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COMMEMORAZIONE ECUMENICA DEI TESTIMONI DELLA FEDE DEL SECOLO XX, 07.05.2000


Alle ore 18 di oggi, Terza Domenica di Pasqua, il Santo Padre Giovanni Paolo II presiede a Roma, presso il Colosseo, insieme con i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, la Commemorazione ecumenica dei testimoni della fede del secolo XX.

Il Rito ha inizio con la "Statio" all’interno del Colosseo e la processione con il Libro dei Vangeli verso il luogo della Commemorazione all’esterno dell’anfiteatro; prosegue con la Liturgia della Parola di Dio, la Confessione della fede, la Commemorazione dei testimoni - raggruppati in otto categorie che abbracciano la memoria di fedeli cristiani di tutti i continenti e delle varie Chiese e Comunità cristiane - e si conclude con la Benedizione finale.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Santo Padre pronuncia dopo la proclamazione del Vangelo:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Testo in lingua italiana 

Traduzione inglese del testo in lingua italiana

Traduzione francese del testo in lingua italiana

Traduzione tedesca del testo in lingua italiana 

Traduzione castigliana del testo in lingua italiana

Testo in lingua italiana

1. "Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore porta molto frutto" (Gv 12,24). Con queste parole, Gesù, alla vigilia della passione, annuncia la sua glorificazione attraverso la morte. L'impegnativa affermazione è risonata poc'anzi nell'acclamazione al Vangelo. Essa riecheggia con forza nel nostro animo questa sera, in questo luogo significativo, in cui facciamo memoria dei "testimoni della fede del secolo ventesimo".

E' Cristo il chicco di frumento che morendo ha dato frutti di vita immortale. E sulle orme del Re crocifisso si sono posti i suoi discepoli, diventati nel corso dei secoli schiere innumerevoli "di ogni nazione, razza, popolo e lingua": apostoli e confessori della fede, vergini e martiri, audaci araldi del Vangelo e silenziosi servitori del Regno.

Carissimi Fratelli e Sorelle, accomunati dalla fede in Cristo Gesù! Mi è particolarmente gradito rivolgervi oggi il mio fraterno abbraccio di pace, mentre insieme commemoriamo i testimoni della fede del secolo ventesimo. Saluto calorosamente i rappresentanti del Patriarcato ecumenico e delle altre Chiese sorelle ortodosse, così come quelli delle Antiche Chiese d'Oriente. Ugualmente ringrazio per la loro fraterna presenza i rappresentanti della Comunione Anglicana, delle Comunioni Cristiane Mondiali di Occidente e delle Organizzazioni ecumeniche.

E' per tutti noi motivo di intensa emozione trovarci insieme questa sera, raccolti accanto al Colosseo, per questa suggestiva celebrazione giubilare. I monumenti e le rovine dell'antica Roma parlano all'umanità delle sofferenze e delle persecuzioni sopportate con eroica fortezza dai nostri padri nella fede, i cristiani delle prime generazioni. Queste antiche vestigia ci ricordano quanto vere siano le parole di Tertulliano che scriveva: "sanguis martyrum semen christianorum - il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani" (Apol., 50,13: CCL 1, 171).

2. L'esperienza dei martiri e dei testimoni della fede non è caratteristica soltanto della Chiesa degli inizi, ma connota ogni epoca della sua storia. Nel secolo ventesimo, poi, forse ancor più che nel primo periodo del cristianesimo, moltissimi sono stati coloro che hanno testimoniato la fede con sofferenze spesso eroiche. Quanti cristiani, in ogni Continente, nel corso del Novecento hanno pagato il loro amore a Cristo anche versando il sangue! Essi hanno subito forme di persecuzione vecchie e recenti, hanno sperimentato l'odio e l'esclusione, la violenza e l'assassinio. Molti Paesi di antica tradizione cristiana sono tornati ad essere terre in cui la fedeltà al Vangelo è costata un prezzo molto alto. Nel nostro secolo "la testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è divenuta patrimonio comune di cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti" (Tertio millennio adveniente, 37)

La generazione a cui appartengo ha conosciuto l'orrore della guerra, i campi di concentramento, la persecuzione. Nella mia Patria, durante la seconda guerra mondiale, sacerdoti e cristiani furono deportati nei campi di sterminio. Solo a Dachau furono internati circa tremila sacerdoti. Il loro sacrificio si unì a quello di molti cristiani provenienti da altri Paesi europei e talora appartenenti ad altre Chiese e Comunità ecclesiali.

Sono testimone io stesso, negli anni della mia giovinezza, di tanto dolore e di tante prove. Il mio sacerdozio, fin dalle sue origini, "si è iscritto nel grande sacrificio di tanti uomini e di tante donne della mia generazione" (Dono e Mistero, p. 47). L'esperienza della seconda guerra mondiale e degli anni successivi mi ha portato a considerare con grata attenzione, l'esempio luminoso di quanti, dai primi anni del Novecento sino alla sua fine, hanno provato la persecuzione, la violenza, la morte, per la loro fede e per il loro comportamento ispirato alla verità di Cristo.

3. E sono tanti! La loro memoria non deve andare perduta, anzi va recuperata in maniera documentata. I nomi di molti non sono conosciuti; i nomi di alcuni sono stati infangati dai persecutori, che hanno cercato di aggiungere al martirio l'ignominia; i nomi di altri sono stati occultati dai carnefici. I cristiani serbano, però, il ricordo di una grande parte di loro. Lo hanno mostrato le numerose risposte all'invito a non dimenticare, giunte alla Commissione "Nuovi martiri" nell'ambito del Comitato del Grande Giubileo, che ha alacremente lavorato per arricchire ed aggiornare la memoria della Chiesa con le testimonianze di tutte quelle persone, anche sconosciute, che "hanno dato la loro vita per il nome del Nostro Signore Gesù Cristo" (At 15,26). Sì, come scriveva - alla vigilia della esecuzione - il metropolita ortodosso di San Pietroburgo, Beniamino, martirizzato nel 1922, "i tempi sono cambiati ed è apparsa la possibilità di patire sofferenze per amore di Cristo...". Con la stessa convinzione, dalla sua cella di Buchenwald, il pastore luterano Paul Schneider riaffermava davanti ai suoi aguzzini: "Così dice il Signore, io sono la Risurrezione e la Vita!".

La partecipazione di Rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali conferisce all'odierna nostra celebrazione un valore e un'eloquenza del tutto singolari, nel corso di questo Giubileo dell'Anno Duemila. Essa mostra come l'esempio degli eroici testimoni della fede sia veramente prezioso per tutti i cristiani. La persecuzione ha toccato quasi tutte le Chiese e le Comunità ecclesiali nel Novecento, unendo i cristiani nei luoghi del dolore e facendo del loro comune sacrificio un segno di speranza per i tempi che verranno.

Questi nostri fratelli e sorelle nella fede, a cui oggi facciamo riferimento con gratitudine e venerazione, costituiscono come un grande affresco dell'umanità cristiana del ventesimo secolo. Un affresco del vangelo delle Beatitudini, vissuto sino allo spargimento del sangue.

4. "Beati voi quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male a causa mia, rallegratevi ed esultate, poiché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5, 11-12). Quanto si addicono queste parole di Cristo agli innumerevoli testimoni della fede del secolo passato, insultati e perseguitati, ma mai piegati dalla forza del male!

Laddove l'odio sembrava inquinare tutta la vita senza la possibilità di sfuggire alla sua logica, essi hanno manifestato come "l'amore sia più forte della morte". All'interno di terribili sistemi oppressivi, che sfiguravano l'uomo, nei luoghi di dolore, tra privazioni durissime, lungo marce insensate, esposti al freddo, alla fame, torturati, sofferenti in tanti modi, essi hanno fatto risuonare alta la loro adesione a Cristo morto e risorto. Ascolteremo tra poco alcune loro incisive testimonianze.

Tanti hanno rifiutato di piegarsi al culto degli idoli del ventesimo secolo, e sono stati sacrificati dal comunismo, dal nazismo, dall'idolatria dello Stato o della razza. Molti altri sono caduti nel corso di guerre etniche o tribali, perché avevano rifiutato una logica estranea al Vangelo di Cristo. Alcuni hanno conosciuto la morte, perché, sul modello del buon Pastore, hanno voluto restare con i loro fedeli, nonostante le minacce. In ogni continente e lungo l'intero Novecento, c'è stato chi ha preferito farsi uccidere, piuttosto che venir meno alla propria missione. Religiosi e religiose hanno vissuto la loro consacrazione sino all'effusione del sangue. Uomini e donne credenti sono morti offrendo la loro esistenza per amore dei fratelli, specie dei più poveri e deboli. Non poche donne hanno perso la vita per difendere la loro dignità e la loro purezza.

5. "Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna" (Gv 12,25). Abbiamo ascoltato poco fa queste parole di Cristo. Si tratta di una verità che spesso il mondo contemporaneo rifiuta e disprezza, facendo dell'amore per se stessi il criterio supremo dell'esistenza. Ma i testimoni della fede, che anche questa sera ci parlano con il loro esempio, non hanno considerato il proprio tornaconto, il proprio benessere, la propria sopravvivenza come valori più grandi della fedeltà al Vangelo. Pur nella loro debolezza, essi hanno opposto strenua resistenza al male. Nella loro fragilità è rifulsa la forza della fede e della grazia del Signore.

Fratelli e Sorelle carissimi, l'eredità preziosa che questi testimoni coraggiosi ci hanno tramandato è un patrimonio comune di tutte le Chiese e di tutte le Comunità ecclesiali. E' un'eredità che parla con una voce più alta dei fattori di divisione. L'ecumenismo dei martiri e dei testimoni della fede è il più convincente; esso indica la via dell'unità ai cristiani del ventunesimo secolo. E' l'eredità della Croce vissuta alla luce della Pasqua: eredità che arricchisce e sorregge i cristiani, mentre si avviano nel nuovo millennio.

Se ci vantiamo di questa eredità non è per spirito di parte e tanto meno per desiderio di rivalsa nei confronti dei persecutori, ma perché sia resa manifesta la straordinaria potenza di Dio, che ha continuato ad agire in ogni tempo e sotto ogni cielo. Lo facciamo, perdonando a nostra volta, sull'esempio dei tanti testimoni uccisi mentre pregavano per i loro persecutori.

6. Resti viva, nel secolo e nel millennio appena avviati, la memoria di questi nostri fratelli e sorelle. Anzi, cresca! Sia trasmessa di generazione in generazione, perché da essa germini un profondo rinnovamento cristiano! Sia custodita come un tesoro di eccelso valore per i cristiani del nuovo millennio e costituisca il lievito per il raggiungimento della piena comunione di tutti i discepoli di Cristo!

E' con animo pieno di intima commozione che esprimo questo auspicio. Prego il Signore perché la nube di testimoni che ci circonda aiuti tutti noi credenti ad esprimere con uguale coraggio il nostro amore per Cristo; per Colui che è sempre vivo nella sua Chiesa: come ieri, così oggi, domani e sempre!

[01018-01.01] [Testo originale:italiano]

Traduzione inglese del testo in lingua italiana

1. "Unless a grain of wheat falls into the earth and dies, it remains alone; but if it dies, it bears much fruit" (Jn 12:24). With these words on the eve of his Passion, Jesus foretells his glorification through his death. We have just heard this challenging truth in the Gospel acclamation. It resounds forcefully tonight in this significant place, where we remember the "witnesses to the faith in the twentieth century".

Christ is the grain of wheat who by dying has borne fruits of everlasting life. And down the centuries his disciples have followed in the footsteps of the Crucified King, becoming a numberless multitude "from every nation, race, people and language": apostles and confessors of the faith, virgins and martyrs, bold heralds of the Gospel and silent servants of the Kingdom.

Dear Brothers and Sisters united by faith in Jesus Christ! I am especially happy today to offer you my brotherly embrace of peace, as we commemorate together the witnesses to the faith in the twentieth century. I warmly greet the representatives of the Ecumenical Patriarchate and of the other Orthodox Sister Churches, as well as those of the ancient Churches of the East. I likewise thank the representatives of the Anglican Communion, of the worldwide Christian Communities of the West and of the Ecumenical Organizations for their fraternal presence.

Gathered as we are at the Colosseum for this meaningful jubilee celebration, our coming together this evening is for all of us a source of great emotion. The monuments and ruins of ancient Rome speak to humanity of the sufferings and persecutions endured with fortitude by our forebears in the faith, the Christians of the first generations. These ancient remains remind us how true are the words of Tertullian who wrote: "sanguis martyrum semen christianorum" — the blood of the martyrs is the seed of new Christians (Apol., 50,13: CCL 1, 171).

2. The experience of the martyrs and the witnesses to the faith is not a characteristic only of the Church’s beginnings but marks every epoch of her history. In the twentieth century, and maybe even more than in the first period of Christianity, there has been a vast number of men and women who bore witness to the faith through sufferings that were often heroic. How many Christians in the course of the twentieth century, on every continent, showed their love of Christ by the shedding of blood! They underwent forms of persecution both old and new, they experienced hatred and exclusion, violence and murder. Many countries of ancient Christian tradition once more became lands where fidelity to the Gospel demanded a very high price. In our century "the witness to Christ borne even to the shedding of blood has become a common inheritance of Catholics, Orthodox, Anglicans and Protestants" (Tertio Millennio Adveniente, 37).

The generation to which I belong experienced the horror of war, the concentration camps, persecution. In my homeland, during the Second World War, priests and Christians were deported to extermination camps. In Dachau alone some three thousand priests were interned. Their sacrifice was joined to that of many Christians from other European countries, some of whom belonged to other Churches and Ecclesial Communities.

I myself am a witness of much pain and many trials, having seen these in the years of my youth. My priesthood, from its very beginning, was marked "by the great sacrifice of countless men and women of my generation" (Gift and Mystery, p. 39). The experience of the Second World War and of the years following brought me to consider carefully and with gratitude the shining example of those who, from the beginning of the twentieth century to its end, met persecution, violence, death, because of their faith and because their behaviour was inspired by the truth of Christ.

3. And there are so many of them! They must not be forgotten, rather they must be remembered and their lives documented. The names of many are unknown; the names of some have been denigrated by their persecutors, who tried to add disgrace to martyrdom; the names of others have been concealed by their executioners. But Christians preserve the memory of a great number of them. This is shown by the numerous replies to the invitation not to forget, received by the "New Martyrs" Commission within the Committee for the Great Jubilee. The Commission has worked hard to enrich and update the Church’s memory with the witness of all those people, even those who are unknown, who "risked their lives for the sake of our Lord Jesus Christ" (Acts 15:26). Yes, as the Orthodox Metropolitan Benjamin of Saint Petersburg, martyred in 1922, wrote on the eve of his execution: "The times have changed and it has become possible to suffer much for love of Christ...". With the same conviction, from his cell in Buchenwald, the Lutheran Pastor Paul Schneider asserted once more in the presence of his prison guards: "Thus says the Lord, ‘I am the resurrection and the life!’".

The presence of representatives of other Churches and Ecclesial Communities gives today’s celebration particular significance and eloquence in this Jubilee Year 2000. It shows that the example of the heroic witnesses to the faith is truly precious for all Christians. In the twentieth century, almost all the Churches and Ecclesial Communities have known persecution, uniting Christians in their places of suffering and making their shared sacrifice a sign of hope for times still to come.

These brothers and sisters of ours in faith, to whom we turn today in gratitude and veneration, stand as a vast panorama of Christian humanity in the twentieth century, a panorama of the Gospel of the Beatitudes, lived even to the shedding of blood.

4. "Blessed are you when they insult you and persecute you and utter all kinds of evil against you falsely on my account. Rejoice and be glad, for your reward is great in heaven" (Mt 5:11-12). How well these words of Christ fit the countless witnesses to the faith in the last century, insulted and persecuted, but never broken by the power of evil!

Where hatred seemed to corrupt the whole of life leaving no escape from its logic, they proved that "love is stronger than death". Within terrible systems of oppression which disfigured man, in places of pain, amid the hardest of privations, through senseless marches, exposed to cold and hunger, tortured, suffering in so many ways, they loudly proclaimed their loyalty to Christ crucified and risen. In a few moments we shall hear some of their striking testimonies.

Countless numbers refused to yield to the cult of the false gods of the twentieth century and were sacrificed by Communism, Nazism, by the idolatry of State or race. Many others fell in the course of ethnic or tribal wars, because they had rejected a way of thinking foreign to the Gospel of Christ. Some went to their death because, like the Good Shepherd, they decided to remain with their people, despite intimidation. On every continent and throughout the entire twentieth century, there have been those who preferred to die rather than betray the mission which was theirs. Men and women Religious lived their consecration to the shedding of blood. Men and women believers died offering their lives for love of their brothers and sisters, especially the poorest and the weakest. Many women lost their lives in order to defend their dignity and purity.

5. "Whoever loves his life loses it and whoever hates his life in this world will keep it for eternal life" (Jn 12:25). A few minutes ago we listened to these words of Christ. They contain a truth which today’s world often scorns and rejects, making love of self the supreme criterion of life. But the witnesses to the faith, who also this evening speak to us by their example, did not consider their own advantage, their own well-being, their own survival as greater values than fidelity to the Gospel. Despite all their weakness, they vigorously resisted evil. In their fragility there shone forth the power of faith and of the Lord’s grace.

Dear Brothers and Sisters, the precious heritage which these courageous witnesses have passed down to us is a patrimony shared by all the Churches and Ecclesial Communities. It is a heritage which speaks more powerfully than all the causes of division. The ecumenism of the martyrs and the witnesses to the faith is the most convincing of all; to the Christians of the twenty-first century it shows the path to unity. It is the heritage of the Cross lived in the light of Easter: a heritage which enriches and sustains Christians as they go forward into the new millennium.

If we glory in this heritage it is not because of any partisan spirit and still less because of any desire for vengeance upon the persecutors, but in order to make manifest the extraordinary power of God, who has not ceased to act in every time and place. We do this as we ourselves offer pardon, faithful to the example of the countless witnesses killed even as they prayed for their persecutors.

6. In the century and the millennium just begun may the memory of these brothers and sisters of ours remain always vivid. Indeed, may it grow still stronger! Let it be passed on from generation to generation, so that from it there may blossom a profound Christian renewal! Let it be guarded as a treasure of consummate value for the Christians of the new millennium, and let it become the leaven for bringing all Christ’s disciples into full communion!

It is with a heart filled with deep emotion that I express this hope. I pray to the Lord that the cloud of witnesses which surrounds us will help all of us who believe to express with no less courage our own love for Christ, for him who is ever alive in his Church: as he was yesterday, and is today, and will be tomorrow and for ever!

[01019-02.01] [Original text:Italian]

Traduzione francese del testo in lingua italiana

1. "Si le grain de blé tombé en terre ne meurt pas, il demeure seul; mais s’il meurt, il porte beaucoup de fruit" (Jn 12, 24). Par ces paroles, prononcées à la veille de sa passion, Jésus annonce sa glorification à travers la mort. Cette affirmation exigeante vient de résonner dans l’acclamation à l’Évangile. Elle résonne à nouveau avec force en nos cœurs, en ce lieu suggestif où nous faisons ce soir mémoire des "témoins de la foi du vingtième siècle".

Le grain de blé qui, en mourant, a donné des fruits de vie immortelle, c’est le Christ. Les disciples du Roi crucifié ont marché sur ses traces, et ils sont devenus, au cours des siècles, des foules immenses "de toute nation, race, peuple et langue": apôtres et confesseurs de la foi, vierges et martyrs, hérauts audacieux de l’Évangile et serviteurs silencieux du Royaume.

Chers Frères et Sœurs, tous ici rassemblés par la foi au Christ Jésus! Je suis particulièrement heureux de vous donner aujourd’hui un fraternel baiser de paix, alors que nous commémorons ensemble les témoins de la foi du vingtième siècle. Je salue chaleureusement les représentants du Patriarcat œcuménique et des autres Églises sœurs orthodoxes, ainsi que ceux des antiques Églises d’Orient. Je remercie également pour leur présence fraternelle les représentants de la Communion anglicane, des Communions chrétiennes mondiales d’Occident et des organisations œcuméniques.

Nous ressentons tous une intense émotion en nous trouvant ce soir, réunis ensemble près du Colisée, pour cette impressionnante célébration jubilaire. Les monuments et les ruines de la Rome antique parlent à l’humanité des souffrances et des persécutions subies avec un courage héroïque par nos pères dans la foi, les chrétiens des premières générations. Ces antiques vestiges nous rappellent combien sont vraies les paroles que Tertullien écrivait: "Sanguis martyrum semen christianorum - le sang des martyrs est semence de chrétiens" (Apol., 50, 13: CCL, 1, 171).

2. L’expérience des martyrs et des témoins de la foi n’est pas une caractéristique propre aux premiers temps de l’Église, mais elle est la marque de chaque période de son histoire. Au cours du vingtième siècle, peut-être plus encore que dans les débuts du christianisme, très nombreux ont été ceux qui ont témoigné de la foi au milieu de souffrances souvent héroïques. Combien de chrétiens, dans chaque continent, au cours du vingtième siècle, ne sont-ils pas allés jusqu’à payer de leur sang leur attachement au Christ! Ils ont subi des formes de persécution anciennes et nouvelles, ils ont fait l’expérience de la haine et de l’exclusion, de la violence et de l’assassinat. De nombreux pays d’antique tradition chrétienne sont redevenus des terres où il en coûtait de rester fidèle à l’Évangile. Dans notre siècle, "le témoignage rendu au Christ jusqu'au sang est devenu un patrimoine commun aux catholiques, aux orthodoxes, aux anglicans et aux protestants" (Tertio millennio adveniente, n. 37).

La génération à laquelle j’appartiens a connu l’horreur de la guerre, les camps de concentration, la persécution. Dans ma patrie, durant la seconde guerre mondiale, des prêtres et des chrétiens ont été déportés dans les camps d’extermination. Rien qu’à Dachau, trois mille prêtres environ ont été internés. Ils ont uni leur sacrifice à celui des nombreux chrétiens qui provenaient de divers pays d’Europe et dont certains appartenaient à d’autres Églises et Communautés ecclésiales.

Dans ma jeunesse, j’ai été moi-même témoin de beaucoup de souffrances et de beaucoup d’épreuves. "Mon sacerdoce, dès son origine, s'est situé par rapport au grand sacrifice de nombreux hommes et de nombreuses femmes de ma génération" (Ma vocation, don et mystère, pp. 51-52). L’expérience de la seconde guerre mondiale et des années qui ont suivi m’a conduit à considérer avec une attention pleine de reconnaissance l’exemple lumineux de ceux qui, du début à la fin du vingtième siècle, ont souffert la persécution, la violence et la mort à cause de leur foi et à cause du comportement que leur inspirait la vérité du Christ.

3. Ils sont si nombreux! Leur mémoire ne doit pas être perdue. Il faut au contraire qu’elle soit conservée par écrit. Le nom d’un grand nombre ne nous est pas connu; d’autres ont eu leur renommée salie par les persécuteurs, qui ont voulu ajouter l’ignominie à la persécution; les noms d’autres encore ont été cachés par leurs bourreaux. Mais les chrétiens gardent le souvenir du plus grand nombre d’entre eux. En sont une preuve les nombreuses réponses à l’invitation à ne pas oublier, qui sont parvenues à la Commission "Nouveaux martyrs" dans le cadre du Comité du grand Jubilé. Celle-ci a travaillé pour enrichir et mettre rapidement à jour la mémoire de l’Église avec le témoignage de toutes les personnes, même inconnues, "qui ont consacré leur vie à la cause de notre Seigneur Jésus Christ" (Ac 15, 26). Oui, comme l’écrivait - à la veille de son exécution - le métropolite orthodoxe de Saint-Pétersbourg, Benjamin, qui fut martyrisé en 1922, "les temps ont changé et voici qu’apparaît la possibilité de souffrir pour l’amour du Christ...". Avec la même conviction, depuis sa cellule de Buchenwald, le Pasteur luthérien Paul Schneider affirmait devant ses bourreaux: "Ainsi le dit le Seigneur, je suis la Résurrection et la Vie!".

La participation de Représentants d’autres Églises et Communautés ecclésiales confère à notre célébration d’aujourd’hui une valeur et une éloquence tout à fait particulières au cours de ce Jubilé de l’An 2000. Elle montre que l’exemple de ceux qui sont restés héroïquement fidèles à leur foi apporte un témoignage de grand prix pour tous les chrétiens. La persécution a frappé presque toutes les Églises et les Communautés ecclésiales du vingtième siècle, unissant les chrétiens dans les lieux de souffrance et faisant de leur sacrifice commun un signe d’espérance pour les temps à venir.

Ces frères et sœurs dans la foi, que nous évoquons aujourd’hui avec gratitude et vénération, forment comme une grande fresque de l’humanité chrétienne du vingtième siècle. C’est la fresque de l’Évangile des Béatitudes, vécu jusqu’à l’effusion du sang.

4. "Heureux serez-vous si l’on vous insulte, si l’on vous persécute et si l’on dit faussement toute sorte de mal contre vous à cause de moi. Réjouissez-vous, soyez l’allégresse, car votre récompense sera grande dans les cieux!" (Mt 5, 11-12). Ces paroles du Christ s’appliquent si bien aux innombrables témoins de la foi du siècle qui s’achève: ils ont été persécutés, insultés, mais ils n’ont jamais plié devant les forces du mal!

Là où la haine semblait contaminer toute la vie sans possibilité d’échapper à sa logique, ils ont montré que "l’amour est plus fort que la mort". Dans les terribles systèmes d’oppression, qui défiguraient l’homme, dans les lieux de souffrance, au milieu de privations très dures, au long de marches épuisantes, exposés au froid, à la faim, aux tortures, accablés de toutes sortes de souffrances, s’est élevée leur ferme adhésion au Christ mort et ressuscité. Nous écouterons tout à l’heure quelques-uns de leurs témoignages saisissants.

Beaucoup ont refusé de se plier au culte des idoles du vingtième siècle et ont été sacrifiés par le communisme, par le nazisme, par l’idolâtrie de l’État ou de la race. Beaucoup d’autres sont tombés, au cours de guerres ethniques ou tribales, parce qu’ils avaient refusé une logique étrangère à l’Évangile du Christ. Certains sont morts parce que, suivant le modèle du Bon Pasteur, ils ont voulu rester avec leurs fidèles, en dépit des menaces. Dans chaque continent, tout au long de ce siècle, se sont levées des personnes qui ont préféré être tuées plutôt que de faillir à leur mission. Des religieux et des religieuses ont vécu leur consécration jusqu’à l’effusion du sang. Des croyants, hommes et femmes, sont morts en offrant leur vie par amour pour leurs frères, particulièrement pour les plus pauvres et les plus faibles. Bien des femmes ont perdu la vie pour défendre leur dignité et leur pureté.

5. "Celui qui aime sa vie la perd; celui qui s’en détache en ce monde la garde pour la vie éternelle" (Jn 12, 25). Nous venons d’entendre ces paroles du Christ. Il s’agit là d’une vérité que le monde contemporain refuse souvent et méprise, car il fait de l’amour de soi le critère suprême de l’existence. Mais les témoins de la foi, qui, ce soir aussi, nous parlent par l’exemple de leur vie, n’ont considéré ni leur propre avantage, ni leur bien-être, ni même leur survivance comme des valeurs supérieures à la fidélité à l’Évangile. Malgré leur faiblesse, ils ont opposé une résistance vigoureuse au mal. Dans leur fragilité a resplendi la force de la foi et de la grâce du Seigneur.

Chers Frères et Sœurs, l’héritage précieux que ces témoins courageux nous ont laissé est un patrimoine commun à toutes les Églises et à toutes les Communautés ecclésiales. C’est un héritage qui nous parle d’une voix plus forte que celle des fauteurs de division. L’œcuménisme le plus convaincant est celui des martyrs et des témoins de la foi; il indique aux chrétiens du vingt et unième siècle la voie de l’unité. C’est l’héritage de la Croix vécu à la lumière de Pâques, héritage qui enrichit et soutient les chrétiens à mesure qu’ils avancent dans le nouveau millénaire.

Si nous sommes fiers de cet héritage, ce n’est pas dans un esprit partisan et encore moins dans un désir de revanche vis-à-vis des persécuteurs, mais c’est pour que soit exaltée l’extraordinaire puissance de Dieu, qui a continué d’agir en tout temps et en tout lieu. Nous le faisons en pardonnant à notre tour, comme l’ont fait tant de témoins qui priaient pour leurs persécuteurs pendant qu’on les assassinait.

6. Dans le siècle et dans le millénaire qui s’avance, puisse la mémoire de ces frères et de ces sœurs rester vivante! Mieux encore, puisse-t-elle grandir! Qu’elle soit transmise de génération en génération, afin d’être semence féconde d’un profond renouveau chrétien! Qu’elle soit gardée comme un trésor d’une insigne valeur pour les chrétiens du nouveau millénaire et qu’elle soit levain pour parvenir à la pleine communion de tous les disciples du Christ !

J’exprime ce vœu, le cœur rempli d’une profonde émotion. Et je prie le Seigneur pour que la nuée de témoins qui nous entourent nous aide, nous tous croyants, à exprimer notre amour pour le Christ avec un courage égal au leur; par Celui qui demeure vivant dans son Église, aujourd’hui comme hier, demain et toujours!

[01020-03.01] [Texte original:italien]

Traduzione tedesca del testo in lingua italiana

1. "Wenn das Weizenkorn nicht in die Erde fällt und stirbt, bleibt es allein; wenn es aber stirbt, bringt es reiche Frucht" (Joh 12,24). Mit diesen Worten kündigt Jesus am Abend vor seinem Leiden seine Verherrlichung durch den Tod an. Die anspruchsvolle Aussage ist soeben beim Ruf vor dem Evangelium neu aufgeklungen. Sie findet ihr lautes Echo heute Abend an diesem bedeutsamen Ort, an dem wir der "Glaubenszeugen des zwanzigsten Jahrhunderts" gedenken.

Christus ist das Weizenkorn, das gestorben ist und dadurch Früchte des unsterblichen Lebens hervorgebracht hat. Dem gekreuzigten König sind seine Jünger nachgefolgt, aus denen im Lauf der Jahrhunderte unzählige Scharen "aus allen Nationen, Rassen, Völkern und Sprachen" geworden sind: Apostel und Bekenner des Glaubens, Jungfrauen und Märtyrer, mutige Herolde des Evangeliums und stille Diener des Reiches Gottes.

Im Glauben an Jesus Christus vereinte Brüder und Schwestern! Ich freue mich sehr, daß ich heute meinen brüderlichen Friedensgruß an euch richten darf, während wir gemeinsam der Glaubenszeugen des zwanzigsten Jahrhunderts gedenken. Herzlich grüße ich die Vertreter des ökumenischen Patriarchats und der anderen orthodoxen Schwesterkirchen sowie der Alten Kirchen des Ostens. Ebenso danke ich für ihre brüderliche Teilnahme den Vertretern der Anglikanischen Gemeinschaft, der christlichen Vereinigungen des Westens auf Weltebene und der ökumenischen Organisationen.

In uns allen ruft diese Versammlung tiefe innere Gefühle wach, da wir uns heute Abend am Kolosseum zu dieser eindrucksvollen Jubiläumsfeier eingefunden haben. Die Denkmäler und Überreste des antiken Rom sprechen zur Menschheit und erzählen von Leid und Verfolgung, die unsere Väter im Glauben, die Christen der ersten Generationen, mit heroischer Kraft ertragen haben. Diese alten Spuren erinnern uns daran, wie wahr die Worte sind, die Tertullian niedergeschrieben hat: "sanguis martyrum semen christianorum - das Blut der Märtyrer ist der Samen für neue Christen" (Apol., 50,13: CCL 1,171).

2. Die Erfahrung der Märtyrer und Glaubenszeugen ist nicht nur ein Kennzeichen der Kirche des Anfangs. Diese Erfahrung kennt die Kirche in jeder Epoche. Im zwanzigsten Jahrhundert vielleicht noch mehr als in der ersten Zeit des Christentums gab es sehr viele, die den Glauben mit oft heldenhaften Leiden bezeugt haben. Wieviele Christen auf allen Kontinenten haben im Lauf dieses Jahrhunderts ihre Liebe zu Christus auch dadurch bezahlt, daß sie ihr Blut vergossen haben! Alte und neue Formen der Verfolgung nahmen sie auf sich, sie wurden gehaßt und ausgeschlossen, gefoltert und getötet. Viele Länder mit alter christlicher Tradition sind wieder zu Gegenden geworden, in denen die Treue zum Evangelium einen sehr hohen Preis kostet. "Das Zeugnis für Christus bis hin zum Blutvergießen ist zum gemeinsamen Erbe von Katholiken, Orthodoxen, Anglikanern und Protestanten geworden" (Tertio millennio adveniente, 37).

Die Generation, der ich angehöre, hat den Schrecken des Krieges, die Konzentrationslager und die Verfolgung kennengelernt. In meiner Heimat wurden während des Zweiten Weltkriegs Priester und Christen in Vernichtungslager deportiert. Allein in Dachau waren etwa dreitausend Priester interniert. Ihr Opfer vereinte sich mit dem Opfer vieler Christen, die aus anderen europäischen Ländern kamen und mitunter anderen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften angehörten.

Ich selbst bin in meiner Jugendzeit Zeuge für großen Schmerz und viele Prüfungen geworden. Von Anfang an war mein Priestertum "einbezogen in das große Opfer so vieler Männer und Frauen meiner Generation" (Geschenk und Geheimnis, S. 45). Die Erfahrung des Zweiten Weltkriegs und der darauffolgenden Jahre hat mich dazu geführt, mit dankbarer Aufmerksamkeit das leuchtende Beispiel all jener zu betrachten, die seit den ersten Jahren des zwanzigsten Jahrhunderts bis zu seinem Ausgang Verfolgung, Gewalt und Tod auf sich nahmen um ihres Glaubens willen und wegen ihres Verhaltens, das von der Wahrheit Christi beseelt war.

3. Es sind so viele! Ihr Gedächtnis darf nicht vergessen werden. Mehr noch: Es muß dokumentiert und wiedergewonnen werden. Die Namen vieler sind unbekannt. Die Namen einiger wurden von den Verfolgern in den Schmutz gezogen, die das Martyrium mit der Schande verbinden wollten. Die Namen anderer wurden von den Henkern unter Verschluß gehalten. Doch die Christen bewahren das Andenken an einen Großteil von ihnen. Das haben die zahlreichen Antworten bewiesen, die in der beim Komitee des Großen Jubiläums angesiedelten Kommission "Neue Märtyrer" eingegangen sind. Diese hatte ja die Einladung ausgesprochen, nicht zu vergessen, und eifrig daran gearbeitet, das Gedächtnis der Kirche mit den Zeugnissen all jener Personen anzureichern und fortzuschreiben, "die für den Namen Jesu Christi, unseres Herrn, ihr Leben eingesetzt haben". Es stimmt, was der orthodoxe Metropolit von Sankt Petersburg Benjamin, der im Jahre 1922 das Martyrium erlitt, am Abend vor seiner Hinrichtung notierte: "Die Zeiten haben sich geändert. Es hat sich die Möglichkeit ergeben, aus Liebe zu Christus Leiden auf sich zu nehmen...". Genauso überzeugt bekräftigte der lutherische Pastor Paul Schneider aus seiner Zelle in Buchenwald gegenüber seinen Aufsehern: "So spricht der Herr: Ich bin die Auferstehung und das Leben!".

Die Teilnahme von Vertretern anderer Kirchen und kirchlicher Gemeinschaften gibt unserer heutigen Feier eine ganz besondere Wertigkeit und Aussagekraft im Rahmen dieses Jubeljahres 2000. Sie zeigt, wie wertvoll das Beispiel der heldenhaften Glaubenszeugen für alle Christen wirklich ist. Die Verfolgung hat fast alle Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften des zwanzigsten Jahrhunderts berührt; sie hat die Christen an den Orten des Schmerzes vereint und aus ihrem gemeinsamen Opfer ein Zeichen der Hoffnung für die künftigen Zeiten gemacht.

Diese unsere Brüder und Schwestern im Glauben, die wir heute mit Dankbarkeit und Verehrung erwähnen, stellen gleichsam ein großes Fresko der christlichen Menschheit des zwanzigsten Jahrhunderts dar. Ein Fresko des Evangeliums der Seligpreisungen, das bis zum Vergießen des Blutes gelebt wurde.

4. "Selig seid ihr, wenn ihr um meinetwillen beschimpft und verfolgt und alle mögliche Weise verleumdet werdet. Freut euch und jubelt: Euer Lohn im Himmel wird groß sein" (Mt 5,11-12). Wie gut passen diese Worte Christi zu den unzähligen Glaubenszeugen des vergangenen Jahrhunderts, die von der Macht des Bösen beschimpft und verfolgt, aber nie gebeugt wurden!

Wo der Haß alles Leben zu verderben schien, ohne daß sich eine Möglichkeit auftat, um aus seiner Logik zu entfliehen, da haben sie gezeigt: "Die Liebe ist stärker als der Tod". Inmitten schrecklicher unterdrückerischer Systeme, die den Menschen entstellen, an den Stätten des Schmerzes, unter härtesten Entbehrungen, auf unsinnigen Märschen, der Kälte und dem Hunger ausgesetzt, gefoltert und in vielerlei Leiden hielten sie ihre Treue zu Christus hoch, der gestorben und auferstanden ist. In Kürze werden wir einige ihrer beeindruckenden Zeugnisse hören.

Viele haben sich geweigert, sich dem Kult der Idole des zwanzigsten Jahrhunderts zu beugen. Sie wurden Opfer des Kommunismus, des Nationalsozialismus, der Idolatrie von Staat und Rasse. Viele andere sind in ethnischen Kämpfen und Stammeskriegen gefallen, weil sie eine Logik ablehnten, die dem Evangelium Jesu Christi nicht entsprach. Einige haben den Tod erlitten, weil sie sich den Guten Hirten zum Vorbild nahmen und trotz der Bedrohungen bei ihren Gläubigen bleiben wollten. Auf allen Kontinenten und während des ganzen zwanzigsten Jahrhunderts gab es Menschen, die sich lieber umbringen ließen als ihrer Sendung nicht nachzukommen. Ordensleute haben ihre Weihe bis zum Vergießen des Blutes gelebt. Gläubige Männer und Frauen sind gestorben und haben ihr Dasein aus Liebe zu den Brüdern und Schwestern, besonders zu den Ärmsten und Schwächsten, hingegeben. Nicht wenige Frauen haben ihr Leben verloren, weil sie ihre Würde und ihre Reinheit verteidigten.

5. "Wer an seinem Leben hängt, verliert es; wer aber sein Leben in dieser Welt gering achtet, wird es bewahren bis ins ewige Leben" (Joh 12,25). Soeben haben wir diese Worte Christi gehört. Es handelt sich um eine Wahrheit, die die heutige Welt oft schmählich ablehnt und dafür die Eigenliebe zur obersten Norm des Daseins macht. Aber die Glaubenszeugen, die auch an diesem Abend mit ihrem Beispiel zu uns sprechen, haben nicht auf ihren eigenen Vorteil geschaut; sie haben ihr eigenes Wohl und ihr eigenes Überleben nicht über die Treue zum Evangelium gestellt. Auch in ihrer Schwachheit haben sie dem Bösen tapfer Widerstand geleistet. In ihrer Schwäche strahlte die Kraft des Glaubens und der Gnade des Herrn auf.

Liebe Brüder und Schwestern! Das wertvolle Erbe, das uns diese mutigen Zeugen überliefert haben, ist ein gemeinsames Erbe aller Kirchen und aller kirchlichen Gemeinschaften. Es ist ein Erbe, das lauter spricht als die Faktoren der Trennung. Der Ökumenismus der Märtyrer und der Glaubenszeugen überzeugt am meisten. Er zeigt den Christen des einundzwanzigsten Jahrhunderts den Weg zur Einheit auf. Es ist das Erbe des Kreuzes, das im Licht von Ostern erlebt wird: ein Erbe, das die Christen reich macht und aufrichtet, während sie sich auf den Weg ins neue Jahrtausend machen.

Wenn wir uns dieses Erbes rühmen, dann tun wir es weder voreingenommen noch aus dem Wunsch heraus, gegenüber den Verfolgern Genugtuung zu verspüren. Vielmehr rühmen wir uns dieses Erbes, weil sich darin die außerordentliche Kraft Gottes niederschlägt, die weiterwirkt zu allen Zeiten und an jedem Ort. Wir tun es, indem wir unsererseits vergeben und dabei dem Beispiel der vielen Zeugen folgen, die getötet wurden, während sie für ihre Verfolger beteten.

6. Das Gedenken dieser unserer Brüder und Schwestern bleibe lebendig im eben begonnenen Jahrhundert und Jahrtausend. Mehr noch: Es wachse! Es möge sich fortpflanzen von Generation zu Generation, damit daraus eine tiefgreifende christliche Erneuerung erwachse! Man möge es hüten als Schatz von erhabenem Wert für die Christen des neuen Jahrtausends! Es sei der Sauerteig, um zur vollen Gemeinschaft aller Jünger Christi zu gelangen!

Tief bewegt spreche ich diesen Wunsch aus. Ich bitte den Herrn, daß die Wolke der Zeugen, die uns umgibt, uns alle als Glaubende unterstützen möge, damit wir ebenso mutig unsere Liebe zu Christus ausdrücken: unsere Liebe zu Ihm, der stets in seiner Kirche lebt - wie gestern, so auch heute, morgen und immerdar!

[01021-05.01] [Originalsprache:Italienisch]

Traduzione castigliana del testo in lingua italiana

1. "Si el grano de trigo no cae en tierra y muere, queda infecundo; pero si muere, da mucho fruto" (Jn 12,24).

Con estas palabras Jesús, la víspera de su Pasión, anuncia su glorificación a través de la muerte. La comprometedora afirmación ha resonado hace poco en la aclamación al Evangelio. Esa resuena con fuerza en nuestro espíritu esta tarde, en este lugar significativo, donde hacemos memoria de los "testigos de la fe del siglo XX".

Cristo es el grano de trigo que muriendo ha dado frutos de vida inmortal. Y sobre las huellas del rey crucificado han caminado sus discípulos, convertidos a lo largo de los siglos en legiones innumerables "de toda lengua, raza, pueblo y nación": apóstoles y confesores de la fe, vírgenes y mártires, audaces heraldos del Evangelio y silenciosos servidores del Reino.

Queridos hermanos y hermanas, unidos por la fe en Cristo Jesús, me es muy grato dirigiros hoy mi fraterno abrazo de paz, mientras juntos conmemoramos los testigos de la fe del siglo XX. Saludo con afecto a los representantes del Patriarcado ecuménico y de las otras Iglesias hermanas ortodoxas, así como a los de las Antiguas Iglesias de Oriente. Igualmente agradezco la presencia fraterna de los representantes de la Comunión Anglicana, de las Comuniones Cristianas Mundiales de Occidente y de las Organizaciones ecuménicas.

Para todos nosotros es motivo de intensa emoción encontrarnos juntos esta tarde, reunidos junto al Coliseo, para esta sugestiva celebración jubilar. Los monumentos y las ruinas de la antigua Roma hablan a la humanidad de los sufrimientos y de las persecuciones soportadas con fortaleza heroica por nuestros padres en la fe, los cristianos de las primeras generaciones. Estos antiguos vestigios nos recuerdan la verdad de las palabras de Tertuliano que escribía: "sanguis martyrum semen christianorum - la sangre de los mártires es semilla de nuevos cristianos" (Apol., 50,13: CCL 1, 171).

2. La experiencia de los mártires y de los testigos de la fe no es característica sólo de la Iglesia de los primeros tiempos, sino que también marca todas las épocas de su historia. En el siglo XX, tal vez más que en el primer período del cristianismo, son muchos los que dieron testimonio de la fe con sufrimientos a menudo heroicos. Cuántos cristianos, en todos los continentes, a lo largo del siglo XX, pagaron su amor a Cristo derramando también la sangre. Sufrieron formas de persecución antiguas y recientes, experimentaron el odio y la exclusión, la violencia y el asesinato. Muchos países de antigua tradición cristiana volvieron a ser tierras donde la fidelidad al Evangelio se pagó con un precio muy alto. En nuestro siglo "el testimonio ofrecido a Cristo hasta el derramamiento de la sangre se ha hecho patrimonio común de católicos, ortodoxos, anglicanos y protestantes" (Tertio millennio adveniente, 37).

La generación a la que pertenezco ha conocido el horror de la guerra, los campos de concentración y la persecución. En mi Patria, durante la segunda Guerra Mundial, sacerdotes y cristianos fueron deportados a los campos de exterminio. Sólo en Dachau fueron internados casi tres mil sacerdotes; su sacrificio se unió al de muchos cristianos provenientes de otros países europeos, pertenecientes también a otras Iglesias y Comunidades eclesiales.

Yo mismo fui testigo en los años de mi juventud, de tanto dolor y de tantas pruebas. Mi sacerdocio, desde sus orígenes, "ha estado inscrito en el gran sacrificio de tantos hombres y de tantas mujeres de mi generación" (Don y Misterio, p. 47). La experiencia de la Segunda Guerra Mundial y de los años siguientes me ha movido a considerar con grata atención el ejemplo luminoso de cuantos, desde inicios del siglo XX hasta su fin, experimentaron la persecución, la violencia y la muerte, a causa de su fe y de su conducta inspirada en la verdad de Cristo.

3. ¡Y son tantos! Su recuerdo no debe perderse, más bien debe recuperarse de modo documentado. Los nombres de muchos no son conocidos; los nombres de algunos fueron manchados por sus perseguidores, que añadieron al martirio la ignominia; los nombres de otros fueron ocultados por sus verdugos. Sin embargo, los cristianos conservan el recuerdo de gran parte de ellos. Lo han demostrado las numerosas respuestas a la invitación de no olvidar, llegadas a la Comisión "Nuevos mártires" dentro del Comité del Gran Jubileo, que ha trabajado con tesón para enriquecer y actualizar la memoria de la Iglesia con los testimonios de todas aquellas personas, también las desconocidas, que "han dado su vida por el nombre de Nuestro Señor Jesucristo" (Hch 15,26). Sí, como escribía - la víspera de su ejecución - el metropolita ortodoxo de San Petersburgo, Benjamín, martirizado en 1922, "los tiempos han cambiado y ha surgido la posibilidad de padecer sufrimientos por amor de Cristo...". Con la misma convicción, desde su celda de Buchenwald, el pastor luterano Paul Schneider lo afirmaba ante sus verdugos: "Así dice el Señor, yo soy la Resurrección y la Vida".

La participación de Representantes de otras Iglesias y Comunidades eclesiales da a nuestra celebración de hoy un valor y elocuencia singulares dentro de este Jubileo del año 2000. Muestra cómo el ejemplo de los heroicos testigos de la fe es verdaderamente hermoso para todos los cristianos. La persecución ha afectado a casi todas las Iglesias y Comunidades eclesiales en el siglo XX, uniendo a los cristianos en los lugares del dolor y haciendo de su común sacrificio un signo de esperanza para los tiempos venideros.

Estos hermanos y hermanas nuestros en la fe, a los que hoy nos referimos con gratitud y veneración, son como un gran cuadro de la humanidad cristiana del siglo XX. Un mural del Evangelio de las Bienaventuranzas, vivido hasta el derramamiento de la sangre.

4. "Dichosos vosotros cuando os insulten y os persigan, y os calumnien de cualquier modo por mi causa. Estad alegres y contentos porque vuestra recompensa será grande en el cielo" (Mt 5,11-12). Qué bien se aplican estas palabras de Cristo a los innumerables testigos de la fe del siglo pasado, insultados y perseguidos, pero nunca vencidos por la fuerza del mal.

Allí donde el odio parecía arruinar toda la vida sin la posibilidad de huir de su lógica, ellos manifestaron cómo "el amor es más fuerte que la muerte". Bajo terribles sistemas opresivos que desfiguraban al hombre, en los lugares de dolor, entre durísimas privaciones, a lo largo de marchas insensatas, expuestos al frío, al hambre, torturados, sufriendo de tantos modos, ellos manifestaron admirablemente su adhesión a Cristo muerto y resucitado. Escucharemos dentro de poco algunos de sus impresionantes testimonios.

Muchos rechazaron someterse al culto de los ídolos del siglo XX y fueron sacrificados por el comunismo, el nazismo, la idolatría del Estado o de la raza. Muchos otros cayeron, en el curso de guerras étnicas o tribales, porque habían rechazado una lógica ajena al Evangelio de Cristo. Algunos murieron porque, siguiendo el ejemplo del Buen Pastor, quisieron permanecer junto a sus fieles a pesar de las amenazas. En todos los continentes y a lo largo del siglo XX hubo quien prefirió dejarse matar antes que renunciar a la propia misión. Religiosos y religiosas vivieron su consagración hasta el derramamiento de la sangre. Hombres y mujeres creyentes murieron ofreciendo su vida por amor de los hermanos, especialmente de los más pobres y débiles. Tantas mujeres perdieron la vida por defender su dignidad y su pureza.

5. "El que se ama a sí mismo, se pierde, y el que se aborrece a sí mismo en este mundo se guardará para la vida eterna" (Jn 12,25). Hemos escuchado hace poco estas palabras de Cristo. Se trata de una verdad que frecuentemente el mundo contemporáneo rechaza y desprecia, haciendo del amor hacia sí mismo el criterio supremo de la existencia. Pero los testigos de la fe, que también esta tarde nos hablan con su ejemplo, no buscaron su propio interés, su propio bienestar, la propia supervivencia como valores más grandes que la fidelidad al Evangelio. Incluso en su debilidad, ellos opusieron firme resistencia al mal. En su fragilidad resplandeció la fuerza de la fe y de la gracia del Señor.

Queridos hermanos y hermanas, la preciosa herencia que estos valientes testigos nos han legado es un patrimonio común de todas las Iglesias y de todas las Comunidades eclesiales. Es una herencia que habla con una voz más fuerte que la de los factores de división. El ecumenismo de los mártires y de los testigos de la fe es el más convincente; indica el camino de la unidad a los cristianos del siglo XXI. Es la herencia de la Cruz vivida a la luz de la Pascua: herencia que enriquece y sostiene a los cristianos mientras se dirigen al nuevo milenio.

Si nos enorgullecemos de esta herencia no es por parcialidad y menos aún por deseo de revancha hacia los perseguidores, sino para que quede de manifiesto el extraordinario poder de Dios, que ha seguido actuando en todo tiempo y lugar. Lo hacemos perdonando a ejemplo de tantos testigos muertos mientras oraban por sus perseguidores.

6. Que permanezca viva la memoria de estos hermanos y hermanas nuestros a lo largo del siglo y del milenio recién comenzados. Más aún, ¡que crezca! Que se transmita de generación en generación para que de ella brote una profunda renovación cristiana. Que se custodie como un tesoro de gran valor para los cristianos del nuevo milenio y sea la levadura para alcanzar la plena comunión de todos los discípulos de Cristo.

Con el espíritu lleno de íntima emoción expreso este deseo. Elevo mi oración al Señor para que la nube de testigos que nos rodea nos ayude a todos nosotros, creyentes, a expresar con el mismo valor nuestro amor por Cristo, por Él que está vivo siempre en su Iglesia: como ayer, así hoy, mañana y siempre.

[01022-04.01] [Texto original:italiano]