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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA LETTERA DEL SANTO PADRE AI SACERDOTI IN OCCASIONE DEL GIOVEDÌ SANTO 2001, 02.04.2001


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA LETTERA DEL SANTO PADRE AI SACERDOTI IN OCCASIONE DEL GIOVEDÌ SANTO 2001

INTERVENTO DEL CARD. DARÍO CASTRILLÓN HOYOS

INTERVENTO DI S.E. MONS. CSABA TERNYÁK

Alle ore 11.30 di oggi, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la Conferenza Stampa di presentazione della Lettera del Santo Padre ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 2001.

Prendono parte alla Conferenza Stampa: l’Em.mo Card. Darío Castrillón Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero, e S.E. Mons. Csaba Ternyák, Arcivescovo tit. di Eminenziana, Segretario della medesima Congregazione.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DEL CARD. DARÍO CASTRILLÓN HOYOS

Desidero porre in risalto tre aspetti della Lettera che il Santo Padre indirizza ai Sacerdoti, in occasione del primo Giovedì Santo del Terzo Millennio cristiano.

1. Si tratta, innanzitutto, di una Lettera di un Padre colmo di affetto per i suoi figli.

Afferma il Santo Padre che le sue riflessioni vogliono essere "di amicizia e, direi, di intimità" (n.1). Si sente portatore dello stesso tesoro del sacerdozio e desidera "condividere" con tutti i presbiteri "il ringraziamento e la lode" (Ibidem) per il dono dell’Eucaristia e dell’istituzione del sacerdozio ministeriale.

S’immerge con i suoi figli nella contemplazione del mistero d’amore, di unità e della divina diakonia, di cui i sacerdoti sono testimoni e ministri.

Con parole commoventi, rivolge il suo ringraziamento a tutti i sacerdoti per l’intenso lavoro da loro svolto, durante l’Anno Giubilare, nel rendere presente Cristo, e ammira altresì il loro lavoro umile e nascosto, discreto e tenace, talora rigato di lacrime ed esposto alle incomprensioni.

Ci ricorda il Papa la ricchezza incomparabile dell’intimità di Cristo.

2. Il secondo aspetto consiste nel Duc in altum!, nell’invito divino a riprendere il largo verso il vasto oceano della misericordia divina! (cfr. n.2).

Il Vicario di Cristo esorta i suoi fratelli sacerdoti ad entrare nelle profondità della misericordia del Padre. Direi che ci invita a contemplare il volto di Gesù mentre pronuncia quelle parole della parabola del figliol prodigo e, da questa visione luminosa, ci incoraggia, con la forza storica che ci ha offerto il Grande Giubileo, a ripartire per incontrare l’abbraccio riconciliatore del Padre e per testimoniare il Vangelo.

Il Santo Padre sceglie il tema della Riconciliazione sacramentale, strumento della misericordia divina per l’intera umanità.

Il Papa si fa voce di Cristo ed invita tutti i presbiteri a vivere con maggior intimità la vita di Cristo, perché afferma "non si può dare agli altri ciò che noi stessi non abbiamo!" (n. 3). Il mondo, anche se a volte inconsapevolmente, ha sete di Dio ed il ministero sacerdotale è portatore di quell’unica acqua viva che disseta ed infonde negli uomini la nuova vita di figli di Dio (cfr. n. 3).

La vera eredità del Giubileo è l’esperienza di un più intenso incontro con Cristo, che può essere sempre riattualizzato mediante la Riconciliazione sacramentale. Quante ore dedicate ai confessionali "assaliti" dai pellegrini e penitenti, durante l’anno giubilare! (cfr. n. 4).

E proprio in riferimento al Sacramento del Perdono, il Santo Padre propone la seguente riflessione "Le esigenze profonde dell’animo umano non possono essere cancellate da crisi temporanee" (n.5).

Affermazione profetica, che è insieme richiamo ad una più fiduciosa ed audace pastorale della misericordia divina, dinanzi alla temporanea crisi della pratica del Sacramento del Perdono.

Il cammino dell’uomo del terzo millennio verso la casa del Padre, porta alla riscoperta del sacramento della Penitenza nel suo significato profondo d’incontro con Lui che perdona mediante Cristo nello Spirito: esso è un avvicinamento alla santità di Dio, un ritrovare la propria verità interiore, turbata e sconvolta dal peccato, un liberarsi nel più profondo dell’inganno del demonio, e per questo "un riacquistare la gioia perduta, la gioia di essere salvati, che la maggioranza degli uomini del nostro tempo non sa più gustare" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 31,III).

I nostri confessionali sono silenziosi testimoni proprio dell’amore di Dio Padre, della grazia del Signore nostro Gesù Cristo e dell’unità nello Spirito Santo.

Mi hanno riferito che anni fa un sacerdote, confessore instancabile, celebrò il giubileo d’oro del suo sacerdozio e, in quel giorno, i suoi penitenti ricoprirono di fiori il confessionale in cui egli manifestava loro il cuore del Padre. E’ un episodio dimostrativo della preziosità del sacramento della Penitenza e del suo legame con il sacerdote. Il sacramento della misericordia e l’uomo, il canale della misericordia.

Di questo ha bisogno il mondo. Inesauribile è la grazia del perdono che Cristo ci reca nel sacramento della Penitenza, poiché inesauribili sono i meriti del suo sangue versato sulla croce. Ne possiamo attingere sempre. I Padri della Chiesa paragonano la situazione dell’uomo al naufragio di una nave, da cui è possibile salvarsi aggrappandosi all’inaffondabile albero della croce. Vivere di questa verità significa possedere una fiducia incondizionata.

"Gesù Cristo ha dato la sua vita per noi" (Gv 3,16): ecco la fonte della nostra inesauribile fiducia. Ma affinché le nostre labbra possano attingere a tale sorgente, esse devono confessare con dolore i peccati nel sacramento della Penitenza, nell’amministrazione del quale il sacerdote, come scrisse S. Ambrogio, è Vicario dell’amore di Cristo.

Il Santo Padre, con tocco squisitamente pastorale, richiama tutti noi sacerdoti a sentire "la grazia del sacerdozio come una sovrabbondanza di misericordia"; "Riscopriamo, dunque, la nostra vocazione come ‘mistero di misericordia’ " (nn. 6-7).

E la misericordia non è qualcosa ma è Qualcuno: Cristo Gesù è la misericordia e noi possiamo capire il significato di questa parola soltanto se abbiamo presente Lui! Misericordia è la chiave per aprire la porta al mistero del Redentore e, di conseguenza, alla comprensione del sacerdozio ordinato.

Nell’Enciclica Redemptor Hominis il Santo Padre ci insegna che "la rivelazione dell’amore e della misericordia ha nella storia dell’uomo una forma e un nome: si chiama Gesù Cristo" (RH, 9).

E qui siamo al cuore della divina Rivelazione; questo è il cristianesimo. E il sacerdote, a prescindere dai propri limiti umani, è un prolungamento di Cristo nel tempo in cui vive e fra quanti esercita il proprio ministero.

Su questo sfondo si staglia l’esortazione del Santo Padre: "riscopriamo, dunque, la nostra vocazione come mistero di misericordia".

"Chiediamo dunque a Cristo – prosegue il Pontefice - …di aiutarci a riscoprire pienamente, per noi stessi, la bellezza di questo Sacramento" (n. 11) ed ancora: "riscopriamo il sacramento della Riconciliazione come strumento fondamentale della nostra santificazione" (n. 10).

Dunque, anzitutto, siamo invitati noi sacerdoti a riscoprire pienamente, per noi stessi, la bellezza di questo sacramento, determinante per la santificazione. E santificazione è anche piena realizzazione della propria personalità e anima di ogni attività apostolica.

Si può disquisire su mille aspetti e su mille sfaccettature ma ciò che è decisivo per il ministero sacerdotale è un profondo legame personale con Cristo. Il sacerdote deve fare esperienza intensa, coinvolgente, appassionata di Gesù e per questo, nonostante tutte le urgenze – anzi, in un certo senso, proprio a causa di queste – deve essere uomo di orazione indistruttibile e deve sperimentare personalmente la divina misericordia per poi riversarla generosamente, quasi per traboccamento, sui fratelli.

Ritornando con la mente ai grandi segni giubilari, ne ricordo uno che si addice ai contenuti e all’afflato di questa Lettera.

Penso alla prima canonizzazione del Grande Giubileo, quella di Suor Faustina Kowalska, umile religiosa polacca alla quale il Signore risorto, rivelandosi a lei fra le due guerre mondiali, ha affidato uno straordinario messaggio, quanto mai attuale e che il Santo Padre ha espressamente consegnato alla generazione del nuovo Millennio: "la luce della divina misericordia, che il Signore ha voluto quasi riconsegnare al mondo attraverso il carisma di Suor Faustina, illuminerà il cammino degli uomini del terzo millennio" (Omelia alla canonizzazione, 30 aprile 2000).

3. Siamo giunti al terzo aspetto: nella Lettera il Santo Padre esorta, in modo pratico e concreto, tutti i sacerdoti ad accostarsi al Sacramento del Perdono e ad offrire, con l’urgenza della carità di Cristo, il sublime dono della misericordia divina a tutti coloro che lo richiedono, mediante l’ascolto della Confessione sacramentale.

La riscoperta di questo Sacramento che svecchia, guarisce e rende nuovi è posto in relazione al primo punto di quella saggia "programmazione" pastorale che il Santo Padre, nella "Novo Millennio Ineunte", ha indicato nella santità (nn. 30-31). "E’ impegno fondamentale di tutti i credenti, quanto più deve esserlo per noi!" (n. 10).

Forse noi sacerdoti, in non poche situazioni, dovremo anche ridimensionare qualche attività esteriore e dispersiva, per riservare alle confessioni e alla ricerca paziente di livelli più profondi di spiritualità, la priorità e il massimo impegno.

Nel turbinio delle cose da fare – e per un sacerdote sono davvero tante – occorrerà tenere bene a mente quanto asserisce S. Tommaso, ovvero "che quando si è strappati alla vita contemplativa per applicarsi alla vita attiva, non si tratta di abbandonare la contemplazione, ma di aggiungervi l’azione" (Summa Theologiae, II a – II ae, q. 182, a. 1).

Le realtà contemplate, le realtà vissute, trasmetterle agli altri. Così si situa il richiamo ad essere penitenti regolari e confessori facilmente accessibili. La santità personale giova al ministero e il ministero giova alla santità personale.

In questa logica si comprende quanto ci dice il Santo Padre, sempre all’interno della tematica delle confessione: "solo chi ha sentito la tenerezza dell’abbraccio del Padre, quale il Vangelo lo descrive nella parabola del figliol prodigo – ‘gli si gettò al collo e lo baciò’ (Lc 15,20) – può trasmettere agli altri lo stesso calore, quando da destinatario del perdono se ne fa ministro" (n. 10).

Il Sacramento della Riconciliazione che, per la vita sacerdotale è "sostegno, orientamento e medicina", è "irrinunciabile per ogni esistenza cristiana" (n. 11).

Ne consegue che ogni progresso di vita spirituale non può prescindere da questo sacramento, il quale è finalizzato alla pienezza della comunione con Dio e, in Dio, con i fratelli nella Chiesa. L’ideale quindi, secondo quanto la Chiesa ha sempre consigliato, rimane quello della confessione regolare e frequente, anche quando non ci fossero colpe gravi da confessare.

Di per sé il peccato mortale, almeno in voto, esige il ricorso al Sacramento, ma poiché la logica stessa dell’amore – fondamento e vertice della vita cristiana – esige una coscienza veramente libera e tersa, allora l’assoluzione anche delle imperfezioni e venialità libera pienamente l’uomo, lo rende nuovo, sicché la pasqua di Cristo sia anche pasqua dell’uomo.

"Lasciate che i bambini vengano a me" (Lc 18,16), questa tenerissima espressione del Redentore ci fa comprendere quale valore questo Sacramento rivesta anche per i candidati alla Prima Comunione, affinché il bambino venga educato alla scuola della vita evangelica.

La stessa scienza psicologica ci insegna che l’uomo non può rinchiudersi in se stesso, pena l’entrare in stato "patologico". La confessione, che non è certo una seduta psicologica, istituita da Gesù Cristo (cfr. Gv 20, 23; Mt 18,18) e regolata nella sua forma dalla Chiesa, dimostra quale profonda conoscenza dell’uomo abbiano Gesù Cristo e la sua Chiesa e come l’economia sacramentale risponda alle più profonde esigenze dell’uomo concreto, di tutti i tempi e di tutte le culture.

Nel concludere vorrei evidenziare come l’indicazione del Santo Padre al proposito della confessione, se ben corrisposta, trovi anche riverbero nella società civile, come fattore di pace autentica. Infatti essa è frutto di coscienze educate, riconciliate, pacificate dal balsamo del perdono.

Alla Vergine Maria, alla quale il Sommo ed eterno Sacerdote ha affidato in Giovanni tutti i sacerdoti e, quindi, tutti i ministri della Riconciliazione, vorrei consegnare questa Lettera affinché trovi la massima accoglienza presso ogni sacerdote del mondo e disponga i cuori di ogni fedele.

[00524-01.02] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. CSABA TERNYÁK

1. La Lettera che il Santo Padre ha indirizzato ai Sacerdoti in occasione del prossimo Giovedì Santo è tutta incentrata sul fondamentale tema della confessione sacramentale individuale.

Si percepisce l’eco spirituale quanto mai ricca del grande Giubileo dello scorso anno e la propedeuticità rispetto alle promettenti prospettive apostoliche del nuovo Millennio appena iniziato.

2. L’Anno Santo è stato, nelle Basiliche, nei Santuari, nelle Chiese Cattedrali e nelle diocesi in genere, un periodo fecondo più per quello che non si è visto esternamente che per quello che è apparso. Noi, con gli occhi fisici, abbiamo colto molto qui a Roma ma questo molto è poco rispetto a quello che si può cogliere con gli occhi dello spirito. Abbiamo visto la punta di un "iceberg", solo la punta.

Al di sotto delle realtà, pur positive, che abbiamo osservato, il 2000 è stato un anno di riscoperta del sacramento della Penitenza. Le statistiche romane, per esempio, vengono ad illustrare le affermazioni che il Santo Padre fa nella Sua Lettera. L’Anno Santo ha proposto a tutti celebrazioni intense per la preparazione alla confessione individuale.

3. Nel citare alcune cifre non intendo dire che tutto è rosa ma esse sono significative e costituiscono elemento di speranza. I rapporti ufficiali delle Basiliche maggiori in Roma parlano di circa 360.000 confessioni nel corso dell’anno nella Basilica di S. Pietro, di circa 320.000 in S. Maria Maggiore e similmente in S. Giovanni in Laterano e S. Paolo. Non ci si può dimenticare dei circa 2.000 confessori che hanno accolto i giovani della giornata mondiale della Gioventù al Circo Massimo. Ed è stato particolarmente significativo che siano stati dei giovani a preparare i loro coetanei al Sacramento e così pure ad accompagnare la preghiera comunitaria dopo la celebrazione di esso, ai piedi della grande croce.

Per tutto l’anno, inoltre, ogni venerdì in avvento e quaresima e, negli altri mesi, ogni primo venerdì, i giovani di una comunità hanno proposto delle celebrazioni del Sacramento della Penitenza ai giovani pellegrini, in diverse lingue, nella basilica di Santa Sabina.

4. Il Santo Padre ora incoraggia i Sacerdoti a non lasciar cadere così intensa e promettente esperienza, anzi ad incrementare e a facilitare al massimo la possibilità di accedere al Sacramento della Riconciliazione. Già nella "Novo Millenio Ineunte" (cf. N. 37) il Sommo Pontefice osservava che se molti fedeli e, fra essi, così numerosi giovani, si sono accostati alla confessione, è necessario che i sacerdoti si applichino in ogni modo per ridare piena lucentezza a questo sacramento. Non ci si può rassegnare davanti ai momenti di crisi, che poi sono sempre e solo temporanee! Anzi, se si ha fede autentica, i momenti di crisi diventano i momenti dei grandi e fermi propositi per superare la crisi stessa.

Inoltre, ci dice il Papa – e questo ci rende tutti pensosi – la cosiddetta crisi non sarà dipesa anche, talvolta, da "un certo indebolimento del nostro entusiasmo o della nostra disponibilità nell’esercizio di questo esigente e delicato ministero"? (Lettera N. 12).

D’altronde l’opinione pubblica è stata non poco colpita dalla richiesta di perdono umilmente e solennemente celebrata il 12 marzo dello scorso anno nella Basilica Vaticana. Ebbene quei gesti simbolici là compiuti ci richiamano alla dimensione più radicale, più profonda e più realistica della richiesta di perdono che avviene quando in modo personale ogni cristiano, innanzi alla Verità e alla Santità che è Dio stesso, e solo Lui, riconosce le proprie, personali colpe che hanno poi, nella logica del Corpo Mistico, sempre una incisività anche sociale.

5. Dunque con la Lettera di questo Giovedì Santo il Santo Padre, con profondo affetto per tutti i Sacerdoti, indica loro che la propria vita e la "programmazione" pastorale per il nuovo millennio parte dalla rivalutazione piena del Sacramento della Penitenza. Esso getta una luce di vitalità, di giovinezza, di freschezza ed immette energie nuove e sane nella missione ecclesiale.

Se vogliamo essere pratici, come è doveroso, dovremmo, nella nostra agenda, appuntare soprattutto i ritmi regolari della nostra confessione frequente; dovremmo predicare e parlare di più della confessione, dovremmo stabilire un orario privilegiato e generoso per ascoltare le confessioni dei confratelli e dei fedeli, dovremmo a tale scopo essere facilmente accessibili, dovremmo avviare anche i piccoli, con ogni cura, fin dalla preparazione alla prima Comunione, verso la Confessione. Forse potremmo riflettere sul fatto che anche una piccola luce nel confessionale costituisce già un segno della misericordia ed un invito dal quale potrebbero nascere grandi cose.

Tutto ciò che è buono e conveniente al nostro stato va fatto ma la precedenza va riservata agli strumenti diretti della santificazione perché la Chiesa nella storia c’è soltanto e nientemeno che per prolungare la presenza di Gesù Cristo, unico Salvatore di ogni uomo.

Grazie e buona Pasqua a tutti!

[00519-01.01] [Testo originale: Italiano]