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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2007, 14.11.2006


La famiglia migrante: questo il tema scelto dal Santo Padre Benedetto XVI per la 93a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che sarà celebrata domenica 14 gennaio 2007.

Di seguito pubblichiamo il testo del Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato:

TESTO IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle!

In occasione della prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, guardando alla Santa Famiglia di Nazaret, icona di tutte le famiglie, vorrei invitarvi a riflettere sulla condizione della famiglia migrante. Narra l'evangelista Matteo che, poco tempo dopo la nascita di Gesù, Giuseppe fu costretto a partire di notte per l'Egitto prendendo con sé il bambino e sua madre, al fine di sfuggire alla persecuzione del re Erode (cfr Mt 2,13-15). Commentando questa pagina evangelica, il mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Papa Pio XII scrisse nel 1952: "La famiglia di Nazaret in esilio, Gesù, Maria e Giuseppe emigranti in Egitto e ivi rifugiati per sottrarsi alle ire di un empio re, sono il modello, l'esempio e il sostegno di tutti gli emigranti e pellegrini di ogni età e di ogni Paese, di tutti i profughi di qualsiasi condizione che, incalzati dalla persecuzione o dal bisogno, si vedono costretti ad abbandonare la patria, i cari parenti, i vicini, i dolci amici, e a recarsi in terra straniera" (Exsul familia, AAS 44, 1952, 649). Nel dramma della Famiglia di Nazaret, obbligata a rifugiarsi in Egitto, intravediamo la dolorosa condizione di tutti i migranti, specialmente dei rifugiati, degli esuli, degli sfollati, dei profughi, dei perseguitati. Intravediamo le difficoltà di ogni famiglia migrante, i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni e milioni di migranti, profughi e rifugiati. La Famiglia di Nazaret riflette l'immagine di Dio custodita nel cuore di ogni umana famiglia, anche se sfigurata e debilitata dall'emigrazione.

Il tema della prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato – La famiglia migrante – si pone in continuità con quelli del 1980, 1986 e 1993, e intende ulteriormente sottolineare l'impegno della Chiesa a favore non solo dell'individuo migrante, ma anche della sua famiglia, luogo e risorsa della cultura della vita e fattore di integrazione di valori. Tante sono le difficoltà che incontra la famiglia del migrante. La lontananza fra i suoi membri e il mancato ricongiungimento sono spesso occasione di rottura degli originari legami. Si instaurano rapporti nuovi e nascono nuovi affetti; si dimenticano il passato e i propri doveri, posti a dura prova dalla lontananza e dalla solitudine. Se non si assicura alla famiglia immigrata una reale possibilità di inserimento e di partecipazione, è difficile prevedere un suo sviluppo armonico. La Convenzione Internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, entrata in vigore il l° luglio 2003, intende tutelare i lavoratori e le lavoratrici migranti e i membri delle rispettive famiglie. Si riconosce, cioè, il valore della famiglia anche per quel che riguarda l'emigrazione, fenomeno ormai strutturale delle nostre società. La Chiesa incoraggia la ratifica degli strumenti internazionali legali tesi a difendere i diritti dei migranti, dei rifugiati e delle loro famiglie, ed offre, in varie sue Istituzioni e Associazioni, quell'advocacy che si rende sempre più necessaria. Sono stati aperti, a tal fine, Centri di ascolto dei migranti, Case per accoglierli, Uffici per servizi alle persone e alle famiglie, e si è dato vita ad altre iniziative per rispondere alle crescenti esigenze in questo campo.

Già molto si sta lavorando per l'integrazione delle famiglie degli immigrati, anche se tanto resta da fare. Esistono effettive difficoltà connesse ad alcuni "meccanismi di difesa" della prima generazione immigrata, che rischiano di costituire un impedimento per un'ulteriore maturazione dei giovani della seconda generazione. Ecco perché si rende necessario predisporre interventi legislativi, giuridici e sociali per facilitare tale integrazione. Negli ultimi tempi è aumentato il numero delle donne che lasciano il proprio Paese d'origine alla ricerca di migliori condizioni di vita, in vista di più promettenti prospettive professionali. Non poche però sono quelle donne che finiscono vittime del traffico di esseri umani e della prostituzione. Nei ricongiungimenti familiari le assistenti sociali, in particolare le religiose, possono rendere un servizio di mediazione apprezzato e meritevole di sempre maggiore valorizzazione.

In tema di integrazione delle famiglie degli immigrati, sento il dovere di richiamare l'attenzione sulle famiglie dei rifugiati, le cui condizioni sembrano peggiorate rispetto al passato, anche per quanto riguarda proprio il ricongiungimento dei nuclei familiari. Nei campi loro destinati, alle difficoltà logistiche, a quelle personali legate ai traumi e allo stress emozionale per le tragiche esperienze vissute, si unisce qualche volta persino il rischio del coinvolgimento di donne e bambini nello sfruttamento sessuale, come meccanismo di sopravvivenza. In questi casi occorre un'attenta presenza pastorale che, oltre all'assistenza capace di lenire le ferite del cuore, offra un sostegno da parte della comunità cristiana in grado di ripristinare la cultura del rispetto e di far riscoprire il vero valore dell'amore. Occorre incoraggiare chi è interiormente distrutto a recuperare la fiducia in se stesso. Bisogna poi impegnarsi perché siano garantiti i diritti e la dignità delle famiglie e venga assicurato ad esse un alloggio consono alle loro esigenze. Ai rifugiati va chiesto di coltivare un atteggiamento aperto e positivo verso la società che li accoglie, mantenendo una disponibilità attiva alle proposte di partecipazione per costruire insieme una comunità integrata, che sia "casa comune" di tutti.

Tra i migranti vi è una categoria da considerare in modo speciale: è quella degli studenti di altri Paesi, che si ritrovano lontani da casa, senza un'adeguata conoscenza della lingua, talora privi di amicizie e in possesso non raramente di borse di studio insufficienti. Ancor più grave diviene la loro condizione quando si tratta di studenti sposati. Con le sue Istituzioni la Chiesa si sforza di rendere meno dolorosa la mancanza del sostegno familiare di questi giovani studenti, e li aiuta ad integrarsi nelle città che li accolgono, mettendoli in contatto con famiglie pronte ad ospitarli e a facilitarne la reciproca conoscenza. Come ho avuto modo di dire in altra occasione, venire in aiuto degli studenti esteri è "un importante campo d'azione pastorale. Infatti, i giovani che lasciano il proprio Paese per motivo di studio vanno incontro a non pochi problemi e soprattutto al rischio di una crisi d'identità" (L'Osservatore Romano, 15 dicembre 2005).

Cari fratelli e sorelle, possa la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato diventare utile occasione per sensibilizzare le Comunità ecclesiali e l'opinione pubblica sulle necessità e i problemi, come pure sulle potenzialità positive delle famiglie migranti. Rivolgo in modo speciale il mio pensiero a quanti sono direttamente coinvolti nel vasto fenomeno della migrazione, ed a coloro che spendono le loro energie pastorali a servizio della mobilità umana. La parola dell'apostolo Paolo: "caritas Christi urget nos" (2 Cor 5,14), li spinga a donarsi preferenzialmente ai fratelli e alle sorelle che più sono nel bisogno. Con questi sentimenti, invoco su ciascuno la divina assistenza ed a tutti imparto con affetto una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 18 Ottobre 2006

BENEDICTUS PP. XVI

[01597-01.01] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Chers frères et sœurs !

A l’occasion de la prochaine Journée Mondiale des Migrants et des Réfugiés, en contemplant la Sainte Famille de Nazareth, icône de toutes les familles, je voudrais vous inviter à réfléchir sur la condition de la famille migrante. L’évangéliste Matthieu raconte que, peu de temps après la naissance de Jésus, Joseph fut contraint de partir de nuit pour l’Egypte, emmenant avec lui l’enfant et sa mère, afin de fuir la persécution du roi Hérode (cf. Mt 2, 13-15). En commentant cette page évangélique, mon vénéré Prédécesseur, le Serviteur de Dieu le Pape Pie XII, écrivit en 1952 : « La famille de Nazareth en exil, Jésus, Marie et Joseph émigrés et réfugiés en Egypte, pour se soustraire à l’ire d’un roi impie, sont le modèle, l’exemple et le soutien de tous les migrants et les pèlerins de tous âges et de tous pays, de tous les réfugiés de quelque condition qu’ils soient et qui, harcelés par la persécution ou par le besoin, se voient contraints d’abandonner leur patrie, les chers membres de leur famille, leurs voisins, leurs doux amis, et de se rendre en terre étrangère » (Exsul familia, AAS 44, 1952, 649). Dans le drame de la Famille de Nazareth, obligée de se réfugier en Egypte, nous entrevoyons la douloureuse condition de tous les migrants, en particulier des réfugiés, des exilés, des dispersés, des déplacés internes et des persécutés. Nous entrevoyons les difficultés de chaque famille de migrants, les privations, les humiliations, les restrictions et la fragilité de millions et de millions de migrants, de déplacés internes et de réfugiés. La Famille de Nazareth reflète l’image de Dieu conservée dans le cœur de chaque famille humaine, bien que défigurée et affaiblie par l’émigration.

Le thème de la prochaine Journée Mondiale des Migrants et des Réfugiés – La famille migrante – se situe dans la continuité avec ceux de 1980, 1986 et 1993, et entend souligner une fois de plus l’engagement de l’Eglise en faveur non seulement de l’individu qui migre, mais aussi de sa famille, lieu et ressource de la culture de la vie et facteur d’intégration des valeurs. Nombreuses sont les difficultés que rencontre la famille du migrant. L’éloignement de ses membres entre eux et l’impossibilité de se réunir sont souvent des occasions de rupture des liens d’origine. De nouveaux rapports s’instaurent et de nouvelles affections naissent ; on oublie le passé et ses devoirs, soumis à dure épreuve par l’éloignement et la solitude. Si une réelle possibilité d’insertion et de participation n’est pas assurée à la famille immigrée, il devient difficile de prévoir son développement harmonieux. La Convention Internationale pour la protection des droits de tous les travailleurs immigrés et des membres de leurs familles, entrée en vigueur le 1er juillet 2003, entend protéger les travailleurs et les travailleuses émigrés et les membres de leurs familles respectives. La valeur de la famille est donc également reconnue pour ce qui est de l’émigration, phénomène désormais structurel de nos sociétés. L’Eglise encourage la ratification des instruments internationaux légaux visant à défendre les droits des migrants, des réfugiés et de leurs familles, et offre, par le biais de ses diverses Institutions et Associations, une advocacy qui devient toujours plus nécessaire. C’est à cette fin qu’ont été ouverts des centres d’écoute des migrants, des maisons pour les accueillir, des bureaux pour les services à rendre aux personnes et aux familles, et que d’autres initiatives ont vu le jour pour répondre aux exigences croissantes en ce domaine.

Beaucoup se fait déjà pour l’intégration des familles des immigrés, même si beaucoup reste encore à faire. Il existe des difficultés effectives liées à certains "mécanismes de défense" de la première génération d’immigrés, qui risquent de constituer un obstacle à une maturation plus profonde des jeunes de la seconde génération. Voilà pourquoi il devient nécessaire d’adopter des mesures législatives, juridiques et sociales pour faciliter une telle intégration. Ces derniers temps, le nombre de femmes quittant leur pays d’origine, en quête de meilleures conditions de vie, en vue de perspectives professionnelles plus prometteuses, a augmenté. Toutefois, bien des femmes finissent par devenir victimes du trafic d’êtres humains et de la prostitution. En œuvrant à la réunion des familles, les travailleurs sociaux, en particulier les religieuses, peuvent rendre un service de médiation apprécié et toujours davantage valorisé.

Concernant l’intégration des familles des immigrés, je ressens le devoir d’attirer l’attention sur les familles des réfugiés dont les conditions semblent avoir empiré par rapport au passé, notamment en ce qui s’agit la réunion des foyers familiaux. Dans les camps qui leur sont destinés vient parfois s’ajouter, aux difficultés logistiques et aux difficultés personnelles liées aux traumatismes et au stress émotionnel, dus aux tragiques expériences vécues, le risque de l’implication des femmes et des enfants dans l’exploitation sexuelle, comme mécanisme de survie. Dans ces cas-là, en plus d’une assistance capable d’apaiser les blessures du cœur, une présence pastorale attentive est nécessaire pour offrir un soutien de la part de la communauté chrétienne, capable de rétablir la culture du respect et de faire redécouvrir la véritable valeur de l’amour. Il faut encourager ceux qui sont détruits intérieurement à retrouver la confiance en eux-mêmes. Il faut ensuite œuvrer pour que soient garantis les droits et la dignité des familles et qu’un logement répondant à leurs exigences leur soit assuré. Il faut d’autre part demander aux réfugiés de cultiver une attitude ouverte et positive à l’égard de la société qui les accueille, en conservant une disponibilité active vis-à-vis des propositions de participation visant à construire ensemble une communauté intégrée qui soit la " maison commune " de tous.

Parmi les migrants, une catégorie mérite d’être considérée d’une façon spéciale : celle des étudiants d’autres pays, qui se retrouvent loin de chez eux, sans une connaissance adéquate de la langue, parfois privés d’amitié et disposant souvent de bourses d’études insuffisantes. Leur condition devient plus grave encore lorsqu’il s’agit d’étudiants mariés. A travers ses Institutions, l’Eglise s’efforce de rendre moins douloureux le manque de soutien familial de ces jeunes étudiants et les aide à s’intégrer dans les villes qui les accueillent, en les mettant en contact avec des familles prêtes à les héberger et à faciliter la connaissance réciproque. Comme j’ai déjà eu l’opportunité de le dire en une autre occasion, venir en aide aux étudiants étrangers « représente pour l’Eglise un domaine d’action pastorale important. En effet, les jeunes qui quittent leur pays en raison de leurs études vont au-devant d’un certain nombre de problèmes et surtout du risque d’une crise d’identité » (L’Osservatore Romano, 15 décembre 2005).

Chers frères et sœurs, puisse la Journée Mondiale des Migrants et des Réfugiés devenir une occasion pour sensibiliser les Communautés ecclésiales et l’opinion publique sur les besoins et les problèmes, ainsi que sur les potentialités positives des familles migrantes. Je tourne en particulier ma pensée vers ceux qui sont directement touchés par le vaste phénomène des migrations et vers ceux qui dépensent leurs énergies pastorales au service de la mobilité humaine. Que la parole de l’apôtre Paul : « caritas Christi urget nos » (2 Co 5, 14) les incite à se donner de préférence aux frères et sœurs qui sont davantage dans le besoin. Avec ces sentiments, j’invoque sur chacun l’assistance divine et j’accorde affectueusement à tous une spéciale Bénédiction Apostolique.

Du Vatican, 18 octobre 2006

BENEDICTUS PP. XVI

[01597-03.01] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear Brothers and Sisters!

On the occasion of the coming World Day of Migrants and Refugees, and looking at the Holy Family of Nazareth, icon of all families, I would like to invite you to reflect on the condition of the migrant family. The evangelist Matthew narrates that shortly after the birth of Jesus, Joseph was forced to leave for Egypt by night, taking the child and his mother with him, in order to flee the persecution of king Herod (cf. Mt 2:13-15). Making a comment on this page of the Gospel, my venerable Predecessor, the Servant of God Pope Pius XII, wrote in 1952: "The family of Nazareth in exile, Jesus, Mary and Joseph, emigrants and taking refuge in Egypt to escape the fury of an evil king, are the model, the example and the support of all emigrants and pilgrims of every age and every country, of all refugees of any condition who, compelled by persecution and need, are forced to abandon their homeland, their beloved relatives, their neighbors, their dear friends, and move to a foreign land" (Exsul familia, AAS 44, 1952, 649). In this misfortune experienced by the Family of Nazareth, obliged to take refuge in Egypt, we can catch a glimpse of the painful condition in which all migrants live, especially, refugees, exiles, evacuees, internally displaced persons, those who are persecuted. We can take a quick look at the difficulties that every migrant family lives through, the hardships and humiliations, the deprivation and fragility of millions and millions of migrants, refugees and internally displaced people. The Family of Nazareth reflects the image of God safeguarded in the heart of every human family, even if disfigured and weakened by emigration.

The theme of the next World Day of Migrants and Refugees – The migrant family – is in continuity with those of 1980, 1986 and 1993. It intends to underline further the commitment of the Church not only in favor of the individual migrant, but also of his family, which is a place and resource of the culture of life and a factor for the integration of values. The migrant’s family meets many difficulties. The distance of its members from one another and unsuccessful reunification often result in breaking the original ties. New relationships are formed and new affections arise. Some migrants forget the past and their duties, as they are subjected to the hard trial of distance and solitude. If the immigrant family is not ensured of a real possibility of inclusion and participation, it is difficult to expect its harmonious development. The International Convention for the protection of the rights of all migrant workers and members of their families, which was enforced on July 1st, 2003, intends to defend men and women migrant workers and the members of their respective families. This means that the value of the family is recognized, also in the sphere of emigration, which is now a structural phenomenon of our societies. The Church encourages the ratification of the international legal instruments that aim to defend the rights of migrants, refugees and their families and, through its various Institutions and Associations, offers its advocacy that is becoming more and more necessary. To this end, it has opened Centres where migrants are listened to, Houses where they are welcomed, Offices for services offered to persons and families, with other initiatives set up to respond to the growing needs in this field.

Much is already being done for the integration of the families of immigrants, although much still remains to be done. There are real difficulties connected with some "defense mechanisms" on the part of the first generation immigrants, which run the risk of becoming an obstacle to the greater maturity of the young people of the second generation. This is why it is necessary to provide for legislative, juridical and social intervention to facilitate such an integration. In recent times, there is an increase in the number of women who leave their countries of origin in search of better conditions of life, in view of more promising professional prospects. However, women who end up as victims of trafficking of human beings and of prostitution are not few in number. In family reunification, social workers, especially religious women, can render an appreciated service of mediation that merits our gratitude more and more.

Regarding the integration of the families of immigrants, I feel it my duty to call your attention to the families of refugees, whose conditions seem to have gone worse in comparison with the past, also specifically regarding the reunification of family nuclei. In the camps assigned to them, in addition to logistic difficulties, and those of a personal character linked to the trauma and emotional stress caused by the tragic experiences they went through, sometimes there is also the risk of women and children being involved in sexual exploitation, as a survival mechanism. In these cases an attentive pastoral presence is necessary. Aside from giving assistance capable of healing the wounds of the heart, pastoral care should also offer the support of the Christian community, able to restore the culture of respect and have the true value of love found again. It is necessary to encourage those who are interiorly-wrecked to recover trust in themselves. Everything must also be done to guarantee the rights and dignity of the families and to assure them housing facilities according to their needs. Refugees are asked to cultivate an open and positive attitude towards their receiving society and maintain an active willingness to accept offers to participate in building together an integrated community that would be a "common household" for all.

Among migrants, there is a category that needs to be considered in a special way: the students from other countries, who are far from home, without an adequate knowledge of the language, at times without friends and often with a scholarship that is insufficient for their needs. Their condition is even worse if they are married. Through its Institutions, the Church exerts every effort to render the absence of family support for these young students less painful. It helps them integrate in the cities that receive them, by putting them in contact with families that are willing to offer them hospitality and facilitate knowing one another. As I had the opportunity to say on another occasion, helping foreign students is "an important field of pastoral action… Indeed, young people who leave their own country in order to study encounter many problems and especially the risk of an identity crisis" (L’Osservatore Romano, 15 December 2005).

Dear Brothers and Sisters, may the World Day of Migrants and Refugees become a useful occasion to build awareness, in the ecclesial community and public opinion, regarding the needs and problems, as well as the positive potentialities of migrant families. My thoughts go in a special way to those who are directly involved in the vast phenomenon of migration, and to those who expend their pastoral energy in the service of human mobility. The words of the apostle Paul, "caritas Christi urget nos" (2 Cor 5:14), urge us to give ourselves preferentially to our brothers and sisters who are most in need. With these sentiments, I invoke divine assistance on each one and I affectionately impart to all a special Apostolic Blessing.

From the Vatican, 18 October 2006

BENEDICTUS PP. XVI

[01597-02.01] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Liebe Brüder und Schwestern!

Aus Anlaß des bevorstehenden Welttages der Migranten und Flüchtlinge möchte ich Euch mit Blick auf die Heilige Familie von Nazareth, die Ikone aller Familien, einladen, über die Lebenssituation der Migrantenfamilie nachzudenken. Der Evangelist Matthäus berichtet, daß Josef kurz nach der Geburt Jesu gezwungen war, in der Nacht nach Ägypten zu fliehen, um der Verfolgung durch König Herodes zu entgehen (vgl. Mt 2,13–15). Diesen Evangeliumsabschnitt erläuternd schrieb mein verehrter Vorgänger, der Diener Gottes Papst Pius XII., im Jahre 1952: »Die Familie von Nazareth im Exil – Jesus, Maria und Josef, die nach Ägypten ausgewandert sind und dort Zuflucht gesucht haben, um dem Zorn eines gottlosen Königs zu entgehen – ist das Modell, das Vorbild und die Stütze aller Emigranten und Pilger jeden Alters und jeder Herkunft, aller Flüchtlinge jeder Lebenssituation, die sich durch Verfolgung oder Not gezwungen sehen, ihr Vaterland, die lieben Verwandten, Nachbarn und Freunde zu verlassen und in ein fremdes Land zu gehen« (Exsul familia, AAS 44, 1952, 649). Im Drama der Familie von Nazareth, die gezwungen ist nach Ägypten zu fliehen, erkennen wir die schmerzliche Lebenssituation aller Migranten, besonders der Flüchtlinge, der Verbannten, der Vertriebenen, der Asylanten, der Verfolgten. Wir erkennen die Schwierigkeiten jeder Migran-tenfamilie, die Entbehrungen, die Demütigungen, die Bedrängnis und die Schwachheit von Millionen und aber Millionen Migranten, Flüchtlingen und Asylanten. Die Familie von Nazareth spiegelt das Abbild Gottes wider, das im Herzen jeder menschlichen Familie bewahrt wird, auch wenn es durch die Emigration entstellt und entkräftet worden ist.

Das Thema des bevorstehenden Welttages der Migranten und Flüchtlinge – »Die Migrantenfamilie« – schließt an die Themen von 1980, 1986 und 1993 an und möchte noch einmal den Einsatz der Kirche nicht nur für den einzelnen Migranten, sondern auch für seine Familie, Ort und Quelle der Kultur des Lebens und Faktor zur Einbeziehung von Werten, unterstreichen. Die Familie des Migranten begegnet vielen Schwierigkeiten. Die Entfernungen zwischen ihren Mitgliedern und die fehlende Zusammen-führung lassen die ursprünglichen Verbindungen oft zerbrechen. Es werden neue Beziehungen geknüpft, und neue Zuneigung entsteht; durch die Entfernung und die Einsamkeit auf eine harte Probe gestellt, vergißt man die Vergangenheit und die eigenen Pflichten. Wenn man der immigrierten Familie keine wirkliche Möglichkeit zur Integration und zur Beteiligung zusichert, läßt sich für sie eine harmonische Entwicklung kaum voraussehen. Durch die Internationale Konvention zum Schutz der Rechte aller Migrantenarbeiter und ihrer Familienmitglieder, die am 1. Juli 2003 in Kraft getreten ist, sollen die Migranten- und Migrantinnen-Arbeiter sowie die Mitglieder ihrer jeweiligen Familien geschützt werden. Das heißt, daß man den Wert der Familie auch hinsichtlich der Emigration, einem Phänomen, das in unseren Gesellschaften nunmehr strukturell verankert ist, anerkennt. Die Kirche unterstützt die Ratifizierung der internationalen Rechtsmittel, die darauf ausgerichtet sind, die Rechte der Migranten und der Flüchtlinge sowie ihrer Familien zu verteidigen und bietet durch verschiedene Einrichtungen und Vereinigungen jene advocacy, die immer dringender notwendig ist. Zu diesem Zweck wurden Beratungsstellen und Aufnahme-zentren für Migranten sowie Büros zum Dienst an den einzelnen und an den Familien eingerichtet, und andere Initiativen wurden ins Leben gerufen, um dem steigenden Bedarf in diesem Bereich zu entsprechen.

Es wird bereits viel getan für die Integration der Immigrantenfamilien, auch wenn noch viel zu tun bleibt. Es gibt reale Schwierigkeiten, die mit den »Verteidigungsmechanismen« der ersten Generation von Immigranten zusammenhängen und die zum Hindernis für den Reifeprozeß der jungen Menschen der zweiten Generation zu werden drohen. Daher ist es notwendig, gesetzgebende, rechtliche und soziale Eingriffe vorzusehen, um die Integration zu erleichtern. In letzter Zeit ist die Anzahl der Frauen gestiegen, die auf der Suche nach besseren Lebensbedingungen ihr Heimatland verlassen, in der Aussicht auf vielversprechende berufliche Perspektiven. Nicht wenige Frauen jedoch werden Opfer des Menschen-handels und der Prostitution. Bei den Familienzusammenführungen können die Sozialarbeiterinnen und besonders die Ordensfrauen unter ihnen einen wertvollen Vermittlungsdienst leisten, der immer größere Hochachtung verdient.

Bezüglich der Integration der Immigrantenfamilien fühle ich mich verpflichtet, die Aufmerksamkeit auf die Familien der Flüchtlinge zu lenken, deren Lebensbedingungen sich im Gegensatz zu früher verschlechtert zu haben scheinen, auch im Hinblick auf die Familienzusammenführung. In den Flüchtlingslagern, in die sie eingewiesen werden, gibt es nicht nur Schwierigkeiten der Unterbringung und persönliche Schwierigkeiten, die an das Trauma und an den psychologischen Streß gebunden sind, die aus den tragischen Erfahrungen heraus entstehen, die die Flüchtlinge durchlebt haben. Daneben besteht manchmal sogar die Gefahr, daß Frauen und Kinder in den sexuellen Mißbrauch, als Mechanismus des Überlebens geraten. In diesen Fällen bedarf es einer aufmerksamen pastoralen Präsenz, die außer dem Beistand, der den verwundeten Herzen Linderung schenken kann, Unterstützung von Seiten der christlichen Gemeinschaft bietet, die in der Lage ist, die Kultur der Achtung wiederherzustellen und den wahren Wert der Liebe wieder aufzudecken. Man muß denjenigen, die innerlich zerstört sind, Mut machen, ihr Selbstvertrauen wiederzuerlangen. Außerdem muß man sich dafür einsetzen, daß die Rechte und die Würde der Familien gewährleistet werden und daß ihnen eine Unterkunft zugesichert wird, die ihren Bedürfnissen entspricht. Die Flüchtlingen sind aufgerufen, eine offene und positive Haltung einzunehmen gegenüber der Gesellschaft, die sie aufnimmt, und sich aktiv zur Verfügung zu stellen bei Vorschlägen zur Beteiligung am gemeinsamen Aufbau einer integrierten Gemeinschaft, die ein »gemeinsames Haus« aller sein soll.

Unter den Migranten gibt es eine Kategorie, die besondere Beachtung finden muß: diejenige der Studenten aus anderen Ländern, die weit weg sind von Zuhause, ohne ausreichende Sprachkenntnisse, manchmal ohne Freunde und nicht selten mit nur unzureichenden Stipendien. Noch schwerer wird ihre Situation, wenn es sich um verheiratete Studenten handelt. Die Kirche bemüht sich durch ihre Einrichtungen, diesen jungen Studenten das Fehlen des familiären Halts weniger schmerzlich zu gestalten und hilft ihnen, sich in die Städte, die sie aufnehmen, zu integrieren, indem sie sie in Kontakt bringt mit Familien, die bereit sind, ihnen Gast-freundschaft zu gewähren und das gegenseitige Kennenlernen zu erleichtern. Ich hatte bereits anderweitig Gelegenheit zu sagen: Den ausländischen Studenten zu Hilfe zu kommen »stellt für die Kirche einen wichtigen Bereich pastoraler Tätigkeit dar. Die jungen Menschen, die ihr Land wegen des Studiums verlassen, gehen nicht wenigen Problemen entgegen, insbesondere besteht die Gefahr einer Identitätskrise« (L'Osservatore Romano, dt., Nr.2, 13.1.2006, S. 14).

Liebe Brüder und Schwestern, der Welttag der Migranten und Flüchtlinge möge zur nützlichen Gelegenheit werden, um die kirchlichen Gemeinschaften und die öffentliche Meinung für die Nöte und Probleme ebenso wie für das positive Potential der Migrantenfamilien zu sensi-bilisieren. Meine Gedanken gehen besonders zu denjenigen, die vom weit reichenden Phänomen der Migration unmittelbar betroffen sind und zu denen, die ihre pastoralen Kräfte in den Dienst der menschlichen Mobilität stellen. Das Wort des Apostels Paulus »Caritas Christi urget nos« (2 Kor 5,14) sei ihnen ein Antrieb, sich bevorzugt den bedürftigsten Brüdern und Schwestern zu widmen. Mit diesen Empfindungen rufe ich auf jeden einzelnen den göttlichen Beistand herab, und allen erteile ich von Herzen einen besonderen Apostolischen Segen.

Vatikanstadt, 18. Oktober 2006

BENEDICTUS PP. XVI

[01597-05.01[Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

¡Queridos hermanos y hermanas!

Con ocasión de la próxima Jornada Mundial del Migrante y el Refugiado, con la mirada puesta en la Santa Familia de Nazaret, icono de todas las familias, querría invitarlos a reflexionar sobre la situación de la familia migrante. El evangelista Mateo narra que, poco tiempo después del nacimiento de Jesús, José se vio obligado a salir de noche hacia Egipto llevando consigo al niño y a su madre, para huir de la persecución del rey Herodes (cfr Mt 2, 13-15). Comentando esta página evangélica, mi venerado Predecesor, el Siervo de Dios Papa Pío XII, escribió en 1952: "La familia de Nazaret en exilio, Jesús, María y José, emigrantes en Egipto y allí refugiados para sustraerse a la ira de un rey impío, son el modelo, el ejemplo y el consuelo de los emigrantes y peregrinos de cada época y País, de todos los prófugos de cualquier condición que, acuciados por las persecuciones o por la necesidad, se ven obligados a abandonar la patria, la amada familia y los amigos entrañables para dirigirse a tierras extranjeras" (Exsul familia, AAS 44, 1952, 649). En el drama de la Familia de Nazaret, obligada a refugiarse en Egipto, percibimos la dolorosa condición de todos los migrantes, especialmente de los refugiados, de los desterrados, de los evacuados, de los prófugos, de los perseguidos. Percibimos las dificultades de cada familia migrante, las penurias, las humillaciones, la estrechez y la fragilidad de millones y millones de migrantes, prófugos y refugiados. La Familia de Nazaret refleja la imagen de Dios custodiada en el corazón de cada familia humana, si bien desfigurada y debilitada por la emigración.

El tema de la próxima Jornada Mundial del Migrante y el Refugiado – La familia migrante – se sitúa en continuidad con los del 1980, 1986 y 1993, y pretende acentuar ulteriormente el compromiso de la Iglesia no sólo a favor del individuo migrante, sino también de su familia, lugar y recurso de la cultura de la vida y principio de integración de valores. Muchas son las dificultades que encuentra la familia del migrante. La lejanía de sus componentes y la frustrada reunificación son a menudo ocasión de ruptura de los vínculos originarios. Se establecen nuevas relaciones y nacen nuevos afectos; se olvida el pasado y los propios deberes, puestos a dura prueba por la distancia y la soledad. Si no se garantiza a la familia inmigrada una real posibilidad de inserción y participación, es difícil prever su desarrollo armónico. La Convención internacional sobre la protección de los derechos de todos los trabajadores migratorios y de sus familiares, entrada en vigencia el 1 de julio de 2003, pretende tutelar los trabajadores y trabajadoras migrantes y los miembros de las respectivas familias. Se reconoce, por tanto, el valor de la familia también en lo que atañe a la emigración, fenómeno ahora estructural de nuestras sociedades. La Iglesia anima la ratificación de los instrumentos legales internacionales propuestos para defender los derechos de los migrantes, de los refugiados y de sus familias, y ofrece, en varias de sus Instituciones y Asociaciones, aquella advocacy que se hace cada vez más necesaria. Se han abierto, para tal fin, centros de escucha para migrantes, casas para su acogida, oficinas de servicios para las personas y las familias, y se han puesto en marcha otras iniciativas para satisfacer las crecientes exigencias en este campo.

Actualmente, se está trabajando mucho por la integración de las familias de los inmigrantes, no obstante quede aún tanto por hacer. Existen dificultades efectivas relacionadas con algunos "mecanismos de defensa" de la primera generación inmigrada, que pueden llegar a constituir un obstáculo para una subsiguiente maduración de los jóvenes de la segunda generación. Es por tanto necesario predisponer acciones legislativas, jurídicas y sociales para facilitar dicha integración. En estos últimos tiempos ha aumentado el número de mujeres que abandonan el País de origen en busca de mejores condiciones de vida, en pos de perspectivas profesionales más alentadoras. Pero no son pocas las mujeres que terminan siendo víctimas del tráfico de seres humanos y de la prostitución. En las reunificaciones familiares las asistentes sociales, en particular las religiosas, pueden llevar a cabo un beneficioso servicio de mediación, digno de una creciente valorización.

En cuanto al tema de la integración de las familias de los inmigrantes, siento el deber de llamar la atención sobre las familias de los refugiados, cuyas condiciones parecen empeorar con respecto al pasado, también por lo que atañe a la reunificación de los núcleos familiares. En los territorios destinados a su acogida, junto a las dificultades logísticas, y personales, asociadas a los traumas y el estrés emocional por las trágicas experiencias vividas, a veces se suma el riesgo de la implicación de mujeres y niños en la explotación sexual como mecanismo de sobrevivencia. En estos casos, es necesaria una atenta presencia pastoral que, además de prestar asistencia capaz de aliviar las heridas del corazón, ofrezca por parte de la comunidad cristiana un apoyo capaz de restablecer la cultura del respeto y redescubrir el verdadero valor del amor. Es preciso animar, a todo aquel que está destruido interiormente, a recuperar la confianza en sí mismo. Es necesario, en fin, comprometerse para garantizar los derechos y la dignidad de las familias, y asegurarles un alojamiento conforme a sus exigencias. A los refugiados se les pide que cultiven una actitud abierta y positiva hacia la sociedad que los acoge, manteniendo una disponibilidad activa a las propuestas de participación para construir juntos una comunidad integrada, que sea "casa común" de todos.

Entre los migrantes existe una categoría que debemos considerar de forma especial: los estudiantes de otros Países, que se hallan lejos de su hogar, sin un adecuado conocimiento del idioma, a veces carentes de amistades, y a menudo dotados con becas insuficientes. Su condición se agrava cuando se trata de estudiantes casados. Con sus Instituciones, la Iglesia se esfuerza por hacer menos dolorosa la ausencia del apoyo familiar de estos jóvenes estudiantes, ayudándolos a integrarse en las ciudades que les reciben, poniéndolos en contacto con familias dispuestas a acogerles y a facilitar el conocimiento recíproco. Como he dicho en otra ocasión, la ayuda a los estudiantes extranjeros es "un importante campo de acción pastoral. Sin lugar a dudas, los jóvenes que por motivos de estudio abandonan el propio País se enfrentan a numerosos problemas, sobre todo al riesgo de una crisis de identidad" (L’Osservatore Romano, 15 de diciembre de 2005).

Queridos hermanos y hermanas, pueda la Jornada Mundial del Migrante y el Refugiado convertirse en una ocasión útil para sensibilizar las comunidades eclesiales y la opinión pública acerca de las necesidades y problemas, así como de las potencialidades positivas, de las familias migrantes. Dirijo de modo especial mi pensamiento a quienes están comprometidos directamente con el vasto fenómeno de la migración, y aquellos que emplean sus energías pastorales al servicio de la movilidad humana. La palabra del apóstol Pablo: "caritas Christi urget nos" (2 Co 5, 14) los anime a donarse, con preferencia, a los hermanos y hermanas más necesitados. Con estos sentimientos, invoco sobre cada uno la divina asistencia, y a todos imparto con cariño una especial Bendición Apostólica.

Vaticano, 18 de octubre de 2006

BENEDICTUS PP. XVI

[01597-04.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Caros irmãos e irmãs!

Por ocasião do próximo Dia Mundial do Migrante e do Refugiado, olhando para a Sagrada Família de Nazaré, ícone de todas as famílias, gostaria de vos convidar a reflectir sobre a condição da família migrante. O evangelista Mateus narra que, pouco tempo depois do nascimento de Jesus, José foi obrigado a partir de noite para o Egipto levando consigo o menino e sua mãe, para fugir à perseguição do rei Herodes (cf. Mt 2, 13-15). Comentando esta página evangélica, o meu venerado Predecessor, o Servo de Deus Papa Pio XII, escreveu em 1952: «A família de Nazaré no exílio, Jesus, Maria e José emigrantes no Egipto e lá refugiados para se subtraírem à ira de um ímpio rei, são o modelo, o exemplo e o apoio para todos os prófugos de qualquer condição que, ameaçados pela perseguição ou pelas necessidades, se vêem obrigados a abandonar a pátria, os queridos parentes, os vizinhos, o afecto dos amigos, e a deslocar-se para terras estrangeiras» (Exsul familia, AAS 44, 1952, 649). No drama da Família de Nazaré, obrigada a refugiar-se no Egipto, vemos a dolorosa condição de todos os migrantes, especialmente dos refugiados, dos exilados, dos deslocados, dos prófugos, dos perseguidos. Entrevemos as dificuldades de cada família migrante, as privações, as humilhações, as limitações e a fragilidade de milhões e milhões de migrantes, prófugos e refugiados. A Família de Nazaré reflecte a imagem de Deus conservada no coração de cada família humana, mesmo se desfigurada e debilitada pela emigração.

O tema do próximo Dia Mundial do Migrante e do Refugiado – A família migrante – coloca-se em continuidade com os de 1980, 1986 e 1993, e pretende realçar ulteriormente o compromisso da Igreja a favor não só do indivíduo migrante, mas também da sua família, lugar e recurso da cultura da vida e factor de integração de valores. São tantas as dificuldades que a família do migrante encontra. O facto de estar longe dos seus familiares e a impossibilidade de se reunirem, muitas vezes são ocasião de ruptura dos vínculos originários. Instauram-se relações novas e nascem novos afectos; esquecem-se do passado e dos próprios deveres, que são provados duramente pela distância e pela solidão. Se não se garante à família emigrada uma real possibilidade de inserção e de participação, é difícil prever o seu desenvolvimento harmonioso. A Convenção Internacional para a protecção dos direitos de todos os trabalhadores migrantes e dos membros das suas famílias, que entrou em vigor a 1 de Julho de 2003, pretende tutelar os trabalhadores migrantes, homens e mulheres, e os membros das respectivas famílias. É reconhecido o valor da família também no que diz respeito à emigração, fenómeno que já se tornou estrutura das nossas sociedades. A Igreja encoraja a ratificação dos instrumentos internacionais legais destinados a defender os direitos dos migrantes, dos refugiados e das suas famílias, e oferece, em várias das suas Instituições e Associações, aquela advocacy que se torna cada vez mais necessária. Foram abertos, para esta finalidade, centros de apoio aos emigrantes, casas para os acolher, escritórios para serviços às pessoas e às famílias, e foram animadas outras iniciativas para responder às crescentes exigências neste campo.

Já se está a fazer muito pela integração das famílias dos imigrados, mesmo se ainda há muito para fazer. Existem dificuldades efectivas relacionadas com alguns «mecanismos de defesa» da primeira geração emigrada, que correm o risco de constituir um impedimento para uma ulterior maturação dos jovens da segunda geração. Eis por que se torna necessário predispor intervenções legislativas, jurídicas e sociais para facilitar tal integração. Nos últimos tempos aumentou o número das mulheres que deixam o próprio País de origem em busca de melhores condições de vida, em vista de perspectivas profissionais mais prometedoras. Mas não são poucas as mulheres que se tornam vítimas do tráfico de seres humanos e da prostituição. Quando as famílias se voltam a reunir, as assistentes sociais, sobretudo as religiosas, podem prestar um serviço de mediação apreciado e que merece ser cada vez mais valorizado.

Em tema de integração das famílias dos imigrantes, sinto o dever de chamar a atenção para as famílias dos refugiados, cujas condições parecem piorar em relação ao passado, também no que se refere precisamente à reunificação dos núcleos familiares. Nos "campos" que lhes são destinados, às dificuldades de alojamento e das pessoas, relacionadas com os traumas e com o stress emocional devido às trágicas experiências vividas, por vezes junta-se até o risco do envolvimento de mulheres e crianças na exploração sexual, como mecanismo de sobrevivência. Nestes casos é necessária uma atenta presença pastoral que, além da assistência capaz de aliviar as feridas do coração, ofereça um apoio da parte da comunidade cristã capaz de restaurar a cultura do respeito e de fazer redescobrir o verdadeiro valor do amor. É necessário encorajar quem está interiormente destruído a recuperar a confiança em si mesmo. Depois, é necessário comprometer-se para que sejam garantidos os direitos e a dignidade das famílias e lhes seja garantido um alojamento correspondente às suas exigências. Dos refugiados deve-se pretender que cultivem uma atitude aberta e positiva em relação à sociedade que os acolhe, mantendo uma disponibilidade activa às propostas de participação para construir juntos uma comunidade integrada, que seja «casa comum» de todos.

Entre os emigrantes há uma categoria que deve ser considerada de modo especial: é a dos estudantes de outros Países, que se encontram distantes de casa, sem um adequado conhecimento da língua, por vezes sem amizades e muitas vezes com uma bolsa de estudos insuficiente. Torna-se ainda mais grave a sua condição quando se trata de estudantes casados. Com as suas Instituições a Igreja esforça-se por tornar menos dolorosa a falta do apoio familiar destes jovens estudantes, e ajuda-os a integrar-se nas cidades que os acolhem, pondo-os em contacto com famílias prontas a hospedá-los e a facilitar o seu recíproco conhecimento. Como tive a oportunidade de dizer noutra ocasião, ajudar os estudantes estrangeiros é «um importante campo de acção pastoral. De facto, os jovens que deixam o seu País por motivos de estudo vão ao encontro de não poucos problemas e sobretudo correm o risco de uma crise de identidade» (L’Osservatore Romano, 15 de Dezembro de 2005).

Caros irmãos e irmãs, que o Dia Mundial do Migrante e do Refugiado se torne uma ocasião propícia para sensibilizar as comunidades eclesiais e a opinião pública para as necessidades e os problemas, assim como para as potencialidades positivas, das famílias migrantes. Dirijo de modo especial o meu pensamento a quantos estão directamente relacionados com o vasto fenómeno da migração, e a quantos empregam as suas energias pastorais ao serviço da mobilidade humana. As palavras do apóstolo Paulo «caritas Christi urget nos» (2 Cor 5, 14) os estimule a comprometerem-se preferencialmente pelos irmãos e irmãs que têm mais necessidade. Com estes sentimentos, invoco sobre cada um de vós a assistência divina e a todos concedo com afecto uma especial Bênção Apostólica.

Vaticano, 18 de Outubro de 2006

BENEDICTUS PP. XVI

[01597-06.01] [Texto original: Italiano]

[B0573-XX.01]