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INTERVENTO DEL SANTO PADRE AL GIUBILEO DEI GOVERNANTI E DEI PARLAMENTARI, 04.11.2000


Alle ore 18 di questo pomeriggio, il Santo Padre Giovanni Paolo II interviene all’Assemblea dei Parlamentari del Mondo che si svolge oggi nell’Aula Paolo VI in Vaticano nell’ambito del Giubileo dei Governanti e dei Parlamentari.

Accolto dall’Orchestra dei Sinfonici di Amburgo e dal Coro della Cattedrale di Poznam, il Papa riceve il saluto del Presidente del Senato della Repubblica Italiana, Sen. Nicola Mancino. Dopo le testimonianze per la pace nel mondo, viene data lettura delle tre mozioni approvate dall’Assemblea: Debito estero dei Paesi poveri; Dignità e libertà della persona; Etica e globalizzazione.

Quindi il Santo Padre rivolge ai Governanti, Parlamentari e Politici presenti nell’Aula Paolo VI il discorso che riportiamo di seguito nell’originale in lingua italiana e nella traduzione in diverse lingue:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Testo in lingua originale 

Traduzione in lingua francese 

Traduzione in lingua inglese 

Traduzione in lingua tedesca 

Traduzione in lingua spagnola 

Traduzione in lingua portoghese 

Testo in lingua originale

1. Sono lieto di accoglierVi in questa speciale Udienza, illustri Governanti, Parlamentari e Amministratori della cosa pubblica, venuti a Roma per il Giubileo. Nel rivolgerVi il mio deferente saluto, ringrazio cordialmente il Presidente del Senato della Polonia, Signora Grzeskowiak per gli auguri fatti a nome dell’Assemblea; il Presidente del Senato dell’Argentina, Mario Losada, e il Presidente del Senato Italiano, Senatore Nicola Mancino per le gentili parole con cui si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Estendo il mio grato pensiero al Senatore Francesco Cossiga, attivo promotore della richiesta della proclamazione di san Tommaso Moro Patrono dei Governanti e dei Politici. Saluto pure le altre Personalità, tra cui il Signor Michail Gorbachev, che hanno preso la parola. Uno speciale benvenuto rivolgo ai Capi di Stato presenti

L'incontro mi è propizio per riflettere insieme con Voi - alla luce anche delle mozioni poc'anzi presentate - sulla natura e sulla responsabilità che comporta la missione a cui, nella sua amorosa provvidenza, Dio Vi ha chiamati. La vostra, infatti, può ben essere considerata come una vera e propria vocazione all'azione politica: in pratica, al governo delle nazioni, alla formazione delle leggi e all'amministrazione della cosa pubblica, a vari livelli. E' necessario allora interrogarsi sulla natura, sulle esigenze e sugli scopi della politica, per viverla da cristiani e da uomini consapevoli della sua nobiltà e, insieme, delle difficoltà e dei rischi che essa comporta.

2. La politica è l'uso del potere legittimo per il raggiungimento del bene comune della società: bene comune che, come afferma il Concilio Vaticano II, "si concreta nell'insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani, nelle famiglie e nelle associazioni il conseguimento più pieno e più spedito della propria perfezione" (Gaudium et spes, 74). L'attività politica deve perciò svolgersi in spirito di servizio. Giustamente il mio predecessore Paolo VI ha affermato che "la politica è una maniera esigente ... di vivere l'impegno cristiano a servizio degli altri" (Octogesima adveniens, 46).

Perciò, il cristiano che fa politica - e vuole farla «da cristiano» - deve agire con disinteresse, cercando non l'utilità propria, né del proprio gruppo o partito, ma il bene di tutti e di ciascuno, e quindi, in primo luogo, di coloro che nella società sono i più svantaggiati. Nella lotta per l'esistenza, che talvolta assume forme spietate e crudeli, non sono pochi i «vinti», che vengono messi inesorabilmente da parte. Tra questi non posso non ricordare i detenuti nelle carceri: tra loro mi sono recato il 9 luglio scorso, in occasione del loro Giubileo. In quella circostanza, richiamandomi alla consuetudine dei precedenti Anni giubilari, invocavo dai Responsabili degli Stati "un segno di clemenza a vantaggio di tutti i detenuti", che costituisse "un chiaro segno di sensibilità verso la loro condizione". Mosso dalle molte suppliche che mi giungono da ogni parte, rinnovo anche oggi quell'appello, nella convinzione che un simile gesto li incoraggerebbe nel cammino del personale ravvedimento e li stimolerebbe ad una più convinta adesione ai valori della giustizia.

Questa deve essere, appunto, la preoccupazione essenziale dell'uomo politico, la giustizia: una giustizia che non si contenti di dare a ciascuno il suo, ma tenda a creare tra i cittadini condizioni di uguaglianza nelle opportunità, e dunque a favorire quelli che per condizione sociale, per cultura, per salute rischiano di restare indietro o di essere sempre agli ultimi posti nella società, senza possibilità di personale riscatto.

E' lo scandalo delle società opulente del mondo di oggi, nelle quali i ricchi diventano sempre più ricchi, perché la ricchezza produce ricchezza, e i poveri diventano sempre più poveri, perché la povertà tende a creare altra povertà. Questo scandalo non si verifica solo all'interno delle singole nazioni, ma ha dimensioni che ne travalicano ampiamente i confini. Oggi soprattutto, con il fenomeno della globalizzazione dei mercati, i Paesi ricchi e sviluppati tendono a migliorare ulteriormente la loro condizione economica, mentre i Paesi poveri - se si eccettuano alcuni in via di promettente sviluppo - tendono a sprofondare in forme di povertà sempre più penose.

3. Penso con angoscia a quelle regioni del mondo che sono afflitte da guerre e guerriglie senza fine, dalla fame endemica e da tremende malattie. Molti di Voi sono preoccupati al pari di me per questo stato di cose che, da un punto di vista cristiano e umano, costituisce il più grave peccato d'ingiustizia del mondo moderno e deve quindi scuotere profondamente la coscienza dei cristiani di oggi, in primo luogo di coloro che, avendo in mano le leve politiche, economiche e finanziarie del mondo, possono determinare - in bene o in male - i destini dei popoli.

In realtà, è lo spirito di solidarietà che deve crescere nel mondo, per vincere l'egoismo delle persone e delle nazioni. Solo così si potrà porre un freno alla ricerca della potenza politica e della ricchezza economica al di fuori di ogni riferimento ad altri valori. In un mondo ormai globalizzato, in cui il mercato, che per sé ha un ruolo positivo per la libera creatività umana nel settore dell'economia (cfr Centesimus annus, 42), tende però a svincolarsi da ogni considerazione morale, assumendo come unica norma la legge del massimo profitto, quei cristiani che si sentono chiamati da Dio alla vita politica hanno il compito - certamente assai difficile, e tuttavia necessario - di piegare le leggi del mercato «selvaggio» alle leggi della giustizia e della solidarietà. E' questa la sola via per assicurare al nostro mondo un avvenire pacifico, distruggendo alla radice le cause di conflitti e di guerre: la pace è frutto della giustizia.

4. Una parola particolare vorrei ora rivolgere a coloro, tra Voi, che hanno il delicatissimo compito di formulare ed approvare le leggi: un compito che avvicina l'uomo a Dio, Legislatore supremo, dalla cui Legge eterna ogni legge attinge, in ultima analisi, la sua validità e la sua forza obbligante. Proprio a questo si intende alludere quando si afferma che la legge positiva non può contraddire la legge naturale, null'altro essendo quest'ultima se non l'indicazione delle norme prime ed essenziali che regolano la vita morale, e quindi di quelli che sono i caratteri, le esigenze profonde e i valori più alti della persona umana. Come già ho avuto modo di affermare anche nell'Enciclica Evangelium vitae, "alla base di questi valori non possono esservi provvisorie e mutevoli «maggioranze» di opinione, ma solo il riconoscimento di una legge morale obiettiva che, in quanto «legge naturale» iscritta nel cuore dell'uomo, è punto di riferimento normativo della stessa legge civile" (n. 70).

Questo significa che le leggi, quali che siano i campi in cui il legislatore interviene o è obbligato ad intervenire, devono sempre rispettare e promuovere - nella varietà delle loro esigenze spirituali e materiali, personali, familiari e sociali - le persone umane. Perciò una legge che non rispetti il diritto alla vita - dalla concezione alla morte naturale - dell'essere umano, quale che sia la condizione in cui si trova - sia esso sano o malato, ancora allo stato embrionale, vecchio o in stadio terminale - non è una legge conforme al disegno divino: perciò, un legislatore cristiano non può né contribuire a formularla né approvarla in sede parlamentare, anche se, là dove già esiste, gli è lecito proporre emendamenti che ne attenuino la dannosità in sede di discussione parlamentare. Lo stesso deve dirsi di ogni legge che danneggi la famiglia e attenti alla sua unità e alla sua indissolubilità oppure dia validità legale a unioni tra persone, anche dello stesso sesso, che pretendano di surrogare con gli stessi diritti la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.

Indubbiamente, nell'attuale società pluralistica, il legislatore cristiano si trova di fronte a concezioni di vita, a leggi e a richieste di legalizzazione che sono in contrasto con la propria coscienza. Sarà allora la prudenza cristiana, che è la virtù propria del politico cristiano, ad indicargli come comportarsi per non venir meno, da una parte, al richiamo della sua coscienza rettamente formata, e non mancare, dall'altra, al suo compito di legislatore. Non si tratta, per il cristiano di oggi, di uscire dal mondo in cui la chiamata di Dio l'ha posto, ma piuttosto di dare testimonianza della propria fede e di essere coerente con i propri principi, nelle difficili e sempre nuove circostanze che caratterizzano l'ambito della politica.

5. Illustri Signori e gentili Signore, i tempi che Dio ci dà da vivere sono per tanta parte oscuri e difficili, poiché sono tempi in cui è messo in gioco il futuro stesso dell'umanità nel millennio che si apre dinanzi a noi. In molti uomini del nostro tempo dominano la paura e l'incertezza: dove stiamo andando? quale sarà nel prossimo secolo il destino dell'umanità? dove ci porteranno le straordinarie scoperte scientifiche, soprattutto in campo biologico e genetico, fatte in questi ultimi anni? Siamo infatti consapevoli di essere solo all'inizio di un cammino che non si sa dove potrà sboccare e se sarà a vantaggio o a danno degli uomini del XXI secolo.

Noi cristiani di questo tempo, formidabile insieme e meraviglioso, pur partecipando alle paure, alle incertezze e agli interrogativi degli uomini di oggi, non siamo pessimisti riguardo al futuro, poiché abbiamo la certezza che Gesù Cristo è il Signore della storia, e perché abbiamo nel Vangelo la luce che illumina il nostro cammino, anche nei momenti difficili e oscuri.

L'incontro con Cristo ha trasformato un giorno la vostra vita e oggi Voi avete voluto rinnovarne lo splendore con questo pellegrinaggio alle memorie degli apostoli Pietro e Paolo. Nella misura in cui persevererete in questo stretto legame con Lui, attraverso la preghiera personale e la partecipazione convinta alla vita della Chiesa, Egli, il Vivente, continuerà ad effondere su di Voi lo Spirito Santo, lo Spirito della verità e dell'amore, la forza e la luce di cui tutti noi abbiamo bisogno.

Con un atto di fede sincera e convinta, rinnovate la vostra adesione a Gesù Cristo, Salvatore del mondo, e fate del suo Vangelo la guida del vostro pensiero e della vostra vita. Sarete allora nella società odierna quel fermento di vita nuova di cui l'umanità ha bisogno per costruire un futuro più giusto e più solidale, un futuro aperto alla civiltà dell'amore.

[02193-01.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

1. Je suis heureux de vous accueillir en cette audience spéciale, vous qui êtes Responsables de Gouvernements, Parlementaires et administrateurs des affaires publiques et qui êtes venus à Rome pour le Jubilé. Je vous adresse mes salutations déférentes et je remercie Monsieur le Sénateur Nicola Mancino pour les aimables paroles par lesquelles il s’est fait l’interprète de vos sentiments. Ma pensée reconnaissante s’étend à Monsieur le Sénateur Francesco Cossiga, promoteur actif de la proclamation de saint Thomas More comme Patron des Responsables de Gouvernements et des Hommes politiques. Je salue également les autres personnalités qui ont pris la parole, et parmi elles Monsieur Michaïl Gorbatchev. J'adresse une parole spéciale de bienvenue aux Chefs d'État présents.

Cette rencontre me donne l’occasion de réfléchir avec vous – notamment à la lumière des motions qui viennent d’être présentées – sur la nature de la mission à laquelle Dieu vous a appelés dans sa bienveillante providence et sur la responsabilité qu’elle comporte. Votre vocation peut bien, en effet, être considérée comme une véritable vocation à l’action politique, ce qui veut dire en pratique vocation au gouvernement des nations, à la formation des lois et à la gestion des affaires publiques, tout cela à différents niveaux. Il est alors nécessaire de s’interroger sur la nature, sur les exigences et sur les finalités de la politique afin de la vivre en chrétiens et en hommes conscients de sa noblesse en même temps que des difficultés et des risques qu’elle implique.

2. La politique est l’utilisation du pouvoir légitime pour atteindre le bien commun de la société, bien commun qui, comme l’affirme le Concile Vatican II, se concrétise dans «l’ensemble des conditions de vie sociale qui rendent possible pour les hommes, les familles et les groupes un accomplissement d’eux-mêmes plus plénier et plus aisé» (Gaudium et spes, n. 74). L’activité politique doit donc s’exercer en esprit de service. Mon prédécesseur Paul VI a affirmé à juste titre que «la politique est une manière exigeante [...] de vivre l’engagement chrétien au service des autres» (Octogesima adveniens, n. 46).

Voilà pourquoi le chrétien qui fait de la politique – et qui veut la faire «en chrétien» – doit agir avec désintéressement, cherchant non pas sa propre utilité ni celle de son groupe ou de son parti, mais le bien de tous et de chacun, et donc avant tout le bien de ceux qui, dans la société, sont les plus désavantagés. Dans la bataille de l’existence, qui prend parfois des formes impitoyables et cruelles, nombreux sont les «vaincus» qui se retrouvent inexorablement mis à l’écart. Parmi eux, je ne puis oublier ceux qui sont détenus dans les prisons; je me suis rendu au milieu d’eux le 9 juillet dernier, à l’occasion de leur Jubilé. En cette circonstance, me référant à la coutume des précédentes Années jubilaires, j’ai demandé aux Responsables des États «un signe de clémence au bénéfice de tous les détenus», qui constituerait «un signe clair de sensibilité à l’égard de leur situation». Poussé par les multiples requêtes qui me parviennent de toute part, je renouvelle aujourd’hui encore cet appel, convaincu qu’un tel geste les encouragerait sur la route du repentir intérieur et les entraînerait à adhérer de façon plus convaincue aux valeurs de la justice.

Telle doit être précisément la préoccupation essentielle de l’homme politique : la justice, une justice qui ne se contente pas de donner à chacun son dû mais qui tende à créer entre les citoyens des conditions d’égalités de chances et donc à favoriser ceux qui, en raison de leur condition sociale, de leur culture, de leur santé, risquent de rester en arrière ou d’être toujours aux dernières places dans la société, sans aucune possibilité de se racheter personnellement.

C’est le scandale des sociétés opulentes du monde d’aujourd’hui, dans lesquelles les riches deviennent toujours plus riches, parce que la richesse produit la richesse, et les pauvres deviennent toujours plus pauvres, parce que la pauvreté tend à créer d’autres pauvretés. Ce scandale n’existe pas seulement à l’intérieur des diverses nations : il a des dimensions qui dépassent largement leurs frontières. Aujourd’hui surtout, avec le phénomène de la mondialisation des marchés, les pays riches et développés tendent à améliorer davantage encore leur situation économique, tandis que les pays pauvres – à l’exception de quelques-uns qui connaissent un développement prometteur – tendent à sombrer dans des formes de pauvreté toujours plus pénibles.

3. Je pense avec angoisse aux régions du monde qui sont affligées par des guerres et des guérillas sans fin, par la faim endémique et par de terribles maladies. Parmi vous, beaucoup sont préoccupés autant que moi par cet état de chose qui, d’un point de vue chrétien et humain, constitue le péché d’injustice le plus grave du monde moderne et doit donc secouer profondément la conscience des chrétiens d’aujourd’hui, à commencer par ceux qui, ayant en mains les leviers politiques, économiques et financiers du monde, peuvent déterminer – en bien ou en mal – les destinées des peuples.

En réalité, c’est l’esprit de solidarité qui doit croître dans le monde, pour vaincre l’égoïsme des personnes et des nations. Ce n’est qu’ainsi que l’on pourra mettre un frein à la recherche de la puissance politique et de la richesse économique en dehors de toute référence à d’autres valeurs. Dans un univers désormais mondialisé, où le marché – qui a en soi un rôle positif sur la libre créativité humaine dans le secteur de l’économie (cf. Centesimus annus, n. 42) – tend toutefois à se libérer de toute considération morale, retenant comme règle unique la loi du profit maximal, les chrétiens qui se sentent appelés par Dieu à la vie politique ont pour tâche – très difficile, certes, mais nécessaire – de soumettre les lois du marché «sauvage» aux lois de la justice et de la solidarité. C’est l’unique moyen d’assurer à notre monde un avenir pacifique, en détruisant à la racine les causes de conflits et de guerres : la paix est le fruit de la justice.

4. Je voudrais maintenant dire un mot particulier à ceux d’entre vous qui ont la tâche très délicate d’élaborer et d’approuver les lois; c’est une tâche qui rapproche l’homme de Dieu, Législateur suprême : dans sa Loi éternelle toute loi puise, en dernière analyse, sa valeur et sa force contraignante. C’est précisément à cela que l’on se réfère quand on affirme que la loi positive ne peut contredire la loi naturelle, cette dernière n’étant pas autre chose que l’indication des normes premières et essentielles qui règlent la vie morale, et donc de ce qui constitue les caractères, les exigences et les valeurs les plus hautes de la personne humaine. Comme j’ai déjà eu l’occasion de le dire dans l’encyclique Evangelium vitæ, «le fondement de ces valeurs ne peut se trouver dans des "majorités" d'opinion provisoires et fluctuantes, mais seulement dans la reconnaissance d'une loi morale objective qui, en tant que "loi naturelle" inscrite dans le cœur de l'homme, est une référence normative pour la loi civile elle-même» (n. 70).

Cela veut dire que les lois, quels que soient les domaines dans lesquels le législateur intervient ou est obligé d’intervenir, doivent toujours respecter et promouvoir – dans la variété de leurs exigences spirituelles et matérielles, personnelles, familiales et sociales – les personnes humaines. C’est pourquoi une loi qui ne respecterait pas le droit à la vie – de la conception à la mort naturelle – de l’être humain, quelle que soit la condition dans laquelle il se trouve – qu’il soit sain ou malade, encore à l’état embryonnaire, âgé ou en phase terminale – n’est pas une loi conforme au dessein divin; aussi un législateur chrétien ne peut-il ni contribuer à la formuler ni l’approuver en séance parlementaire, bien que, là où cela existe, il lui soit licite de proposer des amendements qui en atténuent le caractère dommageable lors des discussions au Parlement. Il faut en dire autant de toute loi qui nuirait à la famille et porterait atteinte à son unité et à son indissolubilité, ou bien qui conférerait une valeur légale à des unions entre personnes, y compris de même sexe, qui prétendraient se substituer avec les mêmes droits à la famille fondée sur le mariage entre un homme et une femme.

Il n’y a pas de doute que, dans l’actuelle société pluraliste, le législateur chrétien se trouve face à des conceptions de la vie, à des lois et à des demandes de légalisation qui sont contraires à sa conscience. C’est alors la prudence chrétienne, vertu propre à l’homme politique chrétien, qui lui indiquera comment se comporter pour ne pas manquer, d’une part, à l’appel de sa conscience correctement formée, ni d’autre part à sa tâche de législateur. Il ne s’agit pas, pour le chrétien d’aujourd’hui, de sortir du monde où l’appel de Dieu l’a placé, mais de donner un témoignage de sa foi et d’être logique avec ses principes, dans les circonstances difficiles et toujours nouvelles qui caractérisent la sphère de la politique.

5. Mesdames et Messieurs, les temps que Dieu nous donne de vivre sont, sous bien des aspects, obscurs et difficiles, car ce sont des temps où est mis en jeu l’avenir même de l’humanité dans le millénaire qui s’ouvre devant nous. En beaucoup d’hommes de notre époque dominent la peur et l’incertitude : où allons-nous ? Quel sera le destin de l’humanité dans le prochain siècle ? Où nous conduiront les extraordinaires découvertes scientifiques, surtout dans le domaine biologique et génétique, faites ces dernières années ? Nous avons conscience, en effet, de n’être qu’au début d’un chemin dont nous ne savons pas où il pourra aboutir ni s’il sera au bénéfice ou au détriment des hommes du XXIe siècle.

Nous autres, chrétiens de ce temps, redoutable et en même temps merveilleux, tout en participant aux peurs, aux incertitudes et aux interrogations des hommes d’aujourd’hui, nous ne sommes pas pessimistes en ce qui concerne l’avenir, parce que nous avons la certitude que Jésus Christ est le Seigneur de l’histoire, et parce que nous avons dans l’Évangile la lumière qui éclaire notre chemin, même dans les moments difficiles et obscurs.

La rencontre avec le Christ a transformé un jour votre vie, et aujourd’hui vous avez voulu renouveler sa splendeur par ce pèlerinage aux tombeaux des Apôtres Pierre et Paul. Dans la mesure où vous conserverez un lien étroit avec Lui, par la prière personnelle et la participation persévérante à la vie de l’Église, Lui-même, le Vivant, continuera à répandre sur vous l’Esprit Saint, l’Esprit de vérité et d’amour, la force et la lumière dont nous avons tous besoin.

Par un acte de foi sincère et convaincue, renouvelez votre adhésion à Jésus Christ, Sauveur du monde, et faites de son Évangile le guide de votre pensée et de votre vie. Vous serez alors dans la société d’aujourd’hui le ferment de vie nouvelle dont l’humanité a besoin pour bâtir un avenir plus juste et plus solidaire, un avenir ouvert à la civilisation de l’amour.

[02193-03.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

1. I am most happy to welcome you, distinguished Government Leaders, Members of Parliament and men and women responsible for public life who have come to Rome for the Jubilee. I greet you and I thank Senator Nicola Mancino for the kind words he has spoken on your behalf. My grateful thoughts turn to Senator Francesco Cossiga, who has actively promoted the proclamation of Saint Thomas More as Patron of Statesmen and Politicians. My greeting also goes to the other distinguished leaders, including Mr Mikhail Gorbachev, who have spoken in this assembly. I offer a special word of welcome to the Heads of State present.

Our meeting gives me the opportunity to reflect together with you, in the light of the motions just presented, on the nature of the mission which God, in his Providence, has entrusted to you, and on the responsibilities inherent in that mission. Yours can well be deemed a true and genuine vocation to politics, which in practice means the governance of nations, the formulation of laws and the administration of public affairs at every level. We ought then to inquire as to the nature, the demands and the aims of politics, in order to act as Christians and as persons conscious of the excellence and, at the same time, the difficulties and risks which politics entails.

2. Politics is the use of legitimate authority in order to attain the common good of society: a common good which, as the Second Vatican Council declares, embraces "the sum of those conditions of social life by which individuals, families and groups can achieve complete and efficacious fulfillment" (Gaudium et Spes, 74). Political activity ought therefore to be carried out in a spirit of service. My predecessor Pope Paul VI rightly affirmed that "politics is a demanding way of living the Christian commitment to serve others" (Octogesima Adveniens, 46). Hence, Christians who engage in politics – and who wish to do so as Christians – must act selflessly, not seeking their own advantage, or that of their group or party, but the good of one and all, and consequently, in the first place, that of the less fortunate members of society. In the struggles of life, which can at times be merciless and cruel, not a few are "crushed" and are inevitably cast aside. Among these I cannot fail to mention those who are imprisoned. On 9 July last I visited some of them for the celebration of their Jubilee. On that occasion, following a custom of earlier Jubilee Years, I asked the leaders of countries to make "a gesture of clemency towards all those in prison" which would be "a clear sign of sensitivity to their condition". Moved by the many appeals that come to me from throughout the world, I renew today that appeal, in the conviction that such a gesture would be an encouragement to prisoners on their path of personal renewal and an incentive to their sincere acceptance of the values of justice.

Justice must indeed be the fundamental concern of political leaders: a justice which is not content to apportion to each his own, but one which aims at creating conditions of equal opportunity among citizens, and therefore favouring those who, for reasons of social status or education or health, risk being left behind or relegated to the lowest places in society, without possibility of deliverance.

This is the scandal of the affluent society of today’s world, in which the rich grow ever richer, since wealth produces wealth, and the poor grow ever poorer, since poverty tends to additional poverty. Not only is this scandal found within individual nations, but it also has aspects which extend well beyond their borders. Today, especially, with the phenomenon of the globalization of markets, the rich and developed nations tend to improve their economic status further, while the poor countries – with the exception of some in the process of a promising development – tend to sink into ever more grievous forms of poverty.

3. I think with profound distress of those areas of the world afflicted by endless wars and hostilities, by endemic hunger and by terrible diseases. Many of you share my concern for this state of affairs which, from a Christian and a human point of view, represents the most serious sin of injustice found in the modern world. It must therefore deeply disturb the conscience of Christians today, especially those who, since they guide the political, economic and financial mechanisms of the world, are in a position to determine – for better or for worse – the destiny of peoples.

Truly there needs to be a greater spirit of solidarity in the world, as a means of overcoming the selfishness of individuals and nations. Only in this way will it be possible to curb the pursuit of political power and economic wealth with no reference to other values. In a now globalized world, in which the market, which of itself has a positive influence on human freedom and creativity in the economic sector (cf. Centesimus Annus, 42), nonetheless tends to be severed from all moral considerations and to take as its sole norm the law of maximum profit, those Christians who feel themselves called by God to political life have the duty – quite difficult yet very necessary – to conform the laws of the "unbridled" market to the laws of justice and solidarity. Only in this way can we ensure a peaceful future for our world and remove the root causes of conflicts and wars: peace is the fruit of justice.

4. I would like to speak in a particular way to those of you who have the very delicate task of formulating and approving laws: a task which brings man close to God, the Supreme Legislator, from whose Eternal Law the validity and the obligatory force of every other law is ultimately derived. This is precisely the meaning of the dictum that positive law cannot contradict the natural law, the latter being nothing other than the expression of the primary and essential norms regulating the moral life and consequently the characteristics, the most profound requirements and the loftiest values of the human person. As I have already had occasion to state in the Encyclical Evangelium Vitae, "the basis of these values cannot be provisional and changeable ‘majority’ opinions, but only the acknowledgment of an objective moral law which, as the ‘natural law’ written in the human heart, is the obligatory point of reference for civil law itself" (No. 70).

This means that laws, whatever the areas in which the legislator intervenes or is obliged to intervene, must always respect and promote human persons – in all the variety of their spiritual, material, personal, family and social needs. Hence a law which does not respect the right to life – from conception to natural death – of every human being, whatever his or her condition – healthy or ill, still in the embryonic stage, elderly or close to death – is not a law in harmony with the divine plan. Consequently, Christian legislators may neither contribute to the formulation of such a law nor approve it in parliamentary assembly, although, where such a law already exists, it is licit for them to propose amendments which would diminish its adverse effects. The same must be said with regard to all laws which would do harm to the family, striking at its unity and its indissolubility, or which would give legal validity to a union between persons, including those of the same sex, who demand the same rights as the family founded upon marriage between a man and a woman.

Certainly in today’s pluralistic society Christian lawmakers are confronted by ideas of life and by laws and requests for legalization which run contrary to their own conscience. Christian prudence, the virtue proper to Christian politicians, will make clear to them how they should act so as not to fall short, on the one hand, of the demands of their correctly formed conscience, and not to fail, on the other hand, in their duty as legislators. For Christians today, it is not a question of fleeing the world in which God’s call has placed then, but rather of bearing witness to their own faith and being faithful to their own principles in the difficult and ever new situations which mark the world of politics.

5. Distinguished Ladies and Gentlemen, the times in which God has granted us to live are in many ways dark and filled with difficulties, for they are times in which the very future of humanity is at stake in the new millennium opening up before us. In many men and women today fear and uncertainty prevail: where are we going?; what will be humanity’s fate in the next century?; where are the extraordinary scientific discoveries of recent years, especially in the fields of biology and genetics, leading us? We are conscious of being merely at the beginning of a journey, but we do not know where it will take us and whether it will bring benefit or harm to the men and women of the twenty-first century.

As Christians living in these formidable and yet wonderful times, we share in the fears, the uncertainties and the questioning of our contemporaries. Yet we are not pessimistic about the future, for we have the certainty that Jesus Christ is the Lord of history, and in the Gospel we find the light which illumines our way, even in moments of difficulty and darkness.

An encounter with Christ changed your life one day, and now you have wished to renew the splendour of that encounter by making this pilgrimage to the tombs of the Apostles Peter and Paul. To the extent that you persevere in this close bond with Christ, through personal prayer and committed participation in the life of the Church, he, the Living One, will continue to pour out upon you the Holy Spirit, the Spirit of truth and love, the strength and the light which all of us need.

With an act of wholehearted and steadfast faith, renew your fidelity to Jesus Christ, the Saviour of the world, and make his Gospel the guide of your thought and of your life. In this way you will be in today’s society that yeast of new life which humanity needs in order to build a more just and fraternal future, a future open to the civilization of love.

[02193-02.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

1. Ich freue mich, Sie, die geschätzten Regierenden, Parlamentarier und Vertreter des Staates, die zur Feier des Heiligen Jahres nach Rom gekommen sind, in dieser Sonderaudienz willkommen zu heißen. Ich begrüße Sie voll Hochachtung und danke Senator Nicola Mancino für die freundlichen Worte, die er im Namen aller an mich gerichtet hat. Mein Dank gilt auch Senator Francesco Cossiga, dem aktiven Förderer der Proklamation des hl. Thomas Morus zum Patron der Regierenden und Politiker. Ich begrüße auch die anderen Persönlichkeiten, die sich zu Wort gemeldet haben, unter ihnen Herrn Michail Gorbatschow. Besonders heiße ich die anwesenden Staatsoberhäupter willkommen.

Diese Begegnung gibt mir Gelegenheit, mit Ihnen - auch im Licht der soeben eingereichten Vorschläge - über die Natur und die Verantwortung nachzudenken, die mit der Sendung verbunden ist, zu der Sie Gott in seiner liebenden Vorsehung berufen hat. Ihre Aufgabe darf in der Tat als eine wirkliche und wahre Berufung zum politischen Handeln angesehen werden: d.h. die Berufung zum Regieren über die Nationen, zur Gestaltung von Gesetzen und zur Verwaltung des Staates auf verschiedenen Ebenen. Es ist also notwendig, sich die Frage stellen, was die Natur, die Erfordernisse und die Zielsetzungen der Politik sind, damit wir sie als Christen und als Menschen betreiben können, die sich des hohen Wertes der Politik, aber auch ihrer Schwierigkeiten und Gefahren bewußt sind.

2. Die Politik ist die Anwendung der rechtmäßigen Gewalt, um zum Gemeinwohl der Gesellschaft zu gelangen. "Das Gemeinwohl aber begreift in sich - wie das II. Vatikanische Konzil bekräftigt - die Summe aller jener Bedingungen gesellschaftlichen Lebens, die den Einzelnen, den Familien und gesellschaftlichen Gruppen ihre eigene Vervollkommnung voller und ungehinderter zu erreichen gestatten" (Gaudium et spes, 74). Politisches Handeln muß sich deshalb im Geist des Dienstes entfalten. Mit Recht bekräftigte mein Vorgänger Paul VI., daß "die Politik eine anspruchsvolle Weise ist, (...) den christlichen Einsatz als Dienst an den Mitmenschen zu leben" (Octogesima adveniens, 46).

Deshalb muß der Christ, der Politik betreibt und es "als Christ" tun will, uneigennützig handeln. Er darf nicht seinen eigenen Nutzen oder den der eigenen Gruppe oder Partei suchen, sondern das Wohl aller und eines jeden und somit in erster Linie den Nutzen derer, die in der Gesellschaft den letzten Platz einnehmen. Im täglichen Lebenskampf, der manchmal grausame und erbarmungslose Züge annimmt, gibt es nicht wenige "Besiegte", die unweigerlich an den Rand gedrückt werden. Von ihnen will ich vor allem die Häftlinge in den Gefängnissen nennen, die ich am 9. Juli dieses Jahres anläßlich ihrer Heilig-Jahr-Feier besucht habe. Bei dieser Gelegenheit wies ich auf die Fortführung der Tradition der vorhergehenden Jubeljahre hin und bat die Staatsführer um "ein Gnadenzeichen, das allen Gefangenen zuteil werden soll, ein klares Zeichen des Einfühlungsvermögens gegenüber ihrer Situation". Auf Grund der vielen Ansuchen, die ich von allen Seiten erhalte, wiederhole ich heute diesen Aufruf in der Überzeugung, daß eine solche Geste die Inhaftierten auf ihrem Weg der persönlichen Reue und Besserung ermutigen und sie zu einer verstärkten Zustimmung zu den Werten der Gerechtigkeit anspornen würde.

Ja, die Gerechtigkeit soll die hauptsächliche Sorge des Politikers sein: eine Gerechtigkeit, die sich nicht darauf beschränkt, jedem das Seine zu geben, sondern danach strebt, unter den Bürgern gleiche Möglichkeiten zu schaffen. Auf diese Weise fördert man diejenigen, die auf Grund ihrer sozialen, kulturellen und gesundheitlichen Lage Gefahr laufen, benachteiligt zu werden oder immer den letzten Platz in der Gesellschaft einzunehmen, ohne eine Möglichkeit, sich persönlich zu verbessern.

Es ist der Skandal der Wohlstandsgesellschaften der heutigen Welt: Die Reichen werden immer reicher, denn der Reichtum produziert Reichtum, und die Armen werden immer ärmer, weil die Armut dazu neigt, neue Armut hervorzubringen. Dieses Ärgernis besteht nicht nur innerhalb der einzelnen Nationen, sondern hat Dimensionen angenommen, die ihre Grenzen bei weitem überschreiten. Die reichen und hochentwickelten Länder tendieren vor allem heute auf Grund der Globalisierung der Märkte dazu, ihre Wirtschaftslage noch mehr zu verbessern, während die armen Länder - mit Ausnahme einiger, die eine vielversprechende Entwicklung aufweisen - in immer schmerzlichere Armut zu geraten scheinen.

3. Mit tiefem Kummer denke ich an jene Gebiete auf der Welt, die unter endlosen Kriegen und bewaffneten Konflikten, Hungersnöten und schweren Krankheiten leiden. Viele von Ihnen teilen meine Sorge über diese Lage der Dinge, die vom christlichen und menschlichen Standpunkt aus eine schwere Sünde der Ungerechtigkeit der modernen Welt darstellt. Diese Sachlage muß die Gewissen der Christen von heute und insbesondere die Gewissen derjenigen aufrütteln, die die politischen, wirtschaftlichen und finanziellen Schalthebel der Welt in Händen halten und dadurch im Guten wie im Bösen die Geschicke der Völker zu lenken vermögen.

In Wirklichkeit muß in der Welt der Geist der Solidarität wachsen, damit der Egoismus der Personen und Nationen überwunden wird. Nur so wird man das Streben, das sich ohne jeglichen Bezug auf andere Werte nach politischer Macht und wirtschaftlichem Reichtum ausstreckt, bremsen können. In einer nunmehr globalisierten Welt tendiert der Markt, "der für die freie Kreativität des Menschen im Bereich der Wirtschaft eine grundlegende und positive Rolle spielt" (vgl. Centesimus annus, 42), dahin, jede moralische Rücksicht abzulegen, während er das Gesetz des höchsten Profits als oberste Regel ansetzt. Deshalb haben die Christen, die sich von Gott zum politischen Leben berufen fühlen, die gewiß recht schwierige, aber notwendige Aufgabe, die Gesetze des "wilden" Marktes den Gesetzen der Gerechtigkeit und Solidarität unterzuordnen. Der einzige Weg, der unserer Welt eine friedliche Zukunft sichern kann, besteht darin, die Ursachen der Konflikte und Kriege an der Wurzel zu packen: Denn der Frieden ist Frucht der Gerechtigkeit.

4. Nun möchte ich ein besonderes Wort an diejenigen unter Ihnen richten, die die heikle Aufgabe haben, die Gesetze zu formulieren und zu erlassen. Es ist eine Aufgabe, durch die der Mensch Gott, dem obersten Gesetzgeber, näher kommt, aus dessen ewigem Gesetz letztlich jedes Gesetz seine Gültigkeit und verbindliche Kraft schöpft. Gerade darauf will man durch die Bekräftigung anspielen, daß das positive Gesetz dem Naturgesetz nicht widersprechen darf, weil letzteres nichts anderes ist als die Weisung der ursprünglichen und grundlegenden Normen, die das moralische Leben regeln, d.h. die Merkmale, innersten Ansprüche und höchsten Werte der menschlichen Person. Auch in der Enzyklika Evangelium vitae habe ich das unterstrichen: "Grundlage dieser Werte können nicht vorläufige und wechselnde Meinungsmehrheiten sein, sondern nur die Anerkennung eines objektiven Sittengesetzes, das als dem Menschen ins Herz geschriebenes Naturgesetz normgebender Bezugspunkt eben dieses staatlichen Gesetzes ist" (Nr. 70).

Das bedeutet, daß die Gesetze die menschlichen Personen in der Vielfalt ihrer geistigen und materiellen, personalen, familiären und sozialen Ansprüchen achten und fördern müssen. Das gilt für alle möglichen Bereiche, in die der Gesetzgeber eingreift oder zum Eingreifen verpflichtet ist. Ein Gesetz, das das Recht auf Leben vom Augenblick der Empfängnis bis zum natürlichen Tod des Menschen nicht achtet, ist kein Gesetz, das dem göttlichen Plan entspricht. Das gilt für jeden Menschen, in welcher Lage er sich auch befinden mag: ob gesund oder krank, ob noch im embryonalen Zustand, ob alt oder dem Tod geweiht. Ein christlicher Gesetzgeber darf deshalb weder zum Entwurf noch zur Verabschiedung des Gesetzes im Parlament beitragen; wo es schon besteht, ist es ihm erlaubt, in der Parlamentsdebatte Änderungen vorzuschlagen, die seine Schädlichkeit abschwächen. Dasselbe gilt für jedes Gesetz, das die Familie schädigt, ihren Zusammenhalt und ihre Unauflöslichkeit angreift oder solche Verbindungen zwischen Personen auch des gleichen Geschlechts gesetzlich für gültig erklärt, die mit denselben Rechten an die Stelle der Familie treten wollen; diese jedoch gründet auf dem Ehebund zwischen einem Mann und einer Frau.

Der christliche Gesetzgeber steht in der heutigen pluralistischen Gesellschaft Lebensmodellen, Gesetzen und gesetzgeberischen Ansprüchen gegenüber, die dem eigenen Gewissen widersprechen. Deshalb wird die christliche Klugheit, die gerade die Tugend des christlichen Politikers ist, ihm zeigen, wie er sich verhalten soll, damit er einerseits der Stimme seines recht gebildeten Gewissens folgt und andererseits seiner Aufgabe als Gesetzgeber nachkommt. Es geht nicht darum, daß der Christ von heute aus der Welt flieht, in die Gott ihn hineingestellt hat, sondern daß er unter den schwierigen und ständig neuen Umständen im Bereich der Politik den eigenen Glauben bezeugt und den eigenen Grundsätzen konsequent folgt.

5. Sehr geehrte Damen und Herren, die Zeiten, die Gott uns zu leben aufgibt, sind weitgehend dunkel und schwierig, denn es sind Zeiten, da die Zukunft der Menschheit in dem uns bevorstehenden Jahrtausend auf dem Spiel steht. In vielen unserer Zeitgenossen überwiegen Angst und Unsicherheit: Wohin gehen wir? Welches Schicksal kommt im nächsten Jahrhundert auf die Menschheit zu? Wohin führen uns die außerordentlichen wissenschaftlichen Entdeckungen, die vor allem im biologischen und genetischen Bereich in den vergangenen Jahren gemacht wurden? Wir sinduns bewußt, daß wir erst am Anfang eines Weges stehen, von dem niemand weiß, wohin er führen und ob er den Menschen des 21. Jahrhunderts zum Vorteil oder zum Schaden gereichen wird.

Wir Christen in einer Zeit, die gewaltig und zugleich großartig vor uns steht, teilen die Ängste, Unsicherheiten und Fragen unserer Mitmenschen. Doch wir blicken nicht pessimistisch in die Zukunft, denn wir haben die Gewißheit, daß Jesus Christus der Herr der Geschichte ist. Zudem haben wir im Evangelium das Licht, das unseren Weg erhellt, auch in schwierigen und dunklen Augenblicken.

Die Begegnung mit Christus hat einst Ihr Leben verwandelt. Heute wollten Sie durch die Wallfahrt zu den Gräbern der Apostel Petrus und Paulus den Glanz von damals erneuern. In dem Maß, in dem Sie mit Christus durch das persönliche Gebet und die überzeugte Teilnahme am Leben der Kirche verbunden bleiben, wird Er, der Lebendige, über Sie den Heiligen Geist, den Geist der Wahrheit und der Liebe, ausgießen, der die Kraft und das Licht ist, die wir alle brauchen.

Erneuern Sie in einem aufrichtigen und überzeugten Glaubensakt Ihre Zustimmung zu Jesus Christus, dem Erlöser der Welt. Lassen Sie sich in Ihrem Denken und Leben vom Evangelium leiten. Dann werden Sie in der heutigen Gesellschaft der Sauerteig des neuen Lebens sein, dessen die Menschheit so sehr bedarf, um eine gerechtere, solidarischere Zukunft bauen zu können, eine Zukunft, die offen ist für die Zivilisation der Liebe.

[02193-05.02] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

1. Me es grato recibirles en esta Audiencia especial, ilustres Gobernantes, Parlamentarios y Administradores públicos, venidos a Roma para el Jubileo. Les saludo con deferencia, a la vez que agradezco al Senador Nicolás Mancino las corteses palabras con las que se ha hecho intérprete de los sentimientos que les acomunan. Deseo expresar mi agradecimiento también al Senador Francesco Cossiga, activo promotor de la proclamación de Santo Tomás Moro como Patrono de los Gobernantes y los Políticos. Así mismo, saludo a las otras Personalidades, entre ellas, al Señor Mijail Gorvachov, que han tomado la palabra. Doy la bienvenida de manera especial a los Jefes de Estado presentes.

Este encuentro me ofrece la oportunidad de reflexionar con ustedes - teniendo en cuenta las mociones precedentemente presentadas - sobre la naturaleza y la responsabilidad que conlleva la misión a la que Dios, en su amorosa providencia, les ha llamado. En efecto, ésta puede considerarse ciertamente como una verdadera vocación a la acción política, concretamente, al gobierno de las naciones, el establecimiento de las leyes y la Administración pública en sus diversos ámbitos. Es necesario, pues, preguntarse por la naturaleza, las exigencias y los objetivos de la política, para vivirla como cristianos y como hombres conscientes de su nobleza y, al mismo tiempo, de las dificultades y riesgos que comporta.

2. La política es el uso del poder legítimo para la consecución del bien común de la sociedad. Bien común que, como afirma el Concilio Vaticano II, "abarca el conjunto de aquellas condiciones de la vida social con las que los hombres, familias y asociaciones pueden lograr más plena y fácilmente su perfección propia" (Gaudium et spes, 74). La actividad política, por tanto, debe realizarse con espíritu de servicio. Muy oportunamente, mi predecesor Pablo VI, ha afirmado que "La política es un aspecto [...] que exige vivir el compromiso cristiano al servicio de los demás" (Octogesima adveniens, 46).

Por tanto, el cristiano que actúa en política - y quiere hacerlo "como cristiano" - ha de trabajar desinteresadamente, no buscando la propia utilidad, ni la de su propio grupo o partido, sino el bien de todos y de cada uno y, por lo tanto, y en primer lugar, el de los más desfavorecidos de la sociedad. En la lucha por la existencia, que a veces adquiere formas despiadadas y crueles, no escasean los "vencidos", que inexorablemente quedan marginados. Entre éstos no puedo olvidar a los reclusos en las cárceles: el pasado 19 de julio he estado con ellos, con ocasión de su Jubileo. En aquella oportunidad, siguiendo la costumbre de los anteriores Años Jubilares, pedí a los responsables de los Estados "una señal de clemencia en favor de todos los presos", que fuera "una clara expresión de sensibilidad hacia su condición". Movido por las numerosas súplicas que me llegan de todas partes, renuevo también hoy aquel llamado, convencido de que un gesto así les animaría en el camino de revisión personal y les impulsaría a una adhesión más firme a los valores de la justicia

Ésta tiene que ser precisamente la preocupación esencial del hombre político, la justicia. Una justicia que no se contenta con dar a cada uno lo suyo sino que tienda a crear entre los ciudadanos condiciones de igualdad en las oportunidades y, por tanto, a favorecer a aquéllos que, por su condición social, cultura o salud corren el riesgo de quedar relegados o de ocupar siempre los últimos puestos en la sociedad, sin posibilidad de una recuperación personal.

Éste es el escándalo de las sociedades opulentas del mundo de hoy, en las que los ricos se hacen cada vez más ricos, porque la riqueza produce riqueza, y los pobres son cada vez más pobres, porque la pobreza tiende a crear nueva pobreza. Este escándalo no se produce solamente en cada una de las naciones, sino que sus dimensiones superan ampliamente sus confines. Sobre todo hoy, con el fenómeno de la globalización de los mercados, los países ricos y desarrollados tienden a mejorar ulteriormente su condición económica, mientras que los países pobres - exceptuando algunos en vías de un desarrollo prometedor - tienden a hundirse aun más en formas de pobreza cada vez más penosas.

3. Pienso con gran preocupación en aquellas regiones del mundo afligidas por guerras y guerrillas sin fin, por el hambre endémica y por terribles enfermedades. Muchos de ustedes están tan preocupados como yo por este estado de cosas que, desde un punto de vista cristiano y humano, representa el más grave pecado de injusticia del mundo moderno y, por tanto, ha de conmover profundamente la conciencia de los cristianos de hoy, comenzando por los que, al tener en sus manos los resortes de la política, la economía y los recursos financieros del mundo, pueden determinar - para bien o para mal - el destino de los pueblos.

En realidad, para vencer el egoísmo de las personas y las naciones, lo que debe crecer en el mundo es el espíritu de solidaridad. Sólo así se podrá poner freno a la búsqueda de poder político y riqueza económica por encima de cualquier referencia a otros valores. En un mundo globalizado, en que el mercado, que de por sí tiene un papel positivo para la libre creatividad humana en el sector de la economía (cf. Centesimus annus, 42), tiende sin embargo a desentenderse de toda consideración moral, asumiendo como única norma la ley del máximo beneficio, aquellos cristianos que se sienten llamados por Dios a la vida política tienen la tarea - ciertamente bastante difícil, pero necesaria - de doblegar las leyes del mercado "salvaje" a las de la justicia y la solidaridad. Ese es el único camino para asegurar a nuestro mundo un futuro pacífico, arrancando de raíz las causas de conflictos y guerras: la paz es fruto de la justicia.

4. Quisiera ahora, en particular, dirigir una palabra a aquellos de ustedes que tienen la delicada misión de formular y aprobar las leyes: una tarea que aproxima el hombre a Dios, supremo Legislador, de cuya Ley eterna toda ley recibe en ultima instancia su validez y su fuerza obligante. A esto se refiere precisamente la afirmación de que la ley positiva no puede contradecir la ley natural, al ser ésta una indicación de las normas primeras y esenciales que regulan la vida moral y, por tanto, expresión de las características, de las exigencias profundas y de los más elevados valores de la persona humana. Como he tenido ocasión de afirmar en el Encíclica Evangelium vitae, "en la base de estos valores no pueden estar provisionales y volubles ‘mayorías’ de opinión, sino sólo el reconocimiento de una ley moral objetiva que, en cuanto ‘ley natural’ inscrita en el corazón del hombre, es punto de referencia normativa de la misma ley civil" (n. 70).

Esto significa que las leyes, sean cuales fueren los campos en que interviene o se ve obligado a intervenir el legislador, tienen que respetar y promover siempre a las personas humanas en sus diversas exigencias espirituales y materiales, individuales, familiares y sociales. Por tanto, una ley que no respete el derecho a la vida del ser humano - desde la concepción a la muerte natural, sea cual fuere la condición en que se encuentra, sano o enfermo, todavía en estado embrionario, anciano o en estadio terminal - no es una ley conforme al designio divino. Así pues, un legislador cristiano no puede contribuir a formularla ni aprobarla en sede parlamentaria, aun cuando, durante las discusiones parlamentarias allí dónde ya existe, le es lícito proponer enmiendas que atenúen su carácter nocivo. Lo mismo puede decirse de toda ley que perjudique a la familia y atente contra su unidad e indisolubilidad, o bien otorgue validez legal a uniones entre personas, incluso del mismo sexo, que pretendan suplantar, con los mismos derechos, a la familia basada en el matrimonio entre un hombre y una mujer.

En la actual sociedad pluralista, el legislador cristiano se encuentra ciertamente ante concepciones de vida, leyes y peticiones de legalización, que contrastan con la propia conciencia. En tales casos, será la prudencia cristiana, que es la virtud propia del político cristiano, la que le indique cómo comportarse para que, por un lado, no desoiga la voz de su conciencia rectamente formada y, por otra, no deje de cumplir su tarea de legislador. Para el cristiano de hoy, no se trata de huir del mundo en el que le ha puesto la llamada de Dios, sino más bien de dar testimonio de su propia fe y de ser coherente con los propios principios, en las circunstancias difíciles y siempre nuevas que caracterizan el ámbito político.

5. Ilustres Señores y Señoras, los tiempos que Dios nos ha concedido vivir son en buena parte obscuros y difíciles, puesto que son momentos en que se pone en juego el futuro mismo de la humanidad en el milenio que se abre ante nosotros. En muchos hombres de nuestro tiempo domina el miedo y la incertidumbre: ¿hacia dónde vamos? ¿cuál será el destino de la humanidad en el próximo siglo? ¿a dónde nos llevarán los extraordinarios descubrimientos científicos realizados en estos últimos años, sobre todo en campo biológico y genético? En efecto, somos conscientes de estar sólo al comienzo de un camino que no se sabe dónde desembocará y si será provechoso o dañino para los hombres del siglo XXI.

Nosotros, los cristianos de este tiempo formidable y maravilloso al mismo tiempo, aun participando en los miedos, las incertidumbres y los interrogantes de los hombres de hoy, no somos pesimistas sobre el futuro, puesto que tenemos la certeza de que Jesucristo es el Dios de la historia, y porque tenemos en el Evangelio la luz que ilumina nuestro camino, incluso en los momentos difíciles y oscuros.

El encuentro con Cristo transformó un día sus vidas y ustedes han querido renovar hoy su esplendor con esta peregrinación a los lugares que guardan la memoria de los apóstoles Pedro y Pablo. En la medida en que perseveren en esta estrecha unión con Él mediante la oración personal y la participación convencida en la vida de la Iglesia, Él, el Viviente, seguirá derramando sobre ustedes el Espíritu Santo, el Espíritu de la verdad y el amor, la fuerza y la luz que todos nosotros necesitamos.

Con un acto de fe sincera y convencida, renueven su adhesión a Jesucristo, Salvador del mundo, y hagan de su Evangelio la guía de su pensamiento y de su vida. Así serán en la sociedad actual el fermento de vida nueva que necesita la humanidad para construir un futuro más justo y más solidario, un futuro abierto a la civilización del amor.

[02193-04.02] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

1. Com grande alegria, dou-vos as boas-vindas a esta Audiência especialmente dedicada a vós, ilustres Governantes, Parlamentares e Administradores da vida pública, que viestes a Roma para o Jubileu. Na deferente saudação que a todos dirijo, agradeço ao Senador Nicola Mancino as delicadas palavras com que interpretou os sentimentos de todos. Estendo o meu agradecimento ao Senador Francesco Cossiga, activo promotor da proclamação de São Tomás Moro Patrono dos Governantes e dos Políticos. Saúdo também as restantes Personalidades que discursaram, nomeadamente o Senhor Michail Gorbachev. Uma particular saudação de boas-vindas aos Chefes de Estado aqui presentes.

Este encontro oferece-me uma ocasião propícia para reflectir juntamente convosco, à luz também das moções há pouco apresentadas, sobre a natureza e a responsabilidade que comporta a missão a que Deus, na sua amorosa providência, vos chamou. Com efeito, a vossa função pode-se considerar, verdadeira e propriamente, uma vocação à acção política, ou seja, no vosso caso concreto, ao governo das nações, à formação das leis e à administração da vida pública, nos seus diversos níveis. Assim, é preciso interrogar-se sobre a natureza, as exigências e os objectivos da política, para vivê-la como cristãos e pessoas conscientes da sua nobreza e, ao mesmo tempo, das dificuldades e riscos que ela comporta.

2. A política é o uso do poder legítimo em ordem à consecução do bem comum da sociedade; tal bem comum, como afirma o Concílio Vaticano II, «compreende o conjunto das condições de vida social que permitem aos indivíduos, famílias e associações alcançar mais plena e facilmente a própria perfeição» (Gaudium et spes, 74). Por isso, a actividade política deve realizar--se em espírito de serviço. O meu predecessor Paulo VI afirmou, justamente, que «a política é uma maneira exigente [...] de viver o compromisso cristão ao serviço dos outros» (Octogesima adveniens, 46).

Assim, o cristão que intervém na política - e quer fazê-lo «como cristão» - deve agir desinteressadamente, não buscando o interesse pessoal nem o do seu grupo ou partido, mas o bem de todos e de cada um, e em primeiro lugar, naturalmente, o bem daqueles que vivem, na sociedade, mais desfavorecidos. Na luta pela vida, que às vezes assume formas desumanas e cruéis, numerosos são os «vencidos» que ficam inexoravelmente postos de lado. Entre eles, não posso deixar de lembrar os detidos nas cadeias: fui estar com eles no passado dia 9 de Julho, por ocasião do seu Jubileu. Naquela circunstância, recordando o costume dos Anos Jubilares anteriores, pedi aos Responsáveis dos Estados «um sinal de clemência em favor de todos os presos» que constituísse «um gesto claro de sensibilidade para com a sua condição». Movido pelas múltiplas súplicas que me chegam de todo o lado, renovo hoje aquele apelo, convencido de que um tal gesto encorajá-los-ia no caminho do arrependimento pessoal e estimulá-los-ia a uma adesão mais convicta aos valores da justiça.

Precisamente a justiça há-de ser a preocupação essencial do político; uma justiça que não se contente com dar a cada um o que lhe pertence, mas vise criar, entre os cidadãos, condições que levem a uma igualdade de oportunidades e, consequentemente, favorecer a quantos, pela sua condição social, cultura, saúde, correm o risco de ficar para trás ou ocupar sempre os últimos lugares na sociedade, sem possibilidades pessoais para se refazerem.

É o escândalo das sociedades opulentas do mundo actual, em que os ricos se tornam sempre mais ricos, porque a riqueza produz riqueza, e os pobres ficam cada vez mais pobres, porque a pobreza tende a criar outra pobreza. Este escândalo não se verifica apenas ao nível de cada nação, mas apresenta dimensões que transbordam amplamente as suas fronteiras. Hoje de modo especial, com o fenómeno da globalização dos mercados, os países ricos e desenvolvidos tendem a melhorar progressivamente a sua condição económica, enquanto os países pobres - à excepção de alguns em vias de promissor desenvolvimento - tendem a afundar-se em formas de pobreza sempre mais penosas.

3. Olho, com angústia, para aquelas regiões do mundo que vivem atormentadas por guerras e guerrilhas sem fim, por uma fome endémica e doenças tremendas. Muitos de vós estão preocupados como eu com esta situação, que constitui, numa perspectiva cristã e humana, o mais grave pecado de injustiça do mundo moderno e deve, por isso, tocar profundamente a consciência dos cristãos de hoje, e em primeiro lugar a daqueles que, detendo em suas mãos as levas políticas, económicas e financeiras do mundo, podem determinar, positiva ou negativamente, os destinos dos povos.

Na realidade, é o espírito de solidariedade que deve crescer no mundo, para vencer o egoísmo das pessoas e das nações. Somente assim será possível pôr um freio à busca do poder político e da riqueza económica fora de qualquer referência a outros valores. Num mundo globalizado, em que o mercado - este, por si, desempenha um papel positivo em ordem à livre criatividade humana no sector da economia (cf. Centesimus annus, 42) - tende a desvincular-se de qualquer consideração moral para assumir como única norma a lei do maior lucro possível, aqueles cristãos que se sentem chamados por Deus à vida política têm o dever - certamente bastante difícil, mas necessário - de submeter as leis do mercado «selvagem» às leis da justiça e da solidariedade. Este é o único caminho que pode garantir ao nosso mundo um futuro pacífico, destruindo pela raiz as causas de conflitos e guerras: a paz é fruto da justiça.

4. A minha palavra dirige-se agora especialmente àqueles dentre vós que têm a tarefa tão delicada de formular e aprovar as leis: uma tarefa que associa o homem a Deus, Legislador supremo; da sua Lei eterna, toda a lei adquire, em última análise, validade e obrigatoriedade. É a isto precisamente que se quer aludir quando se afirma que a lei positiva não pode contradizer a lei natural, sendo esta apenas a indicação das normas primeiras e essenciais que regulam a vida moral, e consequentemente a indicação do que são os caracteres, as exigências profundas e os valores mais altos da pessoa humana. Como afirmei na Encíclica Evangelium vitæ, «na base destes valores, não podem estar "maiorias" de opinião provisórias e mutáveis, mas só o reconhecimento duma lei moral objectiva que, enquanto "lei natural" inscrita no coração do homem, seja ponto normativo de referência para a própria lei civil» (n. 70).

Isto significa que as leis, seja qual for o âmbito em que o legislador intervenha ou seja obrigado a intervir, devem sempre respeitar e promover - na variedade das suas exigências espirituais e materiais, pessoais, familiares e sociais - a pessoa humana. Por isso, uma lei que não respeite o direito à vida - da concepção à morte natural - do ser humano, independentemente da condição em que se encontra - são ou doente; ainda em estado embrional, ancião, ou no estado terminal - não é uma lei conforme ao desígnio divino; consequentemente, um legislador cristão não pode contribuir para a sua formulação nem aprová-la em sede parlamentar; entretanto, no caso de já existir uma tal lei, ele pode licitamente propor, em sede de discussão parlamentar, emendas que atenuem o seu efeito pernicioso. O mesmo se diga a propósito de qualquer lei que prejudique a família, atentando contra a sua unidade e indissolubilidade ou então conferindo validade legal a uniões entre pessoas, até do mesmo sexo, que pretendem sub-rogar, com os mesmos direitos, a família fundada sobre o matrimónio de um homem com uma mulher.

Não há dúvida que, na sociedade pluralista actual, o legislador cristão encontra-se frente a concepções de vida, a leis e a petições de legalização que estão em contraste com a sua consciência. Nesse caso, há-de ser a prudência cristã, que é a virtude própria do político cristão, a indicar-lhe como comportar-se a fim de, por um lado, não atraiçoar a voz da sua consciência rectamente formada e, por outro, não faltar ao seu dever de legislador. Para o cristão de hoje, não se trata de sair do mundo onde o chamamento de Deus o colocou, mas antes de dar testemunho da própria fé e ser coerente com os seus princípios nas circunstâncias difíceis e sempre novas que caracterizam o âmbito da política.

5. Ilustres Senhores e distintas Senhoras, os tempos em que Deus nos fez viver apresentam-se, assiduamente, obscuros e difíceis, pondo em jogo o próprio futuro da humanidade no milénio que se abre diante de nós. Em muitos homens do nosso tempo, reina o medo e a incerteza: Para onde estamos a caminhar? Qual será o destino da humanidade no próximo século? Onde nos levarão as extraordinárias descobertas científicas feitas nestes últimos anos, sobretudo no campo biológico e genético? Sente-se, de facto, que estamos apenas no início dum caminho que não se sabe onde poderá desembocar e se produzirá benefício ou dano aos homens do século XXI.

Nós, cristãos deste tempo formidável e maravilhoso, apesar de compartilharmos os medos, incertezas e interrogações dos homens de hoje, não estamos pessimistas quanto ao futuro, porque temos a certeza de que Jesus Cristo é o Senhor da história e temos no Evangelho a luz que ilumina o nosso caminho, mesmo nos momentos difíceis e obscuros.

O encontro com Cristo transformou, um dia, a vossa vida e hoje quisestes renovar o seu resplendor com esta peregrinação às memórias dos apóstolos Pedro e Paulo. Na medida em que vós perseverardes nesta união íntima com Ele, através da oração pessoal e da participação convicta na vida da Igreja, Ele, o Vivente, continuará a derramar sobre vós o Espírito Santo, o Espírito da verdade e do amor, a força e a luz de que todos nós temos necessidade.

Com um acto de fé sincera e convicta, renovai a vossa adesão a Jesus Cristo, Salvador do mundo, e fazei do seu Evangelho o guia do vosso pensamento e da vossa vida. Então sereis, na sociedade contemporânea, aquele fermento de vida nova que a humanidade precisa para construir um futuro mais justo e solidário, um futuro aberto à civilização do amor.

[02193-06.01] [Texto original: Italiano]