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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE "L’EMBRIONE UMANO NELLA FASE DEL PREIMPIANTO. ASPETTI SCIENTIFICI E CONSIDERAZIONI BIOETICHE" (27-28 FEBBRAIO 2006), 24.02.2006


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE "L’EMBRIONE UMANO NELLA FASE DEL PREIMPIANTO. ASPETTI SCIENTIFICI E CONSIDERAZIONI BIOETICHE" (27-28 FEBBRAIO 2006)

INTERVENTO DEL PROF. ADRIANO BOMPIANI

INTERVENTO DEL PROF. KEVIN T. FITZGERALD

INTERVENTO DI S.E. MONS. WILLEM JACOBUS EIJK

Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Congresso Internazionale "L’embrione umano nella fase del preimpianto. Aspetti scientifici e considerazioni bioetiche" che si terrà nei giorni 27 e 28 febbraio 2006, presso l’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano, in occasione della XII Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita.

Intervengono: S.E. Mons. Elio Sgreccia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, il Prof. Adriano Bompiani, Ginecologo, Direttore dell’Istituto Scientifico Internazionale (ISI), Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, il Prof. Kevin T. FitzGerald, Professore associato di Genetica presso il Medical Center, di Oncology Department, Georgetown University, Washington D.C., e S.E. Mons. Willem Jacobus Eijk, Teologo moralista, Bioeticista e Medico, Vescovo di Groningen, Paesi Bassi.

Pubblichiamo di seguito gli interventi del Prof. Adriano Bompiani, del Prof. Kevin T. FitzGerald e di S.E. Mons. Willem Jacobus Eijk:

INTERVENTO DEL PROF. ADRIANO BOMPIANI

L’embrione umano nelle prime fasi di sviluppo
Considerazioni ontologiche
Premessa dello statuto etico-giuridico

Premessa

Per attribuire uno "statuto giuridico" all’embrione, occorre "conoscere" la "natura" dello stesso.

Tuttavia, la "conoscenza" – per essere tale e corrispondere per quanto è possibile alla "realtà" – non può prescindere dall’approfondimento della "natura" dell’oggetto considerato e cioè deve basarsi su un chiarimento ontologico.

Deputata a questo processo – se prendiamo in considerazione l’embrione umano nelle fasi assolutamente precoci del suo sviluppo (allorché non si è ancora impiantato nell’utero materno) – è l’embriologia, negli apporti genetici, morfologici, biochimici e di biologia molecolare che oggi essa può offrire.

Non è sufficiente – oggi – esaminare l’embrione con la sola ispezione al microscopio, ma (sempre che si voglia conoscerlo veramente) occorre servirsi di tutti gli apporti che le scienze sopra nominate hanno dato – da qualche decennio a questa parte – alla di lui conoscenza.

Nell’affrontare tale "ricognizione" ci si imbatte con i concetti di vita umana; essere umano; individuo umano; persona. Riflettere su questi concetti è - ovviamente – lo scopo del chiarimento ontologico; ma (a mio modesto modo di vedere) ciò va fatto dopo aver ben descritto e compreso ciò che si verifica nel corso di poche ore, ad iniziare dall’incontro fra un ovocita ed uno spermatozoo viventi e appartenenti alla specie uomo.

Questa descrizione – necessariamente molto sommaria nel tempo di esposizione oggi disponibile – è il compito che mi è stato affidato e che mi auguro possa essere approfondito con le Loro domande.

1. La preparazione dei gameti alla fecondazione

L’evento determinante viene chiamato "fecondazione" (o fertilizzazione dell’ovocita, in talune espressioni anglosassoni).

Questo "avvenimento" (degno appunto nel linguaggio umanistico e morale di definirsi "evento") è – biologicamente – considerato e descritto come un "processo" – che si svolge in tempi circoscritti, limitati e ben cadenzati – perché è costituito da fasi successive che portano al risultato che "due cellule sessuali (gametiche e di sesso diverso) si fondono una con l’altra per dar luogo ad un individuo con potenzialità genetiche derivate da ambedue i genitori" (GILBERT, 2000).

Protagonisti diretti della fecondazione sono due cellule gametiche di sesso diverso.

Le cellule gametiche rappresentano elementi vitali particolari, rispetto alle altre cellule dell’organismo, perché posseggono una singolare teleologia, dimostrata non solamente dagli adattamenti morfologico-funzionali, ma perché – uniche fra tutte le cellule dell’organismo – sono dotate a questo scopo solo di metà del patrimonio cromosomico (corredo aploide) necessario alla costruzione del "sistema genetico" del nuovo essere (corredo diploide).

Il dimezzamento del numero dei cromosomi in ogni gamete avviene con un processo denominato meiosi, che si svolge in due fasi (meiosi I e meiosi II): nello spermatozoo maturo ambedue le fasi sono completate prima della eiaculazione; nell’ovocita maturo è avvenuta solamente la meiosi I, ma la fase successiva (meiosi II) si verificherà solamente se l’ovocita sarà stato penetrato dallo spermatozoo (o sperimentalmente attivato con stimoli artificiali).

La preparazione funzionale di ciascuna delle cellule gametiche al compito della reciproca fusione – se mai avverrà l’incontro – è particolarmente laboriosa (soprattutto per la linea gametica femminile, costituita dagli ovociti), inizia per tempo e deve portare (in natura) ad una piena maturazione per l’esercizio corretto della finalità.

La maturazione è completa nell’ovocita al momento della ovulazione spontanea, e corrisponde al concetto di "competenza" di questo gamete alla fecondazione (cioè fecondabilità); mentre il raggiungimento della piena competenza dello spermatozoo si ottiene - durante la sua ascesa nelle vie genitali femminili dopo il rapporto coniugale – con il fenomeno denominato "capacitazione".

Il tempo limitato dell’esposizione non consente di esporre molti dettagli, su questi essenziali fenomeni.

Affinché i due gameti – maschile e femminile – possano incontrarsi e interagire nel processo di fecondazione è necessario, ovviamente in natura, che vi sia l’ovulazione (e cioè la liberazione e l’espulsione dell’ovocita all’esterno del follicolo ovarico in seno al quale esso è maturato); dopo di che l’ovocita è come risucchiato nel padiglione tubarico che si è accostato all’ovaio ovulante.

Ma l’ovocita non è solo; è ancora circondato da una serie avvolgente di cellule che lo hanno sostenuto, nutrito e stimolato alla maturazione, e cioè le cellule del cumulo ooforo, che dovranno disfarsi e negli interstizi delle quali dovranno insinuarsi gli spermatozoi che si dirigono verso l’ovocita.

E’ ben noto che il fenomeno dell’ovulazione ha un ritmo periodico durante il ciclo mensile femminile, definendo la fase fertile dalla fase non fertile.

L’incontro tra ovocita ovulato e spermatozoo avviene – sempre in natura, ove vi sia stata l’eiaculazione in vagina nella fase fertile del ciclo – di regola nel padiglione tubarico, ove poche migliaia di spermatozoi maturi e mobili sono pervenuti – rispetto a qualche milione di deposti in vagina – percorrendo in poco tempo un viaggio di circa 15 cm.

2. Le fasi del processo di fecondazione

Inizia la fecondazione, che vorrei descrivere con qualche maggiore dettaglio e nei tempi secondo i quali si realizza.

Diciamo "tempo O" il momento del "contatto ravvicinato" fra spermatozoo (che ha superato il cumulo ooforo) e la superficie esterna dell’ovocita.

Si riconoscono le fasi seguenti:

1. adesione, fissazione della testa spermatica (che contiene il nucleo portatore del corredo cromosomico maschile) alla superficie villosa dell’ovocita e penetrazione attiva di uno spermatozoo nella zona pellucida (membrana collosa protettiva che circonda l’ovocita). Questa prima fase si compie in 30-40 minuti circa dall’incontro-adesione alla superficie esterna della zona.

2. fusione delle membrane cellulari dello spermatozoo e dell’ovocita una volta che lo spermatozoo ha superato lo strato gelatinoso della zona, con scivolamento del nucleo maschile nell’interno dell’ovocita (a 45-60 minuti dall’incontro). Questo avvenimento determina:

a) attivazione immediata del metabolismo dell’ovocita: si producono oscillazioni del Calcio che provocano in pochi secondi la chiusura dello spazio corticale ovocitario alla penetrazione di altri spermatozoi, ed ha luogo in breve tempo il completamento della meiosi II ovocitaria;

b) segue la rimozione delle membrane che avvolgono i nuclei maschile e femminile, la decondensazione dei cromosomi, la sostituzione in essi di alcuni costituenti della cromatina etc.. Dopo una fase in cui i nuclei decondensati non sono visibili, si delineano di nuovo al microscopio i due aggregati di cromosomi (uno maschile, uno femminile), che ora i biologi hanno chiamato "pronuclei"(maschile e femminile), ancora distanti tra loro, ma che appaiono ora ricoperti da nuove membrane porose – fabbricate con proteine di origine ovocitaria, cioè materna- atte agli scambi di sostanze. L’orologio dello sviluppo segna che son trascorse da 2 a 8 ore dall’incontro ravvicinato (ora O), a seconda della capacità intrinseca di sviluppo del nuovo essere, cui viene dato da molti biologi il nome di zigote.

Prosegue il processo:

c) si forma nel citoplasma, ad opera del "centriolo" d’origine maschile – che è penetrato nell’ovocita assieme al nucleo maschile - l’apparato contrattile-fibrillare di microtubuli. Questi si dispongono a raggiera attorno ai nuclei e si agganciano ai cromosomi (cosidetta formazione del fuso). Per azione delle proteine contrattili dei microtubuli i due pronuclei vengono gradatamente attratti uno verso l’altro (da 8 a 17 ore dall’incontro ravvicinato). I due nuclei, ormai venuti a contatto, vengono denudati delle membrane nucleari, cosicché si liberano di nuovo i cromosomi in esso contenuti;

d) è il momento in cui si replicano i cromosomi, che si distribuiscono (appaiati gli omologhi, maschile e femminile), allineati nell’equatore del fuso mitotico (da 15 a 30 ore dall’incontro);

e) si forma un solco nel citoplasma periferico e nella corticale di questa grossa cellula (che da taluni viene chiamata ancora zigote, da altri embrione unicellulare) solco tangenziale alla direzione dell’equatore del fuso. Questo solco approfondendosi progressivamente porta infine alla formazione di due cellule, in ciascuna delle quali viene attratto uno dei "set" duplicati dei cromosomi (da 16 a 35 ore dall’incontro).

A questo punto, il processo della fecondazione è terminato.

Si sono formati i due blastomeri (così si chiamano le cellule delle prime 2 o 3 divisioni cui va incontro proseguendo lo sviluppo l’embrione); blastomeri che presentano ancora una capacità di dare origine ciascuna ad un processo di differenziamento embrionale autonomo. Questa capacità viene definita "totipotenza" ed è alla base della gemellarità monozigotica, che si produce se viene a mancare la coesione fra i blastomeri o subito, o nel corso del successivo precoce sviluppo dell’embrione.

Nelle ore e nei giorni successivi prosegue lo sviluppo senza interruzione di continuità, dando luogo alla "morula" (4-16 cellule al 3°-4° giorno, a partire dall’ora O), ove i singoli blastomeri dialogano fra loro attraverso il contatto superficiale ed i numerosissimi microvilli della parete esterna; poi si verifica il fenomeno della "compattazione" dell’embrione (ove le cellule si stringono fra loro scambiando ponti cellulari e sostanze induttrici), infine si perviene alla blastocisti (4°-5° giorno dall’inizio del processo della fecondazione), in cui si delinea una massa cellulare interna che darà luogo alla "corporeità" del nuovo essere in senso proprio ed uno strato più esterno, laminare, che produrrà lo sviluppo degli annessi ovulari e la placenta, necessaria all’impianto ed alla nutrizione dell’embrione. Ormai, fisiologicamente, siamo al 6°-7° giorno, e l’embrione (blastocisti) trasportato dalle correnti fluide lungo la tromba è ormai arrivato nella cavità uterina, ove a partire dal 7° giorno si impianta.

3. Una riflessione finale sulla biologia dello sviluppo dei primi sette giorni

Cessa a tal punto la nostra pur sommaria descrizione dei "primi 7 giorni", ma viene il momento della riflessione finale.

Questa si articola nel riconoscimento di alcuni "principi" biologici che emergono dalla descrizione dello svolgimento dei fatti.

1) Sul piano razionale, si può riconoscere il momento di inizio del processo che dà luogo all’origine di un nuovo "essere umano" nell’incontro fra uno spermatozoo ed un ovocita della stessa specie. Con la penetrazione del nucleo (testa dello spermatozoo) e del tratto intermedio che porta con sé il centriolo, il quale come abbiamo visto avrà ruolo determinante nella formazione del fuso) e con la conseguente "attivazione" dell’ovocita che la penetrazione determina, inizia - nel tempo e nello spazio – uno sviluppo umano (che potrà proseguire se supererà molti ostacoli, attraverso una indubbia perdita naturale, di cui è tuttavia difficile accertare l’entità).

Con la penetrazione dello spermatozoo nell’ovocita, l’essere che ne risulta si costituisce paritariamente con un apporto ereditario paterno, che si affianca all’apporto genetico materno già presente nell’ovocita.

Lo svolgersi della seconda fase della meiosi ovocitaria dopo l’entrata della testa spermatica non interferisce con l’apporto aploide materno, perché il nucleo maschile è ancora "segregato" e compatto e perché il crossing-over (scambio fra cromatidi) è già avvenuto nella prima divisione meiotica.

Ma subito dopo l’ingresso nell’ovocita (superamento della membrana ovocitaria), il nucleo maschile subisce profonde modificazioni biochimiche molecolari, che vengono a predisporre la funzione (genetica) che il genoma maschile inizierà subito a svolgere.

Con l’accoppiamento dei due set cromosomici nella piastra equatoriale e la distribuzione paritaria degli omologhi nei primi due blastomeri, inizia l’attività della nuova combinazione genica, che si renderà – con i mezzi attuali di indagine disponibili – evidente già allo stadio di 4 blastomeri.

2) La biologia e più in particolare l’embriologia, forniscono la documentazione di una definita direzione di sviluppo: ciò significa che il processo è "orientato" – nel tempo – nella direzione di una progressiva differenziazione e acquisizione di complessità e non può regredire su stadi già percorsi.

3) Un ulteriore punto acquisito con le primissime fasi di sviluppo è quello dell’"autonomia" del nuovo essere nel processo di autoduplicazione del materiale genetico.

4) Strettamente correlate alla proprietà della "continuità" sono anche le caratteristiche di "gradualità" (il passaggio necessitato nel tempo da uno stadio meno differenziato a quello più differenziato) e di "coordinazione" dello sviluppo (esistenza di meccanismi che regolano in un insieme unitario il processo di sviluppo).

Queste proprietà – all’inizio quasi trascurate nel dibattito bioetico – vengono sempre più considerate importanti in epoca recente, a motivo delle progressive acquisizioni che la ricerca in vitro offre sulla dinamica dello sviluppo embrionale anche nelle fasi morulari che precedono la formazione della blastocisti. L’insieme di queste tendenze costituisce la base per interpretare lo zigote già come un "organismo" primordiale (organismo monocellulare) che esprime coerentemente le sue potenzialità di sviluppo attraverso una continua integrazione dapprima fra i vari componenti interni e poi fra le cellule cui dà progressivamente luogo. L’integrazione è sia morfologica che biochimica. Le ricerche in corso già da qualche anno non fanno che apportare sempre ulteriori "prove" di queste realtà.

5) Per l’esatta comprensione dei fenomeni che si verificano in questa fase (precoce) dello sviluppo è necessario ricordare ancora due "proprietà" dell’embrione, che a prima vista appaiono fra loro sostanzialmente antitetiche: la "totipotenza dei blastomeri" e la "progressiva determinazione cellulare".

Di fronte al fenomeno della totipotenza dei (primi) blastomeri, è stata sostenuta la impossibilità logica della coincidenza fra zigote e individuo, affermando che non c’è sicurezza di individuazione sino a che non si è formata la stria primitiva e i differenziamenti connessi.

A tale obiezione, si è risposto anzitutto ricordando che il fenomeno della gemellarità monozigote è – nell’uomo – l’eccezione rispetto alla norma dello sviluppo embrionale (1:280 circa per i monozigoti, il caso più semplice), mentre è la regola in specie più lontane.

Come è noto, il fenomeno può essere riprodotto - sperimentalmente - nelle specie in cui la poliembrionia è accidentale mediante la separazione ad arte dei blastomeri; ma può in natura verificarsi spontaneamente quasi per una gemmazione (o scissione) dal primitivo embrione; e questo è un argomento a favore della genesi del gemello monozigote attraverso il "distacco" di uno o più blastomeri dall’individuo "iniziale" (riproduzione per gemmazione di una "copia genetica" del primitivo individuo), con la continuazione dello sviluppo autonomo dell’uno secondo il programma genetico previsto e inizio dello sviluppo dell’altro individuo dal blastomero totipotente distaccato (SERRA, 1989). Si ipotizza anche che ad un unico "piano di sviluppo", caratterizzato da "campi genetico-biologici" di influenza nell’ambito del determinismo cellulare, si sovrapponga (per qualche irregolarità sopravvenuta, quali ad es. un crossing-over mitotico) un secondo piano di sviluppo che influenza un nuovo campo di determinazione cellulare. Ciò è possibile, s’intanto che è presente un sufficiente grado di "totipotenza".

Secondo altre osservazioni, il fenomeno della gemellarità monozigotica può verificarsi anche in epoca più tardiva. Ciò sembrerebbe sostenuto da alcune osservazioni condotte anche nella specie umana, con la coltura prolungata della blastocisti: allorché questa fuoriesce dall’involucro della membrana di glicoproteine che l’avvolge (la già richiamata "zona", attraverso la quale è penetrato 6 giorni prima lo spermatozoo e all’interno della quale si sono svolti tutti i fenomeni già descritti). La blastocisti può deformarsi per la compressione indotta sui bordi più rigidi del foro di apertura della zona, cosicché il nascente nucleo cellulare interno può essere meccanicamente indotto a dividersi in due aggregati.

Oppure, tale divisione del nucleo cellulare interno (le cellule che daranno luogo alla corporeità del nuovo essere), può avvenire poco tempo dopo.

In ogni caso, si tratta sempre di "eccezioni alla regola" che non infirmano – sul piano biologico-naturale – il rapporto costitutivo di fusione fra un ovocita ed uno spermatozoo.

[00283-01.03] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DEL PROF. KEVIN T. FITZGERALD

Preimplantation Diagnosis and Human Embryo Dignity

We are gathered today to anticipate some of the significant issues and questions that will arise in the upcoming conference on "The Human Embryo before Implantation." My focus is on some of the biomedical and bioethical issues that arise regarding the use of pre-implantation genetic diagnosis and screening (PGD).

To begin with we should ask what the goals and purposes of PGD are. Generally, they are delineated as the prevention of disease or the promotion of certain characteristics via the selection of embryos for transfer (in the hopes of successful implantation) according to some genetic assessment. Since PGD is usually associated with the medical profession, we can ask how this process and technology fits within the larger context of medicine.

Since the emphasis of PGD is on preventing or promoting certain characteristics, we might best situate PGD within the general arena of preventive medicine. In other words, if you know what the cause of a disease or illness is, do what you can to prevent someone from getting the disease or illness. However, the fit of PGD within preventive medicine might not be an easy one because PGD only attempts to determine which embryos already have genetic features that are undesirable—not how to prevent the embryos from getting these features. Hence, one of the main questions that arises about PGD from a medical perspective is, "Can we legitimately prevent a disease by selecting out those individuals who have the genetic basis for the disease?" This question echoes back to the Eugenics movements of a century ago when we faced this same general idea.

The connection of PGD to earlier Eugenics movements is not limited to just selecting against certain genetically-linked diseases. There are already discussions in several countries regarding the use of PGD to pursue "family balancing." Hence, embryos will be selected merely on the basis of whether or not they have a Y chromosome. No disease or illness is being addressed—only the desire to have a boy or a girl. Since the process of PGD is not without risks, both to the egg donor and the embryo, and since one usually has to balance risks with equal or greater benefits in medicine, one can legitimately ask if PGD has now clearly moved out of the realm of medicine and into the practice of Eugenics. This is basically the issue that was identified by the US President’s Committee on Bioethics in their book, Beyond Therapy (p. 37):

The practice of prenatal screening establishes the principle

that parents may choose the qualities of their children, and choose them

on the basis of genetic knowledge. This new principle, in conjunction

with the cultural norm just mentioned, may already be shifting parental

and societal attitudes toward prospective children: from simple acceptance

to judgment and control, from seeing a child as an unconditionally welcome

gift to seeing him as a conditionally acceptable product. If so, these

changes in attitude might well carry over beyond choices confined to the

presence or absence of genetic diseases, to the presence or absence of other

desired qualities. Far from producing contentment and gratitude in the

parents, such changes might feed the desire for better—and still better—

children.

[00284-02.01] [Original text: English]

INTERVENTO DI S.E. MONS. WILLEM JACOBUS EIJK

I criteri dell’individualità organismica  
e lo statuto bio-antropologico dell’embrione preimpiantatorio

Si indica vari momenti diversi nello sviluppo embrionale umano in cui si dovrebbe attribuire uno status morale all’embrione: il concepimento, l’annidamento (dopo circa 2 settimane) dell’embrione nella mucosa dell’utero, l’inizio delle attività cerebrali, la capacità di provare dolore, la vitalità al di fuori dell’utero (in genere dalla 24a settimana di gestazione), la nascita o una fase di sviluppo successiva alla nascita. Prima di poter identificare detto momento, bisogna sapere due cose: 1) il criterio usati per valutare lo status dell’embrione e 2) la visione dell’uomo che è il fondamento per detto criterio.

Ci sono vari criteri estrinseci, cioè criteri che non derivano dall’embrione stesso, ma da fattori esterni.

Per difendere l’uso degli intercettivi e la pillola del giorno dopo, si avanzava nella seconda meta degli anni sessanta l’idea che lo status di essere umano e la personalità dell’individuo emergano dal momento dell’annidamento, poiché implica l’inizio di un rapporto stretto con la madre. L’avere rapporti umani era considerata costituente per la persona umana. Tuttavia, un tale rapporto si costituisce già nella fusione dello spermatozoo e dell’ovulo come frutto del rapporto sessuale dei genitori. Inoltre l’embrione riceve anche prima dell’annidamento i nutrimenti necessari e l’ossigeno per la crescita dalla madre.

Secondo un secondo criterio estrinseco l’embrione diventa un individuo umano quando viene riconosciuto tale dalla legge positiva. Nella nostra società pluralista, l’unica soluzione pratica possibile alla controversia sullo status dell’embrione umano sarebbe, secondo molti, che lo status dell’embrione venga definito attraverso il consenso democratico. Tuttavia, la verità, anche quella riguardante lo status dell’embrione, non può essere stabilita mediante una indagine statistica.

Un terzo criterio estrinseco fa dipendere lo status dell’embrione della scelta di altri di dare all’embrione creato mediante la fertilizzazione-in-vitro la possibilità di un ulteriore sviluppo. Soltanto se trasferito nell’utero, l’embrione avrebbe un valore maggiore rispetto a quello puramente strumentale. Il problema è che lo status dell’embrione, inteso in questo modo, lo si determina in modo voluntarista, cioè lo si fa dipendere dalle scelte di altri, soprattutto del ricercatore e dei genitori.

Visto che i criteri estrinseci non sono idonei per indicare lo status morale dell’embrione, bisogna usare criteri intrinseci per avere un giudizio oggettivo sul rispetto dovuto all’embrione.

In primo luogo bisogna riconoscere che l’embrione, anche nella fase preimpiantatorio, è 1) un essere con una propria vita, separata da quella della madre, 2) un essere umano dal punto di vista biologico, 3) un individuo e 4) un essere con una finalità intrinseca di diventare una persona umana. Tuttavia, possiamo anche concludere che l’embrione preimpiantatorio sia un individuo umano o una persona umana? Nella sua valutazione dello stato dell’embrione umano nella enciclica Evangelium Vitae Giovanni Paolo II, evitando di dichiarare espressamente che il momento dell’animazione coincida con il concepimento, fa riferimento alle conclusioni della scienza odierna sull’embrione umano che possono fornire «una indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana?» (Donum Vitae I,1; Evangelium Vitae n. 60).

La teoria dell’animazione ‘indiretta’ o ‘ritardata’, esposta da Aristotele (384/383-332 a.C.), si fondava sulle sue conoscenze embriologiche sbagliate che il corpo dell’embrione sorge dal sangue mestruale, trattenuto nell’utero durante la gravidanza e trasformato nel corpo embrionale mediante lo sperma. Questo escluderebbe una animazione dell’embrione dal concepimento. Detta obiezione scade visto che l’embrione è un essere vivente dal concepimento. Le antropologie moderne che attribuiscono all’embrione lo status di una persona umana solo dal momento in cui è stata realizzata l’autoconsapevolezza (alla fine della gravidanza) o perfino la manifesta coscienza razionale (parecchio tempo dopo la nascita), si caratterizzano da un dualismo profondo, non in grado di spiegare l’essere umano come una unità sostanziale.

Le conoscenze embriologiche e genetiche attuali forniscono indicazioni preziose che l’embrione ha l’identità specifica di una persona umana. Riguardo alla identità numerica, per cui le persone umane si distinguono l’una dall’altra, ma che può differire considerevolmente nello stesso individuo – almeno dall’aspetto esterno - durante i vari stadi diversi della vita, c’è ancora un cambiamento notevole durante lo sviluppo embrionale e anche dopo. Questo non si spiega mediante una varietà della dimensione spirituale, perché questa avrebbe come conseguenza che gli esseri umani, non avendo la stessa identità generica, non appartenessero alla stessa specie. La identità numerica dipende dalla dimensione materiale/biologica della persona umana. Ciò che la determina fondamentalmente, pur non da solo, è il genoma umana, presente ed attivo dal concepimento.

Benché sia impossibile dimostrare empiricamente una presenza personale dal concepimento, la riflessione filosofica sullo stato bioantropologico dell’embrione umano indica una incongruenza dell’umanizzazione indiretta o graduale con la visione dell’individuo umano come una unità sostanziale di spirito e corpo.

[00285-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0096-XX.01]