Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA XLIV GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI, 24.04.2007


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA XLIV GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

TESTO IN LINGUA ITALIANA

TESTO IN LINGUA FRANCESE

TESTO IN LINGUA INGLESE

TESTO IN LINGUA TEDESCA

TESTO IN LINGUA SPAGNOLA

TESTO IN LINGUA PORTOGHESE

TESTO IN LINGUA POLACCA

Il 29 aprile 2007, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 44ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema: "La vocazione al servizio della Chiesa comunione".
Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato per l’occasione ai Vescovi ed ai fedeli di tutto il mondo:

TESTO IN LINGUA ITALIANA

Venerati Fratelli nell'Episcopato,
cari fratelli e sorelle!

L'annuale Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni è un’opportuna occasione per porre in luce l'importanza delle vocazioni nella vita e nella missione della Chiesa, ed intensificare la nostra preghiera perché crescano in numero e qualità. Per la prossima ricorrenza vorrei proporre all'attenzione dell'intero popolo di Dio il seguente tema, quanto mai attuale: la vocazione al servizio della Chiesa comunione.

Lo scorso anno, dando inizio a un nuovo ciclo di catechesi nelle Udienze generali del mercoledì, dedicato al rapporto tra Cristo e la Chiesa, feci notare che la prima comunità cristiana ebbe a costituirsi, nel suo nucleo originario, quando alcuni pescatori di Galilea, incontrato Gesù, si lasciarono conquistare dal suo sguardo, dalla sua voce ed accolsero questo pressante suo invito: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini!» (Mc l, 17; cfr Mt 4,19). In verità, Dio ha sempre scelto alcune persone per collaborare in maniera più diretta con Lui alla realizzazione del suo disegno salvifico. Nell'Antico Testamento all'inizio chiamò Abramo per formare «un grande popolo» (Gn 12,2), e in seguito Mosè per liberare Israele dalla schiavitù d'Egitto (cfr Es 3, 10). Designò poi altri personaggi, specialmente i profeti, per difendere e tener viva l'alleanza con il suo popolo. Nel Nuovo Testamento, Gesù, il Messia promesso, invitò singolarmente gli Apostoli a stare con Lui (cfr Mc 3,14) e a condividere la sua missione. Nell'Ultima Cena, affidando loro il compito di perpetuare il memoriale della sua morte e risurrezione sino al suo glorioso ritorno alla fine dei tempi, rivolse per essi al Padre questa accorata invocazione: «Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il qua1e mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,26). La missione della Chiesa si fonda pertanto su un'intima e fedele comunione con Dio.

La Costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II descrive la Chiesa come «un popolo radunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (n. 4), nel quale si rispecchia il mistero stesso di Dio. Ciò comporta che in esso si rifletta l'amore trinitario e, grazie all'opera dello Spirito Santo, tutti i suoi membri formino «un solo corpo ed un solo spirito» in Cristo. Soprattutto quando si raduna per l'Eucaristia questo popolo, organicamente strutturato sotto la guida dei suoi Pastori, vive il mistero della comunione con Dio e con i fratelli. L'Eucaristia è la sorgente di quell'unità ecclesiale per la quale Gesù ha pregato alla vigilia della sua passione: «Padre ... siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,2 1). Questa intensa comunione favorisce il fiorire di generose vocazioni al servizio della Chiesa: il cuore del credente, ripieno di amore divino, è spinto a dedicarsi totalmente alla causa del Regno. Per promuovere le vocazioni è dunque importante una pastorale attenta al mistero della Chiesa-comunione, perché chi vive in una comunità ecclesiale concorde, corresponsabile, premurosa, impara certamente più facilmente a discernere la chiamata del Signore. La cura delle vocazioni esige pertanto una costante "educazione" ad ascoltare la voce di Dio, come fece Eli che aiutò il giovane Samuele a capire quel che Dio gli chiedeva e a realizzarlo prontamente (cfr 1 Sam 3,9). Ora l’ascolto docile e fedele non può avvenire che in un clima di intima comunione con Dio. E questo si realizza innanzitutto nella preghiera. Secondo l'esplicito comando del Signore, noi dobbiamo implorare il dono delle vocazioni in primo luogo pregando instancabilmente e insieme il «padrone della messe». L'invito è al plurale: «Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe» (Mt 9,38). Questo invito del Signore ben corrisponde allo stile del «Padre nostro" (Mt 6,9), preghiera che Egli ci ha insegnato e che costituisce una «sintesi di tutto il Vangelo», secondo la nota espressione di Tertulliano (cfr De Oratione, 1,6: CCL 1, 258). In questa chiave è illuminante anche un'altra espressione di Gesù: «Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà» (Mt 18,19). Il buon Pastore ci invita dunque a pregare il Padre celeste, a pregare uniti e con insistenza, perché Egli mandi vocazioni al servizio della Chiesa-comunione.

Raccogliendo l'esperienza pastorale dei secoli passati, il Concilio Vaticano II ha posto in evidenza l'importanza di educare i futuri presbiteri a un'autentica comunione ecclesiale. Leggiamo in proposito nella Presbyterorum ordinis: «Esercitando l'ufficio di Cristo Capo e Pastore per la parte di autorità che spetta loro, i presbiteri, in nome del Vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità animata nell'unità, e per mezzo di Cristo la conducono al Padre nello Spirito Santo» (n. 6). A questa affermazione del Concilio fa eco l'Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, la quale sottolinea che il sacerdote «è servitore della Chiesa comunione perché - unito al Vescovo e in stretto rapporto con il presbiterio - costruisce l'unità della comunità ecclesiale nell'armonia delle diverse vocazioni, carismi e servizi" (n. 16). E' indispensabile che all'interno del popolo cristiano ogni ministero e carisma sia orientato alla piena comunione, ed è compito del Vescovo e dei presbiteri favorirla in armonia con ogni altra vocazione e servizio ecclesiali. Anche la vita consacrata, ad esempio, nel suo proprium è al servizio di questa comunione, come viene posto in luce nell'Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata dal mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II: «La vita consacrata ha sicuramente il merito di aver efficacemente contribuito a tener viva nella Chiesa l'esigenza della fraternità come confessione della Trinità. Con la costante promozione dell'amore fraterno anche nella forma della vita comune, essa ha rivelato che la partecipazione alla comunione trinitaria può cambiare i rapporti umani, creando un nuovo tipo di solidarietà" (n. 41).

Al centro di ogni comunità cristiana c'è l'Eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa. Chi si pone al servizio del Vangelo, se vive dell'Eucaristia, avanza nell'amore verso Dio e verso il prossimo e contribuisce così a costruire la Chiesa come comunione. Potremmo affermare che «l'amore eucaristico» motiva e fonda l'attività vocazionale di tutta la Chiesa, perché, come ho scritto nell'Enciclica Deus caritas est, le vocazioni al sacerdozio e agli altri ministeri e servizi fioriscono all'interno del popolo di Dio laddove ci sono uomini nei quali Cristo traspare attraverso la sua Parola, nei sacramenti e specialmente nell'Eucaristia. E questo perché «nella liturgia della Chiesa, nella sua preghiera, nella comunità viva dei credenti, noi sperimentiamo l'amore di Dio, percepiamo la sua presenza e impariamo in questo modo anche a riconoscerla nel quotidiano. Egli per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l'amore» (n. 17).

Ci rivolgiamo, infine, a Maria, che ha sorretto la prima comunità dove - «tutti erano concordi, e tutti si riunivano regolarmente per la preghiera» (cfr At 1, 14), perché aiuti la Chiesa ad essere nel mondo di oggi icona della Trinità, segno eloquente dell'amore divino per tutti gli uomini. La Vergine, che ha prontamente risposto alla chiamata del Padre dicendo: «Eccomi, sono la serva del Signore» (Lc 1,38), interceda perché non manchino all'interno del popolo cristiano i servitori della gioia divina: sacerdoti che, in comunione con i loro Vescovi, annunzino fedelmente il Vangelo e celebrino i sacramenti, si prendano cura del popolo di Dio, e siano pronti ad evangelizzare l'intera umanità. Faccia sì che anche in questo nostro tempo aumenti il numero delle persone consacrate, le quali vadano contro corrente, vivendo i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, e testimonino in modo profetico Cristo e il suo liberante messaggio di salvezza. Cari fratelli e sorelle che il Signore chiama a vocazioni particolari nella Chiesa, vorrei affidarvi in modo speciale a Maria, perché Lei, che più di tutti ha compreso il senso delle parole di Gesù: «Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,2 1), vi insegni ad ascoltare il suo divin Figlio. Vi aiuti a dire con la vita: «Eccomi, o Dio, io vengo a fare la tua volontà (cfr Eb 10,7). Con questi auspici assicuro per ciascuno uno speciale ricordo nella preghiera e tutti di cuore vi benedico.

Dal Vaticano, 10 Febbraio 2007

BENEDICTUS PP. XVI

[00593-01.01] [Testo originale: Italiano]

TESTO IN LINGUA FRANCESE

 Vénérés Frères dans l'Épiscopat,
Chers frères et sœurs !

La Journée mondiale annuelle de Prière pour les Vocations est une occasion opportune pour mettre en lumière l'importance des vocations dans la vie et la mission de l'Église et pour intensifier notre prière afin qu'elles croissent en nombre et en qualité. Pour la prochaine journée, je voudrais proposer à l'attention de tout le Peuple de Dieu le thème suivant, particulièrement actuel: la vocation au service de l'Église-communion.

L'an dernier, en débutant dans les Audiences générales du mercredi un nouveau cycle de catéchèses, consacrées au rapport entre le Christ et l'Église, je faisais remarquer que la première communauté chrétienne commença à se constituer, en son noyau originaire, lorsque quelques pêcheurs de Galilée rencontrèrent Jésus, se laissèrent conquérir par son regard, par sa voix, et accueillirent son invitation pressante : "Venez à ma suite et je ferai de vous des pêcheurs d'hommes" (Mc 1, 17 ; cf. Mt 4, 19). En vérité, Dieu a toujours choisi quelques personnes pour collaborer plus directement avec Lui à la réalisation de son dessein de salut. Dans l'Ancien Testament, il appela d'abord Abraham pour former "un grand peuple" (Gn 12, 2), puis Moïse pour libérer Israël de l'esclavage de l'Égypte (cf. Ex 3, 10). Il désigna ensuite d'autres personnages, spécialement les prophètes, pour défendre et garder vivante l'alliance avec son peuple. Dans le Nouveau Testament, Jésus, le Messie promis, invita personnellement les Apôtres à être avec Lui (cf. Mc 3, 14) et à partager sa mission. À la dernière Cène, en leur confiant la charge de perpétuer le mémorial de sa mort et de sa résurrection jusqu'à son retour glorieux à la fin des temps, Il adressa pour eux au Père cette invocation en l'implorant : "Je leur ai révélé ton nom et le leur révélerai, pour que l'amour dont tu m'as aimé soit en eux et moi en eux" (Jn 17, 26). La mission de l'Église se fonde donc sur une communion intime et fidèle avec Dieu.

La Constitution Lumen gentium du Concile Vatican II décrit l'Église comme "un peuple qui tire son unité de l'unité du Père et du Fils et de l'Esprit Saint" (n. 4), un peuple dans lequel se reflète le mystère même de Dieu. Cela implique que l'amour trinitaire se réfléchit en lui et que, grâce à l'action de l'Esprit Saint, tous ses membres forment "un seul corps et un seul esprit" dans le Christ. C'est surtout en se rassemblant pour l'Eucharistie que ce peuple, structuré organiquement sous la conduite de ses Pasteurs, vit le mystère de la communion avec Dieu et avec les frères. L'Eucharistie est la source de cette unité ecclésiale pour laquelle Jésus a prié la veille de sa passion : "Père … qu'eux aussi soient un en nous, afin que le monde croie que tu m'as envoyé" (Jn 17, 21). Cette communion intense favorise la floraison de vocations généreuses au service de l'Église : le cœur du croyant, rempli de l'amour divin, est poussé à se consacrer totalement à la cause du Royaume. La promotion des vocations requiert donc une pastorale attentive au mystère de l'Église-communion, parce que, assurément, celui qui vit dans une communauté ecclésiale unie, coresponsable et active, apprend plus facilement à discerner l'appel du Seigneur. Le souci des vocations exige donc une "éducation" constante à l'écoute de la voix de Dieu, comme le fit Éli en aidant le jeune Samuel à comprendre ce que Dieu lui demandait et à le réaliser rapidement (cf. 1 S 3, 9). Or, il ne peut y avoir d'écoute docile et fidèle que dans un climat de communion intime avec Dieu. Et cela se réalise surtout dans la prière. Selon le commandement explicite du Seigneur, nous devons tout d'abord implorer le don des vocations en priant inlassablement et ensemble le "maître de la moisson". L'invitation est au pluriel : "Priez donc le maître de la moisson d'envoyer des ouvriers à sa moisson" (Mt 9, 38). Cette invitation du Seigneur correspond bien au style du "Notre Père" (Mt 6, 9), prière qu'Il nous a enseignée et qui constitue une "synthèse de tout l'Évangile", selon l'expression célèbre de Tertullien (cf. De Oratione, 1,6 : CCL 1, 258). De ce point de vue, une autre expression de Jésus est aussi éclairante : "Si deux d'entre vous, sur la terre, unissent leurs voix pour demander quoi que ce soit, cela leur sera accordé par mon Père qui est aux cieux" (Mt 18, 19). Le Bon Pasteur nous invite donc à prier le Père céleste, à prier en étant unis et avec insistance, pour qu'Il envoie des vocations au service de l'Église-communion.

Recueillant l'expérience pastorale des siècles passés, le Concile Vatican II a mis en évidence l'importance d'éduquer les futurs prêtres à une authentique communion ecclésiale. Nous lisons à ce sujet dans Presbyterorum ordinis : "Exerçant, pour la part d'autorité qui est la leur, la charge du Christ Chef et Pasteur, les prêtres, au nom de l'Évêque, rassemblent la famille de Dieu, fraternité qui n'a qu'une âme, et par le Christ dans l'Esprit, ils la conduisent à Dieu le Père" (n. 6). À cette affirmation du Concile fait écho l'Exhortation apostolique post-synodale Pastores dabo vobis, en soulignant que le prêtre "est serviteur de l'Église-communion parce que – en unité avec l'Évêque et en lien étroit avec le presbyterium – il construit l'unité de la communauté ecclésiale dans l'harmonie des diverses vocations, des charismes et des services" (n. 16). À l'intérieur du peuple chrétien, il est indispensable que chaque ministère et chaque charisme soient orientés vers la pleine communion, et c'est la tâche de l'Évêque et des prêtres de la favoriser en l'harmonisant avec toute autre vocation et service ecclésiaux. Même la vie consacrée, par exemple, a en propre le service de cette communion, comme cela est mis en lumière dans l'Exhortation apostolique post-synodale Vita consecrata de mon vénéré Prédécesseur, Jean-Paul II : "La vie consacrée a certainement le mérite d'avoir contribué efficacement à maintenir dans l'Église l'exigence de la fraternité comme confession de la Trinité. En favorisant constamment l'amour fraternel, notamment sous la forme de la vie commune, elle a montré que la participation à la communion trinitaire peut changer les rapports humains et créer un nouveau type de solidarité" (n. 41).

Au centre de toute communauté chrétienne, il y a l'Eucharistie, source et sommet de la vie de l'Église. S'il vit de l'Eucharistie, celui qui se met au service de l'Évangile avance dans l'amour vers Dieu et vers le prochain, et il contribue ainsi à construire l'Église comme communion. Nous avons pu affirmer que "l'amour eucharistique" motive et fonde l'activité vocationnelle de toute l'Église. En effet, comme je l'ai écrit dans l'Encyclique Deus caritas est, les vocations au sacerdoce et aux autres ministères et services fleurissent à l'intérieur du peuple de Dieu là où il y a des hommes dans lesquels le Christ transparaît par sa Parole, dans les sacrements, spécialement dans l'Eucharistie. Et cela parce que "dans la liturgie de l'Église, dans sa prière, dans la communauté vivante des croyants, nous faisons l'expérience de l'amour de Dieu, nous percevons sa présence et nous apprenons aussi de cette façon à la reconnaître dans notre vie quotidienne. Le premier, Il nous a aimés et Il continue à nous aimer le premier ; c’est pourquoi, nous aussi, nous pouvons répondre par l'amour" (n. 17).

Nous nous tournons enfin vers Marie, qui a soutenu la première communauté dans laquelle "tous d'un même cœur étaient assidus à la prière" (cf. Ac 1, 14), afin qu'elle aide l'Église à être dans le monde d'aujourd'hui une icône de la Trinité, un signe éloquent de l'amour de Dieu pour tous les hommes. La Vierge a répondu promptement à l'appel du Père en disant : "Je suis la servante du Seigneur" (Lc 1, 38). Qu'elle intercède afin qu'au sein du peuple chrétien ne manquent pas les serviteurs de la joie divine : des prêtres qui, en communion avec leurs Évêques, annoncent fidèlement l'Évangile et célèbrent les sacrements, prennent soin du peuple de Dieu et soient prêts à évangéliser l'humanité entière ! Qu'elle accorde à notre temps une augmentation du nombre des personnes consacrées, qui aillent à contre courant en vivant les conseils évangéliques de pauvreté, de chasteté d'obéissance, et témoignent prophétiquement du Christ et de son libérant message de salut ! Chers frères et sœurs appelés par le Seigneur à des vocations particulières dans l'Église, je voudrais vous confier tout spécialement à Marie. En effet, plus que tous, elle a compris le sens des paroles de Jésus : "Ma mère et mes frères, ce sont ceux qui écoutent la parole de Dieu et la mettent en pratique" (Lc 8, 21). Qu'elle vous enseigne à écouter son divin Fils ! Qu'elle vous aide à dire par votre vie : "Me voici, ô Dieu, je viens pour faire ta volonté" (cf. He 10, 7) ! Avec ces souhaits, j'assure chacun d'entre vous de ma prière et je vous bénis de tout cœur.

Du Vatican, le 10 février 2007

BENEDICTUS PP. XVI

[00593-03.01] [Texte original: Français]

TESTO IN LINGUA INGLESE

 Venerable Brothers in the Episcopate,
Dear brothers and sisters!

The annual World Day of Prayer for Vocations is an appropriate occasion for highlighting the importance of vocations in the life and mission of the Church, as well as for intensifying our prayer that they may increase in number and quality. For the coming celebration, I would like to draw the attention of the whole people of God to the following theme, which is more topical than ever: the vocation to the service of the Church as communion.

Last year, in the Wednesday general audiences, I began a new series of catechesis dedicated to the relationship between Christ and the Church. I pointed out that the first Christian community was built, in its original core, when some fishermen of Galilee, having met Jesus, let themselves be conquered by his gaze and his voice, and accepted his pressing invitation: "Follow me and I will make you become fishers of men!" (Mk 1: 17; cf. Mt 4: 19). In fact, God has always chosen some individuals to work with him in a more direct way, in order to accomplish his plan of salvation. In the Old Testament, in the beginning, he called Abraham to form a "great nation" (Gn 12: 2); afterwards, he called Moses to free Israel from the slavery of Egypt (cf. Ex 3: 10). Subsequently, he designated other persons, especially the prophets, to defend and keep alive the covenant with his people. In the New Testament, Jesus, the promised Messiah, invited each of the Apostles to be with him (cf. Mk 3: 14) and to share his mission. At the Last Supper, while entrusting them with the duty of perpetuating the memorial of his death and resurrection until his glorious return at the end of time, he offered for them to his Father this heart-broken prayer: "I made known to them your name, and I will make it known, that the love with which you have loved me may be in them, and I in them" (Jn 17: 26). The mission of the Church, therefore, is founded on an intimate and faithful communion with God.

The Second Vatican Council’s Constitution Lumen gentium describes the Church as "a people made one with the unity of the Father, the Son and the Holy Spirit" (n. 4), in which is reflected the very mystery of God. This means that the love of the Trinity is reflected in her. Moreover, thanks to the work of the Holy Spirit, all the members of the Church form "one body and one spirit" in Christ. This people, organically structured under the guidance of its Pastors, lives the mystery of communion with God and with the brethren, especially when it gathers for the Eucharist. The Eucharist is the source of that ecclesial unity for which Jesus prayed on the eve of his passion: "Father…that they also may be one in us, so that the world may believe that you have sent me" (Jn 17: 21). This intense communion favours the growth of generous vocations at the service of the Church: the heart of the believer, filled with divine love, is moved to dedicate itself wholly to the cause of the Kingdom. In order to foster vocations, therefore, it is important that pastoral activity be attentive to the mystery of the Church as communion; because whoever lives in an ecclesial community that is harmonious, co-responsible and conscientious, certainly learns more easily to discern the call of the Lord. The care of vocations, therefore, demands a constant "education" for listening to the voice of God. This is what Eli did, when he helped the young Samuel to understand what God was asking of him and to put it immediately into action (cf. 1 Sam 3: 9). Now, docile and faithful listening can only take place in a climate of intimate communion with God which is realized principally in prayer. According to the explicit command of the Lord, we must implore the gift of vocations, in the first place by praying untiringly and together to the "Lord of the harvest". The invitation is in the plural: "Therefore pray the Lord of the harvest to send out labourers into his harvest" (Mt 9: 38). This invitation of the Lord corresponds well with the style of the "Our Father" (Mt 6: 9), the prayer that he taught us and that constitutes a "synthesis of the whole Gospel" according to the well-known expression of Tertullian (cf. De Oratione, 1,6: CCL I, 258). In this perspective, yet another expression of Jesus is instructive: "If two of you agree on earth about anything they ask, it will be done for them by my Father in heaven (Mt 18: 19). The Good Shepherd, therefore, invites us to pray to the heavenly Father, to pray unitedly and insistently, that he may send vocations for the service of the Church as communion.

Harvesting the pastoral experience of past centuries, the Second Vatican Council highlighted the importance of educating future priests to an authentic ecclesial communion. In this regard, we read in Presbyterorum ordinis: "Exercising the office of Christ, the shepherd and head, according to their share of his authority, the priests, in the name of the Bishop, gather the family of God together as a brotherhood enlivened by one spirit. Through Christ they lead them in the Holy Spirit to God the Father" (n. 6). The post-synodal Apostolic Exhortation Pastores dabo vobis echoes this statement of the Council, when it underlines that the priest is "the servant of the Church as communion because – in union with the Bishop and closely related to the presbyterate – he builds up the unity of the Church community in harmony of diverse vocations, charisms and services" (n. 16). It is indispensable that, within the Christian people, every ministry and charism be directed to full communion; and it is the duty of the Bishop and priests to promote this communion in harmony with every other Church vocation and service. The consecrated life, too, of its very nature, is at the service of this communion, as highlighted by my venerable predecessor John Paul II in the post-synodal Apostolic Exhortation Vita consecrata: "The consecrated life can certainly be credited with having effectively helped to keep alive in the Church the obligation of fraternity as a form of witness to the Trinity. By constantly promoting fraternal love, also in the form of common life, the consecrated life has shown that sharing in the Trinitarian communion can change human relationships and create a new type of solidarity" (n. 41).

At the centre of every Christian community is the Eucharist, the source and summit of the life of the Church. Whoever places himself at the service of the Gospel, if he lives the Eucharist, makes progress in love of God and neighbour and thus contributes to building the Church as communion. We can affirm that the "Eucharistic love" motivates and founds the vocational activity of the whole Church, because, as I wrote in the Encyclical Deus caritas est, vocations to the priesthood and to other ministries and services flourish within the people of God wherever there are those in whom Christ can be seen through his Word, in the sacraments and especially in the Eucharist. This is so because "in the Church’s Liturgy, in her prayer, in the living community of believers, we experience the love of God, we perceive his presence and we thus learn to recognize that presence in our daily lives. He loved us first and he continues to do so; we too, then, can respond with love" (n. 17).

Lastly, we turn to Mary, who supported the first community where "all these with one accord devoted themselves to prayer" (Acts 1: 14), so that she may help the Church in today’s world to be an icon of the Trinity, an eloquent sign of divine love for all people. May the Virgin, who promptly answered the call of the Father saying, "Behold, I am the handmaid of the Lord" (Lc 1: 38), intercede so that the Christian people will not lack servants of divine joy: priests who, in communion with their Bishops, announce the Gospel faithfully and celebrate the sacraments, take care of the people of God, and are ready to evangelize all humanity. May she ensure, also in our times, an increase in the number of consecrated persons, who go against the current, living the evangelical counsels of poverty, chastity and obedience, and give witness in a prophetic way to Christ and his liberating message of salvation. Dear brothers and sisters whom the Lord calls to particular vocations in the Church: I would like to entrust you in a special way to Mary, so that she, who more than anyone else understood the meaning of the words of Jesus, "My mother and my brethren are those who hear the word of God and do it" (Lk 8: 21), may teach you to listen to her divine Son. May she help you to say with your lives: "Lo, I have come to do thy will, O God" (cf. Heb 10: 7). With these wishes, I assure each one of you a special remembrance in prayer and from my heart I bless you all.

From the Vatican, 10 February 2007.

BENEDICTUS PP. XVI

[00593-02.01] [Original text: English]

TESTO IN LINGUA TEDESCA

Verehrte Mitbrüder im Bischofsamt,
liebe Brüder und Schwestern!

Der jährlich Weltgebetstag um geistliche Berufungen ist eine gute Gelegenheit, um die Bedeutung der Berufungen im Leben und in der Sendung der Kirche deutlich zu machen und unser Gebet zu verstärken, damit die Berufungen an Zahl und Qualität wachsen. Aus Anlaß des bevorstehenden Weltgebetstages möchte ich die Aufmerksamkeit des ganzen Gottesvolkes auf das folgende, sehr aktuelle Thema lenken: »Die Berufung im Dienst der Kirche als Gemeinschaft«.

Als ich im vergangenen Jahr bei den Generalaudienzen am Mittwoch einen neuen Katechesezyklus begann, der der Beziehung zwischen Christus und der Kirche gewidmet war, machte ich darauf aufmerksam, daß sich die erste christliche Gemeinschaft – in ihrer ursprünglichen Kerngruppe – bildete, als einige Fischer aus Galiläa Jesus begegneten und sich von seinem Blick, von seiner Stimme einnehmen ließen und seine nachdrückliche Einladung annahmen: »Kommt her, folgt mir nach! Ich werde euch zu Menschenfischern machen« (Mk 1,17; vgl. Mt 4,19). Tatsächlich hat Gott stets einige Menschen auserwählt, die auf unmittelbarere Weise an der Verwirklichung seines Heilsplanes mitarbeiten sollten. Im Alten Testament rief er am Anfang Abraham, um »ein großes Volk« zu bilden (Gen 12,2) und dann Mose, um Israel aus der Knechtschaft Ägyptens zu befreien (vgl. Ex 3,10). Er bestimmte immer wieder Menschen, besonders die Propheten, um den Bund mit seinem Volk zu bewahren und lebendig zu erhalten. Im Neuen Testament lud Jesus, der verheißene Messias, die Apostel einzeln ein, bei ihm zu sein (vgl. Mk 3,14) und an seiner Sendung teilzuhaben. Beim Letzten Abendmahl, als er ihnen den Auftrag gab, das Gedächtnis seines Todes und seiner Auferstehung fortzusetzen bis hin zu seiner glorreichen Wiederkunft am Ende der Zeiten, richtete er für sie an den Vater die flehentliche Bitte: »Ich habe ihnen deinen Namen bekannt gemacht und werde ihn bekannt machen, damit die Liebe, mit der du mich geliebt hast, in ihnen ist und damit ich in ihnen bin« (Joh 17,26). Die Sendung der Kirche gründet daher auf einer innigen und treuen Gemeinschaft mit Gott.

Die Konstitution Lumen gentium des Zweiten Vatikanischen Konzils beschreibt die Kirche als »das von der Einheit des Vaters und des Sohnes und des Heiligen Geistes her geeinte Volk« (Nr. 4), in dem sich das Geheimnis Gottes widerspiegelt. Daher kommt in ihm die trinitarische Liebe zum Ausdruck und bilden dank des Wirkens des Heiligen Geistes alle seine Glieder »einen Leib und einen Geist« in Christus. Vor allem wenn es sich zur Eucharistie versammelt, lebt dieses Volk, organisch gegliedert unter der Leitung seiner Hirten, das Geheimnis der Gemeinschaft mit Gott und mit den Brüdern. Die Eucharistie ist die Quelle jener kirchlichen Einheit, für die Jesus am Vorabend seines Leidens gebetet hat: Vater, auch sie sollen »in uns sein, damit die Welt glaubt, daß du mich gesandt hast. (Joh 17,21)«. Diese innige Gemeinschaft fördert das Gedeihen großherziger Berufungen im Dienst der Kirche: Das Herz des Gläubigen, erfüllt von göttlicher Liebe, wird gedrängt, sich ganz der Sache des Reiches Gottes zu widmen.

Um die Berufungen zu fördern, ist also eine Pastoral wichtig, die aufmerksam ist gegenüber dem Geheimnis der Kirche als Gemeinschaft. D00enn wer in einer einmütigen, mitverantwortlichen, sorgetragenden kirchlichen Gemeinschaft lebt, lernt gewiß leichter, den Ruf des Herrn zu erkennen. Die Sorge um geistliche Berufungen verlangt daher eine ständige »Erziehung« zum Hören auf die Stimme Gottes, nach dem Vorbild Elis, der dem jungen Samuel half, das zu verstehen, worum Gott ihn bat, und es bereitwillig in die Tat umzusetzen (vgl. 1 Sam 3,9). Das fügsame und treue Hören kann jedoch nur in einer Atmosphäre vertrauter Gemeinschaft mit Gott vor sich gehen. Und diese Atmosphäre entsteht vor allem im Gebet. Entsprechend dem ausdrücklichen Gebot des Herrn müssen wir die Gabe der Berufungen erbitten, indem wir vor allem unermüdlich und gemeinsam mit dem »Herrn der Ernte« beten. Die Einladung steht im Plural: »Bittet also den Herrn der Ernte, Arbeiter für seine Ernte auszusenden« (Mt 9,38). Diese Einladung des Herrn entspricht sehr genau dem Stil des »Vater Unser« (vgl. Mt 6,9), des Gebetes, das er uns gelehrt hat und das, dem bekannten Wort Tertullians zufolge, eine »Zusammenfassung des ganzen Evangeliums« darstellt (vgl. De oratione 1,6: CCL 1,258). Unter diesem Blickwinkel ist auch ein weiteres Wort Jesu erhellend: »Alles, was zwei von euch auf Erden gemeinsam erbitten, werden sie von meinem himmlischen Vater erhalten« (Mt 18,19). Der gute Hirte lädt uns also ein, den himmlischen Vater zu bitten, ihn gemeinsam und mit Nachdruck zu bitten, daß er Berufungen zum Dienst an der Kirche als Gemeinschaft sende.

Das Zweite Vatikanische Konzil hat die pastorale Erfahrung der vergangenen Jahrhunderte aufgegriffen und betont, daß es wichtig ist, die zukünftigen Priester zu einer wahren kirchlichen Gemeinschaft zu bilden. Wir lesen diesbezüglich im Dekret Presbyterorum ordinis: »Die Priester üben entsprechend ihrem Anteil an der Vollmacht das Amt Christi, des Hauptes und Hirten, aus. Sie versammeln im Namen des Bischofs die Familie Gottes, die als Gemeinschaft von Brüdern nach Einheit verlangt, und führen sie durch Christus im Geist zu Gott dem Vater« (Nr. 6). Diese Worte des Konzils finden einen Nachklang im Nachsynodalen Apostolischen Schreiben Pastores dabo vobis, das hervorhebt: Der Priester »ist Diener der Kirche als Gemeinschaft, weil er – verbunden mit dem Bischof und in enger Beziehung zum Presbyterium – im Zusammenführen der verschiedenen Berufungen, Charismen und Dienste die Einheit der kirchlichen Gemeinschaft aufbaut« (Nr. 16). Es ist unverzichtbar, daß innerhalb des christlichen Volkes jedes Amt und jedes Charisma sich an der vollen Gemeinschaft ausrichtet, und es ist Aufgabe des Bischofs und der Priester, diese im Einklang mit jeder anderen kirchlichen Berufung und mit jedem anderen kirchlichen Dienst zu fördern. So steht zum Beispiel auch das geweihte Leben auf seine ganz eigene Art im Dienst dieser Gemeinschaft, wie es von meinem verehrten Vorgänger Johannes Paul II. im Nachsynodalen Apostolischen Schreiben Vita consecrata deutlich gemacht wird: »Das geweihte Leben hat zweifellos das Verdienst, wirksam dazu beigetragen zu haben, in der Kirche das Verlangen nach Geschwisterlichkeit als Bekenntnis zur Dreifaltigkeit lebendig zu erhalten. Es hat durch die ständige Förderung der geschwisterlichen Liebe auch in der Form des Gemeinschaftslebens gezeigt, daß die Teilnahme an der trinitarischen Gemeinschaft die menschlichen Beziehungen dahingehend zu verändern vermag , daß sie eine neue Art von Solidarität hervorbringt« (Nr. 41).

Im Mittelpunkt jeder christlichen Gemeinschaft steht die Eucharistie, Quelle und Höhepunkt des Lebens der Kirche. Wer sich in den Dienst des Evangeliums stellt, schreitet, wenn er aus der Eucharistie heraus lebt, in der Liebe zu Gott und zum Nächsten voran und trägt so dazu bei, die Kirche als Gemeinschaft aufzubauen. Wir könnten sagen, daß »die eucharistische Liebe« den Einsatz der ganzen Kirche in bezug auf die Berufungen begründet und ihm seine Grundlage verleiht, weil – wie ich in der Enzyklika Deus caritas est geschrieben habe – die Berufungen zum Priestertum und zu den anderen Ämtern und Diensten im Gottesvolkes dort gedeihen, wo es Menschen gibt, in denen Christus in seinem Wort, in den Sakramenten und besonders in der Eucharistie sichtbar wird. Denn »in der Liturgie der Kirche, in ihrem Beten, in der lebendigen Gemeinschaft der Gläubigen erfahren wir die Liebe Gottes, nehmen wir ihn wahr und lernen so auch, seine Gegenwart in unserem Alltag zu erkennen. Er hat uns zuerst geliebt und liebt uns zuerst; deswegen können auch wir mit Liebe antworten« (Nr. 17).

Wir wenden uns schließlich an Maria, die die erste Gemeinschaft gestützt hat, wo »alle einmütig waren und alle sich regelmäßig zum Gebet versammelten« (vgl. Apg 1,4), auf daß sie der Kirche helfe, in der heutigen Welt Abbild der Trinität zu sein, beredtes Zeichen der göttlichen Liebe zu allen Menschen. Die Jungfrau, die auf den Ruf des Vaters bereitwillig geantwortet hat, indem sie sagte: »Ich bin die Magd des Herrn« (Lk 1,38), möge Fürbitte einlegen, damit es im christlichen Volk nicht an Dienern der göttlichen Freude fehle: an Priestern, die, in Gemeinschaft mit ihren Bischöfen, treu das Evangelium verkünden und die Sakramente feiern, die Sorge tragen für das Gottesvolk und die bereit sind, der ganzen Menschheit das Evangelium zu verkünden. Die Jungfrau Maria möge erwirken, daß auch in dieser unserer Zeit die Zahl der geweihten Menschen zunehme, der Menschen, die gegen den Strom schwimmen, indem sie die evangelischen Räte der Armut, der Keuschheit und des Gehorsams leben und auf prophetische Weise Christus und seine befreiende Heilsbotschaft bezeugen. Liebe Brüder und Schwestern, die der Herr zu besonderen Berufungen in der Kirche ruft, ich möchte euch auf besondere Weise der Jungfrau Maria anvertrauen, damit sie, die mehr als alle Menschen den Sinn der Worte Jesu: »Meine Mutter und meine Brüder sind die, die das Wort Gottes hören und danach handeln« (Lk 8,21), verstanden hat, euch lehre, auf ihren göttlichen Sohn zu hören. Sie helfe euch, durch euer Leben zu sagen: »Ja, ich komme, um deinen Willen, Gott, zu tun« (vgl. Hebr 10,7). Mit diesen Wünschen verspreche ich jedem von euch mein besonderes Gebetsgedenken und segne euch alle von Herzen.

Aus dem Vatikan, am 10. Februar 2007

BENEDICTUS PP. XVI

[00593-05.01] [Originalsprache: Deutsch]

TESTO IN LINGUA SPAGNOLA

 Venerados Hermanos en el Episcopado,
queridos hermanos y hermanas:

La Jornada Mundial de Oración por las vocaciones de cada año ofrece una buena oportunidad para subrayar la importancia de las vocaciones en la vida y en la misión de la Iglesia, e intensificar la oración para que aumenten en número y en calidad. Para la próxima Jornada propongo a la atención de todo el pueblo de Dios este tema, nunca más actual: la vocación al servicio de la Iglesia comunión.

El año pasado, al comenzar un nuevo ciclo de catequesis en las Audiencias generales de los miércoles, dedicado a la relación entre Cristo y la Iglesia, señalé que la primera comunidad cristiana se constituyó, en su núcleo originario, cuando algunos pescadores de Galilea, habiendo encontrado a Jesús, se dejaron cautivar por su mirada, por su voz, y acogieron su apremiante invitación: «Seguidme, os haré pescadores de hombres» (Mc 1, 17; cf Mt 4, 19). En realidad, Dios siempre ha escogido a algunas personas para colaborar de manera más directa con Él en la realización de su plan de salvación. En el Antiguo Testamento al comienzo llamó a Abrahán para formar «un gran pueblo» (Gn 12, 2), y luego a Moisés para liberar a Israel de la esclavitud de Egipto (cf Ex 3, 10). Designó después a otros personajes, especialmente los profetas, para defender y mantener viva la alianza con su pueblo. En el Nuevo Testamento, Jesús, el Mesías prometido, invitó personalmente a los Apóstoles a estar con él (cf Mc 3, 14) y compartir su misión. En la Última Cena, confiándoles el encargo de perpetuar el memorial de su muerte y resurrección hasta su glorioso retorno al final de los tiempos, dirigió por ellos al Padre esta ardiente invocación: «Les he dado a conocer quién eres, y continuaré dándote a conocer, para que el amor con que me amaste pueda estar también en ellos, y yo mismo esté con ellos» (Jn 17, 26). La misión de la Iglesia se funda por tanto en una íntima y fiel comunión con Dios.

La Constitución Lumen gentium del Concilio Vaticano II describe la Iglesia como «un pueblo reunido por la unidad del Padre y del Hijo y del Espíritu Santo» (n. 4), en el cual se refleja el misterio mismo de Dios. Esto comporta que en él se refleja el amor trinitario y, gracias a la obra del Espíritu Santo, todos sus miembros forman «un solo cuerpo y un solo espíritu» en Cristo. Sobre todo cuando se congrega para la Eucaristía ese pueblo, orgánicamente estructurado bajo la guía de sus Pastores, vive el misterio de la comunión con Dios y con los hermanos. La Eucaristía es el manantial de aquella unidad eclesial por la que Jesús oró en la vigilia de su pasión: «Padre… que también ellos estén unidos a nosotros; de este modo, el mundo podrá creer que tú me has enviado» (Jn 17, 21). Esa intensa comunión favorece el florecimiento de generosas vocaciones para el servicio de la Iglesia: el corazón del creyente, lleno de amor divino, se ve empujado a dedicarse totalmente a la causa del Reino. Para promover vocaciones es por tanto importante una pastoral atenta al misterio de la Iglesia!comunión, porque quien vive en una comunidad eclesial concorde, corresponsable, atenta, aprende ciertamente con más facilidad a discernir la llamada del Señor. El cuidado de las vocaciones, exige por tanto una constante «educación» para escuchar la voz de Dios, como hizo Elí que ayudó a Samuel a captar lo que Dios le pedía y a realizarlo con prontitud (cf 1 Sam 3, 9). La escucha dócil y fiel sólo puede darse en un clima de íntima comunión con Dios. Que se realiza ante todo en la oración. Según el explícito mandato del Señor, hemos de implorar el don de la vocación en primer lugar rezando incansablemente y juntos al «dueño de la mies». La invitación está en plural: «Rogad por tanto al dueño de la mies que envíe obreros a su mies» (Mt 9, 38). Esta invitación del Señor se corresponde plenamente con el estilo del «Padrenuestro» (Mt 9, 38), oración que Él nos enseñó y que constituye una «síntesis del todo el Evangelio», según la conocida expresión de Tertuliano (cf De Oratione, 1, 6: CCL 1, 258). En esta perspectiva es iluminadora también otra expresión de Jesús: «Si dos de vosotros se ponen de acuerdo en la tierra para pedir cualquier cosa, la obtendrán de mi Padre celestial» (Mt 18, 19). El buen Pastor nos invita pues a rezar al Padre celestial, a rezar unidos y con insistencia, para que Él envíe vocaciones al servició de la Iglesia!comunión.

Recogiendo la experiencia pastoral de siglos pasados, el Concilio Vaticano II puso de manifiesto la importancia de educar a los futuros presbíteros en una auténtica comunión eclesial. Leemos a este propósito en Presbyterorum ordinis: «Los presbíteros, ejerciendo según su parte de autoridad el oficio de Cristo Cabeza y Pastor, reúnen, en nombre del obispo, a la familia de Dios, como una fraternidad unánime, y la conducen a Dios Padre por medio de Cristo en el Espíritu Santo» (n. 6). Se hace eco de la afirmación del Concilio, la Exhortación apostólica post!sinodal Pastores dabo vobis, subrayando que el sacerdote «es servidor de la Iglesia comunión porque !unido al Obispo y en estrecha relación con el presbiterio! construye la unidad de la comunidad eclesial en la armonía de las diversas vocaciones, carismas y servicios» (n. 16). Es indispensable que en el pueblo cristiano todo ministerio y carisma esté orientado hacia la plena comunión, y el obispo y los presbíteros han de favorecerla en armonía con toda otra vocación y servicio eclesial. Incluso la vida consagrada, por ejemplo, en su proprium está al servicio de esta comunión, como señala la Exhortación apostólica post!sinodal Vita consecrata de mi venerado Predecesor Juan Pablo II: «La vida consagrada posee ciertamente el mérito de haber contribuido eficazmente a mantener viva en la Iglesia la exigencia de la fraternidad como confesión de la Trinidad. Con la constante promoción del amor fraterno en la forma de vida común, la vida consagrada pone de manifiesto que la participación en la comunión trinitaria puede transformar las relaciones humanas, creando un nuevo tipo de solidaridad» (n. 41).

En el centro de toda comunidad cristiana está la Eucaristía, fuente y culmen de la vida de la Iglesia. Quien se pone al servicio del Evangelio, si vive de la Eucaristía, avanza en el amor a Dios y al prójimo y contribuye así a construir la Iglesia como comunión. Cabe afirmar que «el amor eucarístico» motiva y fundamenta la actividad vocacional de toda la Iglesia, porque como he escrito en la Encíclica Deus caritas est, las vocaciones al sacerdocio y a los otros ministerios y servicios florecen dentro del pueblo de Dios allí donde hay hombres en los cuales Cristo se vislumbra a través de su Palabra, en los sacramentos y especialmente en la Eucaristía. Y eso porque «en la liturgia de la Iglesia, en su oración, en la comunidad viva de los creyentes, experimentamos el amor de Dios, percibimos su presencia y, de este modo, aprendemos también a reconocerla en nuestra vida cotidiana. Él nos ha amado primero y sigue amándonos primero; por eso, nosotros podemos corresponder también con el amor» (n. 17).

Nos dirigimos, finalmente, a María, que animó la primera comunidad en la que «todos perseveraban unánimes en la oración» (cf Hch 1, 14), para que ayude a la Iglesia a ser en el mundo de hoy icono de la Trinidad, signo elocuente del amor divino a todos los hombres. La Virgen, que respondió con prontitud a la llamada del Padre diciendo: «Aquí está la esclava del Señor» (Lc 1, 38), interceda para que no falten en el pueblo cristiano servidores de la alegría divina: sacerdotes que, en comunión con sus Obispos, anuncien fielmente el Evangelio y celebren los sacramentos, cuidando al pueblo de Dios, y estén dispuestos a evangelizar a toda la humanidad. Que ella consiga que también en nuestro tiempo aumente el número de las personas consagradas, que vayan contracorriente, viviendo los consejos evangélicos de pobreza, castidad y obediencia, y den testimonio profético de Cristo y de su mensaje liberador de salvación. Queridos hermanos y hermanas a los que el Señor llama a vocaciones particulares en la Iglesia, quiero encomendaros de manera especial a María, para que ella que comprendió mejor que nadie el sentido de las palabras de Jesús: «Mi madre y mis hermanos son los que escuchan la palabra de Dios y la ponen en práctica» (Lc 8, 21), os enseñe a escuchar a su divino Hijo. Que os ayude a decir con la vida: «Aquí estoy, oh Dios, para hacer tu voluntad» (Heb 10, 7). Con estos deseos para cada uno, mi recuerdo especial en la oración y mi bendición de corazón para todos.

Vaticano, 10 febrero 2007

BENEDICTUS PP. XVI

[00593-04.01] [Texto original: Español]

TESTO IN LINGUA PORTOGHESE

Veneráveis Irmãos no Episcopado,
Queridos irmãos e irmãs!

O Dia Mundial de Oração pelas Vocações é uma bela ocasião para colocá-los diante da importância das vocações na vida e na missão da Igreja e para intensificarmos nossas orações para seu crescimento em número e em qualidade. Por ocasião desse evento gostaria de chamar atenção de todo o Povo de Deus para um tema cada vez mais urgente: a vocação ao serviço da Igreja-comunhão.

No ano passado iniciei nas audiências das quartas-feiras uma nova série catequética sobre o relacionamento entre Cristo e a Igreja. Enfatizei que a primeira comunidade cristã foi originariamente construída quando alguns pescadores da Galiléia, após seu encontro com Jesus, foram tocados pelo seu olhar e pela sua voz, aceitando, em seguida, o seu urgente convite: "Sigam-me, e eu farei vocês se tornarem pescadores de homens" (Mc 1,17; cf. Mt 4,19). Na verdade, Deus sempre tem escolhido certas pessoas para trabalhar com Ele, de um modo mais direto, para executar seu plano de salvação. O Antigo Testamento mostra como no início Deus chamou Abraão para tornar-se "uma grande nação" (Gn 12,2); depois, chamou Moisés para levar os filhos de Israel fora do Egito (cf. Ex 3,10). Deus escolheu outras pessoas, especialmente os profetas, para defender e manter viva a aliança com seu povo. No Novo Testamento Jesus, o Messias prometido, convidou cada um dos apóstolos para ficar ao seu lado (cf. Mc 3,14) e envolver-se na sua missão. Por ocasião da Última Ceia, quando lhes confiou a missão de perpetuar a lembrança de sua morte e ressurreição até a sua vinda gloriosa no fim dos tempos, dirigiu-se ao Pai e orou a conhecida oração: "E eu tornei o teu nome conhecido para eles. E continuarei a torná-lo conhecido, para que o amor com que me amaste esteja neles, e eu mesmo esteja neles" (Jo 17,26). A missão da Igreja, portanto, baseia-se na comunhão íntima e fiel com Deus.

A Constituição Lumen gentium do Concílio Vaticano II descreve a Igreja como "um povo feito uno através da unidade com o Pai, o Filho e o Espírito Santo" (n. 4), no qual se reflete o próprio mistério de Deus. Reflete-se nela o amor da Santíssima Trindade; pela obra do Espírito Santo, seus membros formam "um só corpo e um só espírito" em Cristo. Esse povo, organicamente estruturado sob a direção de seus Pastores, vive o mistério da comunhão com Deus e com seus irmãos, de modo especial quando se encontra na Eucaristia. A Eucaristia é a fonte da unidade eclesial pela qual Jesus rezou antes de sua Paixão: "Pai ... para que todos sejam um [...] a fim de que o mundo acredite que tu me enviaste" (Jo 17,21). Essa intensa comunhão favorece o surgimento de generosas vocações para o serviço da Igreja: o coração daquele que crê, cheio de amor divino, fica incentivado para dedicar-se totalmente pela causa do Reino. Para que as vocações sejam incentivadas é importante organizar um trabalho pastoral direcionado precisamente ao mistério da Igreja-comunhão. De fato, quem vive na comunidade eclesial caracterizada pela harmonia, pela co-responsabilidade acolhedora, facilmente aprende a discernir o chamado do Senhor. O cuidado das vocações, portanto, necessita de uma constante "educação" para ouvir a voz de Deus, como Eli fez quando ajudou o pequeno Samuel a compreender o que Deus estava lhe pedindo fazer e a executar imediatamente a ordem dada (cf. 1Sm 3,9). É óbvio que o dócil e atencioso escutar pode acontecer apenas num clima de íntima comunhão com Deus. Realiza-se isso principalmente na oração. De acordo com a ordem explícita do Senhor imploramos o dom das vocações, em primeiro lugar, pela oração incansável e em comunidade, ao "Senhor da messe". O convite está no plural: "Por isso, peçam ao dono da colheita que mande trabalhadores para a colheita" (Mt 9,38). O convite do Senhor corresponde exatamente com o estilo do "Pai Nosso" (Mt 6,9), a oração que nos ensinou e que constitui como "a síntese de todo o Evangelho", na opinião da expressão conhecida de Tertuliano (cf. De Oratione, 1,6: CCL I, 258). Uma outra expressão de Jesus é, nesse contexto, extremamente iluminadora: "Se dois de vocês na terra estiverem de acordo sobre qualquer coisa que queiram pedir, isso lhes será concedido por meu Pai que está no céu" (Mt 18,19). O Bom Pastor nos convida, portanto, a rezar ao Pai celestial, unidos e perseverantes, para que mande vocações a serviço da Igreja-comunidade.

Acolhendo a experiência pastoral de todos os séculos passados, o Concílio Vaticano II salientou com grande clareza a importância de educar os futuros sacerdotes para uma autêntica comunhão eclesial. A esse respeito Presbyterorum ordinis orienta: "Exercendo, com a autoridade que lhes toca, o múnus de Cristo cabeça e pastor, os presbíteros reúnem, em nome do bispo, a família de Deus, como fraternidade bem unida, e por Cristo, no Espírito, levam-na a Deus Pai" (n. 6). A Exortação Apostólica pós-sinodal Pastores dabo vobis repete a afirmação do Concílio quando insiste que o sacerdote é "servidor da Igreja comunhão porque - unido ao Bispo e em estreita relação com o presbitério - constrói a unidade da comunidade eclesial na harmonia das diferentes vocações, carismas e serviços" (n. 16). Será indispensável que cada ministério e cada carisma no seio do povo cristão estejam direcionados à comunhão plena. É a tarefa do bispo e dos sacerdotes promovê-la em harmonia com as outras vocações e os outros serviços eclesiais. A vida consagrada está, por natureza, a serviço dessa comunhão, como foi salientado pelo meu predecessor João Paulo II na Exortação Apostólica pós-sinodal Vita consecrata: "Atribui-se à vida consagrada o mérito de ter ajudado manter viva na Igreja a obrigação da fraternidade como testemunho da Santíssima Trindade. Através do amor fraterno, especialmente na vida em comum, a vida consagrada mostrou que a participação na comunhão trinitária pode mudar os relacionamentos humanos e criar um novo tipo de solidariedade" (n. 41).

No centro de cada comunidade cristã há a Eucaristia, a fonte e o auge da vida eclesial. Aquele que se coloca a serviço do Evangelho e se nutre com a Eucaristia progride no amor a Deus e ao irmão, contribuindo na construção da Igreja-comunhão. Podemos afirmar que o "amor eucarístico" motiva e alicerça a atividade vocacional de toda a Igreja porque, como escrevi na encíclica Deus caritas est, as vocações para o sacerdócio e para os ministérios e serviços desabrocham no Povo de Deus onde há pessoas nas quais Cristo pode ser visto através de sua Palavra, nos sacramentos e, especialmente, na Eucaristia. Isso acontece porque "na liturgia da Igreja, em sua oração, na comunhão viva dos crentes, temos experiência do amor de Deus, percebemos sua presença e aprendemos a reconhecer essa presença em nossa vida diária. Ele nos amou primeiro e continua amando-nos; nós também correspondemos com nosso amor" (n. 17).

Finalmente, voltemo-nos a Maria, que deu apoio à primeira comunidade onde "todos tinham os mesmos sentimentos e eram assíduos na oração" (At 1,14), para que Ela ajude a Igreja a ser um ícone da Santíssima Trindade no mundo de hoje, um sinal eloqüente do amor divino para todas as pessoas. Que a Virgem Maria, a qual respondeu imediatamente ao chamado do Pai, dizendo "Eis a escrava do Senhor" (Lc 1,38), interceda para que no seio do povo cristão não faltem servos do amor divino, ou seja, sacerdotes que, em comunhão com seus bispos, anunciem fielmente o Evangelho e celebrem os sacramentos, cuidem do Povo de Deus e estejam preparados para anunciar o Evangelho a todas as pessoas. Que Ela ajude para que em nossos dias cresça o número de pessoas consagradas, que vão contra a correnteza, vivendo os conselhos evangélicos da pobreza, castidade e obediência, dando profeticamente testemunho de Cristo e de sua mensagem libertadora de salvação.

Prezados irmãos e irmãs, chamados pelo Senhor às diferentes vocações particulares na Igreja, confio vocês de modo especial a Maria para que Ela, a qual mais que todos tem compreendido o significado das palavras de Jesus: "Minha mãe e meus irmãos são aqueles que ouvem a Palavra de Deus, e a põem em prática" (Lc 8,21), ensine-os a ouvir seu Filho divino. Que Ela os ajude a dizer através de sua vida: "Eis-me aqui, ó Deus, para fazer a tua vontade" (cf. Hb 10,7). Com esses desejos, asseguro a vocês um lugar nas minhas orações, abençoando-os de todo o meu coração.

Cidade do Vaticano, 10 de fevereiro de 2007.

BENEDICTUS PP. XVI

[00593-06.01] [Texto original: Português]

TESTO IN LINGUA POLACCA

Czcigodni Bracia w Biskupstwie,
Drodzy Bracia i Siostry,

coroczny Światowy Dzień Modlitw o Powołania, to okazja ku temu, by ukazać znaczenie powołań w życiu i w posłannictwie Kościoła. To również okazja, by intensyfikować naszą modlitwę, aby powołania wzrastały w aspekcie ilości i jakości. Na zbliżający się Dzień Modlitw o Powołania pragnę zaproponować jako temat refleksji zagadnienie, które zawsze jest aktualne: powołanie w służbie wspólnoty Kościoła.

W zeszłym roku zapoczątkowałem nowy cykl katechez w czasie audiencji środowych. Cykl ten poświęcony jest relacji między Chrystusem a Kościołem. W inauguracyjnej katechezie stwierdziłem, że pierwsza wspólnota chrześcijan powstała wtedy, gdy niektórzy rybacy z Galilei, na skutek spotkania z Jezusem, pozwolili się pozyskać Jego spojrzeniem i Jego słowami, przyjmując Jego stanowcze zaproszenie: „Pójdźcie za mną, a uczynię was rybakami ludzi" (Mk 1, 17; por. Mt 4,19).

Jest prawdą, że Bóg ciągle wybierał niektóre osoby, aby współpracowały z Nim w sposób bezpośredni przy realizacji Jego projektu zbawienia. W Starym Testamencie Bóg powołał najpierw Abrama, by utworzyć „wielki naród" (Rdz 12,2). Później powołał Mojżesza, aby wyprowadził naród izraelski z niewoli egipskiej (por Wj 3,10). Następnie Bóg wyznaczył inne osoby, zwłaszcza proroków, aby bronić i ożywiać przymierze ze swoim narodem. W Nowym Testamencie Jezus, obiecany Mesjasz, zaprosił w osobisty sposób poszczególnych Apostołów, by z Nim przebywali (por Mk 3, 14) i by uczestniczyli w Jego misji. W czasie Ostatniej Wieczerzy - powierzając im zadanie uwieczniania pamiątki swojej śmierci i zmartwychwstania aż do dnia Jego chwalebnego powrotu przy końcu czasów -skierował do Ojca w ich intencji wezwanie: „Objawiłem im Twoje Imię i nadal będę objawiał, aby miłość, którą Ty mnie umiłowałeś, w nich była i Ja w nich" (J 17, 26). Posłannictwo Kościoła opiera się zatem na zażyłej i wiernej wspólnocie z Bogiem.

Konstytucja Dogmatyczna Lumen gentium Soboru Watykańskiego II opisuje Kościół jako „lud zjednoczony jednością Ojca, Syna i Ducha Świętego" (nr 4), w którym odzwierciedla się tajemnica samego Boga. W konsekwencji w Kościele powinna znajdować odzwierciedlenie także miłość Trójcy Świętej. Dzięki działaniu Ducha Świętego wszyscy członkowie Kościoła powinni tworzyć „jedno ciało i jednego ducha" w Chrystusie. Kościół przeżywa tajemnicę jedności z Bogiem i z braćmi najbardziej wtedy, gdy gromadzi się na Eucharystii, w swej organicznej strukturze pod przewodnictwem swoich Pasterzy. Eucharystia jest źródłem tej jedności ludu Bożego, o którą modlił się Chrystus w wigilię swojej męki: „aby wszyscy stanowili jedno, jak Ty, Ojcze, we Mnie, a Ja w Tobie, aby i oni stanowili w Nas jedno, aby świat uwierzył, że Tyś mnie posłał" (J 17, 21). Ta intensywna wspólnota ułatwia rozkwit szlachetnych powołań do służby w Kościele: serce wierzącego, wypełnione Bożą miłością, zostaje pociągnięte do całkowitego poświęcenia się na rzecz Królestwa. Aby promować powołania, potrzebne jest zatem duszpasterstwo uważne na tajemnicę Kościoła jako wspólnoty, gdyż kto żyje we wspólnocie kościelnej, która jest harmonijna, współodpowiedzialna i zaangażowana, ten z pewnością łatwiej nauczy się słyszeć głos powołania. Troska o powołania wymaga zawsze stałego wychowania ku słuchaniu głosu Boga, jak to czynił Heli, który pomagał młodemu Samuelowi zrozumieć to, czego oczekiwał od niego Bóg i ochoczo to wypełniać (por. 1 Sam 3,9). Uważne i wierne wsłuchanie się jest możliwe jedynie w klimacie osobistej wspólnoty z Bogiem. To realizuje się głównie poprzez modlitwę. Zgodnie z bezpośrednim zaleceniem Pana, mamy prosić o dar powołań najpierw poprzez wytrwałą i wspólnotową modlitwę do „Pana żniwa". Zaproszenie do modlitwy jest sformułowane w liczbie mnogiej: „Proście więc Pana żniwa, aby posłał robotników na żniwo swoje" (Mt 9, 38). To wezwanie ze strony Pana odpowiada duchowi „Ojcze nasz" (Mt 6, 9), czyli duchowi tej modlitwy, której On sam nas nauczył i która stanowi „streszczenie całej Ewangelii" (por. Tertullian De Oratione, 1,6: CCL 1, 258). W tym kluczu symptomatyczna jest też inna wypowiedź Jezusa: "Jeśli dwaj z was na ziemi zgodnie o coś prosić będą, to wszystkiego użyczy im mój Ojciec, który jest w niebie" (Mt 18, 19). Dobry Pasterz zaprasza nas zatem do tego, by błagać Ojca w niebie, by błagać wspólnie i ufnie, aby zechciał On posłać powołania na służbę Kościoła – wspólnoty.

Zbierając doświadczenie minionych wieków, Sobór Watykański II podkreślił znaczenie wychowania przyszłych księży do autentycznej wspólnoty eklezjalnej. Na ten temat czytamy w Presbyterorum ordinis: "Wykonując posługę Chrystusa – Głowy i Pasterza – ze względu na autorytet, który mają, prezbiterzy w imieniu Biskupa gromadzą rodzinę Bożą jako wspólnotę ożywianą jednością i za pośrednictwem Chrystusa prowadzą ją do Ojca w Duchu Świętym" (nr 6). Echem tych samych słów jest Adhortacja Apostolska posynodalna - Pastores dabo vobis, która podkreśla, że kapłan „jest sługą Kościoła – wspólnoty, gdyż zjednoczony z Biskupem i w ścisłej więzi z kolegium prezbiterów, buduje jedność wspólnoty kościelnej w harmonii różnych powołań, charyzmatów i posług" (nr 16). Jest rzeczą konieczną, by wewnątrz ludu chrześcijańskiego każda posługa i charyzmat prowadziły do pełnej komunii, a zadaniem Biskupów i kapłanów jest harmonizowanie posług i charyzmatów ze wszystkimi innymi powołaniami i służbami w Kościele. Również życie konsekrowane jest w swej istocie służbą na rzecz tej jedności, jak to jest ukazane w świetle posynodalnej Adhortacji - Vita consecrata – mojego czcigodnego Poprzednika Jana Pawła II: „Życie konsekrowane z pewnością w skuteczny sposób przyczyniło się do tego, by w Kościele był podkreślany wymóg braterstwa jako wyznanie wiary w Trójcę Świętą. Poprzez ciągłe promowanie miłości braterskiej także w formie życia wspólnego życie konsekrowane ukazało, że uczestnictwo we wspólnocie trynitarnej może zmienić relacje międzyludzkie, tworząc nowy rodzaj solidarności" (nr 41).

W centrum każdej wspólnoty chrześcijańskiej znajduje się Eucharystia, źródło i szczyt życia Kościoła. Każdy, kto decyduje się służyć Ewangelii - jeśli tylko żyje Eucharystią - wzrasta w miłości do Boga i do bliźniego, przyczyniając się w konsekwencji do budowania Kościoła jako wspólnoty. Można powiedzieć, że „miłość eucharystyczna" motywuje i staje się podstawą aktywności powołaniowej całego Kościoła, gdyż – jak o tym napisałem w encyklice Deus caritas est – powołania do kapłaństwa oraz do innych posług i służb rozkwitają w ludzie Bożym tam, gdzie są tacy ludzie, w których Chrystus staje się dostrzegalny w swoim Słowie, w sakramentach a zwłaszcza w Eucharystii. Dzieje się tak dlatego, że „w liturgii Kościoła, w jego modlitwie, w żywej wspólnocie wierzących, doświadczamy miłości Boga, odczuwamy Jego obecność i w ten sposób uczymy się rozpoznawać Boga w codzienności. On jako pierwszy nas pokochał i nadal nas kocha jako pierwszy; właśnie dlatego my też stajemy się zdolni do tego, by odpowiedzieć miłością" (nr 17).

Na koniec zwracamy się do Maryi, która wspierała pierwszą wspólnotę, gdzie „wszyscy trwali jednomyślnie na modlitwie" (por. Dz 1, 14), aby pomagała Kościołowi w stawaniu się dla współczesnego świata ikoną Trójcy Świętej – wymownego znaku miłości Boga do wszystkich ludzi. Dziewica Maryja natychmiast odpowiedziała na propozycję ze strony Boga Ojca, mówiąc: „Oto ja, służebnica Pańska" (Łk 1, 38). Niech Ona wstawia się za nami, aby ludowi chrześcijańskiemu nie zabrakło sług Bożej radości: kapłanów, którzy w jedności z ich Biskupami, będą wiernie głosić Ewangelię i sprawować sakramenty, zatroszczą się o lud Boży i będą gotowi, by ewangelizować całą ludzkość. Niech Maryja sprawi, by także w tym naszym czasie wzrastała liczba osób konsekrowanych, które pójdą pod prąd, realizując rady ewangeliczne ubóstwa, czystości i posłuszeństwa i które w sposób profetyczny świadczyć będą o Chrystusie i o Jego wyzwalającym orędziu zbawienia. Drodzy bracia i siostry, których Pan powołuje do szczególnych posług w Kościele, pragnę zawierzyć was w szczególny sposób Maryi, aby Ta, która lepiej niż ktokolwiek inny zrozumiała sens słów Jezusa: „Moją matką i moimi braćmi są ci, którzy słuchają słowa Bożego i wypełniają je" (Łk 8, 21), nauczyła was słuchania Jej Boskiego Syna. Niech Ona pomoże wam powiedzieć całym życiem: „Oto, Boże, idę pełnić Twoją wolę" (por. Hebr 10, 7). Przekazując te życzenia, zapewniam każdego o mojej szczególnej pamięci w modlitwie i wszystkim z serca błogosławię.

Watykan, 10 lutego 2007 roku

BENEDICTUS PP. XVI

[00593-09.01] [Testo originale: Polacco]

[B0217-XX.01]