China viveu intensamente estes últimos 50 anos, enfrentando um caminho difícil e doloroso, que não só a marcou profundamente, mas também lhe fez assumir características peculiares que ainda hoje a distinguem.

A comunidade católica sofreu uma primeira perseguição nos anos ’50, que viu a expulsão dos Bispos e dos missionários estrangeiros, a prisão de quase todos os eclesiásticos chineses e dos responsáveis pelos vários movimentos de leigos, o encerramento das igrejas e o isolamento dos fiéis. Depois, no fim do anos ’50, foram criados organismos estatais como o Departamento para os Assuntos Religiosos e a Associação Patriótica dos Católicos Chineses, com a finalidade de guiar e «controlar» todas as actividades religiosas. Em 1958, tiveram lugar as primeiras duas ordenações episcopais sem o mandato papal, dando início a uma longa série de gestos que ferem profundamente a comunhão eclesial.

No decénio 1966-1976, a Revolução Cultural, que teve lugar em todo o País, afectou violentamente a comunidade católica, atingindo mesmo aqueles Bispos, sacerdotes e fiéis leigos que se tinham demonstrado mais disponíveis para com as novas disposições impostas pelas Autoridades governamentais.

Nos anos ’80, com as aberturas promovidas por Deng Xiaoping, iniciou um período de tolerância religiosa com algumas possibilidades de movimento e de diálogo que permitiram a reabertura de igrejas, de seminários e de casas religiosas, e uma certa retoma da vida comunitária. As informações, que provinham das comunidades eclesiais chinesas, confirmavam que, uma vez mais, o sangue dos mártires tinha sido semente de novos cristãos: a fé tinha permanecido viva nas comunidades, a maioria dos católicos tinha dado um férvido testemunho de fidelidade a Cristo e à Igreja, as famílias tinham-se tornado no seu seio o fulcro da transmissão da fé. Porém, o novo clima não deixou de suscitar reações diversificadas no seio da comunidade católica.

A este respeito, o Papa lembra que alguns Pastores, «não querendo estar sujeitos a um controlo indevido, exercido sobre a vida da Igreja, e desejosos de manter a sua plena fidelidade ao Sucessor de Pedro e à doutrina católica, viram-se obrigados a receber a consagração clandestinamente» para assegurar um serviço pastoral às próprias comunidades (n. 8). De facto, «a clandestinidade - especifica o Santo Padre - não pertence à normalidade da vida da Igreja, e a história ensina que Pastores e fiéis a ela recorreram somente no tormentoso desejo de manter íntegra a própria fé e de não aceitar ingerências de organismos estatais no que se refere à vida íntima da Igreja» (ibid.).

Outros, preocupados sobretudo pelo bem dos fiéis e visando o futuro, «consentiram em receber a ordenação episcopal sem o mandato pontifício mas, depois, pediram para ser acolhidos na comunhão com o Sucessor de Pedro e com os demais Irmãos no episcopado» (ibid.). O Papa, considerando a complexidade da situação e profundamente desejoso de favorecer o restabelecimento de uma plena comunhão, concedeu a muitos deles «o pleno e legítimo exercício da jurisdição episcopal».

Ao analisar com atenção a situação da Igreja na China, Bento XVI está ciente do facto de que a comunidade sofre, no seu seio, uma situação de fortes contrastes, que vêem implicados fiéis e Pastores. Porém, ele destaca que esta dolorosa situação não foi provocada por diferentes posições doutrinais, mas é fruto do «papel significativo desempenhado por organismos, que se impuseram como principais responsáveis pela vida da comunidade católica» (n. 7). Trata-se de organismos, cujas finalidades declaradas, especialmente a de actuar os princípios de independência, autogoverno e autogestão da Igreja, não são conciliáveis com a doutrina católica. Esta interferência deu lugar a situações verdadeiramente preocupantes. Além disso, os Bispos e os sacerdotes viram-se muito controlados e cerceados no exercício do próprio múnus pastoral.

Nos anos ’90, de várias partes e com frequência sempre maior, Bispos e sacerdotes dirigiram-se à Congregação para a Evangelização dos Povos e à Secretaria de Estado para poderem receber da Santa Sé indicações concretas sobre a conduta a seguir em alguns problemas da vida eclesial na China. Muitos solicitavam que atitude haviam de assumir perante o Governo e os organismos estatais postos à frente da vida da Igreja. Outros pedidos diziam respeito a problemas estritamente sacramentais, como a possibilidade de concelebrar com Bispos que tinham sido ordenados sem mandato pontifício ou de receber os Sacramentos de sacerdotes ordenados por estes Bispos. Alguns sectores da comunidade católica, enfim, achavam-se desorientados diante da legitimação de numerosos Bispos, que tinham sido consagrados ilicitamente.

Além disso, a lei sobre a registação dos lugares de culto e a exigência estatal do certificado de pertença à Associação Patriótica suscitaram novas tensões e ulteriores interrogações.

Durante aqueles anos, o Papa João Paulo II dirigiu várias vezes à Igreja que está na China mensagens e apelos que convidavam todos os católicos à unidade e à reconciliação. As intervenções do Santo Padre foram bem acolhidas, criando um ardente desejo de unidade, mas as tensões com as Autoridades e dentro da comunidade católica infelizmente não diminuíram.

Por sua vez, a Santa Sé deu indicações acerca de várias questões mas o passar do tempo e a aparição de novas situações cada vez mais complexas exigiam uma reconsideração de toda a matéria, a fim de oferecer uma resposta, o mais precisa possível, aos pedidos e dar a conhecer orientações seguras para a actividade pastoral nos anos vindouros.

B – O percurso histórico da Carta Pontifícia

As várias problemáticas, que parecem incidir mais de perto na vida da Igreja na China durante estes últimos anos, foram ampla e atentamente analisadas por uma propositada Comissão restrita, composta por alguns sinólogos e por aqueles que, na Cúria Romana, seguem a situação daquela comunidade. Posteriormente, quando o Papa Bento XVI decidiu convocar, nos dias 19-20 de Janeiro de 2007, uma Reunião que registou a participação inclusive de vários eclesiásticos chineses, a mencionada Comissão encarregou-se de preparar um documento destinado a favorecer um amplo debate sobre vários pontos, de recolher indicações práticas dos participantes e de sugerir algumas possíveis orientações teológico-pastorais para a Comunidade católica na China. Sua Santidade, que de bom grado participou na última sessão da Reunião, decidiu, para além do mais, dirigir uma sua Carta aos Bispos, aos presbíteros, às pessoas consagradas e aos fiéis leigos.

C - Conteúdos da Carta

«Sem pretender tratar todos os detalhes das complexas problemáticas por vós bem conhecidas - escreve Bento XVI aos católicos chineses - com esta Carta quero oferecer-vos algumas orientações sobre a vida da Igreja e a obra de evangelização na China, para vos ajudar a descobrir o que Jesus Cristo, Senhor e Mestre, quer de vós» (n. 2). O Papa recorda alguns princípios fundamentais da eclesiologia católica para iluminar as problemáticas mais importantes, ciente de que a luz de tais princípios poderá ajudar a enfrentar as várias questões e os aspectos mais concretos da vida da comunidade católica.

Manifestando grande alegria pela fidelidade que os católicos na China demonstraram nestes últimos cinquenta anos, Bento XVI volta a afirmar o valor inestimável dos seus sofrimentos e da perseguição sofrida por causa do Evangelho, e dirige a todos um veemente apelo à unidade e à reconciliação. Ciente do facto de que a plena reconciliação «não poderá realizar-se de um dia para o outro», lembra que este caminho é «sustentado pelo exemplo e pela oração de muitas "testemunhas da fé" que sofreram e perdoaram, oferecendo a sua vida pelo futuro da Igreja católica na China» (n. 6).

Neste contexto, ressoam sempre válidas as palavras de Jesus «duc in altum – faz-te ao largo» (Lc 5,4). É uma expressão que nos convida «a lembrar com gratidão o passado, a viver com paixão o presente e a abrir-nos com confiança ao futuro». De facto, na China, como no resto do mundo, «a Igreja é chamada a ser testemunha de Cristo, a olhar em frente com esperança e a tomar consciência - no anúncio do Evangelho - dos novos desafios que o Povo chinês deve enfrentar» (n. 3). «Também no vosso País - lembra o Papa - o anúncio de Cristo crucificado e ressuscitado será possível na medida em que com fidelidade ao Evangelho, na comunhão com o Sucessor do Apóstolo Pedro e com a Igreja universal, souberdes pôr em prática os sinais do amor e da unidade» (ibid.).

Ao analisar algumas problemáticas mais urgentes, que ressaltam dos pedidos chegados à Santa Sé da parte dos Bispos e dos sacerdotes, Bento XVI oferece indicações acerca do reconhecimento de eclesiásticos da comunidade clandestina por parte das Autoridades governamentais (cf. n. 7) e sublinha muito claramente o tema do Episcopado chinês (cf. n. 8), referindo-se em particular ao âmbito da nomeação dos Bispos (cf. n. 9). Depois, adquirem um significado especial as orientações pastorais que o Santo Padre dá às comunidades, ressaltando primeiramente a figura e a missão do Bispo na comunidade diocesana: «nada sem o Bispo». Além disso, oferece indicações para a concelebração eucarística e convida a criar os organismos diocesanos, previstos pelas normas canónicas. Não deixa de dar indicações sobre a formação dos presbíteros e a vida da família.

Quanto às relações da comunidade católica com o Estado, num tom sereno e respeitoso Bento XVI lembra a doutrina católica reafirmada pelo Concílio Vaticano II. Exprime depois o sincero desejo de que possa prosseguir o diálogo entre a Santa Sé o Governo chinês, para ser possível chegar a um acordo sobre a nomeação dos Bispos, ao pleno exercício da fé dos católicos mediante o respeito de uma autêntica liberdade religiosa e à normalização das relações entre a Santa Sé e o Governo de Pequim.

O Papa, enfim, revoga todas as Faculdades e Directrizes de ordem pastoral, antigas e recentes, que foram concedidas pela Santa Sé à Igreja na China. As novas circunstâncias da situação geral da Igreja na China e as maiores possibilidades de comunicação permitem agora aos católicos seguir as normas canónicas gerais e, se for caso disso, recorrer à Sé Apostólica. Em qualquer caso, os princípios doutrinais, que inspiravam as mencionadas Faculdades e Directrizes, encontram agora nova aplicação nas directrizes contidas nesta Carta (cf. n. 18).

D - Tom e perspectivas da Carta

Bento XVI, com inspiração espiritual e uma linguagem eminentemente pastoral, dirige-se a toda a Igreja que está na China. A sua intenção não é a de criar situações de atrito com pessoas ou com grupos particulares: ele, mesmo quando exprime observações sobre algumas situações críticas, fá-lo com muita compreensão pelos aspectos contingentes e pelas pessoas envolvidas, embora recordando com extrema clareza os princípios teológicos. O Papa deseja convidar a Igreja a uma fidelidade mais profunda a Jesus Cristo e lembra a todos os católicos chineses a missão de serem evangelizadores no actual contexto concreto do seu País. O Santo Padre considera com respeito e profunda simpatia a história antiga e recente do grande Povo chinês e mostra-se, uma vez mais, disponível para o diálogo com as Autoridades chinesas, ciente de que a normalização da vida da Igreja na China pressupõe um diálogo franco, aberto e construtivo com as mesmas. Além disso, Bento XVI, tal como o seu Predecessor, João Paulo II, está firmemente convencido de que tal normalização oferecerá uma incomparável contribuição para a paz no mundo, criando assim um ladrilho insubstituível no grande mosaico da convivência pacífica entre os povos.

[00989-06.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

NOTA WYJAŚNIAJĄCA

«Listem do Biskupów, do Kapłanów, do Osób konsekrowanych oraz do Wiernych świeckich Kościoła katolickiego w Chińskiej Republice Ludowej», datowanym w Niedzielę Zesłania Ducha Świętego, papież Benedykt XVI pragnie wyrazić wobec katolików żyjących w Chinach swą miłość i bliskość. Czyni to oczywiście jako Następca św. Piotra i Powszechny Pasterz Kościoła.

List uwydatnia dwie podstawowe myśli: z jednej strony, głębokie przywiązanie do całej wspólnoty katolickiej w Chinach, a z drugiej, bezwarunkową wierność wielkim wartościom tradycji katolickiej w dziedzinie eklezjologii; innymi słowy, zarówno oddanie miłości, jak i prawdzie. Papież przypomina główne linie eklezjologii Soboru Watykańskiego II i tradycji katolickiej, równocześnie jednak uwzględnia szczegółowe aspekty życia Kościoła w Chinach, włączając je w szeroką wizję teologiczną.

A – Kościół w Chinach w ostatnich 50 latach

Wspólnota katolicka w Chinach przeżyła bardzo intensywnie 50 minionych lat, stawiając czoło trudnej i bolesnej drodze, która nie tylko wycisnęła na niej głębokie piętno, lecz również nadała jej charakterystyczne cechy, wyróżniające ją po dzień dzisiejszy.

Wspólnota katolicka doznała pierwszego prześladowania w latach 50-tych, które spowodowało wydalenie biskupów i misjonarzy cudzoziemców, uwięzienie prawie wszystkich chińskich duchownych i odpowiedzialnych za różne ruchy świeckie, zamknięcie kościołów i odosobnienie wiernych. W końcu lat 50-tych utworzono struktury państwowe, a mianowicie Urząd do Spraw Wyznań i Patriotyczne Stowarzyszenie Katolików Chińskich, których celem było kierowanie i «kontrola» wszelkiej działalności religijnej. W roku 1958 miały miejsce dwa pierwsze święcenia biskupie bez zgody Papieża, dając początek długiej fali zachowań głęboko raniących wspólnotę kościelną.

W latach 1966-1976, panująca w całym kraju Rewolucja Kulturalna dotknęła brutalnie wspólnotę katolicką, uderzając także w tych spośród biskupów, kapłanów i wiernych świeckich, którzy okazali się bardziej dyspozycyjni wobec nowych orientacji narzuconych przez władze rządowe.

W latach 80-tych, wraz z odwilżą promowaną przez Deng Xiaopinga, rozpoczął się okres tolerancji religijnej, dający pewną możliwość ożywienia dialogu i pozwalający na ponowne otwarcie kościołów, seminariów i domów zakonnych, oraz na wznowienie życia wspólnotowego. Informacje dochodzące z chińskich wspólnot kościelnych potwierdzały, że krew męczenników stała się po raz kolejny zasiewem nowych chrześcijan: we wspólnotach przetrwała żywa wiara, większość katolików dała żarliwe świadectwo wierności Chrystusowi i Kościołowi, a rodziny stały się punktem oparcia dla przekazu wiary. Nowy klimat wzbudził jednak równocześnie różne reakcje w łonie wspólnoty katolickiej.

W związku z tym Papież przypomina, że niektórzy Pasterze «nie chcąc podlegać niesłusznej kontroli roztaczanej nad życiem Kościoła, a także pragnąc zachować absolutną wierność Następcy Świętego Piotra i doktrynie katolickiej, byli zmuszeni do potajemnego przyjęcia święceń», aby zapewnić posługę duszpasterską własnym wspólnotom (nr 8). «Tajność – precyzuje Ojciec Święty – nie jest rzeczą normalną w Kościele i historia pokazuje, że Pasterze i wierni uciekają się do niej jedynie w przypadku bolesnego pragnienia zachowania nienaruszonej własnej wiary i nie godzenia się na ingerencję organizmów państwowych w to, co dotyczy głębi życia Kościoła» (tamże).

Inni zaś, zatroskani głównie o dobro wiernych i spoglądając w przyszłość, «zgodzili się na przyjęcie święceń kapłańskich bez mandatu papieskiego, ale później zwrócili się z prośbą, by zostali włączeni do wspólnoty z Następcą Świętego Piotra oraz z innymi Braćmi w episkopacie» (tamże). Papież, zważając na złożoność sytuacji i dogłębnie pragnąc przywrócenia pełnej jedności, «zezwolił im na pełnoprawne wykonywanie jurysdykcji biskupiej».

Benedykt XVI, uważnie analizując sytuację Kościoła w Chinach, jest świadomy, że przeżywa on silne kontrasty wewnętrzne, które angażują wiernych i Pasterzy. Papież podkreśla jednak, iż taka bolesna sytuacja nie została spowodowana różnicą pozycji doktrynalnych, lecz wynika ze «znaczącej roli, jaką pełnią organizmy, które zostały narzucone jako najbardziej odpowiedzialne za życie wspólnoty katolickiej» (nr 7). Chodzi o organa, których cele, a zwłaszcza realizacja zasad niezależności, samorządności i samodzielności Kościoła, nie są do pogodzenia z nauką katolicką. Taka ingerencja zrodziła prawdziwie niepokojące sytuacje. Ponadto, biskupi i kapłani poczuli się pod silną kontrolą i przymusem w wypełnianiu swego pasterskiego urzędu.

W latach 90-tych, z wielu stron i coraz częściej, biskupi i kapłani zwracali się do Kongregacji Ewangelizacji Narodów oraz do Sekretariatu Stanu z prośbą o dokładne wskazówki ze strony Stolicy Świętej co do sposobu zachowania wobec niektórych problemów życia kościelnego w Chinach. Wielu z nich pytało jaką postawę należy przyjąć w stosunku do rządu i organów państwowych, kierujących życiem Kościoła. Inne pytania dotyczyły kwestii czysto sakramentalnych, jak możliwość koncelebracji z biskupami wyświęconymi bez zgody Papieża lub otrzymania sakramentów od kapłanów wyświęconych przez tychże biskupów. Niektóre grupy wspólnoty katolickiej były wreszcie zdezorientowane wobec uznania wielu biskupów, wyświęconych w sposób niezgodny z prawem kościelnym.

Prawo dotyczące rejestracji miejsc kultu oraz wymóg państwowy posiadania certyfikatu przynależności do Stowarzyszenia Patriotycznego spowodowały ponadto nowe napięcia i budziły dalsze wątpliwości.

W owym czasie, Papież Jan Paweł II kierował kilkakrotnie do Kościoła w Chinach przesłania i apele zachęcające wszystkich katolików do jedności i pojednania. Głos Papieża był życzliwie przyjęty, wzmagając żarliwe pragnienie jedności, ale napięcia z władzami i wewnątrz wspólnoty katolickiej, niestety, nie zmniejszyły się.

Stolica Święta dawała ze swej strony wskazania co do różnych aspektów, lecz w miarę upływu czasu pojawienie się nowych sytuacji, coraz to bardziej złożonych, wymagało ponownego rozważenia całości problemu, aby dać jak najtrafniejszą odpowiedź na pytania i wskazać bezpieczne kierunki działalności duszpasterskiej w następnych latach.

B – Rys historyczny Listu papieskiego

Różne problemy, które, jak się wydaje, w ostatnich latach dotknęły bardziej bezpośrednio życie Kościoła w Chinach, były przedmiotem obszernej i dokładnej analizy ze strony specjalnie w tym celu utworzonej, wąskiej Komisji, złożonej z kilku sinologów i osób zajmujących się w Kurii Rzymskiej sytuacją w tamtejszych wspólnotach. Z chwilą zaś, kiedy Papież Benedykt XVI postanowił zwołać na 19-20 stycznia 2007 roku naradę z udziałem różnych duchownych, także chińskich, wspomniana Komisja zajęła się przygotowaniem dokumentu, który pomógłby w rozwinięciu szerokiej dyskusji na wielu płaszczyznach, w zebraniu praktycznych uwag uczestników obrad i w przedstawieniu niektórych możliwych wskazówek teologiczno-duszpasterskich dla wspólnoty katolickiej w Chinach. Jego Świątobliwość, biorąc osobiście udział w ostatniej sesji obrad, postanowił między innymi skierować własny List do Biskupów, do Kapłanów, do Osób konsekrowanych oraz do Wiernych świeckich.

C – Treść Listu

«Nie zamierzam poruszać każdego szczegółu złożonej problematyki dobrze wam znanej - pisze Benedykt XVI do katolików chińskich - ale chciałbym w tym Liście dać kilka wskazówek odnośnie do życia Kościoła i dzieła ewangelizacji w Chinach, aby wam pomóc w odkryciu tego, czego oczekuje Pan i Mistrz Jezus Chrystus» (nr 2). Papież przywołuje niektóre podstawowe zasady eklezjologii katolickiej, aby naświetlić ważniejsze problemy, świadomy, że światło tych zasad pomoże rozważyć zarówno różnorakie kwestie, jak i konkretne aspekty życia wspólnoty katolickiej.

Benedykt XVI, wyrażając prawdziwą radość z powodu wierności, jaką katolicy w Chinach okazali w ciągu ostatnich 50 lat, potwierdza nieocenioną wartość ich cierpienia i prześladowań znoszonych ze względu na Ewangelię, i kieruje do wszystkich żarliwe wezwanie do jedności i pojednania. Świadomy, że pełne pojednanie «nie będzie mogło spełnić się», przypomina, że na tej drodze są «wspierani przykładem i modlitwą wielu „świadków wiary", którzy cierpieli i przebaczyli, ofiarowując życie za przyszłość Kościoła katolickiego w Chinach» (nr 6).

W tym kontekście rozbrzmiewają wciąż aktualne słowa Chrystusa Duc in altum (Łk 5,4). One «wzywają nas, byśmy z wdzięcznością wspominali przeszłość, całym sercem przeżywali teraźniejszość i ufnie otwierali się na przyszłość». W Chinach bowiem, jak i w pozostałych częściach świata, «Kościół jest wezwany, by był świadkiem Chrystusa, by patrzył w przyszłość z nadzieją i by głosząc Ewangelię zmierzył się z nowymi wyzwaniami, jakim Naród chiński musi stawić czoło» (nr 3). «Również w waszym kraju - przypomina Papież - głoszenie Chrystusa ukrzyżowanego i zmartwychwstałego będzie możliwe w takiej mierze, jaką wyznaczy Wasza wierność Ewangelii, komunii z Następcą Piotra i Kościołem powszechnym, umiejętności urzeczywistniania oznak miłości i jedności» (tamże).

Poruszając niektóre bardziej naglące problemy, jakie wyłaniają się z próśb skierowanych do Stolicy Świętej ze strony biskupów i kapłanów, Benedykt XVI daje wskazania odnośnie do uznania przez władze rządowe duchownych ze wspólnoty nieoficjalnej (zob. nr 7) i szeroko uwydatnia temat chińskiego episkopatu (zob. nr 8), ze szczególnym uwzględnieniem spraw dotyczących nominacji biskupów (zob. nr 9). Ponadto, specjalne znaczenie mają wskazówki duszpasterskie, jakich Papież udziela wspólnocie, podkreślając na pierwszym miejscu postać i misję biskupa we wspólnocie diecezjalnej: nihil sine Episcopo. Daje także wskazania co do koncelebrowania Mszy świętej i zachęca do tworzenia organizmów diecezjalnych przewidzianych przez normy kanoniczne. Udziela również wskazówek odnośnie do formacji kapłanów i życia w rodzinie.

Jeśli chodzi o stosunki wspólnoty katolickiej z Państwem, Benedykt XVI, w tonie pełnym szacunku, przypomina naukę katolicką, przekazaną również przez Sobór Watykański II. Wyraża ponadto szczere życzenie, aby mógł rozwijać się dialog między Stolicą Świętą e Rządem chińskim, zmierzający do osiągnięcia porozumienia co do nominacji biskupów, możliwości pełnego praktykowania wiary katolickiej w poszanowaniu autentycznej wolności religijnej oraz normalizacji stosunków między Stolicą Świętą i Rządem w Pekinie.

Na koniec Papież odwołuje wszystkie Uprawnienia i Dyrektywy o charakterze duszpasterskim, udzielone w przeszłości i ostatnio Kościołowi w Chinach przez Stolicę Świętą. Zmienione okoliczności ogólnej sytuacji Kościoła w Chinach oraz większa możliwość komunikacji pozwalają już teraz katolikom wypełniać ogólne normy kanoniczne, a jeśli zaistniałaby taka potrzeba, odwołać się do Stolicy Apostolskiej. W każdym razie, zasady doktrynalne, które przyświecały tymże Uprawnieniom i Dyrektywom, znajdują obecnie nowe aplikacje w instrukcjach zawartych w omawianym Liście (zob. nr 18).

D – Styl i perspektywy Listu

Benedykt XVI zwraca się do całego Kościoła, który jest w Chinach, z duchowym natchnieniem i przesłaniem wybitnie duszpasterskim. Jego intencją nie jest stwarzanie sytuacji ostrej konfrontacji z poszczególnymi osobami czy grupami: chociaż wyraża się on o niektórych krytycznych sytuacjach, czyni to z wielkim zrozumieniem odnośnych aspektów i osób, przypominając jednak ze maksymalną przejrzystością zasady teologiczne. Papież pragnie zachęcić Kościół do większej wierności Jezusowi Chrystusowi i przypomina wszystkim katolikom chińskim powołanie do bycia ewangelizatorami w konkretnym, aktualnym kontekście życia w ich kraju. Ojciec Święty spogląda z szacunkiem i wielką sympatią na dawną i współczesną historię wielkiego Narodu chińskiego i wyraża jeszcze raz swą gotowość do dialogu z władzami chińskimi w przeświadczeniu, że normalizacja życia Kościoła w Chinach zakłada lojalny, otwarty i konstruktywny dialog z władzami. Benedykt XVI, podobnie jak jego Poprzednik Jan Paweł II, jest ponadto głęboko przekonany, że wspomniana normalizacja wniesie niezrównany wkład w budowanie pokoju na świecie, dodając w ten sposób niezastąpiony element do mozaiki pokojowego współżycia między narodami.

[00989-09.02] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua cinese tradizionale

 È online sul sito Internet www.vatican.va  

Traduzione in lingua cinese semplificata

 È online sul sito Internet www.vatican.va  

COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

Dichiarazione: Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese

Declaration: Letter of the Holy Father Benedict XVI to the Bishops, priests, consecrated men and women, and lay faithful of the Catholic Church in the People’s Republic of China

Traduzione della Dichiarazione in lingua cinese tradizionale

Traduzione della Dichiarazione in lingua cinese semplificata

Dichiarazione: Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese

Con la Lettera, che oggi viene resa pubblica, il Papa Benedetto XVI desidera manifestare il suo amore e la sua vicinanza alla comunità cattolica che è in Cina.

Dal testo del Documento pontificio emergono due atteggiamenti fondamentali: da una parte, un profondo affetto spirituale per tutti i cattolici in Cina e una cordiale stima per il Popolo cinese e, dall’altra parte, un fervido richiamo ai perenni principi della tradizione cattolica e del Concilio Vaticano II in campo ecclesiologico. Si è di fronte, quindi, a un appassionato invito alla carità, all’unità e alla verità.

La Lettera è diretta alla Chiesa in Cina e tratta questioni eminentemente religiose, rispondendo a precisi quesiti che vengono posti da tempo alla Santa Sede da parte di Vescovi e di sacerdoti cinesi. Non è, quindi, un documento politico né, molto meno, vuole essere un atto di accusa contro le Autorità governative, pur non potendo ignorare le note difficoltà che la Chiesa in Cina deve affrontare quotidianamente.

Il Santo Padre ricorda il "disegno originario", che Cristo ha avuto della sua Chiesa e che ha affidato agli Apostoli e ai loro successori, i Vescovi. Alla luce di esso, egli prende in considerazione varie problematiche della vita della Chiesa in Cina, che sono sorte negli ultimi 50 anni. Da tale "disegno" trae anche ispirazione e orientamenti per affrontare e risolvere, in spirito di comunione e di verità, le suddette problematiche.

Nella Lettera, Benedetto XVI si dice pienamente disponibile ed aperto ad un sereno e costruttivo dialogo con le Autorità civili al fine di trovare una soluzione ai vari problemi, riguardanti la comunità cattolica, e di arrivare alla desiderata normalizzazione dei rapporti fra la Santa Sede e il Governo della Repubblica Popolare Cinese, nella certezza che i cattolici, con la libera professione della loro fede e con una generosa testimonianza di vita, contribuiscono, come buoni cittadini, anche al bene del Popolo cinese.

Sabato, 30 giugno 2007

[01001-01.01] [Testo originale: Italiano]

Declaration: Letter of the Holy Father Benedict XVI to the Bishops, priests, consecrated men and women, and lay faithful of the Catholic Church in the People’s Republic of China

By means of his Letter, which is made public today, Pope Benedict XVI wishes to express his love for the Catholic community in China and his closeness to it.

From the text of the Papal document two basic attitudes are clear: on the one hand, deep spiritual affection for all Catholics in China and cordial esteem for the Chinese people, and, on the other, an earnest appeal to the perennial principles of the Catholic tradition and the Second Vatican Council in the ecclesiological sphere. It is, therefore, a pressing invitation to charity, unity and truth.

The Letter is directed to the Church in China and deals with eminently religious questions, responding to precise queries which have been addressed for some time to the Holy See by Chinese Bishops and priests. It is not, therefore, a political document, nor, much less, an indictment of the government authorities, although it does not ignore the well-known difficulties which the Church in China must daily tackle.

The Holy Father recalls the "original plan" which Christ had for his Church and which he entrusted to the Apostles and their successors, the Bishops. In this light, he takes into consideration various problems of the Church in China which emerged during the past fifty years. From this "plan" he also draws inspiration and formulates guidelines to tackle and resolve, in a spirit of communion and truth, the said problems.

In the Letter, Benedict XVI declares himself fully available and open to a serene and constructive dialogue with the civic authorities in order to find a solution to the various problems concerning the Catholic community, and to reach the desired normalization of relations between the Holy See and the Government of the People’s Republic of China, in the certainty that Catholics, by freely professing their faith and by giving generous witness of life, contribute also, as good citizens, to the good of the Chinese people.

Saturday, 30 June 2007

[01001-02.01] [Original text: Italian]

Traduzione della Dichiarazione in lingua cinese tradizionale

 È online sul sito Internet www.vatican.va  

[01001-AA.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione della Dichiarazione in lingua cinese semplificata

  È online sul sito Internet www.vatican.va  

[01001-AB.01] [Testo originale: Italiano]

[B0364-XX.03]