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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL V CONGRESSO MONDIALE DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E I RIFUGIATI (17-22 NOVEMBRE 2003, ROMA), 11.11.2003


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL V CONGRESSO MONDIALE DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E I RIFUGIATI (17-22 NOVEMBRE 2003, ROMA)

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. STEPHEN FUMIO HAMAO

INTERVENTO DI S.E. MONS. AGOSTINO MARCHETTO

INTERVENTO DEL REV.DO P. A. BLUME, S.V.D.

Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del V Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati che si svolge a Roma dal 17 al 22 novembre sul tema "Ripartire da Cristo per una rinnovata pastorale dei migranti e i rifugiati".

Partecipano alla Conferenza Stampa l’Em.mo Card. Stephen Fumio Hamao, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, S.E. Mons. Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti; e il Rev.do P. Michael Blume, S.V.D., Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. STEPHEN FUMIO HAMAO

Come risulta dal titolo dell’evento che qui presentiamo oggi, il Congresso mondiale, organizzato dal Pontificio Consiglio della pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che avrà luogo a Roma, presso l’Istituto Patristico Augustinianum, dal 17 all 22 novembre prossimo, non è il primo del genere, bensì il quinto di una serie di Congressi mondiali, che si realizzano ogni cinque anni, e che trattano questioni e problematiche relative alla pastorale dei migranti e dei rifugiati.

Il fenomeno migratorio è nato con l’uomo, direi. Risale ai giorni dei nostri antenati. Oggi, però, esso ha acquistato dimensione universale, incoraggiato da vari aspetti della moderna globalizzazione, che spingono uomini e donne ad attraversare le frontiere degli Stati-nazioni, con o senza autorizzazione. Poi violenze, guerre, violazioni dei diritti umani, terrorismo, hanno dato adito al movimento di rifugiati o di sfollati. Ovviamente tale complessa situazione porta con sé gravi problemi che richiedono urgenti soluzioni e la Chiesa, Madre e Maestra, non può e non vuole restare passiva davanti a tali sofferenze. Essa desidera condividere la vita e la vicenda dei migranti e dei rifugiati ed essere accanto ad essi nella loro ricerca di una vita più umana e più sicura, degna dei figli di Dio.

E’ per questo che il nostro Pontificio Consiglio celebra questa serie di Congressi sulla pastorale per i migranti ed i rifugiati, l’ultimo dei quali, il quarto, esaminò piuttosto aspetti socio-economici e politici del fenomeno e le loro conseguenze pastorali. Alla conclusione, il Congresso affidò alla società civile e alla Chiesa alcune raccomandazioni concrete, ad esempio, la ratifica della Convenzione per la protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, che caldeggiamo ancora oggi, pure dopo la sua entrata in vigore, dato che mancano all’appello praticamente tutti gli Stati che accolgono il maggior numero di lavoratori migranti.

Inoltre, la salvaguardia della libertà di pensiero, di coscienza e di religione con manifestazione di ciò in cui l’emigrato crede nella vita privata e pubblica. Il Congresso auspicò altresì una maggior cooperazione tra le Chiese del paese di origine e del paese di arrivo del migrante.

In seguito, si tennero quattro Riunioni Regionali dei Direttori Nazionali per le Migrazioni e cioè, in Asia-Pacifico, in Africa, in America ed in Europa, che confluirono in una Riunione Mondiale nell’anno giubilare del 2000. Scopo di tali riunioni era l’esame delle risposte date dalle Chiese locali ai summenzionati problemi e dei modi per renderle più efficaci.

Varcata la soglia del terzo millennio, desideriamo quest’anno affrontare il fenomeno dei migranti e dei rifugiati da un’altra prospettiva, quella prettamente pastorale, naturalmente non isolata dalle altre. In sintonia con quanto il Santo Padre scrisse nella Sua Lettera Apostolica "Novo Millennio Ineunte", ribadiamo allora che di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, ci salverà non una formula, ma una Persona, quella santissima di Cristo, che ha promesso di essere con noi sino alla fine del mondo (cf. Mt 28,20).

Vogliamo dunque, nel Congresso, "ripartire da Cristo" nel proporre riflessioni, convinzioni, programmi e azioni pastorali attinenti al nostro mondo lacerato da molte emarginazioni e divisioni. Ancora sintonizzati sulle parole di Giovanni Paolo II, siamo coscienti che "non si tratta di inventare un ‘nuovo programma’", perché "il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Si incentra … in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste" (NMI 29). Tale programma non cambia con i tempi e i cambiamenti culturali, anche se deve tenerli in conto per poter dialogare nel modo più autentico e comunicare e salvare in quello più efficace. Ciò che varia, invece, sono gli orientamenti pastorali concreti che devono essere "adatti alle condizioni di ciascuna comunità". Difatti occorre che "l’unico programma del Vangelo continui a calarsi … nella storia di ciascuna realtà ecclesiale" e i tratti programmatici concreti consentano "all’annuncio di Cristo di raggiungere le persone, plasmare le comunità, incidere in profondità mediante la testimonianza dei valori evangelici nella società e nella cultura" (ibidem).

Abbiamo dunque scelto di fare nostre, in questo Congresso, alcune priorità pastorali indicate dal Santo Padre stesso per questo terzo millennio.

Perciò, ripartendo da Cristo, vogliamo analizzare le sfide odierne del mondo dei migranti e rifugiati, convinti che nessuno più di Lui possa essere un loro buon alleato nell’affrontarle. Egli infatti ha detto: "Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!" (Gv 16,33 ). Di fronte infatti al Male (con la M maiuscola), la causa ultima scatenante la piaga attuale della forzata umana mobilità, è inutile combattere con le sole forze umane, per quanto valide o potenti esse possano essere. Occorre combattere il Male con il Bene, il Sommo Bene. Ormai una sola è la forza efficace: Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Analizzando ora per voi il nostro programma più d’appresso, per conoscere meglio l’attuale situazione dei migranti e dei rifugiati nel mondo, ascolteremo la Sig.ra Gabriella Rodriguez, Referente delle Nazioni Unite sui Diritti Umani dei Migranti, e il Prof. Stefano Zamagni, Presidente della Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni. Poi vi sarà un’analisi delle sfide pastorali nel mondo dei migranti e dei rifugiati oggi, del Cardinale Theodore McCarrick, Arcivescovo di Washington, che da molto tempo è personalmente interessato e coinvolto in progetti concreti per far fronte al fenomeno migratorio.

E’ ancora ripartendo da Cristo che esamineremo la visione della Chiesa sulla mobilità umana, la sua missione in una società multi o inter-culturale, in dialogo ecumenico e inter-religioso. Ci aiuteranno al riguardo qualificati esponenti della Curia Romana, vale a dire, il Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, il Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e l’Arcivescovo Pier Luigi Celata, Segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo inter-religioso.

La visione ecclesiale, invece, circa i migranti ed i rifugiati, dal postconcilio ad oggi, sarà tracciata dal Segretario del nostro Dicastero, l’Arcivescovo Agostino Marchetto. Abbiamo inoltre invitato quattro Delegati fraterni di altre Chiese cristiane o loro raggruppamenti, che interverranno dando il contributo ecumenico alle nostre riflessioni. Essi rappresenteranno la Comunione anglicana, il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, la Federazione Luterana Mondiale e il Consiglio Ecumenico delle Chiese. E’ un segno, questo, della nostra volontà di dialogo non soltanto teologico ma anche della vita.

Pure la speranza di realizzare il nostro sogno di un mondo nuovo risulta basata dal ripartire da Cristo, scommettendo sulla carità. "E’ possibile – si chiedeva il Papa – che, nel nostro tempo, ci sia ancora chi muore di fame? Chi resta condannato all’analfabetismo? Chi manca delle cure mediche più elementari? Chi non ha una casa in cui ripararsi?" (NMI 50). "Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo – Egli attestava poi – dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi: ‘Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi’ (Mt 25, 35-36). Questa pagina non è un semplice invito alla carità: è una pagina di cristologia" (NMI 49).

Le nostre riflessioni al riguardo saranno guidate da chiarissimi esperti in diversi campi. Così il P. Albert Vanhoye, S.J., già Professore al Pontificio Istituto Biblico, ci presenterà l’insegnamento delle Sacre Scritture, mentre Mons. Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kisangani nella Repubblica Democratica del Congo e Presidente uscente del SECAM, ci farà intravedere un mondo più fraterno e accogliente nella solidarietà, se ripartiamo da Cristo. Infine, il Cardinale Jean-Louis Tauran, Segretario uscente della Sezione per i Rapporti con gli Stati, ci delineerà un mondo più giusto, libero e in pace, al ripartire ancora da Cristo, in mediazione ecclesiale.

Non si potrà comunque ripartire da Lui senza dare particolare rilievo all’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana, e alla Liturgia domenicale. E ciò anzitutto perché la nostra fede si poggia sulla risurrezione di Cristo, quel "primo giorno dopo il sabato" (Mc 16,2.9; Lc 24,1; Gv 20,1). Celebrandola nella pasqua settimanale "la Chiesa continuerà ad additare ad ogni generazione ciò che costituisce l’asse portante della storia, al quale si riconducono il mistero delle origini e quello del destino finale del mondo" (Dies Domini, 2).

Inoltre, perché la Liturgia domenicale raccoglie ogni settimana i cristiani "come famiglia di Dio intorno alla mensa della Parola e del Pane di Vita" (NMI 36), così deve avvenire per migranti e rifugiati, insieme agli autoctoni e a tutti i componenti della comunità cristiana. Tutti vi si scoprono fratelli in Cristo, appartenenti alla famiglia dei figli di Dio. E’ questa famiglia "l’antidoto più naturale" sia alla dispersione dei cristiani che all’isolamento dei singoli (ibidem).

Per contemplare meglio la bellezza e assaporare la sublimità di questo sacramento, avremo con noi il Cardinale Geraldo Majella Agnelo, Arcivescovo di São Salvador da Bahia, del Brasile, che ci parlerà appunto dell’"Eucaristia, Pane e Parola di Vita", il Vescovo Renato Ascencio León, Presidente della Commissione Episcopale per la Mobilità Umana del Messico, che ci intratterrà su "l’Eucaristia, segno e strumento d’unità" e il Card. Godfried Danneels, Arcivescovo di Mechelen-Bruxelles, il quale ci presenterà "l’Eucaristia, come seme di Cieli Nuovi e Terra Nuova".

Il programma di ogni giorno, dunque, consisterà in alcune conferenze relative al sottotitolo della giornata. Seguiranno poi le tavole rotonde di testimonianza, con presentazione di esperienze concrete nel campo di impegno di ciascuno. Infine i lavori di gruppo coinvolgeranno tutti i partecipanti.

In questo Congresso, saranno rappresentate le Chiese locali di ogni continente, in modo che le riflessioni e i suggerimenti per futuri progetti siano autentica espressione di chi è impegnato nella pastorale per i migranti e i rifugiati. Inoltre, avremo con noi esperti e studiosi, perché tutto sia avallato da qualificato pensiero, anche scientifico, teologico e umano. Saranno rappresentati altresì le Congregazioni e gli Istituti religiosi, nonché Movimenti ecclesiali e Associazioni laicali in vista di una sempre maggiore, o futura, collaborazione.

E’ nostra viva speranza che grazie a quest’assise arriveremo a formulare alcune risposte adeguate alle sfide che ci stanno dinanzi con un rinnovamento pastorale, nella continuità, in ognuno di noi e fra noi. Con la collaborazione di tutti, desideriamo approntare programmi e progetti per un mondo più cristiano, degno dell’essere umano, in modo da poter invocare con più verità che tutto in terra è come in cielo, secondo la volontà e il disegno d’amore di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.

[01748-01.02] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. AGOSTINO MARCHETTO

MIGRAZIONI INTERNAZIONALI

In occasione del nostro Congresso, le cui linee di svolgimento e realtà di partecipazione vi sono state appena presentate, vorrei illustrarvi l'ampiezza del fenomeno migratorio, limitandomi all'aspetto internazionale (come si sa, vi sono anche migrazioni interne ai vari Paesi, pure molto consistenti, e ci riferiamo particolarmente al fenomeno dell'inurbamento).

a. Le dimensioni

Circa un miliardo di persone, ogni anno, lasciano il proprio Paese di origine, per lavoro, turismo, o pellegrinaggio, in esilio o per sfuggire alla guerra, spinti dalla povertà oppure per chiedere asilo. L'Organizzazione Mondiale delle Migrazioni (OIM) così può parlare di una human mobile population. Ne fanno parte anche coloro che comunemente vengono chiamati "immigrati", attualmente circa 175 milioni.

All'inizio di questo nostro secolo, nel mondo, una persona ogni 35 è dunque migrante, il 2,9% della popolazione mondiale, quindi, il cui 48% è costituito da donne. Negli ultimi 35 anni, poi, varrà rilevare che il numero dei migranti internazionali è più che raddoppiato.

Concretamente, si può dire ormai che nessun Paese è escluso dal fenomeno dei flussi migratori internazionali, come luogo di origine, o transito o destinazione, e a volte insieme.

b. Presenza degli immigrati in vari Paesi

Secondo l'OIM1, gli Stati Uniti, con 35 milioni di persone, e la Federazione Russa, con 13,3 milioni guidano la lista dei 15 Paesi con il più alto tasso di presenza di immigrati nel proprio territorio. La lista comprende Paesi di tutti i continenti: Germania (7,3 milioni), Ucraina (6,9), Francia (6,3), India (anche 6,3), Canada (5,8), Arabia Saudita (5,3), Australia (4,7), Pakistan (4,2), Regno Unito (4), Kazakistan (3) Costa d'Avorio (2,3) Iran (2,3) Israele (2,3), ecc.

c. Presenza di immigrati secondo i Continenti

In Africa si arriva ai 16,2 milioni di immigrati, pari al 2,1% della popolazione totale. La presenza straniera in America Latina e nei Caraibi raggiunge i 5,9 milioni, pari all'1,1% della popolazione.

L'Oceania/Pacifico, con circa 6 milioni di migranti, costituisce la Regione del mondo con il più alto numero di migranti in rapporto alla popolazione totale (19,1%), seguita dall'America del Nord con 41 milioni (13%), dall'Europa con 56 milioni (7,7%) e l'Asia con 49,7 milioni.

c. Presenza di immigrati secondo i Continenti

In Africa si arriva ai 16,2 milioni di immigrati, pari al 2,1% della popolazione totale. La presenza straniera in America Latina e nei Caraibi raggiunge i 5,9 milioni, pari all'1,1% della popolazione.

L'Oceania/Pacifico, con circa 6 milioni di migranti, costituisce la Regione del mondo con il più alto numero di migranti in rapporto alla popolazione totale (19,1%), seguita dall'America del Nord con 41 milioni (13%), dall'Europa con 56 milioni (7,7%) e l'Asia con 49,7 milioni.

d. Migrazione irregolare

Essa continua ad essere un fenomeno estremamente complesso, sul quale sono difficilmente disponibili dati precisi e affidabili. Così si stima 2che siano tra i 700.000 e i 2 milioni le donne e i bambini oggetto-soggetto di traffico, ogni anno, attraverso le frontiere internazionali. Si calcola inoltre che circa 500.000 persone entrano irregolarmente annualmente negli Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda, mentre nell'Unione Europea la cifra varierebbero tra 120.000 e 500.000 all'anno L'introduzione clandestina di migranti è un "commercio" molto proficuo che genera miliardi di dollari.

RELATIVI PROBLEMI SOCIO-ECONOMICI

a. Migrazioni per motivi di lavoro

L'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) stima che attualmente sono circa 65 milioni le persone che lavorano in un Paese diverso dal proprio, con o senza autorizzazione. Vari fattori determinanti (come "l'attrazione" esercitata dai cambia- menti demografici e dal mercato del lavoro in molti Paesi industrializzati; la pressione demografica, la disoccupazione e le crisi nei Paesi poveri; le reti e i contatti stabiliti nel tempo tra i vari Paesi, grazie a legami familiari, culturali e storici) continueranno ad alimentare questo tipo di movimenti3.

b. Migrazione e sicurezza

Per gli atti terroristici perpetrati l'undici settembre 2001, che hanno avuto un notevole impatto sulle migrazioni, vi è stata una reazione direi naturale di preoccupazione per la sicurezza nazionale e per l'incidenza della migrazione su quelle economica e sociale, nonché sulla stabilità nazionale. Ci si è chiesto in effetti se la mobilità, intensificata dalla globalizzazione, costituisca una minaccia per la sicurezza degli Stati e della società. Gli effetti dell'undici settembre hanno dunque posto in evidenza l'importanza di una gestione efficace dei flussi migratori e accresciuto la consapevolezza dell'insufficienza di misure puramente locali e circoscritte.

c. Diritti dei migranti

La questione della tutela e del rispetto dei diritti umani dei migranti è, e rimane, comunque, all'ordine del giorno nell'agenda internazionale. La loro violazione è infatti diventata un fatto ricorrente e i migranti sono sempre più soggetti ad abusi e sfruttamento a causa della loro particolare condizione di vulnerabilità. Inoltre essi sono spesso capri espiatori di una serie di problemi sociali e, anche per questo, vittime di xenofobia e discriminazione. I migranti, indipendentemente dal loro status giuridico, hanno invece diritto ad essere protetti nei loro diritti fondamentali. A tal fine l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il 18 dicembre 1990 la "Convenzione Internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie", entrata in vigore il 1° luglio del corrente anno 2003, e salutata favorevolmente dalla Santa Sede, che con le parole del Santo Padre ha invitato tutti gli Stati a ratificarla. In effetti, purtroppo, tale Convenzione è stata firmata finora solo da Paesi di emigrazione.

d. Inclusione dei principali attori nei processi decisionali

Un approccio integrale dei problemi deve prendere in considerazione le migrazioni in tutte le loro prospettive, riconoscendone l'interdipendenza con altre questioni. Anche per questo motivo, in esse è necessario coinvolgere vari soggetti, cioè Governi, Organizzazioni intergovernative e non governative, Associazioni imprenditoriali, Comunità e Migranti stessi. Anche le Chiese e le religioni dovrebbero essere considerate e ciò apre il campo delle

RELATIVE SFIDE PASTORALI

 

a. Nuovo concetto di "Missione"

La pubblicazione dell'Enciclica Redemptoris Missio (1990) e dell'Istruzione Dialogo e Annuncio (1991) ha indubbiamente ridato slancio agli studi sulla missione. Ne è venuta altresì una certa nuova coscienza, che le migrazioni tendono a vivificare, dell'obbligo della missione Ad gentes, poiché esse costituiscono senza dubbio una sfida missionaria, "creando occasioni nuove di contatti e scambi culturali, sollecitando la Chiesa all'accoglienza, al dialogo, all'aiuto, in una parola alla fraternità" (RM 37b) e alla missione.

b. Dialogo e solidarietà

A questo riguardo la consapevolezza di vivere in un mondo sempre più globalizzato, ma al tempo stesso sempre più "tagliato" dalle diversità, - culturali, sociali, economiche, politiche e religiose - presenta nuove sfide alla formazione umana, la principale delle quali è l'educazione alla convivenza negli ambienti pluriculturali e religiosi. Bisogna cioè trovare le chiavi di soluzione al difficile problema di armonizzare l'unità dell'umanità, indubbia, con la diversità dei popoli, delle etnie, delle culture e delle religioni che la compongono. Ciò implica praticare l'accoglienza dell'altro, con la cultura del dialogo e della reciprocità, della solidarietà e della pace. Questo sarà possibile nella misura in cui scopriremo comuni valori culturali validi dovunque. Cattolicità, universalità, multietnicità e pluralismo culturale sono dunque le caratteristiche che la Chiesa, con discernimento, assume, specialmente in questo inizio di Millennio.

c. Chiesa locale e missione universale

Fra le sfide missionarie del nostro tempo, anche per e tra i migranti, v'è quella del raccordo tra la tendenza attuale alla località e quella all'universalismo (globalizzazione). L'uomo d'oggi ha bisogno di ritrovare le sue radici, di assicurare la sua identità, con un riferimento preciso al suo ambiente, alla sua comunità religiosa di origine, al "luogo" in cui vive e opera. D'altra parte vive già una dimensione planetaria, sia per l'interdipendenza economica, che per la rapidità degli spostamenti e la globalizzazione, soprattutto dell'informazione. Anche in campo ecclesiale, "mutatis mutandis", si ritrovano queste due tendenze con la riscoperta della Chiesa locale e allo stesso tempo con rinnovata presa di coscienza di una universalità dinamica della Chiesa: quella "universalità" per la quale non solo essa è ormai "dappertutto", ma è pure aperta ad accogliere e invitare alla comunione tutti i migranti e tutte le loro ricchezze umane, storiche, culturali e religiose. Occorre cioè mettere al servizio della comunione l'intera dimensione trinitaria e pasquale della nostra fede. L'orizzonte di tale comunione è l'universalità e unicità della missione di Cristo, unico Salvatore, che fonda la cattolicità della Chiesa: una Chiesa che parla tutte le lingue e nella quale nessuno è straniero. La comprensione di questa cattolicità è la fonte della sua dinamica missionaria.

Per fare tutto ciò, ci vuole una consapevolezza delle realtà migratorie da parte di tutti gli operatori pastorali, come pure una più coerente organizzazione della pastorale nelle Chiese particolari. Universalità e particolarità sono dunque inseparabili. Compito della Chiesa, e dell'impegno pastorale per i migranti, è testimoniare, insieme, questa mutua compenetrazione di universale e di particolare. Credo ne avremo testimonianza fulgente nel prossimo Congresso.

_________________________

1 Cfr. "Questioni di politica migratoria", N. 2, Marzo 2003, p. 1

2 Ibidem, p. 2

3 Cfr. "Questioni di politica migratoria", N. 1. Marzo 2003, p. 2

 

[01749-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DEL REV.DO P. A. BLUME, S.V.D.

IL MONDO DEI RIFUGIATI E DEGLI SFOLLATI

Introduzione

Una casa di fango, bassa, di una sola stanza. Una piccola apertura triangolare di circa 20 centimetri, per finestra. Un logoro tetto di tela impermeabile dell'UNHCR, teso e fermato con otto grosse pietre. Altri pezzi di plastica chiudono i buchi. Lì vive un catechista, con sua moglie e cinque bambini. Egli era fuggito con la sua famiglia dal Sudan. Impiegarono tre mesi per arrivare al confine: tutta strada fatta a piedi. Vicino alla sua casa ce ne sono altre, ma alcune sono crollate. E così egli ospita altre quattro persone e durante la notte dormono in undici in quell'unica stanza.

Essi vivono in questo luogo dell'Africa Orientale, che essi chiamano casa, da cinque anni, mentre altri sono qui già da undici anni. Sono ottantasei mila le persone che vivono assieme a loro in questo campo-rifugiati, tutte dipendenti dalle razioni amministrate giornalmente, poiché non è consentito loro di lavorare o di allevare animali. Il cibo, tuttavia, non sempre arriva. L'anno scorso, per esempio, i fondi della comunità internazionale sono stati sufficienti per acquistare alimenti - soprattutto mais - soltanto per un totale di 1700 calorie al giorno. Non sorprende, dunque, un tasso di malnutrizione superiore al 17%, tenuto anche conto che le persone hanno bisogno di cibo variato. Questo è soltanto un caso tra migliaia, nei paesi più poveri del mondo.

Le persone fuggono dalla loro patria a causa di guerre e violazioni dei diritti umani, di siccità. Alcuni cercano soltanto condizioni di vita decenti. Cercano, cioè, di sottrarsi a un'agricoltura di sopravvivenza, a condizioni di lavoro e a livelli di reddito che nessun sindacato tollererebbe nel "mondo industrializzato". Insomma, fuggono anche da situazioni economiche disastrose. Emigrando, essi sono pronti ad assumersi rischi, anche gravi, sull'orlo della disperazione.

La realtà odierna e la risposta degli Stati

Per limitarci, nella considerazione, ai rifugiati, essi sono 12 milioni, sotto mandato dell'apposito Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR), e altri quattro milioni sotto quello dell'Agenzia delle Nazioni Unite di Soccorso e Lavoro per i rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA). Inoltre vi sono rifugiati de facto, non inclusi nella protezione dei suddetti mandati. Bisogna poi contare gli sfollati, cioè quei profughi che non hanno varcato il confine nazionale, il cui numero è salito in modo spettacolare a circa 25 milioni di persone. Se avessero abbandonato il proprio Paese, dovrebbero anch'essi aver ricevuto una qualche protezione internazionale. I loro Governi stessi potrebbero essere però i loro persecutori o, comunque, sono privi della capacità o della volontà di offrire loro un minimo di benessere e sicurezza. Rifugiati e profughi affrontano spesso la fame, e fra di loro sono alte le percentuali di malattie che potrebbero essere evitate, mentre non mancano gravi abusi in fatto di diritti umani.

In ogni caso dobbiamo purtroppo rilevare oggi una crescente disparità tra gli impegni assunti dagli Stati nella legislazione internazionale esistente e la pratica corrente. Molti Stati hanno cioè messo in atto stratagemmi tesi ad eludere le loro responsabilità, per non dover affrontare i problemi delle migrazioni forzate, e tenerle così al di là dei propri confini. Dietro questi atteggiamenti restrittivi si celano ragioni interdipendenti, come, ad esempio, il numero sempre maggiore di richiedenti asilo che giunge nei Paesi occidentali, l'asilo trasformato in elemento di propaganda elettorale, un giornalismo che alimenta atteggiamenti ostili nei confronti degli stranieri e il crescente timore del terrorismo internazionale. I migranti forzati vivono quindi, al presente, in condizioni peggiori di prima, anche nei Paesi del Sud, che risultano sempre più stanchi di affrontare lunghe crisi le quali coinvolgono centinaia di migliaia di rifugiati, con sempre minore sostegno da parte dei donatori internazionali. Le speranze di troppi rifugiati e delle loro famiglie stanno quindi progressivamente svanendo.

La presenza pastorale della Chiesa

Poiché ogni essere umano è nostro fratello per il quale Cristo è morto e risuscitato, vediamo, dietro le notizie e le statistiche, degli esseri umani, individui con volti e famiglie, che amano e sono amati, ciascuno con una sua storia di speranze, aspirazioni e timori da condividere in mezzo a sofferenze individuali e collettive. I luoghi che diedero significato e dignità alla vita dei rifugiati sono lontani, mentre le loro esperienze storiche e la propria cultura rischiano l'esaurimento. Spesso i traumi lasciano poi un'impronta indelebile nella loro vita. Alcuni possono anche sentirsi colpevoli perché hanno potuto salvarsi, mentre amici e vicini si sono persi durante la fuga.

La Chiesa, comunità e ministri, è già parte, comunque, di questa realtà, che è chiamata a trasformare grazie alla Buona Novella di Gesù Cristo. Ciò può comportare anche tanti servizi, dall'essere con i rifugiati e i richiedenti asilo all'aiutarli materialmente, dal promuovere una migliore legislazione e il rispetto umanitario alle attività pastorali di una parrocchia pienamente strutturata. Mentre la cura pastorale dei rifugiati può assumere forme diverse, a seconda delle circostanze, il suo punto di partenza dovrà peraltro sempre essere la comprensione della situazione in tutte le sue dimensioni - personali, sociali, economiche, politiche - alla luce della Parola di Dio e della Dottrina Sociale della Chiesa. Questo significa soprattutto avere occhi ed orecchie attenti. Qualcuno è certo al loro fianco - un sacerdote, una suora, un laico, un catechista - e ascolta le drammatiche esperienze del loro passato, li assiste come persone, offre loro la forza e la consolazione della Parola di Dio e dei Sacramenti e li rispetta. Questa presenza intende far sentire loro che valgono veramente come esseri umani e che sono amati da Dio e dagli uomini, in modo particolare attraverso la comunità ecclesiale. È questo per noi il primo passo verso la reintegrazione della dignità dei rifugiati, dei profughi.

Benché i campi-profughi non siano luoghi ideali, in alcuni ci sono équipes pastorali e perfino normali parrocchie, che li rendono più vivibili. Ciò contribuisce a rafforzare le persone nella loro fede e permette di trovare conforto negli altri, nonché di farsi essi stessi presenza incoraggiante per i fratelli e le sorelle in difficoltà. Così strutture e attività, familiari nei loro Paesi, assumono nuovo significato, come, ad esempio, il catechismo, i cori, le piccole comunità ecclesiali, la formazione delle persone per ministeri particolari non ordinati. Sono, questi, tutti modi di ripristinare relazioni, creando comunione e consentendo alle persone, le cui vite sono tanto oppresse da forze esterne, di prendersi carico delle dimensioni più intime di sé e del proprio futuro. Inoltre, comunità vitali, pur in circostanze avverse, evangelizzano e invitano a comprendere le ragioni delle loro speranze (v. 1 Pt 3,15).

In altri luoghi la Chiesa, in collaborazione con le varie Organizzazioni esistenti, è impegnata ad assistere i richiedenti asilo e i rifugiati in varie attività, come la ricerca di un alloggio, o quelle derivanti dall'essere al loro fianco nei periodi difficili (p. es., durante l'attesa di una decisione in merito alla loro domanda d'asilo), o ancora dall'offrire corsi di lingua, dall'operare per un loro reinsediamento definitivo, o dal sostenere la integrazione nella società d'accoglienza. Molte volte la Chiesa locale parla anche in difesa dei rifugiati e dei profughi e perché sia rispettata la loro dignità umana. Le attività pastorali mettono dunque la Chiesa in contatto con questioni umanitarie e anche "politiche" con le quali i rifugiati debbono confrontarsi. Così, spesso, gli operatori pastorali diventano qualificati paladini della loro causa. Essi possono, quindi, invitare le Istituzioni politiche al rispetto delle leggi internazionali, a interpretarle nel modo migliore, a usare la loro autorità morale per affrontare questioni derivanti da razzismo, xenofobia, pregiudizio e discriminazione. La Dottrina sociale della Chiesa è il sostegno di fondo di queste attività, in cui si affrontano pure le radici delle crisi dei rifugiati, ricercandosi una pace giusta, la riconciliazione, il perdono e lo sviluppo integrale della persona, alla luce del bene comune delle nazioni coinvolte e dell'intera comunità internazionale.

Da più di 50 anni i Romani Pontefici hanno voluto una struttura universale di supporto alla cura pastorale (dal 1970 la Pontificia Commissione, poi Pontificio Consiglio, della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti) per l'umana mobilità, con invito, poi, alle Conferenze Episcopali di rinnovata sollecitudine per le molte forme di migrazione. È stata sollecitata così l'istituzione di Commissioni per la cura pastorale dei migranti, concordandosi i modi di cooperazione tra le Chiese di origine e quelle di destinazione e provvedendo alla formazione di sacerdoti, seminaristi, religiosi e laici per questo apostolato specifico. In molti Paesi non sono mancati, al riguardo, positivi risultati. Comunque, ci sono certamente ancora moltissimi rifugiati e sfollati che necessitano di una più significativa attenzione pastorale e di una maggiore presenza della Chiesa in mezzo a loro, ma purtroppo questo è un momento in cui molte Chiese particolari si sentono oberate dai problemi quotidiani e impoverite dalla mancanza di personale e di risorse.

Noi ci auguriamo che il Congresso Mondiale possa dare un nuovo slancio a tali attività pastorali in tutto il mondo, e che sia d'incoraggiamento a una strategia pastorale fondata su riflessioni ben fondate per gli enormi compiti che si trovano davanti a noi. Ciò aiuterà ad identificarci più strettamente con i richiedenti asilo, i rifugiati, gli sfollati, nei quali dobbiamo sempre riconoscere il volto di Cristo.

[01750-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0565-XX.01]